774 Dispiace o mi dispiace?

Dispiace o mi dispiace? (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni:

Oggi vediamo un’altra cosa che nessun libro di grammatica o di lingua italiana, di qualsiasi tipo, checché se ne dica, vi spiegherà mai.
Parlo della differenza tra l’esclamazione “mi dispiace” e “dispiace“, senza il pronome davanti.

Ciò che intendo dire è che spessissimo si leggono e si ascoltano, sempre di più da qualche tempo a questa parte, frasi tipo:

Spiace un po’ che Giovanni abbia questa avversione per la grammatica.

Dispiace per come sono andate le cose tra Maria e Pasquale. Le ricordo come due brave persone e si volevano bene.

In pratica a volte si preferisce non usare il pronome mi, ti, ci, vi, gli.

Perché?

Vediamo allora le differenze tra “mi dispiace” e dispiace.

Se io mi sto scusando per una mia colpa devo assolutamente usare il pronome personale.

Ad esempio:

Oh, davvero hai perso il treno per colpa mia? Mi dispiace molto, scusami.

Mi dispiace che ti sei sentito offeso, ma non era mia intenzione, ti assicuro.

Questo è un primo caso in cui non posso togliere il pronome perché si vuole sottolineare il dispiacere e allo stesso tempo questa è una forma di scuse.

Il pronome trasmette un coinvolgimento emotivo personale, quindi devo assooitanente utilizzarlo.

In realtà non è necessario che ci sia una colpa personale.

Anche quando non si tratta di una colpa personale ma semplicemente di trasmettere vicinanza, affetto o comprensione per qualcosa di negativo accaduto, è necessario usare il pronome personale:

Cosa? Sei stato bocciato all’esame di grammatica? Non puoi capire quanto mi dispiace!

Mi spiace per tua madre. Ho saputo che sta passando un brutto momento.

La persona apprezzerà affermazioni di questo tipo, perché trasmettono empatia e comprensione.

Quando invece si commenta una situazione in cui non c’è alcuna colpa ma, oltre a questo c’è anche poco coinvolgimento emotivo, si può evitare di mettere il pronome ed è sufficiente un “dispiace che…”.

Anche il tono è importante. Oltretutto la frase è anche più veloce da pronunciare.

Es:

Nei prossimi campionati mondiali chi vincerà? Certo, dispiace che non ci sarà l’Italia.

In taluni casi (cioè “talvolta”), come anche nell’esempio appena fatto, possiamo anche aggiungere “mi” o “ci”, ma se aggiungessi “ci” qualcuno direbbe: dispiace a chi?

Quindi “ci” implicherebbe l’esistenza di un “noi” quando invece non c’è nessun “noi” in questo caso.

Se invece usassi “mi dispiace” o “mi spiace” (equivalente, anche se c’è meno coinvolgimento) andrebbe comunque bene ma questa non è una questione personale, non è accaduta una disgrazia ad una persona, sebbene la cosa rappresenti pur sempre un fallimento calcistico di una nazione.

Questo “dispiace” è pertanto impersonale rispetto a “mi dispiace” e perciò appare più freddo, più distaccato. Si vuole esprimere ugualmente un dispiacere, ma piuttosto lieve. Certamente non è colpa di chi parla se l’Italia non è andata avanti nel suo percorso, inoltre non è detto che la qualità del campionato mondiale sia inferiore per via dell’assenza dell’Italia.

Infine, non abbiamo un interlocutore a cui vogliamo alleviare le sofferenze e esprimere empatia. Questo è ugualmente importante.

Tutti questi motivi rendono accettabile l’assenza del pronome.

Dico “accettabile” perché non è mai un errore inserire il pronome “mi”, ma sicuramente non siamo in uno dei casi descritti sopra in cui il pronome è obbligatorio.

Finora si è parlato essenzialmente di emozioni, di coinvolgimento e di empatia, ma spesso bisogna usare il pronome semplicemente per indicare a chi ci si riferisce:

Non ho capito. Ti dispiace spiegarti meglio?

Non vi dispiace se fumo una sigaretta vero?

La forma impersonale in questi casi non posso usarla.

Poi, sapete che “non mi dispiace” può esprimere anche un piacere (ad esempio per qualcosa che si mangia o si ascolta) e non solo l’assenza di un dispiacere per un qualcosa che accade, come visto finora. Parlo della forma opposta rispetto a “mi piace”.

Se dico:

Tranquillo, non mi dispiace se parli prima tu di me.

Qui si esprime, con una forma di cortesia, l’assenza di un dispiacere.

Invece:

Sai che ho assaggiato il caffè senza zucchero e ho scoperto che non mi dispiace affatto.

In questo caso si esprime un piacere inaspettato, un vero apprezzamento per il caffè senza l’aggiunta di zucchero.

Anche in questi casi (entrambi) non possiamo togliere il pronome, essendo il piacere una cosa del tutto personale.

Direi che senza il pronome davanti, “dispiace che” è molto simile a “peccato che”. Si esprime in questo modo per lo più disappunto, che è abbastanza vicino al concetto di lieve dispiacere.

Adesso, se non vi dispiace, ripassiamo un po’:

Ripasso in costruzione

Albéric: Mi Dispiace molto che stiamo transcorrendo un periodo colmo di conflitti e divergenze, dove tra l’altro fioccano ogni due per tre voci false e tendenziose, nonché accozzaglie di storie inventate e faziose.
Ne ho fin sopra i capelli.

Peggy: Dai, cerca di essere ottimista, intorno a noi esistono anche tante cose interessanti da provare, tante persone per bene per scambiarsi idee. Per non parlare delle bellezze folgorante da ammirare. Guarda quella ragazza che sta passando davanti a te ad esempio. Sbaglio o ti ha lanciato un’occhiatina?

Edgardo: Ue’, non fare lo spiritoso! Non mi vanno a genio questo tipo di battute!

Hartmut: dunque, ragazzi. Con questo stress sociale, non mi dispiace affatto la riunione a Roma a fine giungno con i membri della nostra associazione. Saranno presenti i membri più brillanti del gruppo. Poi ci sarò anch’io, se non vi dispiace…

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