Non ho capito io!

Non ho capito io!

(ep. 1159) (scarica audio)

Trascrizione

non ho capito io!

Ricordate quando abbiamo parlato dell’espressione ‘hai capito!’? Ebbene, ricorderete che il significato dell’espressione ha poco a che fare con il suo significato letterale. Piuttosto esprime un mix tra incredulità e stima.

Bene, un discorso analogo avviene con l’espressione ‘Non ho capito’ oppure ‘non ho capito io!’.

Si tratta ancora una volta di un’esclamazione, e non esprime il senso letterale. Non si tratta infatti di una mancata comprensione di qualcosa.

“Non ho capito io!” è invece un’espressione breve, diretta e molto potente. A prima vista potrebbe sembrare solo un modo per dire che qualcosa non è chiaro (in effetti può usarsi anche in questo modo, con un altro tono però) ma il suo significato può cambiare completamente in base al contesto e proprio al tono che si usa.

Spesso, infatti, questa frase non esprime un’incomprensione vera e propria, ma diventa una dichiarazione enfatica per sottolineare un diritto, una posizione chiara e non negoziabile.

Vediamo insieme cosa significa esattamente e come si usa.

Questa espressione, quando usata in modo deciso, equivale a dire:

Questa cosa deve essere chiara!

Non ci sono dubbi, è un mio diritto!

Non scherziamo, le cose stanno così!

Espressioni simili, più brevi, possono essere:

Ma guarda un po’!

Ma pensa tu!

Non scherziamo!

Ma ti pare! (anche questa espressione l’abbiamo già spiegata)

L’attenzione è tutta sull’”io”, che tuttavia possiamo anche omettere. Chi parla vuole far capire che è sicuro della propria posizione e che ciò che sta affermando è evidente, giusto e non discutibile. È una rivendicazione, una sorta di “punto esclamativo” che chiude il discorso.

Come si usa?

“Non ho capito io!” si usa spesso in situazioni di confronto o quando si vuole mettere in chiaro qualcosa. Non serve aggiungere molto altro: il tono deciso e l’enfasi bastano per comunicare il proprio messaggio.

Facciamo qualche esempio. Tengo a sottolineare che l’espressione è usata solo nella forma orale. Potreste trovare qualcosa di scritto sulla rete, ma non ve lo garantisco. Anche Chatgpt non vi aiuterà. Ve lo dico da subito!

Vediamo quando si tratta di rivendicare un diritto. Ricorderete che il verbo rivendicare lo abbiamo già incontrato.

Quei soldi sono miei, me li devi restituire. Non ho capito io!

Qui il significato è: “Non c’è spazio per dubbi o discussioni, è un mio diritto.” Non è certamente una richiesta di spiegazioni. Siamo spesso in una posizione di difesa più che di attacco, nel senso che qualcuno sta cercando di privarci di un diritto, di fare una ingiustizia e noi vogliamo invece dire che non è giusto!

In qualche modo, se vogliamo proprio ricondurci al significato letterale, potremmo dire “non capisco per quale motivo non debba essere così”, “non c’è motivo di pensarla diversamente e se ne esistesse uno di motivo, io non lo capisco”.

Possiamo usare l’espressione anche per far rispettare una nostra decisione. Si tratta di una personale decisione, ma non è detto. Di sicuro però chi parla esprime una sua personale opinione.

Es:

Certo che hai lo stesso diritto degli altri, non ho capito io!

Come dire che è ovvio.

Spessissimo si parla di una questione di giustizia, quindi si usa quando manca un atteggiamento giusto, una decisione equa, una parità di diritti, quindi quando c’è ad esempio un chiaro favoreggiamento, una chiara preferenza, quando non ci dovrebbe essere, per una questione di giustizia, di pari opportunità!

Tutti dobbiamo essere trattati allo stesso modo, non ho capito io!

Stiamo contestando un’ingiustizia:

Perché lui sì e io no? Non ho capito io!

Ecco, in questo caso si fatica meno a capire il senso della frase.

Si esprime un senso di ingiustizia, ma è solo una apparente richiesta di spiegazioni.

Altre volte si impone una scelta, una decisione che riteniamo comunque giusta:

Sono stato io a fare tutto il lavoro, quindi decido io. Non ho capito io!

Vuol dire: Deve essere chiaro che tocca a me decidere, non a nessun altro. E’ giusto così! Nessuno provi a dire il contrario!

In modo scherzoso o ironico si può anche usarla per enfatizzare una piccola protesta in modo leggero.

Guarda che tocca a te lavare i piatti oggi, perché è giusto che si faccia un giorno ciascuno, non ho capito io!

“Non ho capito io!” è una frase tipica del linguaggio colloquiale italiano, come ho detto, molto usata in conversazioni informali, familiari, specialmente nel sud Italia ma un po’ dappertutto.

Il tono e il contesto giocano un ruolo fondamentale: è un’espressione che si adatta bene a situazioni in cui c’è un contrasto, una rivendicazione o anche solo il desiderio di enfatizzare un concetto.

La sua forza sta nella semplicità: tre o quattro parole bastano per esprimere con chiarezza una posizione ferma. Non c’è bisogno di spiegazioni aggiuntive o di dettagli, perché il messaggio è già completo e diretto.

E’ importante usarla con il tono giusto. Deve trasmettere sicurezza, decisione e, se necessario, un pizzico di ironia. È perfetta per chiudere una discussione, ribadire un diritto, far valere la propria opinione, far valere le proprie ragioni o farsi sentire. Non sarà il massimo dell’eleganza, ma che volete!

Una esclamazione dal senso simile è “ma io non lo so!” che tuttavia è più spesso usata per esprimere irritazione o fastidio o anche un certo giudizio implicito, come se chi parla si mettesse in una posizione di superiorità morale o di perplessità rispetto all’atteggiamento o alle azioni di qualcun altro. Espressione, questa, di solito accompagnata da gesti o toni che rafforzano il messaggio, come lo scuotere la testa o un’espressione esasperata. come a dire “no”. Ricordate che abbiamo un episodio su questa espressione?

Per gli amanti della lingua romanesca comunque, un’espressione con un senso ancora più vicino è “ma che davero davero!“, che enfatizza l’incredulità verso qualcosa di inaccettabile. E’ come dire “ma sul serio?” e la ripetizione della parola ‘davvero’ (‘davero’ in romanesco) sottolinea ed enfatizza lo stupore, molto spesso per una ingiustizia, per qualcosa di ingiusto, proprio come “non ho capito io!

Ah, dimenticavo di dirvi che l’espressione di oggi si può usare solamente alla prima persona singolare. La forma è invariabile! Non esiste ad esempio “non hai capito tu!”. State infatti esprimendo un’opinione personale, a prescindere dalla persona per la quale si rivendica un diritto.

Adesso ripassiamo e siccome siamo sotto Natale, parliamo di regali di Natale:

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Ripasso a cura dei membri dellassociazione Italiano Semplicemente

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Anne Marie: io a mio fratello regalo un’agenda per aiutarlo con i suoi impegni. Lui è sempre alle prese con mille cose e non sa mai dove annotarle!

Edita: Io, invece, ho optato per qualcosa di più semplice. Regalo libri usati. Ne ho parecchi intonsi, pare brutto che nessuno li legga.

Estelle: Quant’è vero Iddio, io non voglio più sentire recriminazioni da mia sorella! Ogni Natale si lamenta per i regali che riceve. Quest’anno schiafferò sotto l’albero un buono regalo, così si compra ciò che vuole.

Marcelo: Per la cronaca, non mi sconfinfera per niente il Natale. È un continuo correre dietro a regali, decorazioni e pranzi interminabili. Poi, il Natale mi ricorda il mio gatto che non c’è più. Mi viene il magone solo a pensarci!

Julien: Dai! Non fare così. È pur sempre una festa per stare insieme. Piuttosto, durante le cene di Natale in famiglia, bisogna sempre stare sul chi vive per evitare di toccare argomenti che possono scatenare discussioni infinite.

Irina: Hai ragione, però non mi dirai che stare sul chi vive durante il Natale sia così edificante… comunque tornando a Bomba sui regali, io ormai faccio regali neutri e utili a tutti, così mi paro il culo ed evito che qualcuno abbia da ridire!

Mariana: sei sempre stato un paravento tu!

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L’espressione “sfido io” e le alternative meno informali

L’espressione “sfido io” – episodio n. 1086 (scarica audio)

Trascrizione

sfido io!Buongiorno a tutti. Ricordate quando abbiamo parlato della parola “grazie“?

Oltre ad essere il ringraziamento che tutti conoscete, è anche, come abbiamo visto, una forma informale e ironica di ringraziamento.

Una espressione abbastanza simile è “sfido io“. Attenzione, non ho detto “io sfido”, ma “sfido io”. L’ordine delle parole è molto importante.

E’ abbastanza informale anche questa espressione, ma può risultare meno aggressiva.

