Accadde il 29 luglio 1900: eclatante

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Eclatante

Il 29 luglio 1900, l’Italia fu sconvolta da un gesto eclatante . Il re d’Italia, Umberto I, fu ucciso a colpi di pistola da Gaetano Bresci, un anarchico rientrato dagli Stati Uniti appositamente per compiere l’attentato. Il gesto – clamoroso, violento, plateale – fu compiuto in pubblico, davanti a una folla, e aveva lo scopo dichiarato di “vendicare il massacro di Milano” del 1898, quando il generale Bava Beccaris aveva represso con i cannoni una protesta popolare, sparando sulla folla affamata, con il consenso del re. Da quel momento la gente inizio a chiedersi: ma la monarchia è veramente un bene per l’Italia?
Nel 1898, l’Italia — e in particolare Milano — fu colpita da una grave crisi economica e alimentare. I raccolti del grano erano scarsi e il prezzo del pane aumentava troppo. La gente protestò contro il caro-vita e queste furono le conseguenze.
Ed è proprio questa l’occasione per spiegare la locuzione “un gesto eclatante”.
La parola eclatante viene dal francese éclatant, derivato di éclater (“scoppiare”, “esplodere”). In italiano, qualcosa è eclatante quando è clamoroso, vistoso, destinato a far rumore mediatico o emotivo, spesso per provocare una reazione forte.
Eclatante è:

un gesto plateale
una notizia che scuote l’opinione pubblica
un risultato fuori dall’ordinario

Potremmo dire anche clamoroso, spettacolare, scioccante, sensazionale.

L’assassinio del re fu un gesto eclatante che voleva attirare l’attenzione sulle ingiustizie sociali.

Il suo abbandono, dichiarato in diretta TV, fu un’uscita davvero eclatante.

La squadra ha ottenuto una vittoria eclatante, 5-0 in trasferta!

“Eclatante” non è neutro: può avere una connotazione positiva o negativa a seconda del contesto.
Una scoperta eclatante è una scoperta importante, rivoluzionaria, ma un crimine eclatante è un delitto che colpisce, che fa scandalo.
Spessissimo si associa al termine gesto.
“Compiere un gesto eclatante” quindi è fare qualcosa di clamoroso, spesso per attirare l’attenzione su un’idea o una causa.

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Accadde il 28 luglio 1976: significativo

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Il 28 luglio 1976 è una data significativa per l’Italia. Lo è davvero, in tutti i sensi. Proprio in quel giorno, la Corte Costituzionale ha sancito l’illegalità del monopolio della RAI (Radio televisione italiana) dando di fatto il via libera alla nascita delle emittenti televisive private.

Una sentenza che ha cambiato il panorama mediatico italiano. Una svolta.

Ecco perché oggi voglio spiegare la parola “significativo”, partendo proprio da questo evento.

La parola “significativo” deriva da significare, che a sua volta deriva dal latino signum (segno) e facere (fare): fare segno, cioè trasmettere un senso, un messaggio.

Quando diciamo che un evento è significativo, intendiamo dire che ha un peso, un’importanza, un valore particolare, o che rappresenta qualcosa di più profondo, anche simbolico.

Nel 1976, fino a quel momento, tutta la TV italiana era pubblica, cioè gestita dalla RAI. Nessuno poteva trasmettere legalmente via etere. Ma il 28 luglio, la Corte Costituzionale dichiara questo monopolio illegittimo.

Ed è così che nascono le prime TV private, le piccole emittenti locali… che negli anni ’80 diventeranno reti nazionali, come Canale 5, Italia 1, Rete 4. Oggi c’è anche LA7 e tante altre emittenti. Non si contano più direi.

Un evento che non ha solo effetti giuridici o economici. Cambia le abitudini, la cultura, perfino il linguaggio.

Ecco perché possiamo dire che è stato un passaggio significativo per l’Italia.

Es:

È stato un cambiamento significativo nella politica italiana.

Un gesto molto significativo da parte del Presidente.

In ambito scientifico però un risultato statisticamente significativo vuol dire che non è dovuto al caso.

Una costruzione molto usata è “È significativo che…”

Con questa espressione si introduce un fatto che ha un senso profondo, che fa riflettere.

Per esempio:

È significativo che proprio in quegli anni si parlasse sempre più di libertà d’espressione.

È significativo che dopo la sentenza siano nate subito emittenti locali.

