Vediamo la differenza che esiste tra avrebbe potuto essere e potrebbe essere stato.
Questo episodio è la conseguenza di una domanda che mi ha fatto André dal Brasile, un membro dall’associazione italiano semplicemente.
André: Ciao caro Gianni potremmo aprire una parentesi e parlare un po’ di grammatica? Ci sono due tempi verbali che ogni due per tre li uso in modo sbagliato! potresti spiegarmi la differenza tra avrebbe potuto essere e potrebbe essere stato?
Giovanni: Grazie per la domanda André.
Partiamo dagli esempi:
Tra noi avrebbe potuto essere diverso se tu non avessi avuto tanti dubbi.
Cosa potrebbe essere stato a causare in te tanti dubbi?
Brevemente spiego la differenza e poi facciamo un esercizio di ripetizione.
Avrebbe potuto essere indica qualcosa che non è accaduto. Però era una possibilità.
Potrebbe essere stato significa che c’è un dubbio: non si sa se questa cosa è accaduto. Può darsi. È una possibilità, un’ipotesi.
Allora ripeti dopo di me:
Avrebbe potuto essere una grande partita se l’arbitro non l’avesse condizionata
Chi ha rubato il pesce? Potrebbe essere stato il gatto!
Abbiamo perso ma il risultato avrebbe potuto essere peggiore
Potrebbe essere stato lui l’autore di quel messaggio misterioso.
Avrebbe potuto essere un grande attore se avesse seguito quella carriera.
Potrebbe essere stato il vento a far cadere quell’albero.
Avrebbe potuto essere un campione olimpico se non si fosse infortunato.
Potrebbe essere stato un malinteso che ha causato la confusione.
Avrebbe potuto essere un leader eccezionale, ma ha scelto un’altra strada.
Potrebbe essere stato un errore di comunicazione che ha portato al disaccordo.
Avrebbe potuto essere un ottimo cuoco, ma ha scelto la finanza.
Potrebbe essere stato il risultato di una scelta impulsiva.
Avrebbe potuto essere un artista famoso se avesse continuato a dipingere.
Potrebbe essere stato un incidente, non credo fosse intenzionale.
Avrebbe potuto essere il vincitore della gara, ma ha perso l’ultimo sprint.
Potrebbe essere stato il destino a unire quelle due persone.
Avrebbe potuto essere un grande successo nel mondo degli affari.
Potrebbe essere stato un incidente d’auto che ha causato il ritardo.
Avrebbe potuto essere il miglior pianista del suo tempo se avesse continuato a suonare.
Potrebbe essere stata un’incomprensione che ha portato alla litigata.
Avrebbe potuto essere il capitano della squadra se non fosse stato per l’infortunio.
Potrebbe essere stato il cambiamento delle condizioni meteo a influire sull’evento.
Avrebbe potuto essere il miglior amico che avessi mai avuto se non si fosse trasferito.
È tutto per oggi.
Lo so, avrebbe potuto essere un episodio più breve se avessi fatto meno esempi. Ma che volete…
Giovanni: Oggi pubblico volentieri la risposta a una domanda che mi ha fatto un membro dell’associazione Italiano semplicemente (ciao Willemijn!).
Willemijn mi chiede la differenza tra l’uso di “se” e “quando” perché in alcuni casi ha dubbi se usare l’uno o l’altro termine.
Willemijn nella sua domanda mi fa anche alcuni esempi, e vorrebbe sapere se in questi casi sia preferibile usare se o quando e soprattutto perché!
Non voglio esaurire l’argomento di tutti gli utilizzi di se e quando in un solo episodio perché sarebbe un episodio lunghissimo. Non parliamo neanche del “se” pronome in questo episodio (es: non se ne parla).
Voglio limitarmi a chiarire i dubbi di Willemijn e fare qualche citazione a qualche episodio passato che magari potrà essere d’aiuto.
Iniziamo dal suo primo esempio:
Se fa freddo mi copro.
Quando fa freddo mi copro.
Quale scegliere? Sono equivalenti?
Iniziamo col dire che il se, scritto senza accento, è una congiunzione condizionale e di conseguenza prevede una condizione. Equivale a “ammesso che”, “posto che”, “qualora”, nel caso in cui”, “se mai”, “se per caso”, “putacaso”.