Esiste anche una forma ancora più aggressiva e volgare, se è per questo: “grazie al….”. Ma possiamo farne a meno in questo episodio. Se non altro perché la volgarità non è nelle mie corde 🙂

Sfido io” non è per niente aggressiva se si usa il tono giusto. Si sta parlando di qualcosa che si ritiene ovvio, qualcosa che ha più di un motivo per risultare vero. Se qualcuno parla con me e fa una affermazione; io, se ritengo che questa affermazione sia vera e soprattutto se ho dei motivi validi per dire questo, allora posso usare questa affermazione e solitamente si aggiunge il motivo per cui si ritiene vera, anzi ovvia, questa affermazione.

Quindi si può usare per esprimere condivisione:

Affermazione: Questo film è un capolavoro!

Risposta: Sfido io che sia un capolavoro! Hai visto chi è il regista?

Affermazione: finalmente riesco a parlare bene l’italiano senza fare errori

Risposta: sfido io, sono 5 anni che sei iscritto all’associazione Italiano Semplicemente!

Affermazione: Non c’è niente di meglio di una pizza fatta in casa!

Risposta: Sfido io! Il sapore genuino degli ingredienti freschi, la soddisfazione di prepararla con le proprie mani… vuoi mettere?

Si esprime una condivisione ma si sta anche rafforzando un’affermazione, perché si ha qualcosa da dire che rafforza quanto appena ascoltato.

Affermazione: Sono sicuro che la mia squadra vincerà la partita.

Risposta: Sfido io che vincerà! Hanno giocato benissimo ultimamente, sono in forma smagliante e il morale è alto.

Affermazione: Questo studio dimostra chiaramente che il cambiamento climatico è una realtà.

Risposta: Sfido io che sia una realtà! I dati sono incontrovertibili, la comunità scientifica è concorde e le conseguenze sono già visibili. Non avete visto come sono aumentate le temperature ultimamente?

Si può anche usare per creare un’atmosfera informale e scherzosa:

Affermazione: Ho mangiato così tanto oggi che non riesco più a muovermi!

Risposta: Sfido io che non riesci a muoverti! Sei ingrassato come un pachiderma!

Affermazione: Sono così stanco oggi.

Risposta: Sfido io! Sono due giorni che non chiudi occhio!

Avrete notato che spesso si ripete ciò che si ritiene ovvio:

Sfido io che tua sia stanco

Sfido io che sei stanco…

Si dovrebbe usare il congiuntivo ma spesso se ne fa a meno, considerato il carattere informale dell’espressione.

Cosa ha a che fare “sfido io” col verbo sfidare? L’espressione “sfido io” deriva da un uso figurato del verbo “sfidare”, con il significato di “mettere in dubbio la veridicità di qualcosa”.

Come a dire “sfido chiunque a dire il contrario”. Si è talmente sicuri di questa cosa che si è disposti, ironicamente si intende, a sfidare chi pensa che questa cosa non sia vera.

In buona sostanza, si tratta di un modo spesso ironico per esprimere una forte convinzione e condivisione riguardo a un’affermazione.

In alternativa si usa spesso anche “certo” e soprattutto “ci credo”. Il senso è il medesimo. Un’alternativa più elegante è invece ‘”lo credo bene

Es:

ci credo che Giovanni riesce a scrivere un episodio in soli 15 minuti, sono 8 anni ormai che pubblica episodi tutti i santi giorni!

lo credo bene che sei stanco, non hai chiuso occhio tutta la notte!

Affermazione: Ho saputo che Franco si è laureato!

Risposta: ci credo! Sono due anni che ha finito gli esami. Era ora!

Se vuoi essere più serio e usare un linguaggio meno informale, si possono usare diverse modalità, come ad esempio:

Affermazione: Ho imparato l’italiano in solo 6 mesi

Possibili risposte: Beh certo, so che sei membro dell’associazione Italiano Semplicemente. Non fatico a crederci!

Voglio farvi notare che, se non usiamo “sfido io”, per mantenere un significato simile, non basta in teoria esprimere un accordo con frasi tipo:

Sono pienamente d’accordo.

Condivido pienamente la tua/sua opinione.

La tua/sua affermazione è assolutamente vera.

Non potrei essere più d’accordo con lei/te

Sottoscrivo in pieno le tue/sue parole.

Si deve aggiungere qualcosa dopo, per sottolineare la validità dell’affermazione, per evidenziare un aspetto che rende l’affermazione ancora più significativa. Chiaramente usando un linguaggio meno informale si risulta spesso meno incisivi. Es:

D’altronde è evidente che…

Oltretutto

Per di più..

Poi i fatti dimostrano che…

Infatti si è visto che…

Se non altro…

Non fosse altro

Oltre ad aggiungere argomenti a sostegno della propria convinzione, si può anche riformulare l’affermazione originale con enfasi. Vediamo qualche esempio.

Lei ha perfettamente ragione a dire questo, oltretutto tutti gli esperti concordano con lei.

Come ha ben detto lei, non c’è alcuna speranza di vincere le elezioni, soprattutto in virtù dell’ultimo scandalo che ha coinvolto il partito.

Concordo al 100% con la sua analisi, tra l’altro c’erano state delle forti avvisaglie in passato.

La sua osservazione coglie perfettamente nel segno, se non altro alla luce delle evidenze che emergono dagli ultimi dati.

Non fatico a credere che stai male. D’altronde te ne sono successe parecchie ultimamente.

Queste sono modalità che si possono usare in alternativa a “sfido io”, ricordandovi che l‘utilizzo di “sfido io” (e anche di “ci credo” e “grazie“) è appropriato solamente in contesti informali e con persone che conosci bene.

Se non vuoi essere offensivo, è anche importante evitare un tono di voce arrogante o aggressivo. L’obiettivo è esprimere condivisione e rafforzare la propria opinione in modo ironico e leggero.

Di conseguenza, se non sei sicuro che l’espressione sia adatta alla situazione, è meglio utilizzare un linguaggio più neutro.

Tornando a bomba, qualcuno si stara chiedendo: ma si può usare “sfidi tu”, “sfidiamo noi” eccetera? La risposta è no!! Esiste solamente “sfido io”. Al massimo potete evitare “io”, perché tanto è scontato, quindi può dire ad esempio:

Sfido (io) che non dormi! Sono due giorni che non chiudi occhio!

Adesso ripassiamo qualche episodio passato.

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Ripasso registrato dai membri dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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paul marcelo angela

Edita: Luca mi ha detto che hai un vizio segreto. Vuoi svelarmelo? Non mi dire che sei ricaduto nell’atavico vizio dell’amore a pagamento!

Marcelo: Stai fresca! Luca dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa. Posso dirti però di avere un debole per il cioccolato.

Christophe: In virtù del fatto che siamo amici, devo dire che lo sapevo già. Hai la faccia da chi ha appena mangiato un intero barattolo di Nutella!

Ulrike: Questo non è neanche l’unico suo vizio. Ti ricordi quando gli ho chiesto se poteva smorzare i toni mentre parlavamo di politica? Pareva gli avesse dato di volta il cervello. Era scatenato!

Danielle: Senza contare la sua poca accortezza nella spesa. Hai contezza di quanto spende mensilmente per cose inutili?

Paul: Questi suoi vizi mi confortano. Almeno non sono l’unico ad averne.

Angela: Ci mancherebbe! È risaputo che anche io non scherzi quanto a vizi. Tutta colpa di mia madre!

Camille: Scusa, ma che c’azzecca tua madre? Ancora ancora tuo padre, che ti ha sempre viziata da piccola. Da questo punto di vista non sei diverso/a da me comunque.

Junna: una magra consolazione! Va bè ragazzi ci aggiorniamo domani che io devo andare.

Niente o per niente? (ep. 981)

Niente o per niente? (scarica file audio)

Video Youtube

Trascrizione

Oggi parliamo di niente… cioè, non voglio dire che non parleremo di niente, ma che parleremo di “niente”, cioè della parola “niente”.

Sapete bene che il termine “niente” significa ‘nessuna cosa’.

Si usa in molte occasioni diverse, molte locuzioni soprattutto, come “di niente“, una risposta che si può dare a qualcuno che dice “grazie”, ad esempio.

Oppure “non fa niente“, che si può usare sia come risposta ad un persona che si scusa, sia quando vogliamo dire che qualcosa è inefficace. Es:

A me il caffè non fa niente!

Cioè: il caffè dovrebbe svegliarmi per via della Caffeina, ma a me non fa niente, cioè non funziona, è inefficace, non fa effetto.

Oggi però mi interessa di più parlarvi di “per niente”. Aspettate prima di dire che a voi non interessa per niente, perché posso parlarvi di due utilizzi.

Nel primo utilizzo, la locuzione “per niente” viene utilizzata per esprimere negazione o anche assenza di qualcosa, con una certa enfasi.

