I mal di pancia – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 52)

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Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

Trascrizione

Giovanni: Oggi, per la rubrica dedicata alla politica italiana, parliamo del mal di pancia, anzi dei mal di pancia, al plurale.

Nel linguaggio della politica, i “mal di pancia” indicano i malumori, le insofferenze o le proteste interne a un partito o a una coalizione.

Non si parla quindi di veri dolori fisici, ma di disagi e contrasti tra le varie anime o correnti di un gruppo politico, soprattutto quando ci sono decisioni divisive o quando alcuni membri non sono d’accordo con la linea ufficiale del partito.

Esempio:

La riforma ha provocato mal di pancia nella maggioranza.

Vuol dire che alcuni membri della maggioranza governativa non sono contenti della riforma e magari minacciano di non votarla o di contestarla.

L’espressione “mal di pancia” deriva ovviamente dal linguaggio comune: quando si ha un mal di pancia fisico, si avverte un fastidio interno, magari non gravissimo, ma comunque fastidioso, e a volte difficile da ignorare.

Attenzione perché solo i mal di pancia funzionano così, quindi non si possono usare ad esempio i “mal di testa”, i “mal di schiena” o i “mal di gola” , e nemmeno la parola “dolori”.

In politica “mal di pancia” è stata adottata come metafora per indicare un disagio interno al “corpo” del partito o della coalizione. Come dicevo, non si usa al singolare ma sempre al plurale: I mal di pancia, qualche mal di pancia, numerosi mal di pancia, eccetera.

Proprio come il mal di pancia può essere sopportato o può peggiorare fino a richiedere un intervento, anche i “mal di pancia politici” possono restare sottotraccia o sfociare in crisi vere e proprie, come voti contrari, dimissioni, o addirittura scissioni.

È un’espressione efficace perché rende l’idea di qualcosa che disturba dall’interno, magari non visibile immediatamente, ma capace di creare problemi se non viene affrontato.

Vediamo altri due esempi:

La nuova legge sul fisco ha provocato molti mal di pancia tra i deputati della maggioranza, soprattutto quelli più vicini alle imprese.

Qui si sottolinea il disagio interno a causa di una proposta non gradita.

Nonostante i mal di pancia nel partito, il governo è riuscito a far approvare il decreto in Parlamento.

Si evidenzia che, pur in presenza di malumori, la maggioranza ha tenuto.

L’espressione si usa quasi solamente parlando di politica, ma talvolta possiamo allargare il campo. Basta che ci sia un gruppo in cui qualcuno avverte un qualche tipo di disagio o sofferenza per una decisione.

Praticamente si usa ogni volta che ci sono tensioni interne a un gruppo, piccole o grandi, spesso latenti ma potenzialmente problematiche.

Contro questo tipo di mal di pancia l’unica medicina è la pazienza, e spesso bisogna ingoiare il rospo, come si suol dire, anche se sarà poi difficile da digerire…

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio della politica.

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Non ho capito io!

Non ho capito io!

(ep. 1159) (scarica audio)

Trascrizione

non ho capito io!

Ricordate quando abbiamo parlato dell’espressione ‘hai capito!’? Ebbene, ricorderete che il significato dell’espressione ha poco a che fare con il suo significato letterale. Piuttosto esprime un mix tra incredulità e stima.

Bene, un discorso analogo avviene con l’espressione ‘Non ho capito’ oppure ‘non ho capito io!’.

Si tratta ancora una volta di un’esclamazione, e non esprime il senso letterale. Non si tratta infatti di una mancata comprensione di qualcosa.

“Non ho capito io!” è invece un’espressione breve, diretta e molto potente. A prima vista potrebbe sembrare solo un modo per dire che qualcosa non è chiaro (in effetti può usarsi anche in questo modo, con un altro tono però) ma il suo significato può cambiare completamente in base al contesto e proprio al tono che si usa.

Spesso, infatti, questa frase non esprime un’incomprensione vera e propria, ma diventa una dichiarazione enfatica per sottolineare un diritto, una posizione chiara e non negoziabile.

Vediamo insieme cosa significa esattamente e come si usa.

Questa espressione, quando usata in modo deciso, equivale a dire:

Questa cosa deve essere chiara!