“Se fa freddo mi copro” è una frase che dal punto di vista grammaticale è scorretta perché va usato il congiuntivo:
Se dovesse far freddo mi coprirò.
Nel linguaggio colloquiale e orale si usa spesso la forma “se fa freddo mi copro”, parlando delle abitudini, ma un insegnante di italiano non può non correggere se uno studente dovesse scrivere (ho detto “dovesse scrivere” e non” scrive”) una frase di quel tipo.
Se uso “se” sto prospettando un’ipotesi: nell’eventualità che facesse freddo, qualora facesse freddo, nel caso in cui facesse freddo, allora mi coprirò.
Se invece dico:
quando fa freddo mi copro
Non sto parlando di un’ipotesi futura (come nel caso precedente), ma di una abitudine o di un modo usuale di comportarsi, basato su un ragionamento logico.
Certo, spesso si può creare il dubbio se mi trovo nel primo o nel secondo caso:
Quando mi sento in forma vado a correre mentre quando non sono al massimo mi faccio una passeggiata.
Se sto parlando delle mie abitudini, meglio usare “quando”. Se invece sto parlando dell’attività che farò in giornata, meglio usare “se”:
Se sarò (se dovessi sentirmi/essere) in forma andrò a correre mentre se non sarò (se non dovessi essere) al massimo mi farò una passeggiata.
La stessa logica vale anche per gli altri casi in cui se e quando potrebbero sembrare intercambiabili:
Vorrei sapere se oggi andrai al lavoro
Vorrei sapere quando oggi andrai al lavoro
Nel primo caso non interessa l’ora in cui la persona andrà al lavoro ma solamente se ci andrà o meno.
Non so se Giovanni viene stasera
Il dubbio è se viene oppure no, non quando viene, cioè oggi, domani, oppure a che ora viene Giovanni.
Allo stesso modo, se dico:
Vedi se mi puoi aiutare
Non è lo stesso che:
Vedi quando mi puoi aiutare
Mi puoi aiutare domani mattina o pomeriggio? Non è in discussione l’aiuto, che ci sarà sicuramente.
Chiedigli se è a casa
Chiedigli quando è a casa
Il problema è sempre lo stesso: interessa se qualcosa accadrà oppure quando accadrà?
Se vai in ufficio mi porti il libro?
Non so se tu andrai in ufficio, dunque ti sto chiedendo: andrai in ufficio oppure no?
Se ci andrai, potresti portarmi il libro?
Quando mi mandi una mail, ricordati di includere l’allegato, se presente
Dunque: nel momento in cui mi mandi una email (parlando in generale) non dimenticare di inserire l’eventuale file allegato.
Se mi mandi una mail, ricordati di includere l’eventuale l’allegato
Dunque in questo caso non è detto che tu mi manderai una email, ma se dovessi farlo, non dimenticare l’allegato.
Veniamo a:
Dimmi se vuoi guidare tu
Dimmi quando vuoi guidare tu
Nella prima frase (se), io non so se tu vorrai guidare oppure no. Nel caso in cui tu volessi guidare, dimmelo.
Nella seconda frase (quando), io già so che noi dovremmo alternarci al volante. Probabilmente ci siamo già accordati su questo. Io in questo caso sto chiedendo solo il momento in cui dobbiamo scambiarci il volante, quando vorrai darmi il cambio al volante.
Se vado in vacanza in agosto vuoi venire con me?
Non ho ancora deciso se andrò in vacanza ad agosto oppure in altri mesi.
Quando vado in vacanza in agosto è sempre molto caldo.
Allora in questo caso sto descrivendo le mie esperienze passate. Ogni volta che sono andato in vacanza ad agosto è sempre stato caldo.
Quando esco di casa mi porto sempre le chiavi.
Anche qui vale la stessa differenza tra se e quando, dunque si dovrebbe preferire “quando”. Può capitare però di usare “se” anche se sto parlando di una abitudine (infatti c’è “sempre”).
Se esco devo portare le chiavi?
Quando esco devo portare le chiavi?
In questo caso sono due domande diverse. Nel primo caso (se) non ho ancora deciso se uscirò. Nel secondo caso so che sicuramente uscirò, ma non è importante specificare l’ora perché mi interessa solamente domandare se devo portare le chiavi oppure no.
Quando fa freddo mi metto una giacca.
Va bene anche “se fa freddo mi metto una giacca”?
