809 La corsia preferenziale

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Trascrizione

Giovanni: conoscete il termine “corsia”?

Una corsia è una specie di via, di strada. È un luogo in cui si può passare, quindi un passaggio, spesso un corridoio.

Le corsie più note sono le corsie degli ospedali che sono delle sale con dei letti disposti lungo le pareti.

Anche al teatro e al cinema ci sono le corsie. La corsia in quel caso è lo spazio vuoto che si trova tra due file di poltrone, in cui si può passare. Ogni corsia divide due file di poltrone.

Anche nei tram e sugli autobus c’è la corsia che divide due file di sedili.

Nelle gare di atletica una corsia è lo spazio riservato a ciascun concorrente sulla pista o, nelle piscine di gara, lo spazio riservato a ciascun nuotatore.

Ogni atleta ha la sua corsia.

Anche sulla strada ci sono le corsie dove passano le macchine. Ci sono strade ad una sola corsia, strade con due o più corsie. Tra una corsia e l’altra ci sono delle strisce sull’asfalto. Tali strisce servono proprio a delimitare le corsie.

Nel caso di due corsie c’è la corsia di destra e la corsia di sinistra, che poi è detta anche la corsia di sorpasso.

Ci sono poi particolari tipi di corsie che vengono dette “corsie preferenziali”. Parliamo sempre di strada.

Al centro di Roma ce ne sono moltissime perché le corsie preferenziali sono quelle corsie in cui possono passare solamente i mezzi di trasporto pubblico.

Di solito queste corsie sono indicate con dei colori diversi per indicare agli automobilisti che sono riservate ai soli mezzi pubblici.

La corsia preferenziale però ha anche un significato figurato.

In un paese perfetto dove regna la democrazia non dovrebbero esistere corsie preferenziali.

Infatti le corsie preferenziali di cui sto parlando sono dei trattamenti di favore, delle procedure di comodo.

Si tratta molto spesso di modi per favorire delle persone a danno di altre, anche se a volte si tratta semplicemente di stabilire delle priorità.

Es:

I profughi ucraini hanno una corsia preferenziale rispetto agli altri.

A loro quindi viene data priorità rispetto agli altri profughi in questo momento. Si può anche dire che i profughi ucraini godono di una corsia preferenziale.

Fin qui niente di strano, ma spesso si tratta di favoritismi a scapito di altre persone.

Es:

I personaggi famosi come Calciatori, attori e altri vip godono di una corsia preferenziale per fare i tamponi per il coronavirus, mentre i normali cittadini devono mettersi in fila.

I parenti delle famiglie mafiose hanno una corsia preferenziale quando devono prenotare un tavolo al ristorante.

Questi ultimi due esempi sono due esempi negativi di corsia preferenziale, esempi che rientrano nella categoria dei cosiddetti “favoritismi“.

Stavolta il senso è sempre negativo perché quando si fa un favoritismo a una persona la si favorisce indebitamente con dei vantaggi a scapito di altre persone.

L’esistenza di una corsia preferenziale pertanto, nell’uso figurato, non necessariamente implica un favoritismo.

Questo accade solo quando c’è una ingiustizia, quando qualcuno viene avvantaggiato ed altri vengono svantaggiati senza una giusta causa. Se invece c’è un motivo valido non c’è niente di male ad avere una corsia preferenziale.

I membri dell’associazione Italiano Semplicemente ad esempio godono di una corsia preferenziale da parte mia quando hanno delle domande relative alla lingua italiana.

Adesso vediamo un ripasso degli episodi precedenti:

Anthony: avete sentito la raucedine nella voce di Giovanni? Poverino sembra un’anima in pena.

Irina: purtroppo sia il nostro capo indefesso che molti altri membri del gruppo si trovano contagiati con questo maledetto virus che ci tallona tutti da ormai piu’ di 2 anni. Purtroppo è toccato a loro questa settimana.

Peggy: il capo adesso dovra’ essere un po’ meno indefesso cosi’ potra’ prendersi un bel riposo per poi tornare alla carica ancora più forte. E secondo me lo fara’ in men che non si dica.

Hartmut: intanto, ci fai la cortesia, Peggy, di riferire a Giovanni che siamo disponibili a dargli manforte, ivi inclusi la composizione dei nuovi episodi e la loro registrazione.

Rafaela: Sarebbe un di più rispetto ai soliti ripassi, ma si può fare. È plausibile che ne abbia bisogno.

808 Plausibile

Plausibile

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Trascrizione

Giovanni: è molto probabile che quella di oggi sia una parola poco o per niente usata dai non madrelingua. Sto parlando di plausibile.

Questo per diversi motivi. Prima di tutto non è esattamente un termine che usano tutti, soprattutto nel linguaggio colloquiale. Sicuramente non fa parte del vocabolario della maggioranza dei giovani, almeno fino ai 20 anni.

Il secondo motivo è che si preferisce sempre usare “probabile” e non plausibile.

In effetti i due eggettivi sono abbastanza simili.

Probabile fa riferimento al concetto di probabilità.

Un fatto probabile si suppone possa accadere o sia già accaduto. Crediamo in questo fatto, dunque secondo noi è possibile, è verosimile. Non siamo sicuri ma lo riteniamo possibile.

Pensi che oggi pioverà?

Risposta:

Probabile.

Oppure:

lo ritengo poco probabile

Plausibile è simile ma si usa maggiormente quando si cerca una spiegazione a un fatto accaduto, perché vogliamo capire se sia accettabile dal punto di vista logico. Somiglia quindi molto a “credibile“.