Non ci sono dubbi, è un mio diritto!

Non scherziamo, le cose stanno così!

Espressioni simili, più brevi, possono essere:

Ma guarda un po’!

Ma pensa tu!

Non scherziamo!

Ma ti pare! (anche questa espressione l’abbiamo già spiegata)

L’attenzione è tutta sull’”io”, che tuttavia possiamo anche omettere. Chi parla vuole far capire che è sicuro della propria posizione e che ciò che sta affermando è evidente, giusto e non discutibile. È una rivendicazione, una sorta di “punto esclamativo” che chiude il discorso.

Come si usa?

“Non ho capito io!” si usa spesso in situazioni di confronto o quando si vuole mettere in chiaro qualcosa. Non serve aggiungere molto altro: il tono deciso e l’enfasi bastano per comunicare il proprio messaggio.

Facciamo qualche esempio. Tengo a sottolineare che l’espressione è usata solo nella forma orale. Potreste trovare qualcosa di scritto sulla rete, ma non ve lo garantisco. Anche Chatgpt non vi aiuterà. Ve lo dico da subito!

Vediamo quando si tratta di rivendicare un diritto. Ricorderete che il verbo rivendicare lo abbiamo già incontrato.

Quei soldi sono miei, me li devi restituire. Non ho capito io!

Qui il significato è: “Non c’è spazio per dubbi o discussioni, è un mio diritto.” Non è certamente una richiesta di spiegazioni. Siamo spesso in una posizione di difesa più che di attacco, nel senso che qualcuno sta cercando di privarci di un diritto, di fare una ingiustizia e noi vogliamo invece dire che non è giusto!

In qualche modo, se vogliamo proprio ricondurci al significato letterale, potremmo dire “non capisco per quale motivo non debba essere così”, “non c’è motivo di pensarla diversamente e se ne esistesse uno di motivo, io non lo capisco”.

Possiamo usare l’espressione anche per far rispettare una nostra decisione. Si tratta di una personale decisione, ma non è detto. Di sicuro però chi parla esprime una sua personale opinione.

Es:

Certo che hai lo stesso diritto degli altri, non ho capito io!

Come dire che è ovvio.

Spessissimo si parla di una questione di giustizia, quindi si usa quando manca un atteggiamento giusto, una decisione equa, una parità di diritti, quindi quando c’è ad esempio un chiaro favoreggiamento, una chiara preferenza, quando non ci dovrebbe essere, per una questione di giustizia, di pari opportunità!

Tutti dobbiamo essere trattati allo stesso modo, non ho capito io!

Stiamo contestando un’ingiustizia:

Perché lui sì e io no? Non ho capito io!

Ecco, in questo caso si fatica meno a capire il senso della frase.

Si esprime un senso di ingiustizia, ma è solo una apparente richiesta di spiegazioni.

Altre volte si impone una scelta, una decisione che riteniamo comunque giusta:

Sono stato io a fare tutto il lavoro, quindi decido io. Non ho capito io!

Vuol dire: Deve essere chiaro che tocca a me decidere, non a nessun altro. E’ giusto così! Nessuno provi a dire il contrario!

In modo scherzoso o ironico si può anche usarla per enfatizzare una piccola protesta in modo leggero.

Guarda che tocca a te lavare i piatti oggi, perché è giusto che si faccia un giorno ciascuno, non ho capito io!

“Non ho capito io!” è una frase tipica del linguaggio colloquiale italiano, come ho detto, molto usata in conversazioni informali, familiari, specialmente nel sud Italia ma un po’ dappertutto.

Il tono e il contesto giocano un ruolo fondamentale: è un’espressione che si adatta bene a situazioni in cui c’è un contrasto, una rivendicazione o anche solo il desiderio di enfatizzare un concetto.

La sua forza sta nella semplicità: tre o quattro parole bastano per esprimere con chiarezza una posizione ferma. Non c’è bisogno di spiegazioni aggiuntive o di dettagli, perché il messaggio è già completo e diretto.

E’ importante usarla con il tono giusto. Deve trasmettere sicurezza, decisione e, se necessario, un pizzico di ironia. È perfetta per chiudere una discussione, ribadire un diritto, far valere la propria opinione, far valere le proprie ragioni o farsi sentire. Non sarà il massimo dell’eleganza, ma che volete!

