Sacrificato (scarica)
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Trascrizione
Giovanni: sapete cos’è un sacrificio?
Ulrike: qualcosa che si mangia? In tal caso ne assaggio senz’altro uno.
Giovanni: casomai è qualcosa che non si mangia.
Mi spiego meglio. Per sacrificio si intende in realtà un qualcosa di religioso, di sacro. È un gesto rituale con cui qualcosa, o anche un animale o una persona viene consegnata al sacro, viene offerto a Dio. Un gesto a favore di una o più entità sovrumane, divinità, per dimostrare l’adorazione verso di lei. Si rinuncia a qualcosa a favore di una divinità. È un’offerta fatta a Dio. Questo è l’origine del termine sacrificio e uno dei significati.
Ma questo è un concetto abbastanza primitivo (oltre che sacro) del termine.
Peggy: ma bisogna sempre scomodare il sacro?
Giovanni: no, infatti nell’uso più frequente un sacrificio è, più in generale, una rinuncia sofferta. Qualunque rinuncia che ci fa soffrire è un sacrificio.
Ognuno di noi può fare sacrifici allora si rinuncia a qualcosa di importante. Magari facendo un’offerta, o comunque facendolo per qualuno questo sacrificio.
Es.
Se il professore vuole interrogare una persona in classe, qualcuno potrebbe decidere di sacrificarsi a favore dei compagni e farsi interrogare. Non c’è niente di sacro qui, e non ci sono morti né sangue.
Il professore: qualcuno vuole sacrificarsi per i propri compagni?
Il senso è anche un po’ ironico.
Notate anche l’uso della preposizione. L’uso di “a” generalmente contiene qualcosa di sacro o religioso:
Un agnello sacrificato a Dio
“Per” invece è più frequente ma non religioso.
Si è sacrificato per la patria
Un sacrificio per dimagrire
Se facciamo una dieta infatti, dobbiamo rinunciare a qualcosa di buono. Niente dolci, niente cannoli con la la ricotta, niente bucatini alla matriciana!
Hartmut: Facciamo il sacrificio di prendere le distanze da tante cose buonissime.
Giovanni: Qualsiasi privazione o rinuncia per nostra scelta è dunque un sacrificio.
Quanti sacrifici si fanno per i figli? A quante cose rinunciamo per loro?
Tanti vero? Madri e padri che si sacrificano per farli studiare e farli stare in salute.
Non ci pensiamo ché è meglio!
Fare dei sacrifici, significa però anche cercare di risparmiare.
Quest’anno se vogliamo andare in vacanza dovremo fare dei grossi sacrifici.
Dunque anche rinunciare a spendere è un sacrificio.
Esiste anche il verbo sacrificare, che naturalmente ha sempre a che fare con le privazioni e le rinunce. Anche sacrificarsi, come abbiamo già visto in un esempio.
Essendo un verbo generalmente transitivo, bisogna specificare cosa si deve sacrificare, e spesso si indica anche il motivo o la destinazione del sacrificio.
Es.
Il dott. Rossi ha sempre lavorato nella sua vita, ma così facendo ha sacrificato la famiglia per la carriera.
Cioè ha rinunciato alla famiglia perché la carriera era più importante.
Mi sono sacrificato per la famiglia
Stavolta l’ho usato ancora in modo riflessivo.
Ho accettato dei sacrifici per il bene altrui (in questo caso per la mia famiglia) o per un dato scopo.
È invece interessante l’uso dell’aggettivo e sostantivo “sacrificato/a“, in particolare essere sacrificato/a o stare sacrificato/a, riferito a una persona.
Se ad esempio parlo di una persona che fa una vita sacrificata, sta a significare che la sua vita è piena di rinunce e disagi, che fa a meno di tante cose. Queste cose di cui fa a meno sarebbero utili ma deve necessariamente farne a meno, deve necessariamente privarsene, dunque fa un sacrificio, sebbene non proprio volontario, come spesso sono i sacrifici.
Marcelo: Insomma questo poveraccio non si gode certamente la vita. Non bisogna fare voli pindarici per dirlo!
Giovanni: infatti!
Se invece una persona si sente sacrificata, può anche significare che mancano gratificazioni, che si sente sottovalutata, specialmente al lavoro:
Nel mio nuovo lavoro mi sento molto sacrificato.
Le mie qualità non sono utilizzate e io non sto bene in questo lavoro. Mi sto adattando ma soffro.
Anche un oggetto però può essere sacrificato, in più modi diversi:
Quel bel quadro, sul muro della cucina, mi sembra un po’ sacrificato.
Questo significa che è poco valorizzato, proprio come il lavoratore di prima. Sarebbe meglio magari appenderlo altrove, dove si nota un po’ di più e sembra anche più bello.
Oppure (secondo significato):
Per appendere il quadro ho sacrificato le foto dei miei figli.
Il significato qui è diverso perché torniamo al senso “primitivo” del sacrificio, (passatemi il termine) quello di eliminare qualcosa di importante, sebbene non ci sia sacralità in questo caso.
Spesso il senso di disagio diventa scomodità.
In fondo anche la scomodità è una forma di disagio che deriva dalla mancanza di spazio o appunto di confortevolezza, di comodità.
Perché non cambi sedia? Mi sembra che sia un po’ piccola per te, ti vedo che stai un po’ sacrificato.
Su un divano da due posti, in tre persone si sta un po’ sacrificati.
in questo appartamento così piccolo siamo (ci stiamo) un po’ sacrificati.
Stare stretti, in questi casi, è sicuramente più utilizzato.
In qualche modo c’è sempre un senso di sofferenza, che questa derivi da una rinuncia, da una scomodità, da un disagio, una sottovalutazione o una mancata valorizzazione. Il sacro non c’entra quasi mai. Ciò che conta è il senso di rinuncia a qualcosa e una conseguente sofferenza di qualche tipo.
Adesso che l’episodio è terminato, fortunatamente non c’è bisogno che nessuno si sacrifichi per fare un ripasso visto che lo abbiamo già fatto all’interno dell’episodio stesso.
Per questo ringrazio Ulrike, Peggy, Hartmut e Marcelo. Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.