Si tratta del file audio del video chat dei membri dell’associazione in cui abbiamo spiegato il verbo ANDARE nelle espressioni idiomatiche che lo utilizzano.
– andare a farsi friggere
– andare in malora
– andare in rovina
– andare a monte
– è andata!
– e andiamo!!
– andare per i trenta
– andarci di mezzo
– andare pazzo per
– andare sul sicuro
– ne va di…
– va fatto
– Andare in vigore
– andare a ruba
– andare sul sicuro
– va da sé
– vai a quel paese
– andare a gonfie vele
– andarci piano
La video chat dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Buongiorno cari amici di Italiano Semplicemente, l’espressione che oggi vorrei spiegarvi è: “Il troppo stroppia“.
State ascoltando la voce di Giovanni che vi parla dalla città di Roma.
Tre parole dunque: il, troppo, stroppia. Si tratta di un noto proverbio usato in tutta Italia.
Un proverbio, quindi un detto, qualcosa che si tramanda di generazione in generazione, e che contiene un messaggio che rappresenta un insegnamento, qualcosa che può essere utile per vivere. Questo è un proverbio.
Naturalmente tutti voi stranieri vi starete chiedendo cosa significhi “stroppia“. Si tratta semplicemente di un verbo, e precisamente il verbo è STROPPIARE. Un verbo usato quasi sempre solo all’orale e abbastanza popolare.
Stroppiare è un verbo italiano, che deriva, cioè proviene, ha origine da un altro verbo: il verbo STORPIARE. Questa è la forma corretta in realtà.
Ripeti: storpiare, stroppiare
È necessario che io vi spieghi innanzitutto questi due verbi: storpiare e stroppiare.
Storpiare, se cercate sul vocabolario, significa deformare, cioè cambiare forma.
Il verbo stroppiare invece è, come vi dicevo, la variante popolare di storpiare. In pratica il verbo storpiare si è modificato e col tempo è nato anche il verbo stroppiare.
Succede qualche volta nella lingua italiana che da una parola ne derivi un’altra, ne scaturisca un’altra con lo stesso significato. Volete un esempio in più?
Su due piedi mi viene in mente la parola bisnonno, che è il padre del nonno, quindi bisnonno o bisonna = nonno/nonna due volte (il bisnonno è quindi il genitore del nonno o della nonna). Ebbene, a volte alcuni italiani pronunciano “sbinnonno” con la s iniziale.
Questo è un fenomeno fonetico per cui un suono può cambiare posizione all’interno di una parola.
Quindi stroppiare e storpiare hanno lo stesso significato e significano deformare, cambiare forma. Si passa da una forma originale, che aveva un senso ed una funzionalità, ad una forma diversa, che non ha più un senso vero.
Le cose che si stroppiano, che vengono stroppiate o che si storpiano, quindi hanno qualcosa di sbagliato. È una deformazione con un senso negativo. È un danneggiamento.
C’è un’opera, un dipinto del Pittore Spagnoletto che si chiama “Lo storpio”.
Se cercate su internet troverete questo dipinto che rappresenta una persona (si tratta di un bambino) che ha una caratteristica precisa: è storpio alla mano e anche al piede. Oppure possiamo dire che ha una mano storpia e un piede storpio.
Significa che la mano è stata storpiata, cioè danneggiata, tagliata. La mano ha perso la sua funzionalità, come anche il piede. Il ragazzo quindi è storpio alla mano ed al piede. Non si tratta di una deformazione qualsiasi dunque. C’è un danno anche.
Storpio, è vero, significa deforme nella braccia o nelle gambe, cioè minorato negli arti, e si dice anche “sciancato” nel caso delle gambe, facendo riferimento alle anche, che sono delle ossa.
In questi casi di deformazione fisica il termine stroppio si usa meno di storpio. Ma nel nostro proverbio invece “il troppo stroppia” è molto più diffuso rispetto a “il troppo storpia”.
Adesso siamo ad intuito capaci di provare a dare una spiegazione al proverbio.
E’ il troppo che stroppia! Quindi il troppo, cioè l’esagerazione, o anche l’abbondanza, l’eccesso, in qualsiasi cosa, crea una negatività, una deformazione negativa, che non fa bene.
Chiaramente il suono della parola “troppo” è simile a “stroppia” ed i proverbi spesso hanno una caratteristica fonetica di questo tipo; c’è quasi sempre una rima o un gioco di parole o un gioco di suoni che sono simili tra loro in un proverbio.
Quindi quando c’è un eccesso, un’abbondanza esagerata, anche nel caso di cose apparentemente belle e positive, si crea una situazione che nuoce, una situazione negativa.
Ogni eccesso quindi è negativo. Questo è il senso della frase.
Anche una grande fortuna, una eccessiva ricchezza (una ricchezza “smodata“, si dice anche) puo diventare controproducente, negativa.
Gli eccessi guastano, deformano, sciupano, rendono peggiori.
E’ come se un eccesso di quantità non rendesse più possibile la gestione e l’utilizzo, e per questo si rivela negativo.
Il proverbio in realtà ha anche altre versioni simili. Si dice anche in altri modi: “Il troppo è troppo“; oppure “ogni troppo è troppo“, “quando è troppo è troppo“.
Abbiamo visto in altri episodi anche altre frasi che giocano con le parole: “chi non risica non rosica“, una espressione che abbiamo spiegato all’interno del corso di italiano professionale, parlando di rischi ed opportunità.
Ma ce ne sono altre come “volente o nolente” , “chi dice donna dice danno” (in questo caso un’espressione discriminatoria contro le donne), o anche “capire fischi per fiaschi“, “dalle stelle alle stalle“.
Volevo farvi notare anche che Stroppiare e storpiare iniziano con la lettera s.
Spesso la lettera esse si usa per dare un senso di troppo, di intensità. Pensate alla differenza tra battere e sbattere, parlare e sparlare.
Insomma il troppo è troppo, quindi stroppia. C’è intensità quindi che porta ad una deformazione, un danneggiamento.
Come possiamo usare questo proverbio?
Possiamo pensare al denaro come ho detto prima, che porta sempre a cose negative quando è troppo ed arriva all’improvviso.
Possiamo pensare ad un’amicizia o ad una relazione di coppia. Stare troppo vicini ad una persona fa diventare il rapporto un rapporto eccessivamente morboso, porta a privazioni della libertà.
Pensate al lavoro: va bene lavorare perché senza lavoro non c’è dignità, ma troppo lavoro non va bene. Bisogna ricordarsi che il lavoro serve a vivere e non il contrario. Il troppo stroppia anche in questo caso.
Fate ginnastica, perché fa bene, ma non esagerate: anche la mente e l’anima vanno curate: il troppo stroppia.
Una virtù può diventare un vizio, un pregio può diventare un difetto, un vantaggio si trasforma in svantaggio.
Il proverbio è molto diffuso ed è presente anche in rete, se fate una ricerca lo potete verificare personalmente.
L’abbiamo spiegata sulle pagine di italianosemplicemente.com qualche tempo fa. Un’espressione abbastanza simile a “il troppo stroppia” o “il troppo storpia” , ma in quel contesto si fa riferimento solamente all’esagerazione nel parlare.
Bene allora facciamo un breve esercizio di ripetizione prima di concludere:
Il troppo stroppia
Il troppo storpia
Notate anche la pronuncia della o in questi due casi: storpia, stroppia
Storpiare
Stroppiare
Eccesso
Esagerazione
Deformazione
Danneggiamento
Ora vi saluto perché ho già parlato abbastanza e il troppo stroppia anche in questo caso.
Un saluto da Giovanni. Vi lascio ascoltare un esempio di utilizzo della frase di oggi. La voce è di Bogusia, un membro dell’associazione Italiano Semplicemente.
Bogusia: Io non sono una cicciona, questo no, ma visto che si approssima l’estate e siccome ho una certa mole che mi pesa addosso, dopo l’inverno, mi sono detta: basta Bogusia, il troppo stroppia, mettiamoci a digiuno, che inizierò mercoledì prossimo ricorrendo alla dieta depurativa. Mi prendo la briga di nutrirmi solamente di verdure per almeno quattro settimane.
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Ciao ragazzi, io sono Giovanni, e questa che state ascoltando è la spiegazione di una espressione italiana. Lo facciamo tutti i lunedì: una espressione, un modo di dire, insomma qualcosa di nuovo, per farvi ascoltare la voce di un italiano.
La trascrizione di questo episodio, come tutti gli altri, è disponibile sul sito italianosemplicemente.com.
La frase di oggi è “ne va“.
“Ne va” non è una espressione idiomatica; si tratta di un semplice modo, un modo molto veloce che gli italiani utilizzano per esprimere qualcosa di importante.
“Ne” è una particella che ha moltissimi utilizzi nella lingua italiana. Molto spesso l’abbiamo incontrata nelle passate spiegazioni su questo sito.
“Va” invece rappresenta il verbo andare.