Una esclamazione dal senso simile è “ma io non lo so!” che tuttavia è più spesso usata per esprimere irritazione o fastidio o anche un certo giudizio implicito, come se chi parla si mettesse in una posizione di superiorità morale o di perplessità rispetto all’atteggiamento o alle azioni di qualcun altro. Espressione, questa, di solito accompagnata da gesti o toni che rafforzano il messaggio, come lo scuotere la testa o un’espressione esasperata. come a dire “no”. Ricordate che abbiamo un episodio su questa espressione?

Per gli amanti della lingua romanesca comunque, un’espressione con un senso ancora più vicino è “ma che davero davero!“, che enfatizza l’incredulità verso qualcosa di inaccettabile. E’ come dire “ma sul serio?” e la ripetizione della parola ‘davvero’ (‘davero’ in romanesco) sottolinea ed enfatizza lo stupore, molto spesso per una ingiustizia, per qualcosa di ingiusto, proprio come “non ho capito io!

Ah, dimenticavo di dirvi che l’espressione di oggi si può usare solamente alla prima persona singolare. La forma è invariabile! Non esiste ad esempio “non hai capito tu!”. State infatti esprimendo un’opinione personale, a prescindere dalla persona per la quale si rivendica un diritto.

Adesso ripassiamo e siccome siamo sotto Natale, parliamo di regali di Natale:

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Ripasso a cura dei membri dellassociazione Italiano Semplicemente

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Anne Marie: io a mio fratello regalo un’agenda per aiutarlo con i suoi impegni. Lui è sempre alle prese con mille cose e non sa mai dove annotarle!

Edita: Io, invece, ho optato per qualcosa di più semplice. Regalo libri usati. Ne ho parecchi intonsi, pare brutto che nessuno li legga.

Estelle: Quant’è vero Iddio, io non voglio più sentire recriminazioni da mia sorella! Ogni Natale si lamenta per i regali che riceve. Quest’anno schiafferò sotto l’albero un buono regalo, così si compra ciò che vuole.

Marcelo: Per la cronaca, non mi sconfinfera per niente il Natale. È un continuo correre dietro a regali, decorazioni e pranzi interminabili. Poi, il Natale mi ricorda il mio gatto che non c’è più. Mi viene il magone solo a pensarci!

Julien: Dai! Non fare così. È pur sempre una festa per stare insieme. Piuttosto, durante le cene di Natale in famiglia, bisogna sempre stare sul chi vive per evitare di toccare argomenti che possono scatenare discussioni infinite.

Irina: Hai ragione, però non mi dirai che stare sul chi vive durante il Natale sia così edificante… comunque tornando a Bomba sui regali, io ormai faccio regali neutri e utili a tutti, così mi paro il culo ed evito che qualcuno abbia da ridire!

Mariana: sei sempre stato un paravento tu!

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L’Aventino – Il linguaggio della politica (Ep. n. 39)

L’Aventino (scarica audio)

L'AventinoTrascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Oggi vediamo il termine AVENTINO.

L’Aventino è una delle sette colline di Roma.

A Roma in realtà vengono chiamati colli.

I famosi sette colli di Roma. Del “Colle“, in particolare, abbiamo già parlato.

Uno di questi è l’Aventino.

Gli altri sei colli di Roma sono: Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale.

Questi colli hanno un’importanza storica e culturale molto grande per la città di Roma, poiché su di essi si sono sviluppate alcune delle principali attrazioni turistiche, monumenti e luoghi di interesse della città.

Il termine AVENTINO viene utilizzato spessissimo nella politica italiana per indicare un movimento di opposizione o di contestazione.

Questo perché ai tempi degli antichi romani gli abitanti dell’Aventino, in gran parte artigiani e commercianti, come forma di protesta contro le decisioni dei Patrizi (le persone benestanti, quelle più ricche, la classe d’élite dell’antica società romana) si riunivano sull’Aventino e facevano una protesta non violenta.

Si parla di Aventino anche quando, nel 1924, quando c’è stata una storica protesta e molti deputati dell’opposizione rifiutarono di tornare nell’aula della Camera e partecipare ai suoi lavori. Si è trattato di una secessione nei confronti del governo Mussolini (il Duce) in seguito alla scomparsa di Giacomo Matteotti avvenuta nel giugno dello stesso anno.