Vogliamo capire se una possibile spiegazione sia ragionevole, convincente, ammissibile, attendibile, credibile. Altre volte non si tratta di una spiegazione ma di credere in qualcosa, di una possibilità concreta.

Se invece non ci convince diciamo che non è plausibile, cioè che non crediamo sia realistica come spiegazione o come possibilità, quindi è implausible, inaccettabile, inverosimile o anche incredibile.

Il contesto in cui usare plausibile è, come dicevo, poco informale perché generalmente soprattutto all’orale si usano altre forme. Se riteniamo che una spiegazione non sia plausibile normalmente si dice:

– no, non credo sia possibile questo

– secondo me non è credibile

– non mi pare sia logico

– non mi convince

oppure, se è plausibile:

– si, è logico

– ci può stare

– potrebbe darsi

– mi pare una spiegazione convincente

Il terzo motivo è che plausibile deriva da plaudere che significa applaudire. Abbiamo dedicato anche un episodio al termine plauso se ricordate.

Dunque se una cosa è plausibile è anche apprezzabile, encomiabile, degna di approvazione, merita il nostro plauso.

In realtà questo utilizzo è rarissimo e devo confessare che non sapevo si potesse usare anche in questo modo.

Vediamo invece qualche esempio che tutti gli italiani comprendono:

Secondo te è plausibile pensare che l’uomo abbia origine extraterrestre?

Cioè: ti sembra logico? Credi sia possibile?

Secondo i virologi, è plausibile un picco dei contagi di Covid a fine luglio.

Dunque i virologi ritengono sia questa un’ipotesi credibile, realistica, probabile, verosimile.

Se ci credessero meno avrebbero potuto dire che si tratta di un ipotesi che non è da scartare, e se avessero ritenuto questa possibilità inverosimile, avrebbero potuto dire che è implausible o poco probabile.

Ora, con ogni probabilità da oggi in poi userete questo aggettivo vero?

Sicuramente lo faranno i membri dell’associazione Italiano Semplicemente in qualche ripasso nei prossimi episodi. A proposito, ecco il ripasso di oggi:

Ulrike:
Ho appena guardato le belle foto della riunione dei membri dell’associazione italiano semplicemente a Roma. Ho sentore che sia stato un grande successo.

Irina:
Sì, vi è una caterva di foto e alla faccia della tremenda calura, che dovrebbe aver reso faticoso i percorsi sulle strade di Roma, tutti sorridono. I volti felicissimi, il che è tutto dire circa lo stato d’animo dei membri viaggiatori.

Rauno:
Ah interessante, vado a guardarmi le foto di cui parlate, che ancora non ho visto. E se tanto mi dà tanto, parteciperò anch’io alla prossima riunione.

Anthony:
Ottima idea Rauno. Sai, io ho partecipato a questa bellissima riunione. A scanso di equivoci, vorrei chiarire però che oltre il divertimento e l’affetto che ci collegava reciprocamente, c’era un bel di più legato al nostro apprendimento della lingua italiana. Quattro giorni in cui abbiamo provato a spacciarci per italiane e italiani, parlando esclusivamente la lingua del sì. Non è stato affatto uno scherzo, anzi una vera sfida piuttosto.

Marcelo:
E dire che che avevo una fifa blu di non capire bene e non farmi capire bene. Tutto è andato liscio invece. Ci starò anche la prossima volta.

807 Congeniale

Congeniale (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: spesso mi chiedo: Gli episodi di italiano semplicemente saranno congeniali alle esigenze degli stranieri che studiano l’italiano?

E la durata dei singoli episodi sarà congeniale per tutti?

Congeniale è un aggettivo che i non madrelingua italiana non usano mai. Evidentemente per via del fatto che non è molto utilizzato nel linguaggio comune neanche dagli italiani.

Spiegare questo tipo di termini però dà a me la possibilità di esplorare il vocabolario alla ricerca di modalità alternative e a voi la possibilità di imparare qualcosa in più.

Congeniale significa confacente all’indole, ai gusti, all’intelligenza di una persona.

Questa è una definizione che ho trovato sul dizionario.

Se dovessi spiegarla a parole mie, direi che quando qualcosa mi è congeniale, o quando è congeniale alle mie necessità o esigenze o caratteristiche, significa che è adatta a me, che si confà alle mie caratteristiche o alle esigenze del momento.

Ciò che è congeniale a me o alle mie esigenze non è detto lo sia per tutti.

E’ molto simile a adatto, perché si tratta di confrontare un bisogno con ciò che serve a soddisfarlo. Ugualmente è simile a consono e confacente.

Questo lavoro mi è congeniale

Il viaggio che mi ha proposto l’agenzia è veramente congeniale alla nostra famiglia e ai nostri gusti.

Anche i gusti personali sono coinvolti, e non è un caso che l’espresione “andare a genio” è abbastanza simile, anche se più informale.

Anche l’indole, come visto sopra, è coinvolta. L’indole è l’insieme delle inclinazioni naturali che concorrono a definire il carattere individuale.

Molti termini interessanti oggi vero?

Detto in modo più semplice, e quindi in modo più congeniale a voi non madrelingua, si tratta dell’insieme delle qualità e delle caratteristiche in una persona.

Io sono di indole molto tollerante ma nonostante questo non mi risultano molto congeniali le persone razziste

Nota bene: è l’indole ad essere tollerante, non io. Io sono di indole tollerante, ho un’indole tollerante, la mia indole è tollerante.