Io vado, tu vai, lui va, noi andiamo, voi andate, loro vanno.
Quindi “lui o lei va“. Ma in questo caso c’è “ne” in più e il significato cambia completamente.
Non si parla di persone che “vanno“: le persone ed il loro movimento non centrano nulla. Si parla invece di importanza, come dicevo prima.
C’è qualcosa di molto importante che potrebbe essere in pericolo. Qualcosa di molto importante che potrebbe essere a rischio, che potrebbe essere compromesso, che potrebbe essere perso.
La cosa importante che in pericolo va aggiunta dopo le due parole “ne va”.
Per unire “ne va” e la cosa importante, si utilizza una preposizione articolata. Ad esempio se dico:
La sanità è una cosa seria, i medici devono essere competenti, perché ne va della salute dei cittadini.
Quindi ne va della salute dei cittadini. E’ la salute dei cittadini la cosa importante. E’ la salute dei cittadini ad essere a rischio, è la salute dei cittadini che potrebbe essere compromessa. Quindi se i medici non sono competenti, se cioè non sono dei bravi medici a rimetterci saranno i cittadini e la loro salute: ne va della loro salute.
Posso anche dire ne va di mezzo la loro salute. Molto spesso si trova anche la parola “mezzo” alla fine. In questo caso l’espressione ha più l’aspetto di una espressione idiomatica.
“Andare di mezzo” è l’espressione, che però ha più significati.
Infatti l’espressione “andare di mezzo” ha anche il senso di essere coinvolti.
Ad esempio se dico che:
Nel mio ufficio è stata trovata una valigia con 1 milione di euro. Non so chi sia stato a mettercela, ma speriamo di non andarci di mezzo.
Questo significa che io spero di non essere coinvolto in questo fatto. Forse qualcuno ha rubato questi soldi ma non sono stato io, e spero di non andarci di mezzo. Spero che non ne vadano di mezzo neanche i miei colleghi.
Questo “andarci di mezzo” ha il senso di essere coinvolti.
Potrei anche aggiungere:
Se ne va di mezzo anche il mio dirigente potrei andarci di mezzo anch’io.
Ecco, se “ne va di mezzo” anche il mio dirigente significa che viene coinvolto anche il mio dirigente. In questo caso ne sarei coinvolto anche io in questa brutta faccenda.
Spero che questo non accada: ne va del futuro della nostra azienda.
“Ne va del” futuro della nostra azienda: ecco, in questo caso vuol dire che il futuro della nostra azienda sarebbe a rischio, sarebbe compromesso. Perché il futuro della nostra azienda è importante. E’ proprio questo il senso iniziale, che avevo spiegato inizialmente e che rappresenta l’espressione che voglio spiegare oggi.
Ma il significato se ci pensate è abbastanza simile.
Ne va di mezzo il mio dirigente = Viene coinvolto il mio dirigente
Ne va del futuro dell’azienda = ne va di mezzo il futuro dell’azienda = il futuro dell’azienda è a rischio, è in pericolo, è in gioco, è in ballo.
Vi faccio altri esempi di rischio e pericolo, cioè casi in cui usare “ne va”:
L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: ne va del futuro dell’Europa stessa.
Potremmo anche dire:
L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: è in giocoil futuro dell’Europa stessa.
L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: altrimenti sarebbe a rischio il futuro dell’Europa stessa.
L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: se non accade questo sarà in pericolo il futuro dell’Europa stessa.
L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: è in questo modo che si può assicurare un futuro all’Europa stessa.
Parliamo di benessere:
Non posso smettere di fare sport, ne va del mio benessere
Non posso smettere di fare sport, è in gioco il mio benessere
Non posso smettere di fare sport, altrimenti metterei a rischio il mio benessere
Non posso smettere di fare sport, il mio benessere è troppo importante
Non posso smettere di fare sport, ci tengo al mio benessere
Non posso smettere di fare sport, è in ballo il mio benessere
Vedete che si parla sempre di qualcosa di molto importante e che potrebbe in futuro essere in pericolo.
Dicevo che “ne va” è seguito sempre da una preposizione articolata:
del, della, dello, dei, degli, delle
Ma se usate la parola “mezzo” dovete usare la preposizione semplice “di”
Ne va di mezzo il futuro dell’Europa stessa
Ne va di mezzo il mio benessere
Se decidete di non usare la preposizione articolata state attenti perché in questo caso “andare di mezzo”, come abbiamo visto, ha anche un secondo significato: essere coinvolti, essere chiamati in causa.
Notate anche che la particella “ne” come sapete solitamente si usa per sostituire qualcosa che non viene ripetuto. Ad esempio: Vuoi un po’ di torta? Sì, grazie, ma ne vorrei solo un po’. Quindi il “ne” si riferisce alla torta.
Lo stesso accade quando uso “andarci di mezzo” nel senso di essere coinvolti in qualcosa.
Come abbiamo visto anche prima in una frase simile (quella della valigia con un milione di euro):
Spero che in questo brutto affare non ne vada di mezzo nessuno!
In questo caso non solo la parola “mezzo” è obbligatoria ma il “ne” si riferisce al brutto affare, nel quale non deve andarci di mezzo nessuno.
Invece nella frase: “ne va del mio benessere” o “ne va di mezzo il mio benessere” la parola “mezzo” non è obbligatoria e inoltre “ne” ha il senso di conseguenza, il senso di effetto, di risultato. Questo significato della particella “ne” lo troviamo anche se la usiamo con altri verbi:
Ne deriva, ne consegue, ne emerge, ne deduco.
In questi casi il “ne” si usa per esprimere una conseguenza.
Ho fame, ne consegue che devo mangiare! (la conseguenza della mia fame è che devo mangiare)
Hai perso, ne deriva che devi pagare la scommessa! (la conseguenza della tua sconfitta è che devi pagare)
Non mi hai risposto al telefono: ne deduco che non eri a casa (non hai risposto quindi come conseguenza io credo che tu non eri in casa)
Allo stesso modo, ad esempio:
Devo vincere: ne va della mia reputazione.
Una frase, questa, che posso dire se ho una sfida, una partita importante: Devo vincere: ne va della mia reputazione.
Anche in questo caso la conseguenza della mia vittoria è che sarebbe salva la mia reputazione. Se invece perdessi perderei la mia reputazione. Si tratta sempre di una conseguenza dunque.
Notate una cosa: in genere quando si usa “ne va” si parla quasi sempre del futuro, si parla quasi sempre di qualcosa di importante che è in pericolo, a rischio. Non si usa mai o comunque è difficile vedere “ne va” al passato. Può comunque accadere qualche volta di trovare frasi tipo:
Ha dovuto studiare molto per ottenere il lavoro: ne andava del suo futuro.
“Ne va”, quindi, se parliamo al passato, diventa “ne andava”.
Vediamo altri esempi:
Ho dovuto e ho voluto donare un rene a mio figlio: ne andava della sua vita
La Juventus non poteva cedere il suo giocatore migliore, ne andava dell’immagine della squadra.
Notate infine che se, davanti a “ne va” o davanti a “ne andava” aggiungete il pronome se il significato cambia completamente. Difficile a spiegarsi ma l’esempio chiarirà tutto.
Se dico:
Io me ne vado di casa
Vuol dire che io lascio la mia casa. Uso il pronome “me” perché sono io che lascio la casa.
Analogamente se mi riferisco a una terza persona, lui o lei, la frase diventa:
Lui se ne va di casa
Lei se ne va di casa
Che significano semplicemente che lui o lei lasciano la casa, lui o lei abbandonano la casa. Ho parlato della terza persona (lui o lei) perché è l’unico caso in cui si possa far confusione con l’espressione di oggi. Infatti nelle altre persone non è possibile confondersi: Io me ne vado, Tu te ne vai. Noi ce ne andiamo, voi ve ne andate: solamente se dico: Lui (o lei) se ne va si può creare confusione.
Anche in questo caso compare “ne va di” ma c’è il sedavanti. In questo caso quindi le conseguenze non c’entrano nulla. Il verbo “va” in questo caso indica proprio il verbo andare, indica quindi movimento: l’uscita di casa, in questo caso.
Un’ultima notazione: “ne va”, l’espressione di oggi, si usa solo con il verbo andare alla terza persona singolare.
Non esiste: ne vado. Non esiste in questo senso voglio dire. Posso dire ne vado fiero, ne vado orgoglioso, ma ha un altro significato. Lo stesso vale per “ne vai”, “ne andiamo”, “ne andate”, “ne vanno”.
Perché? Beh, perché come vi ho detto il senso è dire che c’è qualcosa che è in pericolo, che è a rischio. Per questo motivo basta cambiare l’aggettivo possessivo o la preposizione e mai il verbo; ad esempio:
E’ a rischio la mia reputazione? Ne va della mia reputazione
E’ a rischio la nostra amicizia? Ne va della nostra amicizia
E’ in pericolo la tua vita: Ne va della tua vita
E’ in gioco la vostra esistenza? Ne va della vostra esistenza
E’ in ballo la loro credibilità? Ne va della loro credibilità
E’ in ballo il destino dell’azienda? Ne va del destino dell’azienda
Mariana (Brasile): speriamo che il nuovo presidente del Brasile Bolsonaro sia un buon presidente: Ne va del futuro del mio paese.