Di solito, è usata in risposta a domande o affermazioni per indicare che qualcosa non è affatto vero o non è presente. Ad esempio:

“Ti piace il gelato al cioccolato?” – “No, per niente.” (non mi piace proprio, neanche un po’)

“Hai paura dei ragni?” – “No, per niente.” (non ho nessuna paura dei ragni).

Non sono per niente d’accordo con te.

“C’è il parmigiano in frigo?” – “Per niente” (neanche un piccolo pezzo, assolutamente no)

Non ho per niente sonno

Non hai per niente rispetto per me

“Per niente” possiamo in questi ultimi due casi sostituirlo con “affatto“, leggermente meno informale.

A volte posso usare anche “nessuno” o “alcuno” (non hai nessun/alcun rispetto per me).

Posso anche usare le due forme “per niente” e “affatto” nella stessa frase per rafforzare ancora di più.

Es:

Non mi piaci per niente affatto!

“Per niente” , tra l’altro, è simile anche a “niente affatto”.

Che è una negazione persino più forte, simile spesso a “assolutamente no!”

Es.

Sei stato tu a causare tutti questi problemi?

Risposta: niente affatto!

Riguardo al ruolo della preposizione “per” , qualche volta “per niente” può sostituire “niente”, pur conferendo una maggiore enfasi alla frase:

Es:

Non c’è niente da mangiare qui.

Questa frase indica semplicemente che non c’è cibo disponibile. È una dichiarazione neutra.

Invece:

Non c’è per niente da mangiare qui,

In questo modo è più enfatica. In questo caso, sottolinei ancor di più l’assenza di cibo, quasi a voler dire che non c’è davvero nulla da mangiare, specie se qualcuno aveva detto il contrario.

Il secondo utilizzo di cui vi parlavo all’inizio invece è questo:

Per niente al mondo rinuncerei alla mia libertà.

In questo caso, “per niente” è utilizzato per enfatizzare che io non rinuncerei alla mia libertà in nessuna circostanza, sottolineando un forte grado di determinazione o importanza attribuito a quella libertà. Analogamente potrei dire:

Per niente al mondo tradirei un amico.

Per niente al mondo rinuncerei ai miei sogni.

Per niente al mondo accetterei un lavoro che non mi piace.

Per niente al mondo smetterei di seguire la mia passione.

Per niente al mondo negherei aiuto a chi ne ha bisogno.

In questi casi la preposizione “per” si usa per introdurre la condizione o la motivazione. Come se nessuno scambio fosse possibile. Es

Faresti questo per 1000 euro?

No, non lo farei neanche per 1 milione.

Quindi se dico ad esempio:

Non si dà niente per niente.

La frase “Non si dà niente per niente” significa che di solito non si ottiene qualcosa senza dover dare qualcosa in cambio. Sottolinea che nella vita spesso è necessario scambiare o sacrificare qualcosa per ottenere qualcos’altro. In altre parole, suggerisce che raramente si ricevono benefici o favori senza aspettarsi o dover dare qualcosa in cambio. È un modo di esprimere il concetto che la reciproca convenienza sono comuni nelle interazioni umane e anche nelle transazioni economiche.

Es: mi dai queste scarpe per 50 euro?

Oppure:

Ho studiato una vita per niente!

La frase “Ho studiato una vita per niente!” esprime un forte senso di delusione o frustrazione. In questa frase, l’espressione “per niente” indica che la persona ha dedicato una vita intera allo studio o all’apprendimento di qualcosa, ma ora sente che tutto quel tempo e sforzo sono stati inutili, vani, o almeno non hanno portato ai risultati sperati.

È un modo di dire che sottolinea la mancanza di soddisfazione o gratificazione per tutto il duro lavoro e gli sforzi profusi.

A volte il tono da usare è importante per distinguere i vari significati. La frase:

L’ho fatto per niente!

Potrebbe essere usata per rammaricarsi, per dispiacersi, come nell’esempio precedente, oppure per sottolineare un’azione fatta senza la volontà di ottenere qualcosa in cambio, quindi in modo disinteressato o altruistico, senza cercare una ricompensa o un beneficio personale.

Es:

Ho aiutato il mio vicino a spostare i mobili, ma l’ho fatto per niente. Non ho chiesto nulla in cambio.

Oppure:

Molto rumore per niente

In questo caso significa che “non c’era alcun motivo” per far rumore  (il rumore può anche essere una metafora di confusione, polemica ecc),

In alcuni casi si usa anche “per nulla”, proprio come il titolo della commedia di William Shakespeare tradotto in italiano chiaramente (molto rumore per nulla).

D’altronde niente e nulla sono più o meno sinonimi. Nulla appare però meno informale.

Per finire, c’è un’espressione particolare: “Mica per niente“, molto usata a livello colloquiale. Abbiamo già visto l’uso di mica in un episodio e anche nell’espressione “mica pizza e fichi

L’espressione “mica per niente” è un modo colloquiale di sottolineare con enfasi un motivo oppure per negare qualcosa. Es:

Adesso voglio lavorare. Non ho studiato mica per niente, ho passato ore a prepararmi per l’esame!

Vedete che potrei anche togliere “mica” e il senso non cambia.

Oppure:

Non posso spendere più di 30 euro stasera per cena. Mica per niente, perché altrimenti domani non potrò andare al cinema.

La frase sottolinea che la persona sta cercando di risparmiare denaro per potersi concedere l’opportunità di andare al cinema il giorno seguente. In questo caso, “mica per niente” indica quindi che c’è una motivazione valida – se non fosse chiara – dietro la decisione di non spendere troppo per la cena.

Stavolta però non posso togliere la parola “mica”. La frase non avrebbe senso. La posso però sostituire con “non”. Con “mica” è più informale.

Non per niente, perché altrimenti domani non potrò andare al cinema.

Anche in questo caso si sottolinea comunque il motivo per cui facciamo o diciamo qualcosa, specie se si sente il bisogno di giustificare un’azione o una frase appena detta, perché potrebbe non essere evidente.

Adesso basta. Mica per niente, rischierei di annoiarvi!

Adesso ripassiamo. Mica per niente, altrimenti dimenticate cosa avete già imparato! Parliamo del vostro sport preferito. Usate qualcosa che avete già imparato dagli episodi precedenti.

Hartmut: I miei sport preferiti sono due: il calcio e la pallacanestro. Amo guardare le partite sia allo stadio che in tv. Poi se le condizioni sono propizie li pratico io stesso a volte. Ad ogni modo la mia routine quotidiana è quella di fare ginnastica.

Danielle: Sport? Forse sarebbe d’obbligo praticarlo, per evitare l’ineluttabile declino fisico, ma sinceramente non mi piace per niente. Poi ce ne sono alcuni assolutamente proibitivi per me. Senza contare poi gli effetti sull’umore. Lasciamo perdere, proprio non è cosa per me.

Ulrike: Io corro. Quando avevo una trentina d’anni, in quanto spettatrice al bordo di una strada di Berlino, ho preso spunto dalla prima maratona svolta nella città. Di punto in bianco ho smesso di fumare e ho iniziato ad allenarmi. Qualche anno dopo ho esordito con la mia prima maratona. È stato un esordio coi fiocchi. Faccio le mie corsette anche oggi che ho superato gli anta da un pezzo.

– – – – –

Ci voleva o non ci voleva? (Ep. 937)

Ci voleva o non ci voleva? (scarica audio)

non ci voleva

Trascrizione

L’espressione “Non ci voleva” è interessante perché è usata spessissimo nel linguaggio di tutti i giorni. Si usa quando accade un problema, ma non un grande problema. parliamo di un inconveniente, un contrattempo, un ostacolo che può provocare un disagio. Spesso la conseguenza è un ritardo in una attività. Nell’espressione “non ci voleva” si utilizza l’imperfetto del verbo volere. Questo perché stiamo commentando un evento già accaduto.

Non ci voleva” è dunque un’esclamazione che viene utilizzata per esprimere un senso di irritazione o frustrazione quando si verifica qualche cosa che si temeva potesse accadere oppure che arriva del tutto inaspettata.

Di solito, considerata la bassa portata del problema, viene usata in modo scherzoso o ironico per commentare una situazione spiacevole o sfortunata che si è manifestata.

Ecco alcuni esempi di come puoi utilizzare l’espressione “Non ci voleva“:

  1. Immagina che tu stia guidando in macchina e, improvvisamente, una ruota inizia a sgonfiarsi. Potresti dire: Oh no, non ci voleva! Proprio quando dovevo arrivare in tempo alla riunione!
  2. Se stai lavorando col computer e, ad un certo punto, il PC si impalla. Potresti esclamare: Ecco, non ci voleva! Ora come faccio a finire il lavoro?
  3. Se stai organizzando una festa all’aperto e improvvisamente inizia a piovere, potresti dire: No! Non ci voleva proprio questa pioggia! Avevamo preparato tutto per un giorno di sole.

