La catena del congiuntivo

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Buongiorno amici di Italianosemplicemente.com e benvenuti in questo nuova puntata dedicata ai donatori, coloro che aiutano italiano semplicemente a sostenersi. Gli episodi dedicati ai donatori devono essere utili, ed allora parliamo oggi del congiuntivo. Lo facciamo attraverso quella che ho chiamato la catena del congiuntivo. Cosa significa?

Un semplice gioco utile a capire la differenza tra congiuntivo e condizionale.

Si forma una frase che contiene un verbo al congiuntivo ed uno al condizionale, poi la frase successiva inizia con lo stesso verbo precedente ma usando la forma del congiuntivo e poi un nuovo verbo al condizionale. L’uso del condizionale non è obbligatorio in tutti i casi, come vedremo.

La catena comunque continua con la frase successiva. In questo modo noterete la differenza tra il congiuntivo ed il condizionale. Provate a farlo anche voi insieme a me, provando a pensare ad una possibile frase.

Pronti?

Se vivessi in Brasile parlerei il portoghese.

Quindi vivessi è congiuntivo (imperfetto) invece parlerei è condizionale (presente).

Adesso quindi dobbiamo usare il verbo parlare al congiuntivo, in una delle forme possibili, non è importante quale, la cosa che conta è la frase che deve essere corretta.

Posso ad esempio dire:

Se parlassi più velocemente voi non capireste.

Andiamo avanti in questo modo.

Se capissi la lingua bulgara, mi trasferirei a Sofia.

Che io mi trasferisca o meno, a nessuno interesserebbe.

Ho cambiato la forma del congiuntivo: stavolta era la forma presente di trasferirsi.

Se tu fossi interessato alla cucina italiana, avresti scoperto la pasta alla norma.

Ho usato il congiuntivo trapassato di interessarsi.

Se loro scoprissero quanto è bella l’Arizona, ci andrebbero un paio di mesi l’anno per giocare a golf.

Adesso usiamo il congiuntivo passato del verbo andare:

Che voi siate andati in vacanza a san Paolo o a Santa Fe, per me non fa alcuna differenza.

In questo caso non abbiamo usato il condizionale. Parliamo del passato (che voi siate andati) e non ho messo “se” davanti come si fa con altre forme del congiuntivo.

Continuiamo. Iniziamo la frase col verbo “fare” per continuare la catena.

Se un canadese facesse una donazione per italiano semplicemente io me ne accorgerei.

Ed infatti me ne sono accorto!

Se vi foste accorti prima di italiano semplicemente, avreste imparato meglio il congiuntivo.

Accorti, verbo accorgersi, e imparato, verbo imparare.

Qualora imparassimo ad essere empatici, seguiremmo l’esempio del Belgio, che infatti è il primo paese al mondo in termini di sensibilità verso le persone in difficoltà.

Se imparassimo, quindi congiuntivo imperfetto, e seguiremmo, cioè condizionale presente.

Nell’eventualità che noi seguissimo i vostri consigli, siccome ci fidiamo di voi, sicuramente rimarremmo molto soddisfatti.

Rimarremmo è il verbo rimanere.

Adesso sentiamo qualche membro dell’associazione se ha qualche idea di come proseguire.

Sentiamo Ulrike dalla Germania. Ulrike devi iniziare con rimanere.

Ulrike: Casomai rimaneste a bocca asciutta io ci resterei e verrei a trovarvi per una lezione in privato.

Nel caso che venissi a trovarvi per una lezione in privato mi aspetterei un piatto tipico prelibato del vostro paese.

Giovanni: bene Ulrike, tedesca e membro dell’associazione Italiano Semplicemente.

Grazie, e adesso se qualcuno si aspettasse un esempio anche da un membro finlandese, io azzarderei il nome di Rauno, anche lui membro della nostra associazione.

Vai Rauno, tocca a te. Azzardare è il verbo da usare.

Rauno: se putacaso…..

Putacaso qualcuno si azzardasse ad accendere una sigaretta in macchina, gliela farei spegnere subito.

Giovanni: grazie Rauno. Ottimo. Hai ragione, e se anche io facessi come te, sarei orgoglioso di me. Vai. Ritocca a te.

Rauno: Se la frase fosse stata perfetta non avrei imparato quella cosa.

Giovanni: perfetto Rauno. All’inizio Rauno aveva fatto un piccolissimo errore (si fa per dire) dicendo “se putacaso”, quando sarebbe bastato “se” oppure solamente “putacaso” (ma può andar bene anche così).

In generale putacaso può sostituire la parola “se”, ma le due parole si possono anche scrivere insieme poiché “putacaso” è molto simile a “metti il caso”, quindi sottolinea l’eventualità. In questi casi “putacaso” si inserisce tra due virgole.