Ho bisogno di praticare l’arte marziale per riuscire a difendermi, ne va della mia protezione.
Assma (Marocco): Spero che possiate visitare il Marocco un giorno, ne va dell’immagine del mio paese
Grazie a Mariana dal Brasile e Assma dal Marocco. Vorrei concludere ringraziando i membri dell’associazione che hanno collaborato e tutti i donatori che ci aiutano a mantenere vivo il sito web. Grazie a queste donazioni è possibile evitare la pubblicità sul sito. Grazie dunque a chi ci sostiene economicamente. Mi auguro che questo possa servire a ricevere altre donazioni perché ne va del futuro del sito italianosemplicemente.com.
Andrè (Brasile): se le persone non fanno donazioni, ne va di mezzo la nostra associazione!
Infatti. Questa era la voce di Andrè, dal Brasile. Grazie anche ad Andrè. Un saluto a tutti.
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E’ possibile ascoltare e/o scaricare il file audio in formato MP3 tramitel’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.
Eccoci di nuovo qui ragazzi, è ancora lunedì e come tutti i lunedì vi spiego una espressione tutta italiana.
Questo è il programma di oggi dunque: spieghiamo l’espressione “darsi pace”.
Io sono Giovanni e la trascrizione integrale di questo nuovo episodio si trova sul sito italianosemplicemente.com.
Darsi pace: due parole, due semplici parole con un significato particolare.
Potremmo dire che si tratta di una locuzione, oppure la potete chiamare espressione idiomatica.
Ad ogni modo sicuramente avrete notato, cioè vi sarete accorti che in questa espressione mancano articoli, o avverbi o preposizioni.
Succede a volte nelle espressioni italiane. Non sempre è così ovviamente.
Infatti se ad esempio diamo un’occhiata alle molte espressioni che contengono la parola “darsi”, notiamo che volte ci sono articoli, a volte preposizioni, a volte nulla. Ad esempio:
Darsi alla pazza gioia, darsi battaglia, darsi all’ippica, darsi da fare, darsi delle arie, darsi il cambio, darsi la morte, darsi pena, darsi pensiero, darsi per vinto, darsi una mano, darsi una mossa.
Vediamo di spiegare la frase di oggi è capirete che non è banale inserire o togliere un articolo.
La parola “pace” la conoscete tutti: pace è il contrario di guerra.
“Darsi” invece viene da “dare”.
Il verbo dare, rivolto a sé stessi, diventa darsi. Darsi significa dare a sé stessi. Non sempre però, fate attenzione. Pensate alla frase “darsi la mano“: in questo caso è uno scambio, due persone si danno la mano: io do la mano a te e tu la dai a me.
In questo caso invece è dare a sé stessi la pace. Ognuno da la pace a sé stesso.
Succede la stessa cosa con la frase “darsi le arie“, solo per fare un esempio. Un’altra espressione figurata.
Ma quante cose possono darsi a sé stessi? La pace è una di queste cose, ma ovviamente anche qui il senso è figurato. Non parliamo di una “non guerra” , dell’assenza di una guerra, di una vera guerra.
Se fosse così, se l’obiettivo fosse cambiare e passare da uno stato di guerra ad uno stato di pace, allora diremmo: “darsi la pace”.
Ad esempio, l’obiettivo degli esseri umani, prima di tutto dovrebbe essere quello di darsi la pace. Questo vale soprattutto per gli Stati in guerra, quelli che attualmente vivono uno stato di guerra, senza pace, dove le persone muoiono, si uccidono, vivono un conflitto.
Se invece togliamo l’articolo “la” la frase darsi la pace diventa “darsipace“.
In effetti questa pace di cui parliamo in questa espressione è una pace interiore. Non si tratta di un conflitto combattuto con le armi, con le esplosioni,con i fucili e con i carri armati. Si tratta invece di una condizione interiore, di un conflitto interiore, che avviene dentro di noi, nella nostra mente.
Quando una qualsiasi situazione viene vissuta con un atteggiamento negativo, con uno stato mentale sofferente, uno stato d’animo negativo, preoccupato, ansioso, nervoso, in tutti questi casi possiamo dire che questa persona, quella che vive questa condizione mentale non si dà pace, non si sta dando pace, non riesce a darsi pace.
Di conseguenza dall’esterno, guardando, osservando questa persona si potrebbe dire una frase tipo: perché non ti dai pace? Perché questa persona non si dà pace?
È chiaro che si sta facendo riferimento ad una pace diversa, ad una pace interiore, ad uno stato d’animo sofferente, quindi ad una persona che non è in pace con sé stessa.
Possiamo anche dire così, che non è in pace con sé stessa: questo stato di nervosismo, quest’ansia, questa preoccupazione perenne, duratura, questo essere sempre preoccupati, ansiosi, nervosi ci fa vivere una condizione difficile quindi non siamo in una condizione di pace interiore.
Ebbene in tutte queste occasioni possiamo quindi usare questa espressione “darsi pace“, e senza nessun articolo.
Spesso, questo bisogna dirlo, si usa in frasi con una negazione, a meno che si tratti di un invito a darsi pace!
Ad esempio:
Non riesco a darmi pace. Ho perso le chiavi di casa. Devo ritrovarle assolutamente. Dove le avrò perse?
Oppure:
Come mai non ti dai mai pace? Cos’è che ti preoccupa? Hai degli ospiti a cena e sei preoccupato? Ogni volta non riesci maia dartipace in queste occasioni.
Oppure:
Tuo fratello non riesce a darsi pace, da quando il medico gli ha detto che ha la pressione un po’ alta è diventato molto nervoso e non è mai tranquillo.
Ancora:
Nella mia famiglia non riusciamo a darci pace da quando i ladri sono entrati in casa a rubare. Siamo sempre preoccupati e non dormiamo più bene come prima la notte.
Vediamo con voi:
Voi brasiliani non vi date pace da quando Bolsonaro ha vinto le elezioni. Fatevene una ragione e vedrete che le cose potrebbero non essere così negative.
In Inghilterra i politici sembra non riescano a darsi pace da quando si parla di brexit. Tutti i giornali parlano di uno stato di preoccupazione continuo della classe politica.
Se invece non voglio usare la negazione posso dire ad esempio:
Datti pace un attimo! Sei troppo agitato! Prendi una bella camomilla calda!
Questo è un invito. Senza la negazione si tratta di un invito. Datti: cioè dai a te stesso.
Allo stesso modo potrei rivolgere questo invito ad una terza persona:
tuo padre si dia pace.
Più difficilmente invece troverete questo invito rivolto a voi o loro: datevi pace e si diano pace, ma può comunque capitare.
Si usa quasi sempre con te: datti pace, e con lui o lei: si dia pace.
Con la negazione invece si usa con tutte le persone (prova a ripetere):
Io non mi do pace
Tu non ti dai pace
Lui non si dà pace
Noi non ci diamo pace
Voi non vi date pace
Loro non si danno pace.
Prima ho usato anche l’espressione “farsene una ragione“, che abbiamo già spiegato sulle pagine di italiano semplicemente, ed in effetti le due espressioni possono essere utilizzate nello stesso contesto.
C’è una certa similitudine.
Infatti chi non si dà mai pace, a prescindere dal motivo, farebbe bene a farsene una ragione. Le persone che continuano ad agitarsi, ad essere preoccupate per qualcosa non si danno pace e allo stesso tempo non se ne fanno una ragione, non riescono a farsene una ragione. Non ci riescono perché non si danno mai pace.
In sostanza queste persone non trovano mai la tranquillità.
Le due espressioni si possono usare una al posto dell’altra, perché in entrambi i casi siamo in presenza di una persona che non riesce ad accettare fino in fondo un qualcosa che per lui rappresenta un problema.
Lo stato di ansia e di preoccupazione che ne deriva è eccessivo, e soprattutto non si trovano soluzioni, non si cercano neanche le soluzioni.
Molto simile è anche un’altra espressione: darsi una calmata.
L’spressione darsi una calmata è però più informale (decisamente) e può essere offensiva.
Inoltre si usa esclusivamente quando si è molto nervosi e si perde il controllo, si urla, ci si agita molto. In questi casi puoi dire:
Adesso datti una calmata e siediti; respira e poi ne parliamo con calma.
Invece darsi pace è molto più ampia come frase, si usa in molte occasioni diverse e non è offensivo. Darsi pace poi è un processo più lungo: ci vuole più tempo per darsi pace.
Anche se viene a mancare una persona cara (cioè se muore una persona cara) può capitare che qualcuno non riesca a darsi pace per questo e non si rassegni per questa perdita.