Qui non stiamo solo raccontando un fatto. Lo stiamo valutando, interpretando. Per questo, il verbo che segue va al congiuntivo:

È significativo che i cittadini abbiano cominciato a cambiare abitudini proprio In quegli anni.

Devo dirvi però questa costruzione è abbastanza formale e giornalistica.

Allora vediamo le alternative:
Es:

Le adozioni sono state un cambiamento rilevante nella legge.

100 rose rosse sono un gesto emblematico di riconciliazione.

1 figlio di media per coppia è un dato indicativo della tendenza sociale demografica

Ricapitolando:
Significativo è ciò che ha senso, importanza, valore, effetto.

Si usa per eventi, dati, gesti, risultati, parole.

Infine, l’espressione “è significativo che…” introduce un fatto che merita attenzione e interpretazione.

E il 28 luglio 1976, con la fine del monopolio RAI, è senza dubbio una data significativa, perché segna l’inizio di una nuova epoca per la comunicazione italiana.

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520 Trascendentale

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Giovanni: oggi vediamo una parola difficilissima.

Scherzo ovviamente. Invece non spieghiamo niente di trascendentale, tranquilli.

Proprio “TRASCENDENTALE” è ciò di cui volevo parlarvi.

Nel linguaggio comune questa parola si usa per descrivere qualcosa di normale o comunque qualcosa di non troppo diverso dal normale. Si può usare al posto di importante, complicato, difficile, ma sempre con la negazione. Abbastanza colloquiale come termine.

Niente di trascendentale” è l’utilizzo più frequente, come ho fatto io all’inizio dell’episodio.

Si usa in genere per tranquillizzare una persona, alla quale diciamo che qualcosa non è particolarmente difficile, o particolarmente complicato.

Questa parola quindi non presenta difficoltà trascendentali.

È un aggettivo dunque.

Facile vero?

Un professore può usare questa parola con degli studenti che gli chiedono se un esercizio è complicato oppure no.

Il prof risponde: niente di trascendentale, tranquilli ragazzi.

Cioè: niente di particolarmente difficile, niente di cui preoccuparsi in particolar modo.

Che è successo tra te e la tua amica? Come mai non vi parlate più?

Riposta: niente di trascendentale, solo che ho fatto un po’ tardi ad un appuntamento. Le passerà.

Anthony: Dopo questa prolungata pandemia e i vari periodi di lockdown che ne sono conseguiti, non riesco più a tenere a bada la voglia di sballarmi almeno un po’.

Emma: Sicché credi che essere vivi e godersi la vita sia un binomio inscindibile?

Rauno: potrei essere d’accordo, ma non me la sento di dichiararlo pubblicamente perché il mio essere soggetto a questa tentazione potrebbe rendermi oggetto di scherno qui nel gruppo.

Ulrike: per quanto mi riguarda, vorrei tener fede ai miei principi di equilibrio. Però tra il mio desiderio di divertirmi e il buon senso civico sono davvero combattuto! In ogni caso, devo fermarmi qui che mi si sta impallando il PC quindi sarò indisposto mentre lo riavvio.

Hartmut: non posso darti torto riguardo all’equilibrio, ma quand’anche il tuo PC fosse andato del tutto, cerca comunque di non perdere la pazienza.

495 Essere/diventare qualcuno

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Vi ricordate dell’espressione “puntare su qualcuno“? Si tratta dell’episodio 181 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente, e in questo episodio abbiamo usato “qualcuno” per indicare una persona indefinita. “Qualcuno” si usa in generale anche con riferimento ad un numero indeterminato e ristretto di cose o persone:

C’è qualcuno a cui interessa questo episodio? (spero di sì…) 🙂

Gli episodi di Italiano Semplicemente sono solitamente brevi, ma ce n’è qualcuno che supera i 20 minuti di durata.

Qualcuno di voi vuole una spiegazione dell’espressione “essere qualcuno“?

Allora se qualcuno di voi è interessato, esiste appunto questa strana modalità di usare “qualcuno“:

Essere qualcuno o diventare qualcuno.

Che vuol dire che io, ad esempio, vorrei essere o diventare qualcuno?

E’ un modo questo per dire che mi piacerebbe diventare una persona importante.

Potrei anche dire:

Vorrei essere o diventare qualcuno di importante

“Qualcuno di importante” diventa più semplicemente “qualcuno”

Giovanni si crede qualcuno nel mondo dell’insegnamento

Marco crede d’essere qualcuno nello spettacolo

Adesso che sono il direttore, mi sento finalmente qualcuno

In questo mondose non sei qualcuno, non conti niente!