Tu hai un’indole molto coraggiosa (coraggiosa è femminile, come indole) e le vacanze avventurose ti sono molto congeniali.

Mio fratello è di indole molto nervosa e non trova molto congeniale lavorare sotto pressione.

Si usa spesso: “mi è congeniale”, “ti è congeniale”, “gli è congeniale” eccetera.

Oppure “questa cosa è congeniale a me” o “questa cosa è congeniale alle mie necessità/esigenze/gusti/caratteristiche/interessi/capacità/aspettative”.

Per un tennista, ad esempio, un tipo di terreno può essere più o meno congeniale alle proprie caratteristiche

Uno sport a me congeniale? Devo ancora trovarlo!

In compenso fare episodi per italiano semplicemente mi risulta molto congeniale, considerate le mie inclinazioni verso l’insegnamento e l’informatica.

L’inclinazione: è anche questo un termine interessante, perché oltre a riguardare gli oggetti inclinati, cioè la loro posizione rispetto al piano orizzontale o verticale, è molto simile all’indole.

La differenza è che l’indole è più generica e riguarda maggiormente il carattere di una persona (calma, nervosismo, ecc,), mentre l’inclinazione, è vero che è anch’essa una caratteristica psicologica individuale che sta alla base di un comportamento, ma generalmente si usa per ciò che si fa: il lavoro, lo sport, lo studio eccetera.

Ognuno deve seguire le proprie inclinazioni; c’è chi ha una inclinazione per lo studio della statistica, chi invece è incline allo studio della medicina eccetera.

Ricordate l’espressione “essere portati a fare qualcosa”? Quella è l’inclinazione. Simile anche alla propensione e persino, a volte, alla simpatia o agli affetti.

Io ho sempre avuto una inclinazione per Maria

Tornando a congeniale, se qualcosa ci piace o non ci piace però non è il caso di usare sempre congeniale, perché non è esattamente una questione di puro piacere.

È pur vero però che a volte si dice, quando qualcosa ci piace, che incontra i nostri gusti, o che non li incontra, in caso contrario, e allora posso anche dire che questa cosa è congeniale ai miei gusti.

Niente di male in questo. È un modo di parlare, questo, sicuramente più sofisticato, meno informale, ma assolutamente consentito e molto utile in determinate circostanze.

Adesso ripassiamo altrimenti qualcuno potrebbe accusarmi di essere incline al ritardo.

Anthony: la prossima riunione dei membri che ne dite se la facciamo in Toscana? Potremmo prendere una villa e stare tutti insieme. Casomai potremmo anche cucinare insieme, così, tanto per creare altre occasioni per parlare italiano.

Irina: se fosse così mi precipiterei a prenotare un posto per me seduta stante!

806 Il che è tutto dire, basti pensare che

Il che è tutto dire, basti pensare che (scarica audio)

 

Trascrizione

Giovanni: L’espressione di oggi è utilizzatissima in tutt’Italia: il che è tutto dire.

Partiamo subito da “il che“. Ricorderete che ne abbiamo già parlato in un episodio (il n. 199 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente). Allora tutto sarà più semplice oggi. Ricorderete quindi che “il che” è analogo a “questo”, “questo fatto”, “questa cosa”.

Adesso non resta che spiegare “è tutto dire“. Scusate se ho appena usato il “non pleonastico” nella frase “non resta che…”. Non era mia intenzione ma forse è una buona cosa in fondo che ripassiamo i vecchi episodi anche durante la spiegazione e non solamente alla fine di ogni spiegazione.

Tornando a “il che è tutto dire”, è un’espressione ironica che ha lo stesso significato di “con questo tutto è chiaro”, “ciò che ho appena detto fa capire tutto”, “non serve aggiungere altro”, oppure “non c’è bisogno di aggiungere altre parole”.
Si usa ogniqualvolta esprimiamo un fatto, qualcosa di accaduto, che ci fa capire perfettamente cosa ne consegue come immediata conseguenza, quindi ci spiega lo stato dei fatti in modo evidente.
Spesso è accompagnata o sostituita da “ti dico solo che…” o il meno informale “basti pensare che…

Vediamo qualche esempio.

In Italia in questi giorni fa caldissimo. Mia moglie, che ha sempre amato il caldo, vuole stare sempre con l’aria condizionata accesa il che è tutto dire.

C’è spesso qualcosa che stupisce quando usiamo questa espressione, proprio come nell’esempio fatto. Come a dire che se anche mia moglie non sopporta il caldo di questi giorni, figuriamoci quando caldo possa fare!

Non è necessario che accada però qualcosa di incredibile o di impensabile, ma spesso si tratta di qualcosa che rende chiara la situazione e speso per ottenere questo obiettivo si deve mostrare un esempio che rappresenta “il massimo che possa accadere” o comunque qualcosa che stupisce molto.

Un altro esempio.

Nel mondo di oggi, nonostante siamo bombardati dalle informazioni e tutte le notizie sono accessibili a tutti ci sono molte persone che non credono a tante cose. Basti pensare che più del 5% degli italiani crede che la terra sia piatta. Il che è tutto dire.

Ancora un ultimo esempio:

Le persone che vogliono fare conoscenza o avere esperienze oggi possono ricorrere ad Internet. Funziona? Vi dico solo che un mio amico in un anno ha ottenuto “250 appuntamenti”. Il che è tutto dire.