Attenzione poi anche alla similitudine con un’altra espressione italiana che abbiamo già spiegato sulle pagine di italianosemplicemente.
L’espressione in questione è “prendere atto“, e vi invito a leggere ed ascoltare anche questa spiegazione per capire le differenze.
Ad ogni modo, molto brevemente, prendere atto significa considerare, tenere in considerazione, tener conto.
È un’espressione più formale, decisamente, che si può utilizzare anche per iscritto, anche nella forma scritta, mentre invece darsi pace è informale e difficilmente la utilizzate al lavoro o nella forma scritta.
Prendere atto ad ogni modo è una bella espressione, molto utile al lavoro e vi consiglio di dare un’occhiata anche a questa espressione.
Spero sia abbastanza chiaro.
Se quindi non riuscite a imparare l’italiano e vi state preoccupando per questo adesso che avete trovato italiano semplicemente potete darvi finalmente pace.
Un saluto da Giovanni, e vi ricordo che siete tutti invitati nell’associazione Italiano Semplicemente, ufficialmente registrata in Italia. Se volete perfezionare il vostro italiano basta fare richiesta attraverso una semplice mail dal sito italianosemplicemente.com.
Giovanni: Buongiorno amici di italiano semplicemente, chi vi parla e Giovanni il creatore del sito italianosemplicemente.Com.
Oggi però voglio lasciare la parola a Bogusia, un membro dell’associazione italiano semplicemente che ha deciso di farmi e di farvi (anche a voi) un regalo.
Bogusia vi racconterà una storia la storia della bocca della verità e la ringrazio per questo ma Bogusia farà anche un omaggio a me e alla associazione anche mettendo alla prova le sue ottime capacità di utilizzare molte espressioni che abbiamo spiegato all’interno del sito.
Molte espressioni idiomatiche, ma Bogusia, essendo membro dell’associazione ha utilizzato anche molti verbi professionali, i verbi che nascono per essere utilizzati prevalentemente in ambienti lavorativi ma che possono essere usati anche in altri contesti; questa ne è una dimostrazione.
Vedrete come Bogusia oltre quindi ad un certo numero di espressioni idiomatiche italiane utilizza verbi come addossare, spacciare spacciarsi, promuovere, valutare suffragare, avvalersi e fruire (e non solo) ad esempio, molti verbi professionali che abbiamo spiegato all’interno del corso di italiano professionale ma lascio la parola a Bogusia.
Ciao Bogusia, grazie per tutto questo. lLascio a te la parola dunque.
Bogusia: Buongiorno, cari ascoltatori di radio italiano semplicemente.
Per coloro che non mi conoscono mi chiamo Bogusia e sono polacca.
Un Caloroso benvenuto a tutti voi che mi ascoltate.
Io sono un membro dell’associazione italiano semplicemente e – spero che mi crediate – ne sono assai fiera.
Le feste natalizie sono arrivate, sono le feste più belle dell’anno, almeno secondo me, e con queste festività anche tutti gli auguri.
Prendol’occasione al voloper fare i miei auguri a tutti coloro che mi stanno ascoltando.
Pensavo anche che con questo intervento potessi fare gli auguri e il ringraziamento al nostro professore e fondatore dell’associazione Giovanni, l’uomo di Roma che ci si mette con tanto impegno per aiutare agli stranieri nell’apprendimento dell’italiano: non solo è sempre disponibile con tutti coloro che abbiano delle domande o dei dubbi, ma registra per noia iosa interessantissimi episodi con cui l’apprendimento va a gonfie vele.
Non so come faccia Gianni ma vi giuro che le sue idee sono inesauribili.
Forse alza troppo il tiro di tanto in tanto (nel senso che a volte pretende troppo da noi) ma riesce sempre farlo in modo divertente e riesce rende sempre a rendere bene l’idea con le sue spiegazioni.
Macché, mi potreste dire voi, ci sono tantissimi siti nella rete, ci sono tantissimi libri per imparare la grammatica, non ci serve il metodo l’italiano semplicemente.
La mia risposta, qualora fosse richiesta, sarebbe la seguente: è vero, anche io seguo altri siti e ascolto altre persone, ma purtroppo la maggior parte del materiale che offre la rete è realizzato in modo approssimativo.
Il problema è che spesso questi materiali lasciano a desiderarein quanto lo scopo è quasi esclusivamente quello di promuovere i loro prodotti a pagamento oppure parlano sempre degli stessi argomenti. È già grasso che cola se spiegano qualche espressione in modo breve.
Nell’associazione Italiano Semplicemente si parla di tutto, ce n’è per ognuno di noi, per tutti i gusti ed interessi.
Per noi tutto fa brodo appunto, ma ci deve essere amore altrimenti il brodo viene senza sapore.
Non vorrei dilungarmi troppo, spero che prendiate la palla al balzoe raccogliate il mio invito, incuriositi da queste mie parole.
Abbiamo anche un gruppo whatsapp che è sempre molto attivo, e tutti ci aiutiamo a vicenda.
Se, come spero, decidete di aderire all’associazione, vi assicuro che ne vale la pena.
Del resto, penso che questo sia il modo più opportuno di ringraziarmi Gianni.
Vorrei adesso continuare dando uno spunto per un nuovo episodio: forse potrebbe trattarsi di una nuova serie, cioè “Le meraviglie di Roma” , che è la sua città.
Vagliando le diverse possibilità, per una serie di questo tipo sveglierei la “bocca della verità”.
Mi piacerebbe poter provare se la leggenda dice la verità in merito.
Magari si tratta solo di fandonie, oppure no.
Mi piacerebbe scoprirlo.
Guai a me? No, ne sono sicura!
Adesso prendo il toro per le corna e racconto la leggenda che ha a che fare con questo posto conosciutissimo.
Si dice che se un bugiardo mette la mano all’interno della bocca, la bocca gliela taglierà.
Molto tempo fa a tutti coloro che raccontavano troppe menzogne, un boia mascherato e posizionato apposta dietro la scultura tagliava la mano con una arma tagliente.
Poveri loro!
La tradizione vuole che la capacità della Bocca della verità di smascherare i bugiardi una volta non abbia funzionato e questo fu grazie all’astuzia di una donna.
Ecco la storia: Si racconta che c’era una ragazza sposata che aveva anche un amante, col quale tradiva il proprio marito; tutti lo sapevano ma non riuscivano a suffragarlo con delle prove.
Alla fine il marito decise di valutare la sincerità della moglie attraverso la famosa scultura.
La donna sembra spacciata, ma mentre la ragazza si recava verso il mascherone, l’amante, già d’accordo con lei, travestito per non farsi riconoscere , si era spacciato per un pazzo, la baciò all’improvviso!
Essendo all’apparenza il gesto di un matto, fu subito perdonato e poté andarsene.
Ma perché fecero questo?
Perché hanno fatto questa messa in scena ?
É proprio qui l’astuzia della donna!
Quel bacio in strada permise alla donna di dire, senza mentire, che nessun uomo l’aveva mai baciata, tranne il marito e quel pazzo di poco prima… ovvero il suo amante.
La donna aveva detto la verità!
Certo che con la verità aveva mascherato la sua bugia, il suo tradimento, ma era stata sincera, per cuila mano non le venne tagliata e la bocca della verità rimase così, per la prima volta nella storia, beffata.
Ecco la fine della leggenda.
Adesso tocca a voi: potete anche voi usufruire potere della Bocca della Verità se pensiate che io racconti delle bugie riguardo ai vantaggi di far parte dell’Associazione Italiano Semplicemente: portate me a Roma di fronte alla Bocca della Verità e verifichiamo insieme.
A proposito di Italiano Semplicemente: vorrei dare la benvenuta a Leily dal Brasile, che è appena diventata un membro dell’associazione.
Non che vi dobbiate sentire addossata qualche colpa per non aver fatto come Leily!
Vi consiglio però di avvalervi anche voi della possibilità di imparare con Italiano Semplicemente.
Non declinate il mio invito se state cercando di migliorare il vostro italiano.
Ancora una volta grazie mille a tutti per avermi concesso del vostro tempo.
Vorrei augurarvi un felicissimo anno nuovo 2019.
Fruite nel miglior modo possibile del tempo che verrà e mettete nella lista dei buoni propositi l’approfondimento dell’italiano.
Un abbraccio e a presto.
Giovanni: Grazie mille, davvero una bella storia quella che ha raccontato Bogusia alla fine, che ringrazio tanto anche per i complimenti a me e alla associazione.
La storia quindi della bocca della verità che, sapete, non conoscevo neanch’io fino in fondo.
Non conoscevo questa questa leggenda e mi ha molto incuriosito e credo che darò un’occhiata adesso su internet per saperne un po’ di più.
Sì, grazie Bogusia poi anche perché ha salutato e ha dato il benvenuto anche a Leily, brasiliana, nuovo membro dell’associazione: è l’undicesima brasiliana ma mentre Bogusia stava registrando questo episodio nel frattempo si è scritto anche Jean Marie, dalla Francia.
