Un membro dell’associazione Italiano semplicemente, nella fattispecie Gèma dalla Spagna, mi ha chiesto la differenza tra i due verbi rinfrancare e rifocillare.
A partire dal numero 1001, I file audio e la trascrizione fegli episodi di questa rubrica sono solamente per i membri dell’associazione.
Danielle: Ieri, con alcuni membri dell’associazione, tra i vari luoghi visitati insieme a Roma, siamo stati a Piazza di Spagna, dove come probabilmente tutti sapete c’è una fontana a forma di barca. Si chiama fontana della Barcaccia.
Molti turisti facevano la fila per bere l’acqua dalla fontana e nessuno si chiedeva se l’acqua fosse realmente potabile, cioè se si potesse bere senza problemi.
Oggi mi interessa proprio il termine “potabile“, che molti stranieri sicuramente non conoscono.
Capita spesso infatti di incontrare delle fontane in cui si legge “acquanonpotabile” e dunque quell’acqua non è acqua adatta ad essere bevuta. Non si può bere perché per le sue caratteristiche non è destinata a usi alimentari.
Possiamo anche dire che quell’acqua, se è potabile, si può bere senza pregiudizio per la salute, o senza pregiudicare la salute.
Potabile è un aggettivo che si può usare in generale con tutti i liquidi ma viene nella pratica utilizzato solamente parlando di acqua.
Fate attenzione perché il verbo potare in realtà significa *tagliare” ma si utilizza sempre per indicare il taglio degli alberi.
Dunque potabile significa anche albero “che può esseretagliato” e non soltanto liquido “che può essere bevuto”.
Potabile si può usare in realtà anche per descrivere un discorso troppo lungo, che dunque andrebbe accorciato, cioè tagliato, appunto, ma nei fatti si usa praticamente sempre parlando di acqua che si può bere, acqua che è consentito bere senza il rischio di sentirsi male.
Non si usa normalmente “bevibile”, ma in teoria possiamo usare anche questo aggettivo per descrivere l’acqua che si può bere senza problemi.
Bevibile, piuttosto, si usa perlopiù in senso figurato nel linguaggio orale e indica qualcosa di credibile, di plausibile, di verosimile, ma allo stesso tempo di non vero.
Il verbo “bere” infatti, si usa abbastanza spesso in questo senso simile a “credere“:
Questa non la bevo!
Cioè: non ci credo a questa cosa. Non è una bibita, una bevanda, ma una notizia, un’informazione.
Mi vuoi far bere che a trent’anni non hai mai avuto una fidanzata?
Normalmente quando usiamo bere al posto di credere è perché qualcuno cerca di imbrogliare un’altra persona, facendole credere qualcosa di non vero.
Es:
Ho detto alla mia fidanzata che ero a cena con mio fratello, ma non se l’è bevuta.
Cosa? Non sei venuto al lavoro perché non è suonata la sveglia? Questa scusa non è bevibile.
Non si usa “potabile” in questi casi, ma solo bevibile, che si usa anche per i liquidi, ma parliamo di qualità e sapore.
Quando non si riesce a bere un liquido perché ha un brutto sapore, possiamo usare in particolare “imbevibile” e non “non potabile”.
Questo caffè è imbevibile!
Abbastanza simile a ciofeca, soprattutto nel caso del caffè.
Quando qualcosa invece non si può mangiare? Quale aggettivo usiamo?
In genere l’aggettivo da usare anche in questo caso cambia a seconda se il cibo ha un brutto sapore oppure non si presta, per le sue caratteristiche, ad essere mangiato.
Stavolta ci sono tre diversi aggettivi:
Immangiabile si utilizza quando il cibo non riusciamo a mangiarlo per via del sapore oppure perché ha oggettivamente delle caratteristiche che non rendono possibile mangiarlo.
Questa carne è completamente bruciata. Così è immangiabile.