In quest’ultimo esempio potrei anche evitare l’ultima frase “il che è tutto dire”. Infatti abbiamo già espresso lo stesso concetto attraverso “vi dico solo che…” equivalente ma più informale di “basti pensare che”.

Infine, “il che” non è sempre presente nell’espressione; serve solamente a dare maggiore enfasi alla frase. Può infatti anche essere sostituito da “questo”: questo è tutto dire, oppure omesso se cambiamo un po’ la frase:

E’ tutto dire che neanche tu, espertissimo in informatica, non riesca  a superare l’esame. E’ veramente un esame difficile.

Adesso ripassiamo:

Ulrike: Belle le foto della riunione dei membri! Questa gita sembra il fior fiore degli eventi ed io mi domando e dico: come è possibile che non ci sia pure io? Vabbè, domanda retorica; dovevo mantenere la parola data ad un amico, quindi mi sentivo proprio costretta a tornare ad Orvieto e lasciarvi. Allora mi limito a mandarvi i saluti ed un ripassino, tanto per starvi vicini. Buon proseguimento!

805 Potabile, edibile, bevibile, commestibile, immangiabile

Potabile, edibile, bevibile, commestibile, immangiabile (scarica file mp3)

Trascrizione

Danielle: Ieri, con alcuni membri dell’associazione, tra i vari luoghi visitati insieme a Roma, siamo stati a Piazza di Spagna, dove come probabilmente tutti sapete c’è una fontana a forma di barca. Si chiama fontana della Barcaccia.

Molti turisti facevano la fila per bere l’acqua dalla fontana e nessuno si chiedeva se l’acqua fosse realmente potabile, cioè se si potesse bere senza problemi.

Oggi mi interessa proprio il termine “potabile“, che molti stranieri sicuramente non conoscono.

Capita spesso infatti di incontrare delle fontane in cui si legge “acqua non potabile” e dunque quell’acqua non è acqua adatta ad essere bevuta. Non si può bere perché per le sue caratteristiche non è destinata a usi alimentari.

Possiamo anche dire che quell’acqua, se è potabile, si può bere senza pregiudizio per la salute, o senza pregiudicare la salute.

Potabile è un aggettivo che si può usare in generale con tutti i liquidi ma viene nella pratica utilizzato solamente parlando di acqua.

Fate attenzione perché il verbo potare in realtà significa *tagliare” ma si utilizza sempre per indicare il taglio degli alberi.

Dunque potabile significa anche albero “che può essere tagliato” e non soltanto liquido “che può essere bevuto”.

Potabile si può usare in realtà anche per descrivere un discorso troppo lungo, che dunque andrebbe accorciato, cioè tagliato, appunto, ma nei fatti si usa praticamente sempre parlando di acqua che si può bere, acqua che è consentito bere senza il rischio di sentirsi male.

Non si usa normalmente “bevibile”, ma in teoria possiamo usare anche questo aggettivo per descrivere l’acqua che si può bere senza problemi.

Bevibile, piuttosto, si usa perlopiù in senso figurato nel linguaggio orale e indica qualcosa di credibile, di plausibile, di verosimile, ma allo stesso tempo di non vero.

Il verbo “bere” infatti, si usa abbastanza spesso in questo senso simile a “credere“:

Questa non la bevo!

Cioè: non ci credo a questa cosa. Non è una bibita, una bevanda, ma una notizia, un’informazione.

Mi vuoi far bere che a trent’anni non hai mai avuto una fidanzata?

Normalmente quando usiamo bere al posto di credere è perché qualcuno cerca di imbrogliare un’altra persona, facendole credere qualcosa di non vero.

Es:

Ho detto alla mia fidanzata che ero a cena con mio fratello, ma non se l’è bevuta.

Cosa? Non sei venuto al lavoro perché non è suonata la sveglia? Questa scusa non è bevibile.

Non si usa “potabile” in questi casi, ma solo bevibile, che si usa anche per i liquidi, ma parliamo di qualità e sapore.

Quando non si riesce a bere un liquido perché ha un brutto sapore, possiamo usare in particolare “imbevibile” e non “non potabile”.

Questo caffè è imbevibile!

Abbastanza simile a ciofeca, soprattutto nel caso del caffè.

Quando qualcosa invece non si può mangiare? Quale aggettivo usiamo?

In genere l’aggettivo da usare anche in questo caso cambia a seconda se il cibo ha un brutto sapore oppure non si presta, per le sue caratteristiche, ad essere mangiato.

Stavolta ci sono tre diversi aggettivi:

Immangiabile si utilizza quando il cibo non riusciamo a mangiarlo per via del sapore oppure perché ha oggettivamente delle caratteristiche che non rendono possibile mangiarlo.

Questa carne è completamente bruciata. Così è immangiabile.

Questo gelato è immangiabile. Lo getto immediatamente.

Se uso “mangiabile” invece, in genere è per indicare che la qualità di quel cibo è appena sufficiente per poterlo mangiare.

Com’è questa pasta?

Direi che è mangiabile!

Questo non è certamente un complimento. Si usa anche “passabile” con lo stesso senso.

Esiste però anche l’aggettivo “commestibile“.

Indica qualcosa che si può mangiare, qualcosa atto a servire di nutrimento all’uomo.

Si può usare allo stesso modo di mangiabile, ma generalmente non ha un senso negativo.

Ci sono ad esempio funghi commestibili e funghi velenosi, cioè non commestibili.