Anche in questo caso, se parlo delle mie abitudini devo usare “quando”, anche se può capitare nel linguaggio orale di usare “se”.
Se parlo di una specifica occasione futura dovrei dire:
Se dovesse far freddo mi metterò una giacca
Altro esempio:
Se fa freddo non vengo
Va bene anche “quando fa freddo non vengo?”
Dipende anche qui se sto parlando di ciò che faccio normalmente (quando) oppure di una intenzione futura (se) ma in tal caso dovrei dire:
Se dovesse far freddo non verrò.
Questi sono gli esempi sollevati da Willemijn in cui c’era il dubbio in questione.
Aggiungo che se e quando hanno anche utilizzi specifici in cui non si crea questo dubbio. Ci siamo già occupati di qualcuno di questi casi nei passati episodi. Su due piedi mi viene in mente l’espressione “da quando in qua”, e un uso particolare di “quando” che abbiamo trattato nell’episodio numero 202. Poi ci sono le locuzioni “quando mai” e “quando si dice“.
Giovanni: voglio parlarvi di un modo particolare per esprimere una possibilità.
Nella lingua italiana esistono molti modi per farlo. Sappiamo ad esempio che è previsto l’uso del congiuntivo quando si esprime una possibilità o un dubbio:
Credo si tratti di questo…
Immagino sia così..
Presumo possa essere accaduto questo…
Senza stare ad esplorare tutte le possibilità, oggi ne vediamo una in particolare: l’uso di “capace che”.
Es:
Oggi capace che nevichi!
Il significato più vicino a questa frase è:
Potrebbe accadere che oggi nevichi.
Oppure potremmo dire:
È possibile che oggi nevicherà
Può darsi che oggi nevicherà
È una modalità informale ma molto diffusa.
Quasi sempre c’è il verbo al congiuntivo, ma soprattutto all’orale non sempre si usa:
Perché Giovanni non risponde al telefono?
Risposta: capace che stia/sta facendo la doccia.
È abbastanza fréquente anche l’uso del verbo essere, ma non è obbligatorio:
È capace che Giovanni non ti sente/senta perché ha la suoneria spenta.
A volte è una risposta secca equivalente a “può darsi” , “èpossibile“:
Secondo me a casa non c’è nessuno, che ne dici?
Risposta: è capace!
Questo non è l’unico caso in cui manca la congiunzione che.
Infatti posso anche dire:
Oggi è capace a piovere
Questo possiamo farlo solo se non parliamo di persone, perché usare la congiunzione “a” fa pensare alla classica capacità, cioe l’abilità nel riuscire a fare qualcosa.
Notate infatti che non stiamo parlando della capacità di una persona. Non c’è nessuno in questi casi che è capace o incapace a fare qualcosa. Parliamo invece della semplice possibilità che qualcosa accada o che sia accaduto.
Si sta esprimendo un’opinione e si afferma che le cose potrebbero stare in un certo modo. Non si ha nessuna certezza, ma è solo una possibilità non troppo remota.
Somiglia anche a “forse“, “èprobabile“:
Dovete anche sapere che non esiste la forma negativa.
Non posso dire “non è capace che” oppure “incapace che” per dire che qualcosa è improbabile.
Vediamo altri esempi:
Guarda che facce quei due. Capace che stanotte non abbiano neanche dormito!
Dai sbrighiamoci, altrimenti nostro padre è capace che non ci faccia più uscire per una settimana!
Secondo me a quest’ora capaceche dorma e neanche se ne accorge che rientriamo tardi.
Capace che abbiamo già superato i due minuti? Altroché!
Allora ripassiamo:
Ulrike: Ah che bello, Marcelo ed Edgardo sono tornati alla carica per viziarci con le loro belle foto dell’Italia. Temevo che si fossero beccati anche loro il virus e Invece, vivaddio, qualcuno viene risparmiato. Oggi comunque sene sono usciticon nuove belle foto dal Sud-Italia.
Peggy: E fu così che dimenticarono l’Uruguay…
Marcelo: Sono stato chiamato in causa e allora eccomi qua: Marcelo in carne e ossa. Vi assicuro che sia io che Edgardo ce la siamo cavata senza avere nessuna corsia preferenziale. Direi che si è trattato di mera fortuna.
Giovanni: oggi ci occupiamo di allorché, una congiunzione particolare, non di immediata comprensione e in quanto tale poco usata, per non dire mai, dai non madrelingua.