Diventare qualcuno nella moda è sempre stato il mio sogno

Si usa quasi solo al maschile: qualcuno, e raramente si vede usare “qualcuna“.

Quindi anche se si parla di una ragazza che ad esempio si sente importante, si usa solitamente il maschile:

Maria si sente qualcuno.

 Potete usare anche il femminile comunque. 

Vorrei aggiungere che:

I membri dell’associazione Italiano Semplicemente non si sentono qualcuno in quanto tali.

Mariana: Hai ragione Gianni, ma manco a farlo apposta, tocca a noi adesso a parlare.

Lia: vorrei aggiungere che non ci sentiamo qualcuno, ma ne avremmo ben donde.

Hartmut: vediamo di finirla adesso di scherzare ragazzi. Qualcuno potrebbe annoiarsi.

Ulrike: Perché annoiarsi? Mica stiamo leggendo una pappardella

Irina: No, una pappardella no, ma per scrupolo meglio cercare di non allungare troppo questi episodi.

Marguerite: Ciò non toglie che siano molto interessanti. 

Anthony: Certo, ma al netto di questo, non bisogna illuderli che si tratti di episodi della durata di due minuti esatti.

Fernando: va bene, allora a proposito del ripasso, questo è quanto.

 

412 – “Me ne frego” e “me ne frega”

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Rispondo ad una domanda che mi ha fatto Doris, membro dell’associazione Italiano semplicemente. Doris mi ha chiesto la differenza tra “me ne frego” e “me ne frega”.

Grazie della domanda Doris. Abbiamo già tratato il verbo fregarsene  ma oggi lo approfondiamo grazie ala tua domanda.

Allora: Quando siete o non siete interessati a qualcosa, quando provate o non provate interesse, un modo molto informale per esprimere questo concetto è usare il verbo fregarsene.

Parliamo di interesse e disinteresse, ma se usiamo il verbo fregarsene è soprattutto per esprimere disinteresse:

Io me ne frego
Tu te ne freghi
Lui se ne frega
Noi ce ne freghiamo
Voi ve ne fregate
Loro se ne fregano

Se dico che me ne frego di te significa che non mi interessa nulla di te.

Si tratta di un forte disinteresse, quasi di un disprezzo.

Usate questo verbo con moderazione perché può essere molto offensivo.

Tu te ne freghi di me

Significa che non sei per niente interessato a me. Non hai alcun interesse per me.

Mario se ne frega di Francesca

Significa che Mario non è per niente interessato a Francesca.

Ora, cosa succede se invece vogliamo esprimere il significato opposto, cioè che non è vero che non siamo interessati?

Vediamo, nelle tre frasi che abbiamo visto sopra, come fare:

Il contrario di “me ne frego di te” sarebbe:

Non me ne frego di te

Di te non me ne frego

Ho detto sarebbe perché questo verbo come ho detto si usa quasi esclusivamente per esprimere un forte disinteresse.

Infatti se volete veramente dire che provate interesse, meglio usare la seguente forma:

Non è vero che me ne frego di te!

Di te non me ne frego affatto!

Il tono da usare è anch’esso importante per far capire le proprie intenzioni.

Perché si può creare questo malinteso? Perché dovete poi sapere che esiste anche “me ne frega” e “non me ne frega niente/nulla“.

A me non frega nulla

A te non frega nulla

A lui non frega nulla

A noi non frega nulla

A voi non frega nulla

A loro non frega nulla

Sempre uguale. Non cambia mai. Questa è la versione, possiamo dire “maleducata” dell’uso di un altro verbo: importare. Lo vediamo tra un po’.

Questa forma, allo stesso modo del verbo fregarsene, si usa per mostrare prevalentemente un forte disinteresse.

Di te non me ne frega niente

Non mi frega nulla della scuola (più informale)

Non me ne frega nulla della scuola

Che me ne frega della grammatica! Mi basta leggere e ascoltare.

Non sono ricco? Che mi frega! Mi basta avere molti amici ed essere in salute.

In questo caso si aggiunge “non“:

Non mi frega di…

Non mi frega niente di…

Non me ne frega nulla di…

Significa che non sono per niente interessato a qualcosa.

Un’alternativa è iniziare con “che” o “ma che”:

Che me ne frega?

Che mi frega?

Ma che ne ne frega a me?

Si tratta di una domanda retorica ovviamente.

Se rivolgo la domanda ad un’altra persona diventa invece un consiglio a fregarsene:

Che te ne frega di Giovanni? Non dare ascolto alle sue parole!