In sostanza, l’espressione “Non ci voleva” viene utilizzata per sottolineare che la situazione indesiderata o sfortunata che si è verificata era qualcosa che sarebbe stato meglio evitare o di cui non si aveva bisogno in quel momento. Le conseguenze non sono gravi ma comunque la cosa ci provoca un certo malumore.

E’ importante sottolineare che in caso di grossi problemi o grossi eventi negativi, anche se improvvisi, non ha senso usare “non ci voleva“. Se facciamo un incidente stradale, se una persona si sente male, se c’è una guerra, un terremoto o accadono altri eventi molto gravi, è ridicolo commentare con “non ci voleva”. In tali casi, se proprio dobbiamo commentare, sarebbe opportuno qualcosa come “è una tragedia”, “si tratta di un evento drammatico”, “è un disastro” eccetera.

Chiaramente esiste anche “ci voleva” (senza negazione) che si utilizza in situazioni opposte, cioè positive. In questi casi si aggiunge solitamente “proprio“. L’uso di “proprio” in questa frase serve ad aumentare la propria soddisfazione, quindi l’intensità dell’affermazione, enfatizzando l’importanza di ciò che si sta dicendo.

Ci voleva proprio questa bella giornata di sole!

Mi ci voleva proprio questa bella notizia!

Ironicamente si potrebbe comunque dire:

Ecco, piove ancora! Ci voleva proprio!

Oppure quando si fa presente che sarebbe stato necessario qualcosa:

Ci voleva più coraggio per affrontare questa situazione

Si tratta sempre di qualcosa che è già accaduto

Si può usare quindi quando ci si rammarica, ci si dispiace per una situazione che poteva essere salvata o che poteva andare diversamente. In questi casi in genere non si usa “proprio“.

Forse è il caso di fare un chiarimento sull’uso della particella “ci”.

“Ci voleva” e “non ci voleva”, di cui vi sto parlando in questo episodio non si riferiscono a “noi”, tipo:

Lei (non) ci voleva offendere!

Lui (non) ci voleva dire questo

Quindi la particella “ci” non fa riferimento a “noi” ma alla situazione, al contrattempo, alla cosa positiva o negativa che è accaduta. Il “ci” si riferisce a questo.

Infine, non ci sono modalità del tutto equivalenti che possono usarsi in sostituzione di “ci voleva” e “non ci voleva” ed è proprio questa caratteristica che la rende così utilizzata. Si tratta di una sintesi informale che se non utilizzassimo saremmo costretti a pronunciare una frase spesso molto più lunga e articolata, tipo, nel caso di “non ci voleva“:

Anthony: Accidenti, questo inconveniente rischia di crearmi un sacco di problemi! Avrei preferito evitarlo! Vabbè, vorrà dire che ricomincerò daccapo!

Ulrike: Noooo! Lo sapevo che sarebbe potuto accadere questo! Un bel problema che avrei volentieri evitato! Senza contare che adesso dovrò passare la notte in ufficio per rimediare!

Marcelo: Mi spiace per questo inconveniente! Anche se si poteva immaginare potesse accadere, sarebbe stato meglio non fosse accaduto! Adesso dovrai fare appello a tutta la tua professionalità per recuperare il tempo perso.

Insomma, in tutti questi casi si fa prima a dire “non ci voleva“.

Negli esempi appena visti abbiamo inserito anche delle espressioni di ripasso, quindi per oggi ci possiamo ritenere soddisfatti.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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804 Tanto per

Tanto per (scarica audio)

Trascrizione

Ricordate gli episodi dedicati a “tanto“?

Ne abbiamo fatti diversi. Il primo l’abbiamo dedicato a tutti i modi per dire tanto e molto, poi abbiamo visto l’episodio che abbiamo chiamato “tanto piove” e poi “non più di tanto“, “tanto più“, “tanto quanto“, “se tanto mi dà tanto“, “tanto vale“, “Tanto da, tanto che”.

In particolare nel primo episodio vi avevo appena accennato ad un uso informale della locuzione “tanto per”.

A volte infatti non si aggiunge altro dopo: “tanto per“. In effetti ci si aspetta che ci sia un verbo, tipo:

Tanto per parlare

Tanto per ridere

Ecc.

Spesso però non c’è bisogno di aggiungere nient’altro, ma questo si può fare solo nel linguaggio colloquiale.

Si sta sempre cercando di spiegare il motivo per cui fare qualcosa o il motivo per cui si è fatto qualcosa.

Vediamo qualche esempio:

Passami a trovare qualche volta se capiti vicino casa mia. Così, tanto per.

Domanda: Come mai hai deciso di provare a dare l’esame anche se non eri preparato?

Risposta: niente di particolare, tanto per.

Nel primo esempio è come dire: non c’è un motivo particolare, passa a trovarmi per salutarmi, se non hai da fare niente di urgente, ma senza avere necessariamente un motivo per farlo. Non si tratta di qualcosa di molto importante, se lo vuoi fare, fallo “tanto per”.

Tanto per“, usato in questo modo, serve a comunicare il motivo di un’azione che si fa, ma in modo poco impegnativo, o qualcosa che si fa senza un motivo particolare, e si usa solamente all’orale o al massimo in una chat.

Nel secondo esempio, quando ho detto “ho deciso di fare l’esame tanto per” , cioè tanto per provare, perché tanto non avevo niente da perdere. La risposta sarebbe dunque stata “tanto per provare”, ma in fondo si capisce lo stesso se togliamo l’ultima parola, non è così?

In ogni caso è comunque una locuzione che si usa in contesti informali, dove non si richiede nessun impegno o responsabilità.

Rispetto all’uso di “tanto” che vi ho spiegato nell’episodio dal titolo “tanto piove”, c’è in comune il senso di qualcosa (come una scelta) che non comporta conseguenze negative, quindi i contesti sono abbastanza simili.

Ci sono alcune occasioni però in cui è bene concludere la frase, senza abbreviarla, senza togliere l’ultimo termine, che di solito è un verbo, perché potrebbe non essere scontato ciò che vogliamo dire.

Ad esempio:

Ho provato a iscrivermi all’associazione Italiano Semplicemente tanto per vedere come funziona (solo per vedere come funziona)

Ti ho fatto l’occhiolino tanto per scherzare, non perché volevo provarci con te! (stavo solo scherzando)

Ho fatto quella battuta tanto per ridere, mica perché volevo offendere (solo per ridere)

Quest’anno andiamo nella regione Molise in vacanza, tanto per cambiare! (solo per cambiare)

In questi casi siamo sempre in contesti informali, ma vogliamo specificare il motivo per cui facciamo qualcosa, perché altrimenti potrebbe sembrare che non avevamo nient’altro da fare o perché avevo voglia di fare questa cosa senza badare alle conseguenze.

Infatti “tanto per” denota una certa rilassatezza di stato d’animo o una poca attenzione ai particolari, e queste caratteristiche sono importanti quando vogliamo comunicare esattamente quello:

Vieni a trovarmi se passi da queste parti, tanto per.

Qui voglio fare proprio questo: comunicare rilassatezza, mancanza di impegno, mancanza di formalità.

Negli stessi contesti potremmo usare anche l’espressione “niente di che” di cui ci siamo già occupati. Anche questa espressione si può usare per abbassare il livello di importanza o formalità.

Adesso ripassiamo, tanto per non perdere l’abitudine.

Marcelo: dispiace che alla riunione dei membri non saremo tutti.

Edgardo: stando ai numeri attuali, saremo 18 alla cena di stasera a Trastevere.

Edita: casomai si aggiungessero altri, spero non ci saranno problemi.

Danielle: ma con ogni probabilità ormai le cose non cambieranno.

Irina: a stasera allora. E mi raccomando non vi schiaffate seduti vicino al presidente. Ho già prenotato quel posto per me.

Inguaribile

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Trascrizione

Un aggettivo italiano molto interessante è inguaribile.

Infatti non si usa solamente parlando di malattie dalle quali non si può guarire. In questo caso si dice comunque preferibilmente che la malattia è incurabile, cioè non si può curare, quindi non esiste una cura per questa malattia, il che è come dire che non si può guarire da essa.

L’aggettivo inguaribile si può comunque associare anche ad altri aggettivi o comunque a delle caratteristiche delle persone, ottenendo spesso espressioni spiritose da usare in contesti informali e amichevoli.

Potete ad esempio parlare del vostro fidanzato definendolo un inguaribile romantico.

Questo significa che non riesce a fare a meno di essere romantico e questo non è certo un difetto.

Questa infatti è una frase scherzosa. Si presenta il romanticismo come un difetto di una persona che non si riesce a correggere.

Generalmente infatti si vuole parlare di un vizio di una persona, quindi di un difetto, presentando questo vizio come qualcosa che non si può eliminare quindi un vizio o un difetto incorregibile, o appunto inguaribile.