Allorché si può usare fondamentalmente in due modi diversi. Poi vediamo perché ho detto “fondamentalmente”.
Il primo modo è come sinonimo di “quando“.
Ci siamo già occupati di “quando”, fortunatamente, infatti nell’episodio numero 202 ne abbiamo visto un uso particolare, raccontando qualcosa di accaduto nel passato, per introdurre qualcosa di inaspettato o improvviso.
Ebbene, in tali casi possiamo anche usare allorché, proprio col medesimo significato.
Es:
Era l’inizio del 2010, allorché, mentre mi trovano a casa a cucinare, ho sentito un forte rumore provenire dal sottosuolo. Era il terremoto!
In realtà “allorché” si può usare più in generale parlando semplicemete di qualcosa del passato.
La cosa importante è che “allorché” introduce una proposizione subordinata temporale. Vale a dire che c’è una frase aggiuntiva a quella principale.
Era notte. Suonò il citofono. Era mio fratello, ma io non avevo capito che fosse lui perché non avevo riconsciuto la sua voce. Allorché lo riconobbi, lo feci entrare.
In questo caso non c’è una sorpresa, ma vogliamo dire che ad un certo punto io ho riconosciuto la voce di mio fratello, ed allora l’ho fatto entrare. Questa è la seconda frase che ovviamente è subordinata alla prima.
Questo allora è il secondo modo di usare allorché, che potremmo tradurre come “nel momento in cui“.
Non avevo riconosciuto mio fratello, ma nel momento in cui lo riconobbi l’ho fatto entrare.
Però, quando uso allorché c’è più una conseguenza temporale di eventi.
Infatti la locuzione “nel momento in cui” è vero che si usa con valore temporale nel senso di “nell’attimo in cui”, non appena, quando, dacché.
Es:
Nel momento in cui si accorse di me subito mi salutò.
Però “nel momento in cui” ha un uso più ampio.
Prima di tutto si usa per descrivere un momento preciso, in cui due eventi accadono nello stesso momento, tipo:
Hai chiamato proprio nel momento in cui stavo uscendo
Si tratta di un momento preciso, e in queste occasioni potrei usare anche la locuzione “li liper” (stavo lì lì per uscire quando mi hai chiamato).
Oltre a questo però, “nel momento in cui” si utilizza spesso anche quando si fa una riflessione, una considerazione, nel tentativo di spiegare qualcosa che abbia un senso o una logica.
C’è dunque la volontà di voler esprimere una conseguenza logica (la frase subordinata). Si sta facendo questo tipo di considerazione.
Il termine “allorché” in questi casi si usa meno perché è più materiale, più adatto a descrivere fatti concreti, e poi non si tratta in genere di un preciso e ben identificato momento.
Es:
La crisi mondiale scoppiò allorché si cominciarono a concedere mutui per l’acquisto di case con troppa facilità.
Potrei usare tranquillamente “nel momento in cui” o “quando”. È un fatto, una conseguenza.
Quando faccio un ragionamento invece, come dicevo, meglio preferire “nel momento in cui” .
Nel momento in cui mi dici di amarmi, mi chiedo perché tu continui a tradirmi.
Non sto parlando necessariamente del passato. Sto invece cercando di dimostrare qualcosa o di trovare una spiegazione o trarre una conseguenza.
Nel momento in cui sei convinto delle tue potenzialità, hai molte probabilità di successo.
Allorché, come detto, si usa parlando del passato nei due modi che abbiamo descritto. Qualche volta però, sebbene i dizionari non ne parlino chiaramente, viene usato anche come sinonimo di “qualora” e “se“, “nell’ipotesiin cui“, similmente a “nel momento in cui“, ma stiamo parlando di una possibilità. Siamo nel campo delle ipotesi. Non parliamo necessariamente del passato.
Es:
Ti prego di informarmi se accade qualcosa di importante allorché tu ne venga a conoscenza
È esattamente come dire “qualora”, “nell’ipotesi che”, “nell’ipotesi in cui”, “se dovesse capitare”, “nell’eventualità che”.
Allorché si usa talvolta anche in questo modo ma non suona molto moderno come linguaggio. Comunque è sempre più moderno rispetto a “allorquando“, che è proprio come allorché, ma anche un pochino meno usato.