Benvenuto Dunque anche a Jean Marie all’interno dell’associazione: Il primo francese, quindi un motivo in più per festeggiare.
E grazie ancora per l’ascolto e a Bogusia ancora una volta per questo bel ringraziamento e questo che sto bell’episodio che ci ha regalato.
Un’ultima cosa: Ovviamente sì, accetto l’idea delle meraviglie di Roma che hai appena inaugurato tu con questo episodio.
La rubrica denominata “Le meraviglie di Roma”: seguiranno quindi altri episodi; in futuro parleremo di tutte queste cose belle che ci sono a Roma: tutte le opere d’arte, attrazioni turistiche varie, anche poco conosciute, e… ne vedremo delle belle!
E’ possibile ascoltare e/o scaricare il file audio in formato MP3 tramitel’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.
Trascrizione
Buongiorno amici di italiano semplicemente e benvenuti in questo nuovo episodio dedicato alle espressioni italiane.
Io sono Giovanni e oggi parliamo di una nuova espressione idiomatica italiana.
Di tratta di una espressione utilizzata un po’ da tutti gli italiani, tutti i giorni e in più di un contesto diverso. Fondamentalmente viene usata sia in famiglia che al lavoro quindi ma sempre in modo abbastanza informale.
Potreste trovarla anche su articoli di giornale comunque. L’espressione è la seguente: darsi la zappa sui piedi.
Allora spieghiamo brevemente questa espressione e poi facciamo un piccolo esercizio di ripetizione.
Darsi è il verbo dare, dare nel senso riflessivo quindi darsi vuol dire dare a se stessi.
Ok ma darsi cosa? Darsi la zappa. La zappa è uno strumento utilizzato in agricoltura, un attrezzo agricolo che serve per muovere il terreno, quindi la zappa è uno strumento che viene usano dai contadini anche oggi.
In passato era molto più utilizzata rispetto ad oggi perché la tecnologia ormai ha portato all’utilizzo di strumenti più sofisticati della Zappa per muovere il terreno.
Si tratta di uno strumento provvisto di un manico, lungo circa un metro, un metro e venti centimetri e all’estremità di questo manico c’è un pezzo di ferro, di metallo, un pezzo di metallo dalla punta piatta che serve a essere infilata nel terreno. Quindi la zappa serve per essere infilata nel terreno e per muovere il terreno, per muovere la terra.
In questo modo il contadino può seminare la terra, rimuovere erbacce, può quindi curare il proprio giardino o il proprio orto, può decidere di piantare degli ortaggi, di togliere le erbacce spontanee eccetera.
Quindi ogni qualvolta un contadino ha bisogno di movimentare il terreno può usare una zappa: attenzione alla pronuncia della lettera Z della parola Zappa.
È una z sorda (si dice così in italiano). La Z sorda è quella di Zappa e anche quella di zoppo o di informazione e non è quindi una z “sonora” come quella della lettera z per esempio.
Questi sono tutti argomenti che solitamente trattiamo sul gruppo dell’associazione italianosemplicemente. In particolare sul gruppo WhatsApp ogni giovedì ci occupiamo di pronuncia.
Comunque andiamo avanti con la spiegazione di questa espressione: darsi la zappa sui piedi quindi vuol dire, in senso proprio, prendere la zappa con le mani, afferrarla e darsela sui piedi, cioè colpire i propri piedi al posto della terra.
Darsela: la parte finale “la” si riferisce alla zappa quindi darsi la zappa sui piedi vuol dire prendere la zappa e colpire i propri piedi: cosa che evidentemente provoca del dolore: ma questa è un’espressione figurata.
Cosa significa questa espressione?in senso figurato questa espressione sta ad indicare che ciascuno di noi può compiere un’azione che può trasformarsi in un’azione controproducente.
Posso usarla in più di un contesto diverso, sia in famiglia che al lavoro ma sempre in modo informale.
Può capitare di farsi del male con una propria azione, anche involontariamente, senza volerlo, e specialmente se si è stanchi o nervosi.
Anche su articoli di giornale si usa questa frase perché rende molto bene l’idea di farsi del male da soli.
Ok quindi ricapitoliamo: darsi la zappa sui piedi significa compiere un’azione che si rivela controproducente per noi stessi e l’espressione ha origini contadine.
Capita molto spesso di usare questo tipo di espressione poiché molto spesso i risultati negativi sono causati, sono provocati proprio da una nostra azione.
In questi casi posso dire tranquillamente che ci siamo dati la zappa sui piedi. Nel tentativo di produrre qualcosa di positivo il risultato è stato invece controproducente.
Si usa il verbo dare nel senso di colpire.
Solitamente dare si usa quando ci sono due persone (io do una cosa a te) ma in alcuni casi, in senso riflessivo, posso usarla anche rivolto a me stesso.
In questo caso “dare sui piedi” significa colpire i piedi.
Proviamo a fare qualche esempio. In ambito politico posso dire ad esempio che dopo le elezioni amministrative in Brasile la vittoria di Bolsonaro potrebbe portare dei risultati positivi per l’economia brasiliana e per il popolo brasiliano, ma potrebbe anche portare dei risultati negativi per lo stesso popolo e per la stessa economia.
Allora i brasiliani che lo hanno votato, coloro che lo hanno portato alla vittoria, coloro che hanno espresso il loro voto a favore di Bolsonaro potrebbero dire, a ragion veduta, che si sono dati la zappa sui piedi oppure anche che si sono dati la zappa sui piedi da soli.
Coniugando posso dire:
Io mi sono dato la zappa sui piedi.
Tu ti sei dato la zappa sui piedi.
Lui o lei si è dato o si è data la zappa sui piedi.
Noi ci siamo dati la zappa sui piedi.
Voi vi siete dati la zappa sui piedi.
Loro si sono dati la zappa sui piedi.
Ovviamente questo possiamo dirlo soltanto se Bolsonaro non darà i risultati sperati.
Credo che tutto sia abbastanza chiaro, d’altronde l’immagine della Zappa sui piedi è abbastanza eloquente.
Facciamo un piccolo esercizio di ripetizione. Facciamo in modo anche di far lavorare un po’ il cervello ok?
Rispondete alle domande rispettando il tempo e la persona indicate nella domanda.
Attenzione alla persona e al tempo della domanda.
Non abbiano mai fatto questo esercizio finora ma credo possa funzionare per memorizzare.
Se io ad esempio dico: Cosa fai?
La risposta è: ti dai la zappa sui piedi.
Cosa farà?
Si darà la zappa sui piedi.
Cosa ho fatto?
Mi sono dato la zappa sui piedi.
Cosa potremmo fare?
Potremmo darci la zappa sui piedi.
Cosa dovreste evitare?
Dovreste evitare di darvi la zappa sui piedi.
Cosa hanno deciso?
Hanno deciso di darsi la zappa sui piedi.
Abbiamo terminato anche oggi, spero che l’episodio vi sia piaciuto. Ringrazio tutti e invito a chi è interessato di dare un’occhiata al programma settimanale di italiano semplicemente, cioè agli argomenti di cui parliamo nel gruppo WhatsApp ogni giorno.
Per chiunque fosse interessato a partecipare può chiedere l’adesione all’associazione. In questo modo il vostro italiano migliorerà di giorno in giorno, mentre se volete continuare a studiare da soli è una vostra scelta, lo potete fare ma potrete dire di esservi dati la zappa sui piedi.
Grazie ai donatori e ci rivediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.
È possibile ascoltare il file audio in formato mp3 tramite l’audiolibro in vendita su Amazon (kindle o cartaceo)
Trascrizione
Eccoci di nuovo qui, sulle pagine di italiano semplicemente, ed io sono Giovanni, la voce principale del sito senonché presidente dell’associazione italiano semplicemente. Senonché vuol dire “anche”. Posso anche dire nonché.
Per chi non lo sapesse, perché per la prima volta ascolta gli episodi di Italianosemplicemente.com in questo sito si impara a comunicare in italiano ed io cerco di aiutare voi stranieri attraverso la spiegazione di frasi come quella di oggi, espressioni che fanno parte del linguaggio comune ed anche a volte del linguaggio formale e professionale.
Per quest’ultima categoria di linguaggio, più difficile, cioè quello professionale e del lacoro, è sicuramente più difficile trovare del materiale su internet. Anche e soprattutto è difficile trovare spiegazioni audio che siano adatte agli stranieri.
L’espressione che vi spiego oggi è in effetti molto utilizzata a livello formale e nelle comunicazioni commerciali e istituzionali. L’espressione è “a fronte di“.
In questa locuzione ci sono due preposizioni semplici: a e di, e la parola “fronte” che probabilmente conoscete già.