Es:

Sono un giocatore inguaribile, non riesco a smettere neanche quando rischio il fallimento.

Se un mio amico è particolarmente appassionato di donne, potrei dire che è un inguaribile donnaiolo o un inguaribile don Giovanni.

Così si fa riferimento implicito anche alle possibili conseguenze negative di questa caratteristica.

Giovanni è un inguaribile spendaccione.

Questo vuol dire che Giovanni non riesce a risparmiare e non sta attento alle spese.

Da questa “malattia” non riesce a guarire.

Posso usare anche l’avverbio inguaribilmente.

Io sono inguaribilmente ritardatario, come molti altri italiani.

Dunque non ho speranze di riuscire ad essere puntuale agli appuntamenti. Anche la propensione al ritardo è quindi paragonata ad una malattia incurabile.

Una mia amica è inguaribilmente affascinante.

Questo è un altro esempio di un pregio, un punto di forza, Una qualità e non un difetto.

Vi immaginate una persona che cerca di non essere affascinante e non ci riesce?

Potete dunque usare inguaribile e inguaribilmente anche con dei pregi e delle qualità, sempre in contesti scherzosi e amichevoli,spesso anche ironici:

Qualcuno potrebbe dirmi che sono un inguaribile italiano, sia per farmi un complimento sia per offendermi non troppo esplicitamente. Dipende molto dal contesto.

Che equivale a dire, sempre in tono ironico:

Questa tua caratteristica è più forte di te, non la puoi correggere, è inutile che ti sforzi, non puoi farci niente.

Può anche esserci un tono di leggero rimprovero, o anche di giustificazione verso una persona che è da scusare perché non può fare a meno di comportarsi in un certo modo:

Perdonate Giovanni se fa sempre scherzi e non sembra mai una persona seria. È un inguaribile burlone.

Ci vediamo al prossimo episodio.

728 È nelle cose

È nelle cose (scarica file audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi vorrei parlarvi di una locuzione: “è nelle cose” o “sta nelle cose“.

È una locuzione colloquiale che a volte può capitare di incontrare anche nello scritto.

Viene usata per descrivere qualcosa di normale, di naturale.

Si tratta in particolare di un avvenimento.

“Normale” nel senso che è qualcosa di cui non ci si deve stupire, qualcosa che, se dovesse accadere, non dovremmo meravigliarci, perché può accadere, perché le cose possono andare così. E se invece è già accaduto, non c’è ugualmente da stupirsi. È normale.

Si può usare anche al passato:

È/era/sta/stava nelle cose che potesse accadere

Es:

Se tu sei davvero convinta di lasciare tuo marito, fallo pure, ma attenta perché lui è un bell’uomo, e se poi dopo un po’ ci ripensi, è nelle cose che potrebbe trovare un’altra.

Non si vuole dare una certezza, o una probabilità che qualcosa accada, ma solo dire che può accadere, perché si sa come vanno le cose.

Come vedete sto cercando di usare la parola “cose” per cercare di spiegare questa locuzione che la utilizza per indicare, in termini generici, delle conseguenze possibili, di cui non c’è da stupirsi. Perché la vita insegna che certe cose possono accadere.

Si vuole spesso anche trasmettere in qualche modo un senso di incertezza legato agli eventi che accadono uno dietro l’altro, senza legami certi.

Si potrebbe pensare che la locuzione possa trasmettere, in certi casi, anche un senso di fatalismo, cioè di una persona che accetta il suo destino, senza tentare di modificarne il corso.

In realtà però non c’è fatalismo. Al limite può trasmettere una leggera presunzione, come a voler dire che si conosce il mondo e le cose che accadono.

In effetti chi ha un atteggiamento un po’ lezioso, che si crede una persona di mondo, con molta esperienza e che può insegnarti un sacco di cose, può cadere nella tentazione di usare la locuzione “è nelle cose”.

Sto forse esagerando un po’ ma vorrei trasmettervi tutte le mie sensazioni legate a questa espressione.

Tra l’altro “è nelle cose” somiglia anche a “sono cose che capitano” che però si usa per tranquillizzare dopo una disavventura, per consolare una persona, dopo qualcosa che può succedere ad ognuno di noi.

Tipo:

Ti hanno bocciato all’esame? Sono cose che capitano, non ti scoraggiare!

Potrei usare anche “è nelle cose” ma io voglio consolare questa persona e non sembrare l’esperto in materia!

Un altro esempio:

Io e Giovanni siamo sempre stati amici per la pelle, poi, come è nelle cose, è capitato che uno dei due si è innamorato. Non ci vediamo da 30 anni ormai.

Come è nelle cose… Si usa spesso questo inciso all’interno di frasi in cui si descrive qualcosa di accaduto che si poteva immaginare potesse accadere.

Al posto di “è nelle cose” potremmo dire “è normale” oppure “può accadere“, “la storia ci insegna che può capitare” oppure anche l’espressione “ci sta” quando questa esprime una possibilità.

Ci sta che può capitare!

Quest’ultima però, oltre ad essere più informale, ha diversi significati e se volete potete approfondirli dando un’occhiata all’episodio che abbiamo dedicato alla locuzione “ci sta“.

Vediamo un altro esempio:

Hai chiamato il presidente e non ti ha dato un appuntamento come volevi? È nelle cose che un presidente abbia poco tempo a disposizione.

Il verbo essere è usato in modo anomalo perché sembra mancare un soggetto. Cosa “è nelle cose?”

Si sta parlando di qualcosa che, come detto, può accadere, qualcosa di normale.

Se fate una ricerca su internet vedrete che non è facile trovare esempi di utilizzo di questa locuzione, perché “è nelle cose“, possiamo usarla anche in altri modi più semplici:

La bellezza è nelle cose semplici

È nelle cose misteriose che si nasconde il pericolo

Ma in questi casi è chiarissimo il senso: il verbo essere va inteso come “si trova”. Il soggetto poi è sempre chiaro: la bellezza si trova nelle cose semplici; il pericolo si trova nelle cose misteriose.

Lasciate che vi ricordi poi che c’è una certa similitudine con l’espressione “non è cosa” che abbiamo trattato in passato. La similitudine consiste nel fatto che il termine “cosa” ha lo stesso legame con le possibilità, perché, se ricordate, può indicare qualcosa di impossibile o difficilmente realizzabile.

Non è cosa” si potrebbe anche tradurre, in alcune circostanze, come “non sta nelle cose“, “non è nelle cose“, anche se così facendo si perde il contenuto umorale, legato ad un eventuale stato d’animo negativo, tipico dell’espressione “non è cosa”.

Episodio terminato.

Ora lascio la parola a Ulrike, membro dell’associazione Italiano Semplicemente che vi tratterrà ancora qualche secondo con qualche frase per rispolverare i passati episodi:

Ulrike: Ciao a tutti! Ho appena finito l’episodio dedicato alla locuzione trovare la quadra. C’è molta attualità per via dell’elezione del Presidente della Repubblica. Anche col terzo scrutinio non si è usciti dalla situazione di stallo. Per ora non è visibile in che modo i negozianti dei partiti possano trovare la quadra, il che vorrebbe dire che anche alla quarta si potrebbe vedere la quarta fumata nera. Mi sa che questo modo di votare – passatemi il terminefa molto italiano, e in quanto straniera non mi sconfinfera proprio. Non me ne vogliano gli italiani.

724 Della serie, per la serie

Della serie, per la serie (scarica audio)

della serie

Trascrizione

Giovanni: oggi una locuzione che vi farà sentire molto italiani quando la userete.

Avete mai visto una serie TV? Su Netflix magari? Tutti conoscono le serie TV.

Ebbene, ogni serie TV ha un nome, un titolo, non è vero? E il nome della serie è in qualche modo indicativo – sebbene molto sintetico – del contenuto della serie, di cosa si parla, del tema trattato, del soggetto principale.

A volte il nome non ci dice molto, ma altre volte sì.

Pensiamo a delle serie chiamate ad esempio “Dopo la vita” oppure “Orrore a New York” .

È chiaro che abbiamo qualche indicazione del tema, che ci fa capire qualcosa di questa serie TV, proprio come il titolo di un film, ma non è certamente detto in nessuno dei due casi.

Comunque, la locuzione “della serie” o anche “per la serie” serve per spiegare meglio un concetto, quasi a voler indicare una categoria di appartenenza.

Non c’entrano nulla le serie TV, ma per capire bene questa locuzione meglio se parliamo delle serie TV,

Ogni volta che si usa questa espressione stiamo raccontando qualcosa, un fatto accaduto o il comportamento di una persona a cui vogliamo dare un’etichetta, un fatto a cui vogliamo dare un nome, per far capire bene di cosa si tratta.

In pratica è come se sentissimo la necessità di inventare su due piedi il nome di una serie TV.