Da allora, il termine “Aventino” è stato spesso utilizzato per indicare un’opposizione a un governo o a una decisione politica.

Non si tratta come detto di una rivolta violenta però.

La caratteristica dell’Aventino è il rifiuto di partecipare alla vita politica ed economica della città o del paese o al limite anche di un gruppo che fa attività politica, almeno fino a quando quelle richieste non verranno accettate. L’unica differenza rispetto ai tempi antichi è che oggi non si va più fisicamente sul colle dell’Aventino a protestare.

Vediamo qualche esempio:

Un partito ha deciso di sciogliere la sua sezione di Roma, a seguito di una serie di contrasti interni. Questo episodio è stato definito dalla stampa come un “Aventino interno” del partito , ovvero una sorta di protesta interna contro la linea ufficiale del partito.

Il partito di opposizione resterà sull’Aventino contro l’arroganza del governo.

Sulla decisione di eleggere come presidente il candidato indagato per mafia, il partito di opposizione sceglie l’Aventino: “impossibile un confronto democratico”, secondo i partecipanti alla protesta.

Se dunque dei parlamentari di un partito, anziché recarsi al parlamento e votare democraticamente, decidono di non partecipare alle votazioni, possiamo parlare di Aventino, una forte protesta, una forte opposizione a una decisione politica di qualunque tipo. L’impatto mediatico è sicuramente garantito, anche se non è detto ci siano risultati concreti dal punto di vista politico.

L’Aventino però può riguardare, sebbene si usi più raramente in questo modo, anche il popolo, non solo un gruppo parlamentare.

I cittadini, che protestano per l’aumento delle tasse, dicono: “staremo sull’Aventino fino a quando il governo non cambierà idea”.

L’obiettivo è sempre quello di ottenere un risultato protestando contro una decisione politica.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio della politica.

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Insorgere – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 37)

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Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Oggi vediamo il verbo insorgere, usato quasi esclusivamente in ambito politico. Vediamo perché.

Il verbo “insorgere” significa “opporsi attivamente” o “ribellarsi” a qualcosa o qualcuno che viene percepito come ingiusto o inaccettabile.

In ambito politico, il termine viene spesso utilizzato per riferirsi a movimenti di protesta, manifestazioni, scioperi e rivolte popolari contro governi, istituzioni o decisioni ritenute discriminatorie o dannose.

Il verbo “insorgere” è spesso usato in ambito politico soprattutto perché si riferisce a un’azione collettiva di protesta o di ribellione contro un sistema o un’autorità che viene percepita come illegittima o ingiusta.

Si tratta di una protesta collettiva dunque, che possiamo chiamare col termine insurrezione.

È un verbo che esprime un forte senso di opposizione e di resistenza. Una resistenza attiva, e quindi viene usato soprattutto in contesti di conflitto sociale e politico.

Insorgere” somiglia ad altri verbi che esprimono un’azione di opposizione o di resistenza, come “protestare”, “opporsi”, “ribellarsi”, “sollevarsi”, “alzarsi”, “manifestare”.

Tutti questi verbi si riferiscono a un’azione di opposizione attiva e possono essere usati in contesti simili.

Quando dico “attiva” intendo che questa insurrezione ha un obiettivo preciso, vuole contrastare, vuole opporsi con l’obiettivo di ottenere un risultato. Una resistenza attiva non è una resistenza che serve solo a resistere, ad allungare la sofferenza o la vita.

Il verbo “insorgere” ha chiaramente a che fare con il verbo “sorgere” che a prima vista sembrerebbe riguardare solamente il sole, che sorge ogni mattina.

In realtà anche una domanda può sorgere. Spesso si dice che una domanda “sorge spontanea” .

Molto simile al verbo nascere. Un sospetto può ugualmente sorgere. Anche un edificio o una montagna possono farlo.

L’edificio sorge a fianco del parlamento

La casa abusiva è sorta in una sola notte

La maestosa montagna sorgeva all’orizzonte, dominando la vista con la sua imponenza.

Può sorgere anche un’idea o un problema, o un dubbio.