Dunque i funghi commestibili non sono velenosi e possiamo mangiarli senza problemi. Commestibile è esattamente come potabile per i liquidi.

Ugualmente possiamo dire che dopo tre giorni, il pesce non è più commestibile.

Se state mangiando una fetta di torta e su questa fetta c’è un fiore rosso, probabilmente vi chiedete se si possa mangiare. Allora se non riuscite a capirlo potete domandare:

Il fiore è commestibile?

Se poi la torta o il fiore fa schifo potrete dire che è immangiabile.

Quindi l’aggettivo commestibile non c’entra (anche se ovviamente influisce) con la bontà o la gradevolezza di ciò che mangiate.

Infine, può capitare di incontrare l’aggettivo edibile, uguale nel significato a commestibile, ma è più scientifico, più tecnico.

Edbile si usa soprattutto parlando delle bucce delle arance e dei limoni, che non sempre si possono mangiare. Dipende dal trattamento che hanno ricevuto e dall’uso di alcune sostanze potenzialmente dannose per la salute.

Se ad esempio al supermercato trovate sull’etichetta delle arance o dei limoni la scritta “buccia non edibile” significa che la buccia non si può mangiare e quindi non si può usare neanche per fare marmellate e neanche per insaporire pietanze, verdure o secondi. Le arance e i limoni biologici hanno anche la buccia edibile.

Questo aggettivo in genere si usa per le bucce, ma si può usare anche per altre cose come ad esempio il fiore sulla torta di cui sopra.

Anche edibile, ancor più che commestibile, non si usa per giudicare la qualità o la bontà di un prodotto alimentare, proprio come potabile.

Per finire, vi dico che commestibile si usa talvolta anche per indicare i generi alimentari, cioè i prodotti alimentari.

Non vi stupite pertanto se trovate la scritta “vendita di commestibili” sulla porta di un negozio di alimentari. In questo caso, commestibile è sostantivo.

Adesso ripassiamo. Parliamo del ritardo.

Marcelo: Ieri sera abbiamo rischiato di perdere il tram. Per poco non ci attacchiamo al tram, perché fortunatamente un taxi ci ha salvato in calcio d’angolo.

Mary: a mio avviso, per non saper né leggere né scrivere, domani mattina metti la sveglia alle 5.

804 Tanto per

Tanto per (scarica audio)

Trascrizione

Ricordate gli episodi dedicati a “tanto“?

Ne abbiamo fatti diversi. Il primo l’abbiamo dedicato a tutti i modi per dire tanto e molto, poi abbiamo visto l’episodio che abbiamo chiamato “tanto piove” e poi “non più di tanto“, “tanto più“, “tanto quanto“, “se tanto mi dà tanto“, “tanto vale“, “Tanto da, tanto che”.

In particolare nel primo episodio vi avevo appena accennato ad un uso informale della locuzione “tanto per”.

A volte infatti non si aggiunge altro dopo: “tanto per“. In effetti ci si aspetta che ci sia un verbo, tipo:

Tanto per parlare

Tanto per ridere

Ecc.

Spesso però non c’è bisogno di aggiungere nient’altro, ma questo si può fare solo nel linguaggio colloquiale.

Si sta sempre cercando di spiegare il motivo per cui fare qualcosa o il motivo per cui si è fatto qualcosa.

Vediamo qualche esempio:

Passami a trovare qualche volta se capiti vicino casa mia. Così, tanto per.

Domanda: Come mai hai deciso di provare a dare l’esame anche se non eri preparato?

Risposta: niente di particolare, tanto per.

Nel primo esempio è come dire: non c’è un motivo particolare, passa a trovarmi per salutarmi, se non hai da fare niente di urgente, ma senza avere necessariamente un motivo per farlo. Non si tratta di qualcosa di molto importante, se lo vuoi fare, fallo “tanto per”.

Tanto per“, usato in questo modo, serve a comunicare il motivo di un’azione che si fa, ma in modo poco impegnativo, o qualcosa che si fa senza un motivo particolare, e si usa solamente all’orale o al massimo in una chat.

Nel secondo esempio, quando ho detto “ho deciso di fare l’esame tanto per” , cioè tanto per provare, perché tanto non avevo niente da perdere. La risposta sarebbe dunque stata “tanto per provare”, ma in fondo si capisce lo stesso se togliamo l’ultima parola, non è così?

In ogni caso è comunque una locuzione che si usa in contesti informali, dove non si richiede nessun impegno o responsabilità.

Rispetto all’uso di “tanto” che vi ho spiegato nell’episodio dal titolo “tanto piove”, c’è in comune il senso di qualcosa (come una scelta) che non comporta conseguenze negative, quindi i contesti sono abbastanza simili.

Ci sono alcune occasioni però in cui è bene concludere la frase, senza abbreviarla, senza togliere l’ultimo termine, che di solito è un verbo, perché potrebbe non essere scontato ciò che vogliamo dire.

Ad esempio:

Ho provato a iscrivermi all’associazione Italiano Semplicemente tanto per vedere come funziona (solo per vedere come funziona)

Ti ho fatto l’occhiolino tanto per scherzare, non perché volevo provarci con te! (stavo solo scherzando)

Ho fatto quella battuta tanto per ridere, mica perché volevo offendere (solo per ridere)

Quest’anno andiamo nella regione Molise in vacanza, tanto per cambiare! (solo per cambiare)

In questi casi siamo sempre in contesti informali, ma vogliamo specificare il motivo per cui facciamo qualcosa, perché altrimenti potrebbe sembrare che non avevamo nient’altro da fare o perché avevo voglia di fare questa cosa senza badare alle conseguenze.