Quel fatto, quel comportamento, si potrebbe verificare in una serie TV che abbia un titolo che possa far capire subito che tipo di fatto è, che tipo di comportamento è.

Allora ne inventiamo il titolo su due piedi.

Quando alla TV si assiste ad una presentazione di una puntata di una serie TV si ascolta il presentatore o la presentatrice una frase di questo tipo:

E ora va in onda una nuova puntata della serieCome mantenere un segreto

Come mantenere un segreto” è dunque il titolo della serie in questione. Il primo titolo che mi è venuto in mente.

Ovviamente questa serie TV non esiste, ma se mi capita che, ad esempio, che io confidi un segreto ad un mio amico e poi scopro che il mio amico l’ha raccontato a tutti e dopo due giorni non è più un segreto perché tutti lo conoscono, io mi arrabbierei e potrei chiamare il mio amico e dirgli:

Ehi, ma perché ti sei comportato in questo modo? Della serie “Come mantenere un segreto” eh? Non ti racconterò più niente di personale! Scordatelo!

Un’espressione che si usa spesso per commentare qualcosa di accaduto che si vuole spiegare meglio. Di solito è qualcosa che non ci piace.

Dopo l’espressione “della serie” troviamo quasi sempre un giudizio, nascosto dentro il titolo di una serie TV inventata.

Questa cosa rende l’espressione spesso ironica, ma altre volte il giudizio è anche crudele. Può anche essere una frecciatina nei confronti di qualcuno.

Oggi la mia fidanzata è stata puntualissima. non era mai successo prima. Della serie “mai perdere la speranza“.

Questa è ironica.

Il presidente degli Stati Uniti finalmente si è scusato pubblicamente per le sue dichiarazioni razziste del passato. Della serie “mai dire mai“.

Anche questa è ironica.

Mio marito mi ha lasciato con una telefonata dopo 10 anni di relazione. Della serie “non conti niente per me“.

Questa è meno ironica e sicuramente contiene un giudizio amaro su suo marito. Anzi, ex marito.

Spesso, dopo “della serie” si citano dei proverbi o frasi fatte o delle frasi riconoscibili da tutti che hanno un significato ben preciso, per spiegare quella cosa accaduta, tipo:

Giovanni ha detto che questo episodio sarebbe stato più breve del solito; della serie: “le ultime parole famose“.

I politici di oggi non sono onesti come un tempo. Della serie “si stava meglio quando si stava peggio

Incredibile, hai visto Maria, bella come il sole, si è fidanzata con quell’uomo anziano con la pancia e senza capelli. Della serie: “al cuor non si comanda

Visto cosa è successo a Giovanni? Ha divorziato per la terza volta! Mamma mia! Della serie “non c’è due senza tre

Comunque credo che questa espressione “della serie” sarà molto usata nel futuro nel corso dei nostri ripassi. Non è vero?

Mariana: Ah, della serie “conosco i miei membri“, non è vero?

Ulrike: Pare che Giovanni ci abbia chiamato in causa per un ripasso, della serie “io comincio, voi continuate”. Ma io non ci so fare con i ripassi, sono ancora a carissimo amico con la lingua italiana, ragion per cui preferisco tenermi da parte.

Marguerite: Però a me le serie TV non piacciono molto. Dovrei sacrificare molto tempo, il che non è facile per me.

Anthony: cosa dici? Non fai altro che spaparanzarti davanti alla TV e stai qua a dirci che la TV non ti sconfinfera?!

Marcelo: invece io sto sempre in campana quando sento la parola serie! A me sconfinerano molto le serie TV, soprattutto quelle storie dai risvolti inaspettati.

Hartmut: ci credo, ti piacciono le storie dai risvolti inaspettati perché la tua vita è banale e scontata. Scusa se ho infierito.

Cat: Stasera vi siete dati alle frecciatine! Se tanto mi dà tanto, chi avrà coraggio di continuare adesso?

Irina: io. Ben vengano le frecciate. Tante più se ne ricevono quanto più si impara. Vi ricordo che questo, per la cronaca, è un ripasso. Ci mancherebbe altro che queste cose si pensano veramente!

686 Si fa prima

Si fa prima (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Ciao ragazzi, che si fa oggi?

Oggi potremo occuparci proprio di “si fa“, due piccole paroline che messe insieme si possono usare in diversi modi, sia semplicemente come ho fatto io, sia mettendole insieme a qualche altro termine. In questo modo si formano alcune locuzioni che hanno un significato particolare, come:

Si fa prima

Si fa tardi

Si fa presto

Si fa per dire

ed altre ancora.

Ci siamo già occupati di “Si fa per dire“,

Oggi vorrei parlarvi di “si fa prima“, una locuzione informale che si può usare quando soprattutto parliamo del tempo che occorre per fare qualcosa.

Stiamo in particolare facendo un confronto.

Quanto tempo occorre per andare a Roma con la macchina?

Una possibile risposta potrebbe essere:

Perché andarci in macchina? Si fa prima con l’aereo!

Avrete sicuramente capito che “si fa prima” sta per “si impiega meno tempo“, “occorre meno tempo“.

Quindi stiamo facendo un confronto che riguarda il tempo. Qual è la strada più veloce? Si fa prima da questa strada o da quest’altra?

Attenzione però, perché “si fa prima” può indicare anche una sequenza di operazioni, e non un’operazione che richiede meno tempo rispetto a un’altra.

A esempio:

Nelle espressioni matematiche si fa prima la moltiplicazione o la somma?

La risposta è:

“Si fa prima la moltiplicazione” e dopo la somma.

Stiamo dando un ordine. Prima si fa la moltiplicazione e poi (cioè dopo) la somma.

Oppure:

Cosa si fa prima di spedire una lettera? Prima si scrive e poi si spedisce. Mi pare chiaro.

Anche in questo caso stiamo dando un ordine di operazioni da fare.

Attenzione quindi a queste due modalità di intendere “prima“. Si può intendere un ordine –  e in questo caso prima di contrappone a dopo – oppure “prima” indica un minor tempo per fare qualcosa. 

Naturalmente in entrambi i casi stiamo parlando in modo impersonale.

Vi faccio notare però che a volte “si fa prima” si può usare anche in senso ironico, quando voglio sottolineare una eccessiva complessità di qualcosa, inoltre spesso si fa riferimento, anche senza fare ironia, anche alla minore complessità, a una maggiore facilità, una minore difficoltà nel fare qualcosa anziché un’altra. Non parliamo necessariamente di tempo. 

In Italia si fa prima a fare un figlio che a prendere la patente.

Questo è un uso ironico. Voglio dire che prendere la patente di guida è particolarmente complesso, impegnativo o richiede molto tempo. In confronto, ci vuole meno tempo a fare un figlio!

Che pizza, l’autobus non passa! E’ un’ora che aspettiamo! Si fa prima a andare a piedi!

Si tratta di linguaggio informale, questo è bene chiarirlo.

Quando una squadra non vince, si fa prima a cambiare l’allenatore piuttosto che tutti i calciatori.

Quest’ultimo esempio fa riferimento più che alla velocità, cioè al minor tempo, direi piuttosto alla semplicità di una scelta rispetto ad un’altra.

Ho acquistato un oggetto del valore di 1 euro su Amazon, ma non funziona. Si fa prima a ricomprarlo che a chiedere la sostituzione!

Degli amici calabresi mi hanno invitato a pranzo. Volete sapere cosa ho mangiato? Si fa prima a dire cosa NON ho mangiato!

Questo è un altro esempio ironico in cui uso “prima” per indicare qualcosa che richiede meno tempo e/o meno impegno.

Questa modalità di utilizzo di “prima” spesso si usa per dare un consiglio a una persona o come semplice considerazione, ma in questo caso non è più impersonale:

Tuo marito ti tradisce? Vuoi che cambi il proprio comportamento? Hai deciso di portarlo a fare psicoterapia? Vuoi riconquistarlo attraverso della lingerie sexy? Ma non fai prima a cambiare marito? Non è più facile?

Si è rotta la macchina quindi sono rimasto a piedi a 500 metri da casa. Chiamo i soccorsi? Faccio una telefonata a mio fratello che mi viene a prendere? Oppure faccio prima andare a casa a piedi?

Se volessi esprimermi in modo meno informale, a seconda delle circostanze, potrei dire:

E’ più conveniente che io torni a piedi (anziché dire “faccio prima a tornare a piedi”)

Credo ti convenga cambiare marito! (e non “fai prima a cambiare marito”)

E’ preferibile dire cosa non ho mangiato (anziché “si fa prima a dire cosa non ho mangiato).

Si parla quindi di “convenienza” in generale, non necessariamente di tempo impiegato o da impiegare.

A volte si sostituisce “prima” con “meglio“, ma sicuramente è bene usare “si fa meglio” quando si parla di qualità di una scelta:

Il pane si fa meglio a mano che con la macchina impastatrice.