Questo gelato è immangiabile. Lo getto immediatamente.
Se uso “mangiabile” invece, in genere è per indicare che la qualità di quel cibo è appena sufficiente per poterlo mangiare.
Com’è questa pasta?
Direi che è mangiabile!
Questo non è certamente un complimento. Si usa anche “passabile” con lo stesso senso.
Esiste però anche l’aggettivo “commestibile“.
Indica qualcosa che si può mangiare, qualcosa atto a servire di nutrimento all’uomo.
Si può usare allo stesso modo di mangiabile, ma generalmente non ha un senso negativo.
Ci sono ad esempio funghi commestibili e funghi velenosi, cioè non commestibili.
Dunque i funghi commestibili non sono velenosi e possiamo mangiarli senza problemi. Commestibile è esattamente come potabile per i liquidi.
Ugualmente possiamo dire che dopo tre giorni, il pesce non è più commestibile.
Se state mangiando una fetta di torta e su questa fetta c’è un fiore rosso, probabilmente vi chiedete se si possa mangiare. Allora se non riuscite a capirlo potete domandare:
Il fiore è commestibile?
Se poi la torta o il fiore fa schifo potrete dire che è immangiabile.
Quindi l’aggettivo commestibile non c’entra (anche se ovviamente influisce) con la bontà o la gradevolezza di ciò che mangiate.
Infine, può capitare di incontrare l’aggettivo edibile, uguale nel significato a commestibile, ma è più scientifico, più tecnico.
Edbile si usa soprattutto parlando delle bucce delle arance e dei limoni, che non sempre si possono mangiare. Dipende dal trattamento che hanno ricevuto e dall’uso di alcune sostanze potenzialmente dannose per la salute.
Se ad esempio al supermercato trovate sull’etichetta delle arance o dei limoni la scritta “buccia non edibile” significa che la buccia non si può mangiare e quindi non si può usare neanche per fare marmellate e neanche per insaporire pietanze, verdure o secondi. Le arance e i limoni biologici hanno anche la buccia edibile.
Questo aggettivo in genere si usa per le bucce, ma si può usare anche per altre cose come ad esempio il fiore sulla torta di cui sopra.
Anche edibile, ancor più che commestibile, non si usa per giudicare la qualità o la bontà di un prodotto alimentare, proprio come potabile.
Per finire, vi dico che commestibile si usa talvolta anche per indicare i generi alimentari, cioè i prodotti alimentari.
Non vi stupite pertanto se trovate la scritta “vendita di commestibili” sulla porta di un negozio di alimentari. In questo caso, commestibile è sostantivo.
Giovanni: quando siamo a tavola, si sente spesso parlare del “piatto forte”.
Qual è il piatto forte del pranzo?
Il piatto forte non è però il piatto più resistente del servizio dei piatti, ma il piatto migliore; piatto inteso come pietanza, non come contenitore di cibo.
L’aggettivo forte in questo caso non ha niente a che fare con la forza e coi muscoli.
Generalmente il piatto forte è anche il più sostanzioso e prelibato di un pranzo, il più interessante, ma viene nominato soprattutto nei giorni di festa, o quando ci sono ospiti.
Arriva il piatto forte! Melanzane alla parmigiana!
Ieri era il giorno di Pasqua e il piatto forte di mia suocera è stato la lasagna!
Altre volte, ma fuori della cucina, si usa al posto del pezzoforte, ma stavolta stiamo assistendo ad uno spettacolo; non stiamo mangiando quindi ma siamo ad un concerto o un’esibizione pubblica. Il pezzo forte o il piatto forte può essere una canzone o anche una battuta.
Il piatto forte della serata arriva tra poco!
Le canzoni vengono quindi confrontate alle portate di un pasto.
NOTA: i verbi professionali fanno parte del corso di Italiano Professionale. Per accedere occorre far parte dell’Associazione Italiano Semplicemente (Entra – Registrati)