La fronte è infatti una parte del vostro corpo (e del mio anche) anzi è una parte del vostro viso che si trova sopra i vostri occhi: diciamo tra i vostri occhi e l’inizio dei capelli. Quello spazio è la fronte. Tecnicamente la fronte è la regione anatomica compresa fra le sopracciglia e la radice dei capelli.
La parola fronte però non è solamente una parte, una regione anatomica, cioè una parte del vostro corpo.
È una parola che si usa anche in molte espressioni italiane e non solo. Ad esempio “essere impegnato su due fronti” , o anche “agire su due fronti” (fronti è il plurale di fronte), “essere sfrontato” .
Esiste anche il verbo fronteggiare, che è un sinonimo di affrontare, che contiene a sua volta la parola fronte all’interno.
La parola fronte poi ha sia il maschile che il femminile: il fronte infatti si usa nel linguaggio bellico (il linguaggio della guerra), per indicare la prima linea: stare al fronte, in guerra, significa essere esposto al fuoco nemico, essere di fronte al nemico. Vedete come l’immagine della fronte, che sta proprio davanti al nostro corpo, viene utilizzata per indicare la parte anteriore, che sta davanti, in molte occasioni diverse, come la guerra appunto. D’altronde anche “stare di fronte” a qualcuno significa avere questo qualcuno davanti a sé. Se ho una persona davanti a me posso dire che sta di fronte a me, e che io ce l’ho di fronte.
Allo stesso modo posso dire che di fronte a casa mia c’è un parco.
“Il fronte” però, al maschile, si usa molto anche nel linguaggio di tutti i giorni:
– il fronte dell’edificio, ad esempio, per indicare la parte davanti di un edificio. In questo caso si dice anche il frontale, la facciata dell’edificio o la parte anteriore, quella cioè rivolta a chi ci guarda, proprio come la nostra fronte.
– al fronte opposto. Questa frase si usa quando vogliamo indicare la parte opposta di qualcosa, che sta di fronte, alla parte opposta, ma opposta anche nel senso di contraria. Posso parlare di qualcosa di fisico (la parte opposta di una strada ad esempio) oppure quando ci sono due situazioni che sono opposte, che si contrappongono, che sono una il contrario dell’altra. Posso dire che i pacifisti vogliono la pace ma al fronte opposto (o sul fronte opposto) ci sono i fondamentalisti che vogliono la guerra. La pace è l’opposto della guerra, è il contrario. La pace ci contrappone alla guerra. Da una parte sta la pace e dalla parte opposta, sul fronte opposto, o al fronte opposto, sta la guerra.
Esiste, anche il:
– cambiamento di fronte. Espressione che si usa molto nel calcio ma non solo. Nel calcio Indica un cambiamento della zona del campo in cui si sta giocando. Posso anche però usare questa frase quando avviene un cambiamento dell’interesse da parte di qualcuno. Io ad esempio posso mangiare la carne e poi può avvenire un cambiamento di fronte e ad un certo punto divento vegetariano.
La parola fronte può essere quindi usata sia per indicare qualcosa davanti a noi, o anche indicare una direzione o qualcosa a cui è interessata la nostra attenzione. Ad esempio posso dire:
– sul fronte della moda/politica ecc. In questo caso uso “il fronte” per cambiare l’oggetto del discorso: è come dire: “Ora invece inizierò a parlare di moda. Ad esempio:
Ci sono interessanti notizie economiche sull’Italia oggi, mentre sul fronte della moda è uscita la nuova collezione autunno inverno di Dolce & Gabbana.
Sul fronte della politica invece nulla di nuovo.
Non voglio però elencare tutti i diversi modi per usare il fronte o la fronte. Quello che intendo farvi capire è che bisogna stare attenti a come si usa perché dipende molto dalla preposizione che si usa.
Nella frase di oggi in particolare ce ne sono due di preposizioni:
A fronte di. In questo caso, fate attenzione, la parola fronte si usa per indicare uno scambio.
Gli scambi, sapete bene che sono l’anima del commercio: il commercio è fatto di scambi:
– Io do un prodotto a te e tu dai dei soldi a me.
– Tu lavori per me e io do dei soldi a te.
– voi vi iscrivete ad una associazione e voi in cambio ricevete dei benefici.
Questi sono esempi di scambi. Dove c’è uno scambio c’è sempre una contropartita, un corrispettivo, una forma di compensazione.
Anche in questo ambito posso usare la parola fronte e posso dire ad esempio, se voglio usare gli esempi che ho appena fatto che:
– Io do un prodotto a te a fronte del tuo pagamento verso di me.
– Tu lavori per me ed io, a fronte del tuo lavoro, do dei soldi a te.
– voi vi iscrivete ad una associazione e voi, a fronte di questa iscrizione, ricevete dei benefici.
Vedete che in tutti questi casi c’è uno scambio. Per questo motivo usiamo “a fronte”, ed aggiungiamo “di qualcosa” per indicare una delle cose che è stata scambiata. Provate a ripetere dopo di me qualche frase:
Ti pago a fronte del tuo lavoro
A fronte del tuo forte interesse vorrei assumerti
Ti consegno la merce solo a fronte del pagamento immediato.
I nostri servizi avvengono sempre a fronte della massima disponibilità del cliente.
Allora per farvi capire bene voglio cercare di sostituire la frase “a fronte di” con qualche altra parola o verbo, in modo che non cambi il significato e la modalità formale della frase.
Ti pago a fronte del tuo lavoro
Il mio pagamento rappresenta il corrispettivo della tua attività lavorativa.
A fronte del tuo forte interesse vorrei assumerti
Hai mostrato un forte interesse e di conseguenza, di fronte a questo, ho deciso di assumerti.
Ti consegno la merce solo a fronte del pagamento immediato.
Solamente se il pagamento avverrà contestualmente, cioè nello stesso momento, o in corrispondenza, ti verrà consegnata la merce: io ti consegno la merce, il prodotto, e contestualmente, a fronte di questa consegna dovrà avvenire il pagamento, il pagamento cirrispondente alla consegna della merce.
Vetere che è più facile usare “a fronte di” in questi casi in cui c’è uno scambio. È più facile perché basta indicare le due cose che sono oggetto di scambio:
La merce a fronte del pagamento, il servizio a fronte della disponibilità, l’assunzione a fronte dell’interesse.
È un modo che vi consiglio di usare anche nelle comunicazioni scritte, perché rende il linguaggio più pulito, libero da interpretazioni personali e quindi meno rischioso anche.
Attenzione adesso. Vi dicevo dell’importanza delle preposizioni ricordate? Eccovi un esempio.
“A fronte di” non deve essere confuso con “di fronte a“.
In questo caso le preposizioni a e di sono invertire ed il significato è diverso.
“Di fronte a” non si usa negli scambi, ma si usa per indicare tre cose diverse:
Il modo più semplice è essere davanti a qualcosa, anche di non tangibile, ad esempio “urlare di fronte a tutti” cioè davanti a tutti: tutti possono sentire e vedere.
Oppure
Mi trovo di fronte a mille difficoltà (mi trovo davanti in senso figurato)
Ma voglio in particolare parlarvi di altri due modi di usare “di fronte a”.
Nel primo modo si indica una reazione volontaria o anche qualcosa di inevitabile: succede qualcosa e come reazione ne accade un’altra.
Siamo nell’ambito delle conseguenze quindi. Abbiamo più volte parlato di conseguenze sulle pagine di italiano semplicemente e delle espressioni che si usano a riguardo. In questo caso si parla di conseguenze che avvengono perché c’è la volontà di qualcuno che reagisce a qualcosa che avviene oppure quando non c’è niente da fare. Ad esempio.
Di fronte a tutte queste difficolta mi arrendo (reazione volontaria)
Di fronte agli uragani non c’è nulla da fare (conseguenza inevitabile)
Di fronte a tutte quelle accuse ho dovuto difendermi (reazione volontaria).
Ma come fare a capire meglio la differenza tra “a fronte di” e “di fronte a”?
Cerco di aiutarvi in questo: vedete che in questi ultimi casi non c’è un vero scambio. Quello che si vuole sottolineare in questi ultimi esempi è che è successo qualcosa che occorre fronteggiare, affrontare, voglio quindi dire che mi sono trovato di fronte, davanti, una realtà che mi costringe alla reazione: devo reagire, oppure non c’è nulla da fare ed è inutile reagire.
In questi casi c’è un’azione principale e una secondaria che è la reazione.
Invece, attenzione, “a fronte di” che abbiamo visto prima serve a confrontare due cose che hanno lo stesso valore, sono una il corrispettivo dell’altra, ecco perché vi dicevo che l’espressione è più pulita e per questo molto adatta al mondo del lavoro ed al commercio.
Spero di avervi aiutato, quindi terminiamo l’episodio con un saluto. Colgo l’occasione per usare la frase di oggi dicendo che ringrazio tutti e in particolare i sostenitori, che a fronte di questo sforzo da parte mia aiutano italiano semplicemente con una donazione personale.