Anziché dire stupidaggini, nella vita spesso si fa meglio a tacere

Si parla quindi di una scelta migliore rispetto a un’altra.

Altre volte il confine tra qualità e convenienza è meno evidente, e allora si potrebbe dire ad esempio:

Siamo a 500 metri da casa. Si fa meglio a andare a piedi piuttosto che chiamare un taxi.

Si potrebbe rispondere:

Non so se sia meglio, sicuramente si fa prima a piedi!

Domani vediamo “si fa presto“. Nel frattempo si è fatto tardi… allora ripassiamo!

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Ulrike: Io in generale con l’oroscopo non ho niente a che spartire

Irina: io penso che siano stupidaggini, fesserie o sciocchezze, che dir si voglia. Naturalmente faccio salvo il libro sui segni zodiacali pubblicato da Italiano Semplicemente, che è l’audiolibro migliore ideato da Gianni, il nostro professore indefesso

Rafaela: è un audio-libro pensato per chi vuole imparare come descrivere i tratti del carattere delle persone. Un capolavoro, altro che storie, ed io sicuramente non mi ritengo una ruffiana dicendo così. 

Marcelo: torniamo a bomba però. Neanche io sono per dare credibilità all’oroscopo, ma ciò non toglie che di volta in volta io mi tolga lo sfizio e lo legga, non fosse altro che per divertirmi.

Bogusia: sapete che proprio oggi mi è capitato di imbattermi in un oroscopo per l’anno venturo. Lo spunto per leggerlo era il titolo che iniziava con la frase di due minuti con italiano semplicemente. La sorte e la mia insaziabile curiosità hanno voluto che io lo leggessi, vai a capire perché. Vi dico cosa diceva l’oroscopo: Altro che cattiva sorte. Il 2022 sarà una pioggia d’oro per questi segni baciati dalla fortuna e ricompensati dalle stelle: Leone e pesci . Perché mi ha colpito? Si dà il caso che siamo in tanti nell’associazione ad essere nati sotto il segno dei pesci, ivi incluso il nostro professore. Non so se ci andrà veramente di lusso l’anno prossimo (per inciso, anche io sono dei pesci) o se dovremo venir meno alle nostre aspettative in merito, ma spero che sia la verità. Auguro a tutti i leoni e pesci buona fortuna, ma mi raccomando, stiamo in campana con questo virus. 

Senza meno

Audio

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Descrizione

Spieghiamo una espressione italiana ironica, che è bene conoscere ma che non vi consiglio di usare. Non è una parolaccia ma può essere offensiva se usate il tono sbagliato. Episodio senza trascrizione (per ora) registrato durante un viaggio in automobile.

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Trascrizione

Buongiorno ragazzi, buongiorno amici di Italiano Semplicemente, e benvenuti in questo nuovo episodio.

Oggi spieghiamo una nuova frase idiomatica. Non so se si può chiamare effettivamente una frase idiomatica quella di oggi: è piuttosto un’espressione normalmente utilizzata da più o meno tutti gli italiani, di ogni tipo, di ogni estrazione sociale, religione, eccetera. Probabilmente c’è qualche categoria di italiani che la usa un po’ più degli altri; adesso vi spiegherò quale di queste categorie la usa di più.

L’espressione di oggi, ad ogni modo, è “senza meno”. Sono semplicemente due parole, di cui voglio spiegare il significato prima di passare alla spiegazione dell’espressione.

Dunque, “senza meno”: la prima parola è “senza”. “Senza” esprime la mancanza di qualcosa. Ad esempio, una pasta senza parmigiano vuol dire che la pasta è priva di parmigiano. Se vai al ristorante e ordini un piatto di pasta, puoi dire al cameriere: “Per favore, la vorrei senza parmigiano” oppure “senza formaggio”, eccetera. Quindi, “senza” esprime una mancanza, ok? La mancanza di cosa, in questa frase? La mancanza di “meno”.

“Meno” di per sé esprime una mancanza, oppure meglio ancora, esprime una quantità; quindi la mancanza, “senza”, esprime, abbiamo detto, la mancanza, cioè vuol dire che non ci deve essere qualcosa, ok? “Meno”, invece, significa che ci si sta riferendo a una quantità. Questo almeno è il significato della parola “meno”, che è il contrario di “più”, ok? A una quantità che va ridotta, va diminuita, va decrementata, detta in termini tecnici.

Di conseguenza, possiamo dire, ad esempio, sempre se vai al ristorante e ordini un piatto di pasta, potresti dire: “Scusi, cameriere, vorrei un piatto di pasta con meno parmigiano”, cioè con una quantità inferiore di parmigiano. Oppure, se vedi che il cameriere mette una quantità troppo abbondante di parmigiano, puoi dire al cameriere: “Ne vorrei un po’ di più” oppure “Ne vorrei un po’ di meno”. Bene, quindi “meno” esprime una quantità.

Ma allora, la frase “senza meno” che cosa significa? Se dovessimo analizzare il significato esplicito di queste due parole messe una di seguito all’altra, “vorrei vedere senza meno”, cioè il “meno” non dobbiamo metterlo: è come negare la parola “meno”. Quindi, “senza meno” tecnicamente significherebbe “di più”, ok? Di più, ma di più che cosa? Abbiamo capito che mettere insieme il significato di queste due parole non ci aiuta. Ci aiuta, infatti, sapere come si utilizza questa frase per capirne il significato.

Vi faccio un esempio. Ammettiamo che ci siamo in ufficio e che io abbia un dirigente che devo aiutare a risolvere delle situazioni, dei problemi, devo fare il mio lavoro, e il mio dirigente mi chiede di fare qualcosa, ad esempio di produrre un documento. Allora mi potrebbe dire: “Giovanni, c’è da fare urgentemente questo documento, che vogliamo fare? Mi aiuterai?” Io potrei dire: “Ok, non c’è problema”, ma potrei anche rispondere “senza meno”, potrei anche dire “l’aiuterò senza meno”.

E bene, questa risposta cosa significa? Significa, ok, ti aiuterò senza altro, ok? “Senza altro” o “dire sicuramente”, “senza altro” è abbastanza simile. “Senza meno, mi aiuterai”, “senz’altro”, è un altro modo di dire “ok”. Vuol dire “senza dubbio”, quindi “senza dubbio ti aiuterò”, “senz’altro ti aiuterò”. È un modo di dire “sì”, è un modo di dire “ok”.

Ma perché si dice “senza meno”? E quali sono le differenze con “senz’altro” e “senza dubbio”? Dipende dalla cosa che vogliamo sottolineare. Questa cosa potrebbe essere appunto la certezza di quello che diciamo, e questo lo diciamo meglio esprimendoci con la frase “senza dubbio”. Però, se si dice “senza dubbio”, in realtà può significare che noi siamo sicuri di qualcosa di cui però non abbiamo la certezza assoluta.

In realtà, “senza dubbio” vuol dire “con dubbio”. Ad esempio, se io dico: “Adesso sono partito da Perugia per arrivare a Roma, il mio navigatore dice che arriverò tra un’ora e 43 minuti, ma senza dubbio arriverò entro due ore”, ma non ne ho la certezza. Io “senza dubbio” posso dirlo perché sono praticamente sicuro di questo, ma non posso avere la certezza al 100%. Ho quasi la certezza. “Senza dubbio arriverò”, ma chiamando in causa il dubbio vuol dire che in realtà un dubbio c’è: sono quasi sicuro, ma non ho la certezza assoluta.

Se si risponde “sì” oppure “ok, certamente” si vuole esprimere ancora di più la certezza di qualcosa che potrebbe accadere in futuro, quindi “sì, ok, sicuramente, certamente” esprime una certezza maggiore. “Senza dubbio” vuol dire che noi siamo sicuri, ma che in realtà potrebbe non essere vero e la probabilità è molto alta, ma non è al 100%.

“Senz’altro” è un termine un po’ più informale. “Senz’ltro” si scrive, se si scrive, “senz’altro”, cioè l’abbreviazione di “senza altro”. “Ti aiuterò senz’altro” è una risposta che si dà in modo abbastanza informale e molto discorsivo come termine, e si usa quando appunto si sta esprimendo una certezza all’interno di un discorso.

Lunedì parlerò con il mio dirigente e cercheremo di convincerlo della mia tesi, e senz’altro riuscirò a convincerlo, come sono sempre riuscito a fare. Ci riuscirò senz’altro.” “Sei sicuro che ci riuscirai?”
“Senz’altro, non c’è nessun problema, non c’è nessun dubbio su questo, ci riuscirò senz’altro.”

È molto discorsivo. Non avviene in genere, quantomeno non molto frequentemente, che “senz’altro” sia una risposta secca, ma si può rispondere “senz’altro” come risposta secca, come risposta semplice, senza aggiungere altro.