Potrei darti dei figli allorché tu ne volessi.
Se ci pensate, in fondo, anche “nel momento io cui” può essere usato nello stesso modo, ed in questo caso direi anzi che è molto meglio.
Nel momento in cui mi dovessi innamorare di Maria, non riuscirei a nasconderlo.
Riconoscete facilmente questo uso di “allorché” e “nel momento in cui” perché si usa generalmente il congiuntivo, proprio come si fa normalmente con “se”, e “qualora”, “nell’ipotesi in cui” e tutte le altre modalità che esistono per esprimere una possibilità.
Adesso facciamo un brevissimo ripasso di qualche episodio passato parlando però di futuro, perché solo nel momento in cui si rispolverano di tanto in tanto gli episodi passati (l’ho appena fatto) si riesce poi a usarli senza pensarci più di tanto, proprio come fa un italiano.
A parlare sono i membri dell’associazione Italiano Semplicemente, come sempre.
Mary: Ah, il futuro! Direi che è veramente imprevedibile! Chi avrebbe mai previsto una pandemia di questa portata ad esempio?
Mariana: in tempi non sospetti, a dire il vero, qualche esperto aveva paventato che si trattasse di una concreta possibilità.
Irina: certo, ma si sente tanta fuffa in giro, ed è nelle cose che certe previsioni non vengano prese seriamente e non abbiano molto risalto in tv.
Marcelo: infatti. Se vai su internet poi è un continuo di allarmismi di ogni tipo. Cosa non si fa per un click? Scusate per la domanda retorica!
Rauno: già, ma come fare dei seri distinguo senza il rischio di diffondere castronerie?
Hartmut: scusate, ma… non doveva essere un ripasso brevissimo? Poi dice perché la gente si lamenta! Benedetto Giovanni!
Anthony: Vabbè dai, in compenso abbiamo imparato qualcosa anche oggi.
Giovanni: oggi vorrei parlarvi di una locuzione: “è nelle cose” o “sta nelle cose“.
È una locuzione colloquiale che a volte può capitare di incontrare anche nello scritto.
Viene usata per descrivere qualcosa di normale, di naturale.
Si tratta in particolare di un avvenimento.
“Normale” nel senso che è qualcosa di cui non ci si deve stupire, qualcosa che, se dovesse accadere, non dovremmo meravigliarci, perché può accadere, perché le cose possono andare così. E se invece è già accaduto, non c’è ugualmente da stupirsi. È normale.
Si può usare anche al passato:
È/era/sta/stava nelle cose che potesse accadere
Es:
Se tu sei davvero convinta di lasciare tuo marito, fallo pure, ma attenta perché lui è un bell’uomo, e se poi dopo un po’ ci ripensi, è nelle cose che potrebbe trovare un’altra.
Non si vuole dare una certezza, o una probabilità che qualcosa accada, ma solo dire che può accadere, perché si sa come vanno le cose.
Come vedete sto cercando di usare la parola “cose” per cercare di spiegare questa locuzione che la utilizza per indicare, in termini generici, delle conseguenze possibili, di cui non c’è da stupirsi. Perché la vita insegna che certe cose possono accadere.
Si vuole spesso anche trasmettere in qualche modo un senso di incertezza legato agli eventi che accadono uno dietro l’altro, senza legami certi.
Si potrebbe pensare che la locuzione possa trasmettere, in certi casi, anche un senso di fatalismo, cioè di una persona che accetta il suo destino, senza tentare di modificarne il corso.
In realtà però non c’è fatalismo. Al limite può trasmettere una leggera presunzione, come a voler dire che si conosce il mondo e le cose che accadono.
In effetti chi ha un atteggiamento un po’ lezioso, che si crede una persona di mondo, con molta esperienza e che può insegnarti un sacco di cose, può cadere nella tentazione di usare la locuzione “è nelle cose”.
Sto forse esagerando un po’ ma vorrei trasmettervi tutte le mie sensazioni legate a questa espressione.
Tra l’altro “è nelle cose” somiglia anche a “sono cose che capitano” che però si usa per tranquillizzare dopo una disavventura, per consolare una persona, dopo qualcosa che può succedere ad ognuno di noi.
Tipo:
Ti hanno bocciato all’esame? Sono cose che capitano, non ti scoraggiare!
Potrei usare anche “è nelle cose” ma io voglio consolare questa persona e non sembrare l’esperto in materia!