Mi sorge un dubbio

È appena sorto un problema

L’idea è sorta dalla geniale mente di Marco

Molto spesso si tratta di una nascita improvvisa, di una crescita inaspettata.

C’è un legame tra sorgere e insorgere perché entrambi derivano dal latino “surgere“, che significa infatti “alzarsi” o “elevarsi“, proprio come fa il sole la mattina, quando si alza in cielo per illuminare il mondo.

“Insorgere” invece significa letteralmente “alzarsi contro qualcosa” o “elevarsi in opposizione“.

In questi casi di insurrezione o protesta collettiva, protesta di massa, si parla anche di un “sollevamento di protesta” come ad esempio un sollevamento popolare.

Ad insorgere può essere il popolo in generale, magari contro una decisione del governo che non li trova d’accordo, oppure può insorgere un gruppo parlamentare o l’insieme dei dipendenti di un’azienda, o anche i sindacati dei lavoratori.

Perché l’uso del prefisso “in“? Se è sorta questa domanda, vi rispondo subito. “In” indica una sorta di inversione di una situazione data. Scusate il gioco di parole.

Cosa viene invertito? È Il senso del verbo sorgere.

Sorgere” significa infatti “alzarsi” in senso positivo, mentre “insorgere” significa “alzarsi” in senso negativo, ovvero contro qualcosa o qualcuno.

Accade spesso questo con la preposizione in. Pensate a credibile e incredibile, pensate a indimenticabile o a intollerante.

Chiarito quest’ultimo dubbio, ci vediamo al prossimo episodio di italiano dedicato al linguaggio della politica.Anzi no…

Vediamo altri 10 esempi di uso del verbo insorgere perché mi sono appena ricordato di altri due utilizzi particolari del verbo insorgere. Prima faccio gli esempi e poi ve ne parlo:

1. Il partito di opposizione insorge contro la nuova legge fiscale proposta dal governo.
2. I cittadini insorsero contro la corruzione dilagante nel loro paese.
3. Se non si prendono misure adeguate, il conflitto potrebbe insorgere nuovamente.
4. Dopo l’ultimo scandalo politico, molti gruppi di attivisti sono insorti per chiedere riforme.
5. La popolazione è insorta contro il regime autoritario che governava il paese.
6. Il sindacato è insorto contro la decisione dell’azienda di licenziare centinaia di lavoratori.
7. La tensione tra i due paesi insorge periodicamente a causa della disputa territoriale.
8. Dopo le elezioni, i sostenitori del partito vincitore sono insorti in festa nelle strade.
9. I giovani studenti sono insorti in protesta contro le misure di austerità del governo.
10. Non appena si è diffusa la notizia della nuova tassa, la popolazione è insorta in massa contro il governo.

Nell’esempio n. 3 vediamo che anche un conflitto può insorgere. In questo caso sta per nascere all’improvviso, crescere inaspettatamente e/o molto velocemente. Lo stesso vale con la tensione, quando insorge, come nell’esempio n. 7. Sempre di fenomeni collettivi parliamo però.

Infine, nell’esempio n. 8, “insorgere in festa“, non ha nulla a che fare con la protesta e la ribellione. Questa è un’espressione invece che indica una specie di festeggiamento di massa, un’occasione di festa collettiva.

Potrei anche dire che:

Dopo la vittoria del campionato del mondo, i tifosi sono insorti in festa.

Se vogliamo restare nella politica, un altro esempio può essere:

Dopo la notizia della liberazione del prigioniero politico, la popolazione è insorta in festa per celebrare il ritorno della libertà.

Adesso posso salutarvi veramente.

Alla prossima.

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688 Si fa presto

Si fa presto (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: dopo aver visto “si fa prima” parliamo oggi di “si fa presto“. Si tratta di una locuzione molto particolare, che naturalmente la maggior parte delle volte non è da interpretare alla lettera.

Infatti “si fa presto” ha anche un uso molto semplice.

Si fa presto a fare un video col cellulare e pubblicarlo su YouTube.

Cioè ci vuole poco tempo.

fare presto“, come significato principale ha proprio quello di svolgere “In breve tempo” un’attività.

Si fa presto a pulire una piccola stanza.

Fai presto che abbiamo fretta!