Niente di grave quindi ma Bogusia ha qualcosa da dire per continuare la catena. Bogusia è anche lei un membro dell’associazione.

Bogusia: ammettiamo che Rauno avesse ascoltato con attenzione un bell’episodio intitolato “putacaso ti tradissi “ non avrebbe mai fatto un errore del genere.

Giovanni: ehehe, però la tua frase doveva iniziare con “imparare”.

Bogusia: Putacaso imparasse qualcosa dovrebbe condividerlo con il mondo.

Giovanni: Bene ragazzi, grazie anche a Bogusia. Begli esempi che abbiamo fatto. spessso abbiamo citato alcuni paesi da cui sono arrivate le ultime donazioni ad italiano Semplicemente. Stati Uniti, Brasile, Bulgaria, Nuovo Messico, Canada e Belgio.

Per chi fosse interessato abbiamo realizzato altri episodi sul congiuntivo. Vi metto a seguire sull’articolo così potete dare un’occhiata, se volete.

Episodi sul congiuntivo
1) 41 esempi

2) come evitare il congiuntivo

3) concordanza dei tempi

4) periodo ipotetico

5) episodio divertente: putacaso ti tradissi

Grazie a tutti i donatori ed a chi ha partecipato a questo episodio. Se non lo avessero fatto non sarebbe venuto così bene.

Un abbraccio da Giovanni e da italiano semplicemente.

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Chi di dovere

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Trascrizione

Ciao a tutti, “chi di dovere” è l’espressione che voglio spiegarvi oggi. Io sono Giovanni e voi state ascoltando un nuovo episodio di italianosemplicemente.com.

Tre parole compongono questa frase, questa espressione, che si usa solamente nella forma orale.

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Chi è un pronome, è significa “colui che” o “colei che” cioè “la persona che“. Quindi chi indica una persona. Non si può quindi usare per gli animali e per gli oggetti.

Di è una preposizione semplice. Si usa in moltissimi casi diversi. Vi consiglio un episodio dedicato proprio alle preposizioni semplici.

La parola dovere, infine, è un verbo e un sostantivo. Il dovere come sostantivo si contrappone solitamente al diritto.

Come verbo infatti indica l’obbligo di fare qualcosa. “Io devo fare qualcosa” significa che io sono tenuto a fare qualcosa,  che sono obbligato a fare qualcosa.

Nella frase di oggi la parola “dovere” funge da sostantivo.

Quindi stiamo parlando di una persona, perché c’è il “chi”, e di un dovere: qualcuno forse ha un dovere da fare?

In realtà non c’è nessuno che ha un dovere da fare. Ma siamo vicini al concetto di dovere.

Vediamo perché.

L’espressione in effetti fa riferimento a qualcuno, questo è vero, quindi il pronome “chi” ha proprio questa funzione, ma “di dovere” indica qualcosa di molto generico.

Non si sta indicando una persona che conosciamo, qualcuno di preciso, una persona precisa.

Questa espressione possiamo anche vederla come una frase accorciata. La vera frase potrebbe cioè essere più lunga.

Ad esempio, se in ufficio accade qualcosa che io ritengo non sia corretta, potrei decidere di riferire l’accaduto al direttore o a qualcuno che ha capacità decisionale, qualcuno che possa prendere adeguati provvedimenti. In modo generico potrei dire:

Quello che è accaduto non deve più accadere, quindi riferirò a chi di dovere.

Riferirò a chi di dovere: voglio dire che l’accaduto sarà riferito a qualcuno che possa fare qualcosa.

Non mi sto riferendo ad una persona precisa, ma solamente alla figura che questa persona rappresenta.

Potrebbe trattarsi del direttore, del dirigente di un ufficio, del responsabile di un servizio.

Insomma, sto parlando della persona (o dell’ufficio) alla quale tocca o compete fare qualcosa.

Questa persona o quest’ufficio ha un potere, evidentemente.

Questa persona ha un ruolo, e potremmo dire che ha un “dovere”.

Spesso infatti parliamo di una figura professionale, di qualcuno che ha una responsabilità che deriva dal lavoro che fa, dal ruolo che occupa. Quindi questa persona ha un dovere, un dovere professionale.

Ecco perché si dice “chi di dovere”. Si intende dire:

Chi, di dovere, svolge questa funzione

Chi, di dovere, ha responsabilità in merito

Chi, di professione, ha il potere di fare qualcosa.

Mentre ho pronunciato queste frasi ho aggiunto sempre qualche parola in più rispetto a “chi di dovere” ed inoltre ho fatto una pausa dopo la parola “chi” , ed infatti ho anche messo una virgola:

chi, di dovere, svolge questa funzione.