Un altro esempio:
Io e Giovanni siamo sempre stati amici per la pelle, poi, come è nelle cose, è capitato che uno dei due si è innamorato. Non ci vediamo da 30 anni ormai.
Come è nelle cose… Si usa spesso questo inciso all’interno di frasi in cui si descrive qualcosa di accaduto che si poteva immaginare potesse accadere.
Al posto di “è nelle cose” potremmo dire “è normale” oppure “può accadere“, “la storia ci insegna che può capitare” oppure anche l’espressione “ci sta” quando questa esprime una possibilità.
Ci sta che può capitare!
Quest’ultima però, oltre ad essere più informale, ha diversi significati e se volete potete approfondirli dando un’occhiata all’episodio che abbiamo dedicato alla locuzione “ci sta“.
Vediamo un altro esempio:
Hai chiamato il presidente e non ti ha dato un appuntamento come volevi? È nelle cose che un presidente abbia poco tempo a disposizione.
Il verbo essere è usato in modo anomalo perché sembra mancare un soggetto. Cosa “è nelle cose?”
Si sta parlando di qualcosa che, come detto, può accadere, qualcosa di normale.
Se fate una ricerca su internet vedrete che non è facile trovare esempi di utilizzo di questa locuzione, perché “è nelle cose“, possiamo usarla anche in altri modi più semplici:
La bellezza è nelle cose semplici
È nelle cose misteriose che si nasconde il pericolo
Ma in questi casi è chiarissimo il senso: il verbo essere va inteso come “si trova”. Il soggetto poi è sempre chiaro: la bellezza si trova nelle cose semplici; il pericolo si trova nelle cose misteriose.
Lasciate che vi ricordi poi che c’è una certa similitudine con l’espressione “non è cosa” che abbiamo trattato in passato. La similitudine consiste nel fatto che il termine “cosa” ha lo stesso legame con le possibilità, perché, se ricordate, può indicare qualcosa di impossibile o difficilmente realizzabile.
“Non è cosa” si potrebbe anche tradurre, in alcune circostanze, come “non sta nelle cose“, “non è nelle cose“, anche se così facendo si perde il contenuto umorale, legato ad un eventuale stato d’animo negativo, tipico dell’espressione “non è cosa”.
Episodio terminato.
Ora lascio la parola a Ulrike, membro dell’associazione Italiano Semplicemente che vi tratterrà ancora qualche secondo con qualche frase per rispolverare i passati episodi:
Ulrike: Ciao a tutti! Ho appena finito l’episodio dedicato alla locuzione trovare la quadra. C’è molta attualità per via dell’elezione del Presidente della Repubblica. Anche col terzo scrutinio non si è usciti dalla situazione di stallo. Per ora non è visibile in che modo i negozianti dei partiti possano trovare la quadra, il che vorrebbe dire che anche alla quarta si potrebbe vedere la quarta fumata nera. Mi sa che questo modo di votare – passatemi il termine – fa molto italiano, e in quanto straniera non mi sconfinfera proprio. Nonme ne vogliano gli italiani.
Lezione 29 del corso di Italiano Professionale. Ci troviamo sempre nella sezione n. 3, dedicata alle riunioni e agli incontri.
L’argomento è come parlare delle possibilità.
Analizziamo tutti gli avverbi utilizzabili a seconda della bassa, media e alta probabilità. La lezione appartiene alla sezione 3 del corso, dedicata alle riunioni e agli incontri.
Ho detto passibile, non possibile, ma stranamente i due termini sono collegati.
Infatti possibile (con la o) significa che una cosa può essere fatta, che c’è una possibilità. La possibilità riguarda il futuro (generalmente); non accade con certezza quindi.
Anche passibile significa che qualcosa può cambiare nel futuro a appunto, si parla di un cambiamento. Questo è un primo utilizzo del termine passibile.
Vediamo qualche esempio:
L’imposta è passibile di successivo aumento.
Significa che esiste già un’imposta, cioè una tassa da pagare, magari quest’imposta è di 10 euro, ma è possibile che questa imposta venga aumentata nel futuro. La possibilità esiste. L’imposta è passibile di aumento. Per poter usare passibile bisogna specificare cosa è passibile, cioè a cosa ci si riferisce, a cosa si riferisce questo cambiamento, cosa cioè può cambiare.