È possibile ascoltare il file audio in formato mp3 tramite l’audiolibro in vendita su Amazon (Kindle o cartaceo)
Trascrizione
Buongiorno amici di Italianosemplicemente.com e benvenuti in questo nuova puntata dedicata alle espressioni idiomatiche italiane. Io sono Giovanni, il presidente dell’associazione italiano semplicemente ed oggi vi vorrei parlare di un’espressione divertente che si usa a livello informale, tra amici e conoscenti. L’espressione è “rigirare la frittata“.
Un’espressione divertente che ha a che fare con la cucina, uno degli argomenti più strettamente legati all’immagine dell’Italia nel mondo. La cucina è in effetti una delle cose che caratterizza l’Italia e la sua cultura, un argomento del quale parliamo spesso all’interno del gruppo whatsapp dell’associazione italiano Semplicemente. In particolare di questi aspetti legati alla cultura italiana ne parliamo il venerdì. Infatti il programma della settimana è così strutturato:
Il lunedì si parla di una o più espressioni idiomatiche italiane,
Il martedì ci occupiamo delle notizie, ascoltando un notiziario del giorno e provando a scrivere e spiegare il significato delle parole più difficili.
il mercoledì è dedicato ad una lezione di Italiano Professionale, cioè per l’italiano più formale, usato nel mondo del lavoro;
Il giovedì è dedicato alla pronuncia.
Il venerdì, appunto, ci occupiamo di un aspetto legato alla cultura ed al territorio italiano;
il Sabato è per la letteratura e la poesia.
La domenica sport e tempo libero.
Se chiunque volesse partecipare alle discussioni non ha che da spedire la sua richiesta dal sito. Vi inserisco un link nell’articolo che vi permetterà di aderire all’associazione culturale. Si versa la quota di iscrizione e si fa ufficialmente parte della famiglia di Italiano Semplicemente.
Torniamo all’espressione di oggi quindi: “rigirare la frittata“.
Sapete cosa sia la frittata?
La frittata si fa con le uova, è una pietanza, un piatto a base di uova “sbattute“, cotte in padella con olio o burro bollente, talvolta con l’aggiunta di formaggio, verdure lesse e tritate o pezzetti di carne.
La frittata è molto diffusa in Italia, è un piatto povero, alla portata di tutti perché basta avere delle uova per fare una bella frittata. Si chiama così perché le uova si friggono e le cose che si friggono nell’olio o nel buro si dicono cose “fritte” (è il participio passato di friggere).
Ho parlato di uova “sbattute”: per sbattere le uova si usa solitamente una forchetta. Si mettono le uova: sia il tuorlo che l’albume (cioè sia la parte rossa che la parte bianca) in un contenitore e poi si prende una forchetta e si inizia ad agitare nel piatto, mescolando la parte rossa (il tuorlo) con la parte dell’albume (la parte bianca) e così si ottengono le uova sbattute che poi si versano nella padella quando l’olio o il burro sono caldi.
Ebbene friggere e la frittata sono termini abbastanza comuni nella lingua italiana non solo in ambito culinario (cioè in cucina) ma anche perché si tratta di termini usati in senso figurato.
In particolare l’espressione di oggi: “rigirare la frittata” fa riferimento ad una azione che si fa con la frittata: rigirare significa che la frittata dobbiamo capovolgerla affinché si cuocia da entrambi i lati. Allora quando la frittata è ben cotta da uno dei due lati, si prende allora un piatto e si rovescia la frittata nel piatto, poi si rimette la frittata in padella ma dall’altro lato, in modo che posso cuocersi anche dall’altra parte. Infatti la frittata si cuoce maggiormente dalla parte che sta a contatto con la padella, che a sua volta sta a contatto diretto col fuoco.
Ebbene questa azione, questa operazione che si fa si chiama capovolgere, girare o rigirare la frittata. In particolare il verbo “rigirare” è un verbo che ha molti utilizzi, ed è anche simile ad un altro verbo: “raggirare” che significa imbrogliare, cercare di trarre in inganno, di ingannare qualcuno. Quando si usa questa espressione: “rigirare la frittata” in senso figurato si vuole far riferimento alla volontà da parte di una persona, di far vedere un aspetto che è esattamente il contrario di quello reale, quello vero, proprio con la volontà di ingannare, con una abilità personale, il suo prossimo. Rigirare la frittata quindi significa far apparire una cosa secondo la propria convenienza e non per rappresentare la realtà.
Una persona che secondo noi è capace a rigirare la frittata è quindi una persona della quale ci si debba fidare poco, è una specie di manipolatore, di imbroglione.
Posso fare alcuni esempi per farvi capire:
Ammettiamo che una persona di nome Giuseppe sia accusata di aver picchiato un ragazzo. Giuseppe è stato visto da molte persone mentre picchiava questo ragazzo. Lui, Giuseppe, accusato, si è difeso dicendo che il ragazzo lo ha aggredito, e lui ha dovuto difendersi e per questo motivo l’ha picchiato.
A questo punto i testimoni, coloro che hanno assistito all’evento, dicono che Giuseppe ha rigirato la frittata, che invece sia stato proprio Giuseppe ad aggredire il povero ragazzo.
Ecco vedete che se Giuseppe rigira la frittata sta ad indicare che racconta una verità diversa dalla realtà e lo fa per avere dei vantaggi. Giuseppe rigira la frittata, cioè vuole che si veda un aspetto diverso da quello apparente: lui si è solo difeso, quindi Giuseppe afferma di essere la vittima e non l’aggressore. Ma i testimoni lo sconfessano, perché hanno visto cosa è realmente accaduto. Sconfessare qualcuno significa dimostrare che ciò che dice questa persona non è vero. Giuseppe quindi ha rigirato la frittata.
Vediamo un secondo esempio. Un politico contrario all’immigrazione afferma che gli immigrati irregolari non vadano fatti entrare in Italia perché loro non vogliono il bene dell’Italia e degli italiani e persone di questo tipo è meglio che restino nel loro paese.
Qualcuno potrebbe dire a questo personaggio politico che lui sta rigirando la frittata, perché sono gli italiani come lui che non amano gli stranieri irregolari e non vogliono il loro bene.
Questo cercare di mostrare un aspetto diverso e spesso completamente opposto rispetto alla realtà, o rispetto ad altre opinioni, si chiama appunto cercare di rigirare la frittata. Gli esempi che vi ho fatto mostrano chiaramente che le persone che sono tacciate di rigirare la frittata (tacciate vuol dire accusate) stanno cercando di raggirare qualcuno, per fargli credere che le cose siano diverse da come qualcun altro afferma o rispetto alla realtà evidente.
La frittata quindi simbolicamente rappresenta la realtà, e chi cerca di rigirare la frittata cerca di mostrare un lato della frittata, quindi un lato della realtà, quel lato che è opposto a quello che si vede.
È ovviamente informale come espressione. Se volessi esprimere lo stesso concetto in termini formali non dovrei usare immagini di questo tipo, derivanti dalla vita quotidiana.
Anziché dire allora “non rigirare la frittata” potrei dire ad esempio: “la prego di non cercare di manomettere la realtà”, “la invito (ancora più formale) a non distorcere la realtà del fatti”. Si tratterebbe comunque di una accusa diretta, rivolta in prima persona alla persona alla quale si parla, ma sarebbe più seria: la distorsione della realtà indica sempre un tentativo di modificare i fatti attraverso una diversa rappresentazione, ma come avviene solitamente nel linguaggio popolare e informale l’immagine visiva legata alla frase idiomatica rende sicuramente l’idea. In questo caso la frittata che viene rigirata indica meglio di ogni altra cosa il tentativo di raggirare, di imbrigliare.
Adesso facciano un esercizio di ripetizione. Un esercizio particolare oggi: provate a rispondere alle accuse che vi farò negando l’accusa.
Se ad esempio vi dicessi:
Che fai, rigiri la frittata?
Voi ad esempio potreste rispondere:
assolutamente no, questa è la pura e sacrosanta verità! Non sto cercando di rigirare la frittata!
Oppure semplicemente:
“non sto rigirando la frittata, è la verità!”
Adesso tocca a voi:
Perché rigiri la frittata in questo modo?
Esempio di risposta: perché mi chiedi questo? Non sto affatto rigirando la frittata!
Un’altra domanda:
Secondo me stai rigirando la frittata come al solito. No?
Esempio di risposta:
assolutamente no, non ho rigirato proprio nulla! Ho detto la verità!
Bene ragazzi grazie mille per l’ascolto, e grazie a chi sostiene italiano semplicemente con una donazione personale.
A proposito di donazione sto preparando un episodio dedicato alla Germania 🇩🇪, che è il paese dal quale provengono più donazioni finora.
Ed allora aspettiamo questo nuovo episodio. Non vi dirò l’argomento per non rovinarvi la sorpresa.