Nota che, ad ogni modo, anche “senz’altro”, pur essendo più discorsivo di “senza dubbio”, esprime comunque una certezza non assoluta, ok? “Senz’altro” vuol dire “io credo di sì, credo fortemente di sì”, come “senza dubbio”. Con “senza dubbio” si vuol dare più la certezza che quella cosa avverrà, “senz’altro” è la stessa cosa, semplicemente più discorsivo.

Ma la frase di oggi era “senza meno”.

“Senza meno” ha un’eccezione particolare, si usa in determinate circostanze e io sinceramente non vi consiglio molto di usarlo. Quindi è bene sapere cosa significa, ma state attenti perché a volte si usa in modo ironico.

Quindi, se qualcuno risponde “senza meno”, il significato è “farò il massimo”, quindi è riferito a un’azione personale, non alla probabilità che si verifichi un evento. In realtà si risponde in questo modo quando si vuole, ad esempio, dire che qualcuno ci chiede un aiuto e noi vogliamo rispondere che sicuramente faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per raggiungere quell’obiettivo.

Quindi si esprime una volontà, la volontà di fare qualcosa. Se qualcuno ci fa una domanda alla quale dobbiamo rispondere fornendo ad esempio la nostra disponibilità nel risolvere un problema, “senza meno” significa sicuramente, sicuramente farò il massimo, sicuramente non lascerò nessun particolare.

È un giro di parole un po’ strano, però “senza meno” significa esattamente questo. Però spesso è ironico, Si può anche rispondere in questo modo: è una risposta un po’ che si dà quando in realtà non si è molto convinti, che quando non si è molto convinti di fornire un certo aiuto, ma si vuole dare la sensazione che il nostro aiuto sarà in realtà un aiuto poco convinto, poco credibile.

“Credici che ti aiuterò, ma molto probabilmente non lo farò.” Ma a volte significa anche questo. Significa: “Sì, sì, vedrai che ti aiuterò! Contaci, perché ti aiuterò.” In realtà, molto spesso è utilizzato per dire il contrario.

Ad esempio, se un tuo amico ti chiede: “Allora, il mio direttore mi ha promesso che dentro il prossimo mese mi darà una promozione. Tra l’altro l’ha già data a tutti i miei colleghi, questa promozione, il loro stipendio è aumentato, mancavo soltanto io, sono l’unica persona del mio ufficio alla quale non è stata data una promozione.”

Quindi finalmente il mio direttore mi ha detto, dopo che io mi sono lamentato: “La darò anche a te.” Ma se il mio amico mi dice una cosa del genere, io non sono convinto di questo; se io credo che in realtà il tuo direttore non farà questo, allora la mia risposta potrebbe essere: “Sì, sì, vedrai che te la darà senza meno!”

Avrei potuto rispondere: “Te la darà senz’altro.” Avrei potuto rispondere: “Te la darà senza dubbio.” ma in realtà non è abbastanza ironico rispondere in questo modo, e quindi rispondo “senza meno”: “Senza meno il tuo direttore ti darà la promozione, vedrai che ti darà la promozione.”

E quindi questa è una risposta ironica, è una risposta che sottintende in realtà il convincimento contrario, il convincimento opposto. Si sta dicendo “non è vero”, si sta dicendo un’altra cosa in realtà.

Quindi “senza meno” è un’espressione abbastanza ironica, è usata ovviamente a livello informale. Non utilizzatela a livello professionale con degli italiani, perché loro avvertiranno la presenza di una velata ironia.

Ovviamente, se sei uno straniero che si esprime in questo modo, “senza meno”, l’italiano potrebbe avvertire che conosci talmente bene la lingua italiana da aver capito anche cosa significa l’espressione “senza meno”. Oppure, l’italiano farà un sorriso e dirà: “Questo straniero sta usando questa espressione, ma non si è reso conto di quello che sta dicendo.”

Quindi ci potrebbe essere una reazione un po’ anomala da parte dell’italiano, che potrebbe darti un’occhiata un po’ strana, come a verificare che tu in effetti abbia detto una frase ironica oppure semplicemente che tu non l’abbia fatto apposta.

Usare certe espressioni metterebbe sicuramente il sospetto da parte dell’italiano che quello che tu hai appena detto abbia un contenuto ironico, e questa probabilità aumenterà all’aumentare della conoscenza della lingua italiana da parte di questo straniero. Se questo straniero parla benissimo l’italiano, allora l’italiano penserà: “Allora questo straniero conosce anche le espressioni idiomatiche e conosce anche la cultura italiana”, e quindi sarà portato a pensare che “senza meno” abbia un significato ironico.

Se invece lo straniero parlerà male l’italiano, perché fa un sacco di errori grammaticali, sentire utilizzare questa espressione farebbe pensare all’italiano che lo straniero in realtà non sa esprimersi, non ha capito bene il significato di “senza meno” e quindi si farà probabilmente una risata o farà un sorriso. Da questo sorriso si capisce che l’italiano non è convinto del fatto che tu abbia utilizzato correttamente questa espressione.

Potrebbe anche rispondere l’italiano: “Perché? Perché ‘senza meno’? C’è qualcosa che non va? C’è qualcosa di cui non sei convinto? La tua è una risposta ironica?” Potrebbe anche dire questo, volendo, l’italiano. Quindi, state attenti ad utilizzare questa espressione.

La lingua italiana, come sapete, se non lo sapete vi avverto, ha moltissime, moltissime caratteristiche di questo tipo. Ha delle espressioni, come probabilmente anche altre lingue, delle espressioni che hanno un certo significato e molte di queste si usano in contesti ironici. Quindi frasi come “senza meno”, come “figurati”, come… ci sono molte altre espressioni che si utilizzano per esprimere una certa ironia.

Tra l’altro, gli italiani usano molto anche il linguaggio dei gesti, quindi a volte, quando una parola non è abbastanza esplicativa, la accompagnano con un gesto. Quindi “senza meno” non ha bisogno di essere accompagnata da un gesto, è di per sé abbastanza esplicita. Quindi “senza meno” ha un significato ironico, questo tenetelo presente.

Adesso, se volete, facciamo un piccolo esercizio di ripetizione. Non è particolarmente difficile pronunciare questa coppia di parole, perché non contiene doppie, non contiene “r”, una consonante che potrebbe far emergere dei problemi di pronuncia agli stranieri, come spesso accade, non so, ad esempio ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi. Quindi, non avendo una “r” e non avendo delle doppie, la frase “senza meno” è abbastanza semplice da pronunciare.

Quindi potete ripetere dopo di me:

Senza”. “Senza”, attenzione, perché “senza” alla lettera “z” si pronuncia con la “z” dolce, quindi si dice “senza” in questo caso, e non si dice “senza” con la “z” dura.

Come sapete, l’italiano ha una doppia modalità di pronunciare la lettera “z”: c’è la “z” dolce e la “z” dura. “Senza” in questo caso la pronuncia è “senza”, come in “costanza”, come… non so, adesso non mi vengono in mente altre parole con la “z”. Ad ogni modo, la pronuncia è “senza”, “senza meno”, “senza meno”. “Meno” non ha, credo, nessuna difficoltà di pronuncia.

L’unica difficoltà può venire dalla lettera “z”. Per esempio, nella lettera “z” la pronuncia della parola “z” è con la “z” dura, non è “z” come potrebbe dire uno spagnolo, ma è “z”. Quindi “senza”, “senza”, “senza” è corretto, invece “senza” con la “z” dura è scorretto, non va bene.

Quindi vi dico: “senza, senza, senza meno, senza meno, farai questo lavoro entro domani.” “Senza meno.” “Lo farò senza meno.” “Non è vero che lo farete?” “Lo farò senza meno.” “Ti impegnerai per vincere la partita di domani?” Voi non avete molta voglia di impegnarvi, allora rispondete: “Sì, sì, mi impegnerò senza meno.” Mi sforzerò al massimo, significa “senza meno”. Ma è ironico.

“Farai del tutto per finire il lavoro entro domani?” “Senza meno.” Che è “senza meno”, cioè “non mi risparmierò”.

È tutto per oggi, ragazzi. Restate con noi e scusate, oggi è stata una registrazione con un po’ di rumori di fondo, perché sto facendo questa registrazione durante un viaggio verso Roma. Mi sono detto: “Perché no? Perché non utilizzare i tempi morti?” Questo per me è un tempo morto, quindi credo che comunque vi faccia piacere ogni tanto ascoltare podcast di questo tipo.

Non farò una trascrizione (NOTA: non subito, ma se state leggendo allora vuol dire che l’ho realizzata in futuro), di conseguenza oggi dovete accontentarvi di questa spiegazione orale. È stato comunque un piacere. Adesso cercherò di impegnare la prossima ora in altro tipo di attività, probabilmente ascolterò qualche podcast in francese, qualche podcast in inglese e qualche altro in tedesco, le lingue che sto studiando ultimamente, e cercherò di impegnarmi senza meno. Posso avere qualche distrazione sicuramente.

Ciao ragazzi!