Infatti “tanto per” denota una certa rilassatezza di stato d’animo o una poca attenzione ai particolari, e queste caratteristiche sono importanti quando vogliamo comunicare esattamente quello:

Vieni a trovarmi se passi da queste parti, tanto per.

Qui voglio fare proprio questo: comunicare rilassatezza, mancanza di impegno, mancanza di formalità.

Negli stessi contesti potremmo usare anche l’espressione “niente di che” di cui ci siamo già occupati. Anche questa espressione si può usare per abbassare il livello di importanza o formalità.

Adesso ripassiamo, tanto per non perdere l’abitudine.

Marcelo: dispiace che alla riunione dei membri non saremo tutti.

Edgardo: stando ai numeri attuali, saremo 18 alla cena di stasera a Trastevere.

Edita: casomai si aggiungessero altri, spero non ci saranno problemi.

Danielle: ma con ogni probabilità ormai le cose non cambieranno.

Irina: a stasera allora. E mi raccomando non vi schiaffate seduti vicino al presidente. Ho già prenotato quel posto per me.

Programma settimanale 20-25 giugno 2022

Programma settimanale 20-25 giugno 2022

(quotidianamente nel gruppo whatsapp dell’associazione vengono registrate anche le frasi di ripasso degli episodi precedenti. Si corregge la pronuncia quando è sbagliata)

Lunedì: sembro io o sembra me?

Il verbo sembrare può sembrar facile da usare ma anche gli italiani pare non o sappiano usare bene…

Martedì: Trascrizione e commento del notiziario sul gruppo whatsapp dell’associazione

Mercoledì: Italiano professionale.

Giovedì: riunione dei membri a Roma

Venerdì: riunione dei membri a Roma

Sabato: riunione dei membri a Roma

Per iscrizioni: italianosemplicemente.com/chi-siamo

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803 Sembra me, sembro io, sembra te, sembri tu

Sembra me, sembro io, sembra te, sembri tu (scarica audio)

Trascrizione

Figlio: Guarda papà, guarda quell’uomo, sembri tu!

Padre: Sembro io, davvero? A me non sembra! Io direi che tu sembri me, non che lui sembri me.

Figlio: Secondo me, sia io che lui sembriamo te. Ti somigliamo entrambi.

Padre: secondo te entrambi sembrate me?

Figlio: si si, sicuramente. Però è strano perché io invece non sembro lui e lui non sembra me. Strano vero?

Giovanni: Avete appena ascoltato un dialogo tra padre e figlio, in cui più volte si è utilizzato il verbo sembrare. Moltissimi italiani direbbero che questo dialogo è assolutamente corretto, ma non è così.

Vediamo meglio il dialogo:

Figlio: Guarda papà, guarda quell’uomo, sembri tu!

Il figlio dice al padre che c’è un uomo che gli somiglia, somiglia al padre: c’è un uomo che sembra lui, il padre.

Sembri tu!

Sembri proprio tu!

In altre parole lui ti somiglia molto, tu e lui siete molto simili, sembrate la stessa persona.

Lui sembri tu.

Qualcuno potrebbe chiedere: ma perché “lui sembri tu” e non “lui sembra te?

Domanda assolutamente pertinente!

Infatti “lui sembra te” è sicuramente il modo corretto per indicare questa somiglianza.

A proposito dell’uso di tu e te, le regole grammaticali infatti dicono chiaramente che il pronome personale tu è d’obbligo come soggetto, mentre te si usa nei complementi.

Accade normalmente tuttavia di ascoltare “sembri tu”, “sembri proprio tu”. Sono formule utilizzatissime nel linguaggio colloquiale.

Dunque la frase corretta è:

Guarda papà, guarda quell’uomo, sembra te!

Tra l’altro, a proposito del verbo, è lui che “sembra” dunque non potrebbe neanche essere giusto: lui sembri te” perché verbo e soggetto devono andare d’accordo.

Andiamo avanti:

il Padre risponde:

Sembro io, davvero? A me non sembra! Io direi che tu sembri me, non che lui sembri me.

Per lo stesso motivo di prima, la risposta corretta è:

Sembra me, davvero? A me non sembra! Io direi che tu sembri me, non che lui sembri me.

Dunque “lui sembra me” e non “lui sembro io”.

Il resto della frase è corretto. Infatti “A me non sembra” significa “secondo me non è così”, “non ho avuto la stessa sensazione”, “a me non pare”.

Infine la parte finale: “Io direi che tu sembri me, non che lui sembri me.”

Alla fine quel “sembri” è congiuntivo, quindi corretto. Qui c’era un tranello quindi tutto corretto!

Andiamo avanti:

Figlio: Secondo me, sia io che lui sembriamo te. Ti somigliamo entrambi.

Questa frase è tutta corretta: “sia io che lui sembriamo te” cioè entrambi sembriamo te.

Andiamo avanti:

Padre: secondo te entrambi sembrate me?

Anche questa ok.

L’ultima:

Figlio: si si, sicuramente. Però è strano perché io invece non sembro lui e lui non sembra me. Strano vero?

Corretta anche questa.

Allora ricapitoliamo:

“Sembri tu” non si può dire in questi casi.

Allo stesso modo anche “sembro io” è scorretto. “Sembra me” invece è corretto.