L’imposta è passibile di aumento, cioè è possibile che l’imposta aumenti.
La legge è passibile di miglioramento, cioè è possibile migliorare la legge, ci sono delle possibilità che questo avvenga, cioè che la legge sia migliorata.
La situazione attuale è passibile di miglioramento, ma anche di peggioramento. Perché no!
Non vi aspettate però di ascoltare questo termine molto spesso, ma sicuramente lo potete leggere spesso, in quanto fa parte di un linguaggio che usano i giornalisti e lo potete trovare anche spesso nelle comunicazioni di lavoro.
Qualunque cosa può essere passibile di … modifiche, integrazioni, miglioramenti, migliorie, un cambiamento in generale, eccetera, e usare “di” è fondamentale, serve a specificare cosa può essere modificato, quale caratteristica intendo.
Anche il testo di una canzone può essere passibile di modifiche da parte dell’autore.
È la canzone che è passibile di modifiche.
Un secondo uso del termine invece si riferisce sempre alle possibilità, ma intesa solo come una possibile conseguenza (negativa) di un atto contrario alla legge.
Il tuo comportamento è passibile di denuncia.
Significa che potrei denunciarti, chiunque potrebbe fare una denuncia contro di te per aver commesso questo fatto, per esserti comportato così.
Sei andato troppo veloce con l’automobile? Allora sei passibile di multa.
Non è detto che tu sarai multato, ma questa è adesso una possibilità concreta.
Le falsificazioni del denaro sono passibili di un’azione disciplinare.
Si può quindi usare anche al plurale.
Tecnicamente esiste anche la passibilità, brutta parola che si riferisce a tutto ciò che è passibile… ma vi dico che non si usa come termine. Potete dimenticarlo senza problemi.
Bene, ora ripassiamo con l’aiuto di Andrè dal Brasile.
L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!
Giovanni: allora, tutti sapete cos’è un’ipotesi. Un’ipotesi è una possibilità, una eventualità. Rappresenta una costruzione mentale che riguarda qualcosa che potrebbe accadere e si usa questo termine quando vogliamo pensare alle conseguenze di questi fatti eventuali, queste ipotesi appunto.
Provate ad immaginare cosa sarebbe la lingua italiana se, per ipotesi, Dante Alighieri non fosse mai nato. Io userei le stesse parole adesso per spiegare questo episodio?
Una ipotesi può essere verosimile, cioè poco lontana dalla realtà oppure molto fantasiosa, molto lontana dalla realtà. In questo caso possiamo parlare di ipotesi strana, bislacca o bizzarra, termini simili a “fantasiosa”.
A volte, quando si parla di ipotesi, si sente anche l’aggettivo “peregrina”, un’ipotesi peregrina, per indicare che questa ipotesi questa possibilità questa eventualità è veramente poco probabile. Peregrina si associa spesso anche ad un’idea: un’idea peregrina con lo stesso significato: poco realistica, lontana dalla realtà.
Ma come ti vengono in mente queste idee peregrine?
Peregrina viene da pellegrino, cioè uno straniero che viene da lontano. I pellegrini sono coloro che vengono almeno da fuori città insomma persone che non si sono mai viste prima.
Allora anche un’ipotesi o un’idea quando è molto strana, possiamo chiamarla peregrina ma con la erre e non con la doppia elle di pellegrino. L’ipotesi e l’idea sono femminili quindi si usa peregrina, al femminile.
Ad un’ipotesi, questo è importante, deve seguire una conseguenza, qualcosa che avverrebbe se l’ipotesi fosse vera. Senza una conseguenza l’ipotesi potrebbe essere chiamata “esempio“.
Facciamo l’ipotesi che italiano semplicemente non esistesse. Cosa farei io per divertirmi?
Emanuele: Questa è veramente un’ipotesi peregrina papà!
Adesso ripassiamo le espressioni passate.
Khaled (Egitto 🇪🇬 ): C‘è chi dice che non esistono altri mondi abitati nell’universo. Io sono restio/a a credere che siamo gli unici esseri viventi mai esistiti. Questo discorso attiene anche alla religione in cui si crede. Com’è difficile e misterioso l’universo; nessuna ipotesi è abbastanza peregrina secondo me. Forse un giorno qualcuno, bontà sua, ci spiegherà tutto.
—
L’Inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con italiano semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!