Bisogna far presto altrimenti perdiamo il treno!

La mattina mi alzo sempre molto presto.

In quest’ultimo esempio non si parla di tempo impiegato a fare qualcosa, e infatti non c’è il verbo fare. Ma torniamo a “far presto“.

Quando si parla in modo impersonale, “si fa presto” non si usa solamente per indicare che un’attività richiede poco tempo.

Vediamo qualche esempio e poi vi spiego il significato:

Adesso che siamo tutti vaccinati contro il covid siamo al sicuro.

Si potrebbe rispondere:

Si fa presto a dire sicuro. La verità è che non c’è nessuna certezza. E poi con tutte queste varianti, ogni sei mesi dobbiamo vaccinarci nuovamente.

Un altro esempio:

Conosco una ragazza che vive negli Stati Uniti che dice che c’è una pizzeria, sotto casa sua, che fa la pizza napoletana.

Un italiano potrebbe commentare: si fa presto a dire pizza napoletana.

Attenzione anche al tono con cui vengono pronunciare queste frasi. Il tono deve aiutare a dare il segnale di una protesta, una critica contro qualcosa che è stato appena detto.

Si fa presto a dire…” è molto simile a “non dire così”, oppure “è facile dire…” oppure “questo non è detto sia vero”.

Quindi si sta contestando, criticando ciò che si è sentito, perché le cose probabilmente stanno diversamente o potrebbero stare diversamente. Si stanno sollevando dei dubbi.

È troppo facile dire questo” , oppure “aspettiamo a trarre facili conclusioni“, “non è così semplice“, “non credo sia vero“, “credo che la questione sia più complicata di così“, “non dovresti dire così”, “non è il caso di dire questo”, “non ne sarei così sicuro” o anche “io ci andrei piano”.

Queste sono delle altre possibili alternative a “si fa presto a dire...”.

In questa espressione però si ripete il termine che si ritiene sbagliato, o meglio frettoloso, oppure si ripete una parte della frase. Dico frettoloso perché quando si dice qualcosa di fretta, lo si fa prima del dovuto, quindi “presto“. Si parla sempre di tempo impiegato, in tal caso a dire qualcosa, quindi qualcosa detto troppo presto, senza pensare.

Es:

Adesso che sono laureato ho risolto tutti i miei problemi e posso iniziare subito a lavorare!

Eh, si fa presto a dire problemi risolti! Forse è proprio adesso che iniziano i veri problemi.

Hai letto dieci libri di grammatica e credi di saper parlare l’italiano?

Si fa presto a dire che adesso lo sai parlare!

Sono innamorato!

Si fa presto a dire amore!

A volte però non si usa il verbo dire, ma un altro verbo. In questo caso si tratta comunque di un giudizio, di una critica, di un’opinione che riguarda una decisione ritenuta sbagliata o una frase ritenuta affrettata, detta senza pensare troppo:

Es:

Chi non va bene a scuola è un somaro e va sempre bocciato.

Risposta: si fa presto a giudicare! Che ne sai tu dei problemi delle persone?

Ho visto il mio fidanzato che si abbracciava con una ragazza. Traditore!

Risposta: ma dai, si fa presto a pensare male, magari era una sua amica!

Adesso facciamo un bel ripasso delle lezioni precedenti grazie ad alcuni membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Hartmut: si fa presto a dire ripasso! Mica è facile costruire un ripasso in quattro e quattr’otto!

Khaled: sì fa prima ad aspettare che sia tu a farne uno. Poi noi registriamo. No?

Irina: sarà pure vero, ma poi bisogna impegnarci personalmente ogni tanto. Questo non significa fare un ripasso alla buona, ma anche laddove ci siano molti errori, è proprio così che si impara.

Edita: scusate ma io sono facile alla distrazione e sto pensando alla frase “un ripasso in quattro e quattr’otto!”. Ma che significa?

Danita: quando fai qualcosa in quattro e quattr’otto la fai velocemente. 4 + 4 fa otto. È un’operazione facile da fare. È veloce, non c’è bisogno di stare a pensarci troppo.

Albéric: ah, allora si fa presto a fare le cose in quattro e quattr’otto! Ma alla precisione non ci pensa nessuno? Scusate ma ho la fisima della precisione.