Dunque se vedo una persona che mi somiglia è corretto dire:

Quel tizio sembra proprio me! E’ uguale a me!

E non:

Quel tizio sembro io!

Ovviamente la regola vale anche con la negazione:

Quel tizio non sembra me! (corretto)

Quel tizio non sembra te (corretto)

e non:

Quel tizio non sembro io (non corretto)

Quel tizio non sembri tu/te (scorretto)

Dunque il problema che vi ho appena descritto si pone quando parla la persona interessata (quest’ultimo caso) e quando io parlo con te (il caso precedentemente esposto).

Può accadere con noi e voi, anche se più raramente:

Quelle persone sembrano noi da giovani (versione corretta)

Quelle persone sembriamo noi da giovani (versione non corretta)

Quelle persone sembrano voi da giovani (versione corretta)

Quelle persone sembrate voi da giovani (versione non corretta)

Sembro io” e “sembri tu” non sono sempre scorretti, ma si possono usare quando io sono il soggetto, oppure quando sei tu.

Oggi non sembro io. non mi riconosco. Sono nervosissimo.

E’ come dire: non è da me, perché solitamente io non sono mai nervoso, non mi riconosco, non sembro la solita persona. E’ più efficace come messaggio:

Ero emozionatissimo! Non sembravo io!

Oggi sembro io quello pazzo tra noi due, ma sono sempre stato un tipo molto sereno e tranquillo rispetto a te.

In questo caso “sembro io” è l’unica forma accettata perché voglio sottolineare la mia persona.

Un altro esempio:

Ma cos’hai oggi? Non (mi) sembri tu con quell’aria triste e cupa! Cosa ti è successo?

Adesso ripassiamo e scusate se oggi mi sono occupato di grammatica: non sembro io ad aver scritto questo episodio, vero?

Ulrike: Va bene, mi faccio sotto con un ripassino. Perché lo faccio? Perché me la sento, cioè mi gira bene oggi. Certo, devo scervellarmi un po’, ma che volete, è solo un ripassino questa volta, solo un di più piccolo piccolo dell’episodio. E come posso esimermi dal rispolverare qualche espressione precedente, visto ho aderito all’associazione italiano semplicemente? Sono un membro, Il che significa che ho voluto la bicicletta, allora pedalo!

802 Farsi sotto e farsela sotto

Farsi sotto e farsela sotto (scarica audio)

Trascrizione

Avete mai visto un incontro di pugilato (o incontro di box)?

Avete mai sentito dei ragazzi adolescenti litigare fino a venire alle mani?

In occasioni come queste è facile che qualcuno possa dire la frase “fatti sotto!”.

È una esclamazione, una frase di sfida, con cui una persona invita l’altra a provare, a venire avanti, a rischiare. Nel caso in questione si invita a prendere l’iniziativa senza paura, per affrontarsi fisicamente.

Un pugile ad esempio invita l’altro pugile a prendere l’iniziativa, a farsi coraggio e provare a colpire l’avversario senza paura.

Fatti sotto” non è una frase volgare, solo più colloquiale, ma analoga a fatti avanti, fatti coraggio, fatti forza, vieni avanti, prova senza aver paura, eccetera.

Generalmente si usa in contesti come quelli di cui ho parlato, ma “fatti sotto” e “fatevi sotto” , al plurale, possono essere usati anche senza necessariamente usare le mani o senza parlare di paura di essere sconfitti.

Posso anche dirlo io ad esempio quando voglio invitare degli studenti a parlare italiano senza paura di sbagliare.

Adesso tocca a voi, fatevi sotto con gli esempi con questa espressione!

Oppure, se non avete ancora capito bene:

Dai, fatevi sotto con le domande!

Farsi sotto, state attenti, potrebbe essere confusa con “farsela sotto” che ha sempre a che fare con la paura, ma significa avere molta paura.

Farsela sotto, o farsela addosso, è un’espressione idiomatica che ha il senso proprio di farsi la pipi o la popò addosso, cioè nelle mutande.

In pratica significa farsi la cacca addosso o urinarsi addosso.

Vediamo comunque la differenza tra le due espressioni di oggi con un esempio concreto.

C’è uno studente universitario che dice:

Oggi ho l’esame più difficile. Me la sto letteralmente facendo sotto dalla paura!

Un amico gli risponde:

Dai, non fare il bambino. Sei preparatissimo. Vedrai che andrà bene. Ti hanno appena chiamato. Adesso fatti sotto che tocca a te!

Dunque “farsela sotto” è cosa molto diversa da “farsi sotto”.

La prima si usa spesso con la preposizione articolata dalla, dalle, dallo, dalle o dagli e “la”, alla fine di “farsela” (verbo pronominale) si riferisce alla cacca o alla pipi:

Io me la faccio sotto

Tu te la fai sotto

Lui se la fa sotto

Noi ce la facciamo sotto

Voi ve la fate sotto

Loro se la fanno sotto

Es:

Me la sto facendo sotto dalla paura

Me la sono fatta sotto dalle risate

Avete sentito bene: questa espressione si usa anche quando si ride molto. Si ride talmente tanto che la pipi non si riesce a trattenere. Questa tra l’altro è una cosa che può accadere veramente!

Farsi sotto” invece si usa a volte con la preposizione “con”:

Fatevi sotto con gli esempi!

Questa settimana mi devo far sotto col lavoro!

Fatti sotto con le ragazze, non aver paura di un rifiuto!