Se riesco farò anche un video sul canale YouTube di italiano semplicemente. Ebbene sì, italiano semplicemente ha anche un canale YouTube e leggendo anche i sottotitoli potrete leggere ed ascoltare nello stesso tempo, che è uno degli esercizi più utili per imparare la lingua italiana.
E’ possibile ascoltare e/o scaricare il file audio in formato MP3 tramitel’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon.
Trascrizione
Buongiorno amici di Italiano Semplicemente, oggi ci occupiamo di una parola interessante. La parola di cui sto parlando è TIRO.
In particolare vediamo anche un’espressione idiomatica molto usata: capitare a tiro.
Tiro: quattro semplici lettere che però possono essere usate in molti contesti diversi. Cominciamo proprio da questa parola.
Questa parola è molto particolare, perché a seconda della frase in cui è inserita o del contesto in cui è utilizzata ha dei significati completamente diversi tra loro.
Cominciamo dal mondo del calcio. Il tiro, nel calcio, è quando un calciatore calcia la palla, quando colpisce il pallone.
Ma non si tratta di un calcio qualsiasi alla palla, non si tratta di colpire la palla semplicemente, ma di colpire la palla con l’intenzione di fare gol. L’obiettivo del tiro è quello di fare gol, quello di mettere la palla nella porta avversaria. Il termine tiro quindi nel calcio è un sostantivo. Un tiro avviene quando un calciatore tira. Quindi tiro è un sostantivo, mentre tira indica l’azione del tirare da parte del calciatore.
Tirare è il verbo. Tirare significa quindi calciare la palla verso la porta avversaria. Questo è il senso di tirare nel calcio. Tirare è molto simile a calciare. Ma calciare è semplicemente colpire la palla, mentre tirare è calciare con l’intenzione di fare gol.
Siamo quindi al verbo tirare. Se usciamo dal calcio e parliamo in generale ci accorgiamo però che tirare ha un significato duplice, cioè un doppio significato.
Da una parte significa allontanare da sé qualcosa, imprimendogli una forza, quindi significa gettare, lanciare. Qualcosa come un pallone, quando si tira, si allontana da noi, e va verso un un compagno, oppure si tira in rete, verso la porta avversaria; analogamente si può tirare un sasso, una scarpa, i capelli e tante altre cose.
Dall’altra, tirare significa anche l’esatto contrario, cioè far muovere qualcosa o qualcuno verso di sé esercitando una forza. Ad esempio tirare un cassetto dell’armadio. La mattina quando vado a cercare dei calzini da indossare vado verso l’armadio ed apro il cassetto dei calzini. Per aprirlo devo tirarlo verso di me.
Analogamente posso tirare il freno a mano della mia macchina quando parcheggio. Posso tirare una persona per la giacca, posso tirare il gatto per la coda (i bambini lo fanno spesso) eccetera. Questo è il doppio significato di tirare dunque: verso di sé oppure verso qualcun altro.
Tirare in realtà è un verbo usato in molte espressioni tipiche italiane. Abbiamo già visto la frase “tirare a campare” qualche tempo fa, ma questo è uno dei tanti esempi: esiste anche tirarsela ed altre espressioni.
La parola tiro poi ha altri significati. Un secondo significato è relativo alle sigarette.
Un tiro in questo caso è l’atto dell’aspirare aria dalla sigaretta. Si tira l’aria verso di sé, quindi si fa “un tiro”, questo però fa parte del linguaggio parlato più che altro, perlopiù giovanile.
Mi fai fare un tiro?
Questa è una frase che si sente spesso tra giovani che stanno fumando una sigaretta in compagnia.
Veniamo al terzo significato di “tiro”.
Un tiro rappresenta un atto simile al calcio di un pallone. Quello che viene lanciato stavolta è però un’altra cosa: un proiettile ad esempio, oppure una freccia. Il proiettile è la munizione della pistola o del fucile o in generale di un’arma da fuoco. La freccia è la munizione dell’arco, quello che usano gli indiani ad esempio.
Quindi qui torniamo allo senso di “tirare” che abbiamo nel gioco del calcio: lanciare, allontanare qualcosa verso un obiettivo. Quindi possiamo tirare anche una freccia, una lancia, un colpo col fucile.
Quindi il “tiro” in questo terzo caso è il lancio di un colpo ma non nel senso sportivo.
Ci stiamo avvicinando al senso di “capitare a tiro“.
Quando infatti cerco di colpire un bersaglio, che questo sia una porta di calcio o un oggetto volante o un bersaglio, allora quand’è che noi tiriamo? Noi tiriamo quando siamo abbastanza sicuri di colpire il nostro bersaglio. In caso contrario aspettiamo ancora del tempo prima di tirare.
Detto in altri termini, noi proviamo a tirare quando il nostro obiettivo “capita a tiro“, cioè quando col nostro tiro facilmente potremo colpire il bersaglio.
Perché usiamo il verbo capitare?
Il verbo capitare è un verbo particolare. In genere lo usiamo quando qualcosa accade in modo non programmato, quindi in modo casuale. Quindi “capitare” è come dire “arrivare per caso”, giungere per caso, arrivare in modo improvviso e inaspettato. Non c’è una programmazione.
Allora qualsiasi cosa può capitare.
Può capitare una giornata sfortunata? Certo. Capita a tutti prima o poi.
Può capitare di incontrare casualmente un amico per strada? Ovviamente, capita spessissimo.
Può capitare di mangiare male in un ristorante dove normalmente si mangia benissimo? Sì anche questo può capitare.
La stessa cosa “capitare a tiro”. Se giocate a calcio e state pensando di tirare la palla per fare gol, lo farete appena vi capiterà, lo farete non appena vi capiterà la giusta occasione, cioè non appena la porta avversaria vi capiterà a tiro.
Anche in senso figurato però posso però usare questa espressione.
Consideriamo che il tiro si fa verso un bersaglio o verso una porta avversaria, quindi se qualcosa vi capita a tiro non è mai una bella notizia per il bersaglio 🙂
Allora se una persona vi capita a tiro, in senso figurato vuol dire che stavate aspettando la giusta occasione da un po’ di tempo. Stavate aspettando il momento opportuno. Finalmente ora vi è capitata a tiro e potete sfruttare l’occasione.
Se ad esempio un collega vi fa un torto, fa qualcosa contro di voi, voi siete diapiaciuti per questo, ed è probabile che questo vi farà nutrire dei sentimenti negativi verso questo collega e avrete voglia di dirglielo, di sfogarvi, di vendicarvi per il torto che avete subito.
Allora non appena ne avete l’occasione, cioè non appena vi capita a tiro potrete fare ciò che avete pensato a lungo: sfogarvi, vendicarvi, o semplicemente dirglielo, sgridarlo, alzare la voce con lui, per fargli notare che vi ha fatto un torto che non avete dimenticato.
Questo è il senso figurato di capitare a tiro. State sparando in senso figurato, volete colpire un bersaglio non necessariamente in modo fisico.
Hai sentito cosa mi ha detto il direttore davanti a tutti? Non posso perdonarglielo, aspetto solo che mi capiti a tiro!
Oppure:
Ho aspettato molto tempo prima di rivedere il mio ex fidanzato. Mi aveva lasciato senza neanche una telefonata. Ma ieri mi è capitato a tiro per caso. Sapessi quante gliene ho dette!
Può capitare talvolta di usare o sentire l’espressione non in senso negativo ma è sicuramente più raro e meno adatto. Quindi può accadere che ascoltate:
devo ricordarmi di avvisare la mia fidanzata di prenotare l’hotel. Appena mi capita a tiro lo farò.
Può capitare di ascoltare frasi simili ma è sicuramente più raro.
Ci sono espressioni abbastanza simili a capitare a tiro, che tuttavia vanno usate in occasioni diverse.
Ad esempio “essere a portata di mano“, questa espressione si usa più con gli oggetti, quando sono abbastanza vicini per essere presi, cioè a portata di mano, vale a dire che se allungo la mano riesco a prendere questo oggetto. Se si usa con le persone è abbastanza minacciosa come espressione.
Più simile è “capitare sotto le mani” che si usa invece in senso figurato. E’ più informale di capitare a tiro, e esprime maggiormente il senso di voglia di rivalsa, la volontà di fare male a qualcuno, non solo fisicamente intendo.
Poi c’è venire (o cascare) come il cacio sui maccheroni, che si usa ugualmente per indicare una casualità, ma si usa per sottolineare che è capitata una bella occasione, da non perdere, proprio l’occasione giusta, come il cacio, cioè il formaggio quando lo mettete sui maccheroni, cioè sulla pasta. Ci sta benissimo il formaggio sulla pasta, giusto?
Grazie di avermi fatto compagnia anche oggi, spero sia stato abbastanza esaustivo. Buona serata a tutti.
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Spieghiamo una espressione italiana ironica, che è bene conoscere ma che non vi consiglio di usare. Non è una parolaccia ma può essere offensiva se usate il tono sbagliato. Episodio senza trascrizione (per ora) registrato durante un viaggio in automobile.