Oppure è una vera domanda, sebbene un po’ arrabbiata:

Giovanni, ma tu sei innamorato di Sofia?

E a te che te ne frega? Fatti gli affari tuoi.

Equivalente a (usando fregarsene):

Fregatene!

Te ne devi fregare!

Insomma nelle due forme viste si usa quasi esclusivamente per esprimere un forte disinteresse.

Quando invece voglio mostrare interesse invece in genere non si usano queste due forme.

Si può fare ma solo per negare il disinteresse. Ad esempio:

Non è vero che non mi frega nulla di te

Non è vero che me ne frego di te

Se vogliamo esprimere interesse meglio usare un’altra modalità: usare il verbo importare, di cui abbiamo accennato prima.

Se qualcosa è importante per te, allora a te importa di questa cosa.

A me importa imparare l’italiano

Vuol dire che l’italiano è importante per me.

A te importa qualcosa si me?

La domanda equivale a:

Sei interessato a me?

Sono importante per te?

Posso usare questo verbo anche per mostrare disinteresse, se una cosa non è importante:

A me non importa se mi tradisci

Non ci importa se non venite alla festa

A loro non importa nulla di voi

Questo verbo si può quindi usare sia per mostrare interesse sia disinteresse.

Quando uso “non mi frega” e “chi se ne frega”, sebbene questa forma si usi quasi sempre solo x mostrare un forte disinteresse (ed è anche maleducata come detto) funziona allo stesso modo di importare.

Mi importa = mi frega

Non mi importa = non mi frega =

Non me ne importa = non me ne frega.

“Non mi frega” e “chi se ne frega” si usano soprattutto quando siete arrabbiati:

Non mi frega niente di te!

Lo vuoi capire che non mi frega più nulla di te? Io amo un’altra donna!

Lo stesso è con il verbo fregarsene:

Non sei d’accordo con me? Me ne frego!

Me ne frego se non vuoi indossare la mascherina 😷. Indossala e basta!

Adesso la domanda nasce spontanea: quando uso fregarsene e quando uso “non mi frega”?

Sono ugualmente utilizzate. Ma c’è una differenza.

Fregarsene, e quindi ad esempio “me ne frego” è più ostentativa, più forte, denota più sicurezza di sé, ed è anche più provocatoria, sprezzante.

Se qualcosa non ci interessa per niente, se non è importante per noi, se il nostro interesse è rivolto ad altre cose, possiamo dire che non ce ne importa nulla o che, se siamo arrabbiati, che non ce ne frega niente.

Se invece vogliamo mostrare forza, prepotenza, se vogliamo mostrare disinteresse verso le difficoltà e gli ostacoli o verso le opinioni delle altre persone, “me ne frego” (quindi fregarsene) è più indicato. Somiglia molto a:

Vado avanti lo stesso

La cosa mi è assolutamente indifferente

La cosa non mi tange

Me ne Infischio

Posso usarlo anche per combattere un atteggiamento di prepotenza:

Non puoi fregartene di tutti, indossa quella mascherina!

Se te ne freghi sempre di tutti non puoi pensare di risultare simpatico!

Tutti se ne fregano di me. Ma io gli dimostrerò che valgo!

Ci sarebbero anche i verbi “fottersene” e “sbattersene” ma sono molto volgari quindi faccio a meno questa volta di spiegarli.

Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente.

Adesso ripassiamo qualche espressione passata con Bogusia, anche lei membro dell’associazione.

Bogusia: Finalmente è arrivata una ottima spiegazione dell’uso del verbo fregarsene. Si dà il caso che tante volte ho sentito queste diverse frasi e qualcosa non mi tornava. Si poneva la domanda: perché lo usano gli italiani?

Però avevo una fifa blu, non volevo appunto sembrare dura di comprendonio . Ho abbozzato troppo a lungo con questo mio atteggiamento perché per poter ingranare come si deve bisogna smarcarsi dalle diverse paure, darsi alla disperazione non serve neanche. Essere accondiscendenti e dire sempre di si, assecondare chi fornisce le spiegazioni non sufficienti non è cosa.

Diciamo all’insegna dell’amicizia, uno strappo alla regola perché no. Però alla lunga non serve a chicchessia.

Passi che alcuni argomenti non ci interessano, passi pure che non sempre ci gira bene ma non chiedere mai lascia il tempo che trova.

Bisogna prendere e chiedere. Grazie a Doris per aver fatto le pulci a Gianni, si vede che le importa parecchio dell’italiano.