A seconda della circostanza, può voler dire anche “impegnarsi molto” , oltre a “non tirarsi indietro”, dunque molto similmente a “farsi coraggio”, “affrontare un impegno senza paura”, “farsi avanti”.

Può capitare a un non madrelingua di usare queste espressioni nel modo sbagliato anche perché la frase spesso è quasi identica:

Mi sono fatto sotto e l’ho affrontato!

Me la sono fatta sotto quando l’ho affrontato!

Adesso ripassiamo con la nostra Peggy che come al solito si è fatta sotto con delle ottime frasi senza paura di sbagliare. Altre persone al suo posto se la sarebbero fatta sotto!

Peggy:

L’altro giorno ho assistito insieme a un gruppetto di amici allo spettacolo di una nostra amica. Il tema verteva sulle “ANTENATE”. Lo spettacolo è stato realizzato da una ventina di donne provenienti da diversi angoli di Napoli, e un di cui è dello stesso quartiere, ivi inclusa* la nostra amica.

Nelle scene, ognuna di loro raccontava in modo drammatico una storiella di una parente anziana scomparsa, che so, la nonna, la prozia, la bisnonna, e portava nelle mani anche un ricordo lasciato dalla protagonista.

I loro racconti mi hanno colmato di emozioni, tra cose divertenti e non, nonostante la non piena comprensione, per via delle voci dialettali, ma al contempo, grazie ai ricchi gesti delle narratrici *me la sono cavata abbastanza bene, afferrando la sostanza dei racconti.

Tra l’altro, lo spettacolo si teneva presso.

L’Archivio di Stato, dove si conserva e si sorveglia il patrimonio archivistico statale. La prerogativa di questo luogo magico è che offre a ogni cittadino la possibilità di risalire alle proprie origini per poi *avere contezza* di chi siano i suoi antenati e da dove provenissero. Intanto, immaginate! Queste donne raccontavano le vere storie delle loro care al cospetto di un’immensa quantità di libri antichi e significativi in uno spazio mastodontico, come fare a *tenere a bada* la propria commozione?

Sebbene questa sia stata un’esperienza singolare, edificante nonché colma di virtù, purtroppo però, oggigiorno il grosso della popolazione non è memore di quanto i nostri antenati ci hanno lasciato e insegnato e dunque non ne fa tesoro.

“Voi l’avete fatto ben presente in un modo più che reale, affermando dei valori di grande portata. Vi ringrazio di cuore.”
Così ho scritto alla nostra amica non appena il loro spettacolo è terminato.

Inguaribile

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Trascrizione

Un aggettivo italiano molto interessante è inguaribile.

Infatti non si usa solamente parlando di malattie dalle quali non si può guarire. In questo caso si dice comunque preferibilmente che la malattia è incurabile, cioè non si può curare, quindi non esiste una cura per questa malattia, il che è come dire che non si può guarire da essa.

L’aggettivo inguaribile si può comunque associare anche ad altri aggettivi o comunque a delle caratteristiche delle persone, ottenendo spesso espressioni spiritose da usare in contesti informali e amichevoli.

Potete ad esempio parlare del vostro fidanzato definendolo un inguaribile romantico.

Questo significa che non riesce a fare a meno di essere romantico e questo non è certo un difetto.

Questa infatti è una frase scherzosa. Si presenta il romanticismo come un difetto di una persona che non si riesce a correggere.

Generalmente infatti si vuole parlare di un vizio di una persona, quindi di un difetto, presentando questo vizio come qualcosa che non si può eliminare quindi un vizio o un difetto incorregibile, o appunto inguaribile.

Es:

Sono un giocatore inguaribile, non riesco a smettere neanche quando rischio il fallimento.

Se un mio amico è particolarmente appassionato di donne, potrei dire che è un inguaribile donnaiolo o un inguaribile don Giovanni.

Così si fa riferimento implicito anche alle possibili conseguenze negative di questa caratteristica.

Giovanni è un inguaribile spendaccione.

Questo vuol dire che Giovanni non riesce a risparmiare e non sta attento alle spese.

Da questa “malattia” non riesce a guarire.

Posso usare anche l’avverbio inguaribilmente.

Io sono inguaribilmente ritardatario, come molti altri italiani.

Dunque non ho speranze di riuscire ad essere puntuale agli appuntamenti. Anche la propensione al ritardo è quindi paragonata ad una malattia incurabile.

Una mia amica è inguaribilmente affascinante.

Questo è un altro esempio di un pregio, un punto di forza, Una qualità e non un difetto.

Vi immaginate una persona che cerca di non essere affascinante e non ci riesce?

Potete dunque usare inguaribile e inguaribilmente anche con dei pregi e delle qualità, sempre in contesti scherzosi e amichevoli,spesso anche ironici:

Qualcuno potrebbe dirmi che sono un inguaribile italiano, sia per farmi un complimento sia per offendermi non troppo esplicitamente. Dipende molto dal contesto.

Che equivale a dire, sempre in tono ironico:

Questa tua caratteristica è più forte di te, non la puoi correggere, è inutile che ti sforzi, non puoi farci niente.

Può anche esserci un tono di leggero rimprovero, o anche di giustificazione verso una persona che è da scusare perché non può fare a meno di comportarsi in un certo modo:

Perdonate Giovanni se fa sempre scherzi e non sembra mai una persona seria. È un inguaribile burlone.

Ci vediamo al prossimo episodio.