Un modo veloce e discorsivo di esprimere lo stesso concetto è proprio:

Chi di dovere.

Senza fare pause, quindi senza mettere virgole, e senza aggiungere altro. Il concetto è chiaro così.

Vi faccio altri esempi:

Mi trovo in ospedale e devo fare delle analisi del sangue. Vado allo sportello amministrativo e la persona addetta a parlare con i clienti mi dice:

Compili questo foglio, scriva tutte le informazioni personali, dopodiché io provvederò a inoltrare la sua richiesta a chi di dovere!

Quindi il foglio verrà consegnato a qualcun altro, e precisamente alla persona a cui spetta questo compito, cioè alla persona cui va consegnato perché è proprio questo il suo compito.

Fa parte del suo “dovere” ricevere queste informazioni.

Ho usato diversi verbi finora parlando di responsabilità e dovere: Spettare, competere, toccare.

Il verbo “toccare” può sembrare strano da usare in questo contesto, poiché non stiamo parlando di mani e di tatto.

Toccare in questo caso equivale a spettare, competere.

Ah quasi dimenticavo: se invece conoscete la persona responsabile, cioè la persona alla quale spetta la responsabilità. Potete ugualmente usare l’espressione di oggi, se volete aggiungere che, in caso di sua assenza o indisponibilità, la responsabilità è di un’altra persona che la sostituisce. In tal caso potete sempre usare “chi di dovere” e dire dire ad esempio:

La responsabilità spetta a Giovanni o a chi di dovere

oppure:

La responsabilità spetta a Giovanni o chi per lui.

oppure

Bisogna inviare il documento a Francesca o (a) chi di dovere

Bisogna inviare il documento a Francesca o (a) chi per lei.

In questi casi quindi non sapete chi è il sostituto di Giovanni o Francesca (o non siete sicuri), potete usare entrambe le espressioni, ma se volete sottolineare la sostituzione meglio usare l’espressione “o a chi per lui/lei”.

Vediamo ancora questi verbi che abbiamo usato quando si parla di responsabilità: spettare, competere e toccare.

A chi tocca fare questo lavoro?

A chi spetta?

A chi compete?

Chi è il responsabile?

Di chi è la responsabilità?

Di chi è la competenza?

Di chi è la spettanza?

Sicuramente toccare è il più informale di tutti, ma è molto usato informalmente.

Facciamo un ultimo esempio. Ammettiamo che una persona abbia un incidente per colpa dell’amministrazione di una città.

Ad esempio una persona che cade in una buca nel terreno in città.

Questa persona potrebbe chiedere al sindaco della città, o a chi di dovere, di intervenire, per riparare il danno alla strada.

Questo cittadino non conosce le responsabilità dell’amministrazione, ma questo non significa che non possa lamentarsi, quindi nella sua lettera chiede un intervento da parte di chi di dovere.

“L’ufficio responsabile deve intervenire”, questa è la richiesta da parte del cittadino, pur non conoscendo di chi sia esattamente la responsabilità.

A chi spetta intervenire? A chi tocca? A chi compete? Non si sa, ma si spera che l’ufficio responsabile intervenga.

Bene un piccolo esercizio di ripetizione adesso. Ripetete dopo di me.

Chi di dovere

Spediamo il documento a chi di dovere

Chiedo a chi di dovere di intervenire

Speriamo che, chi di dovere, faccia immediatamente qualcosa.

Giovanni mi ha detto di aver parlato con chi di dovere sabato scorso.

Ciao ragazzi, al prossimo episodio di italiano semplicemente.

Un abbraccio da Giovanni.

Ne va

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Trascrizione

Ciao ragazzi, io sono Giovanni, e questa che state ascoltando è la spiegazione di una espressione italiana. Lo facciamo tutti i lunedì: una espressione, un modo di dire, insomma qualcosa di nuovo, per farvi ascoltare la voce di un italiano.

La trascrizione di questo episodio, come tutti gli altri, è disponibile sul sito italianosemplicemente.com.

La frase di oggi è “ne va“.

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“Ne va” non è una espressione idiomatica; si tratta di un semplice modo, un modo molto veloce che gli italiani utilizzano per esprimere qualcosa di importante.

Ne” è una particella che ha moltissimi utilizzi nella lingua italiana. Molto spesso l’abbiamo incontrata nelle passate spiegazioni su questo sito.

Va” invece rappresenta il verbo andare.

Io vado, tu vai, lui va, noi andiamo, voi andate, loro vanno.

Quindi “lui o lei va“. Ma in questo caso c’è “ne” in più e il significato cambia completamente.

Non si parla di persone che “vanno“: le persone ed il loro movimento non centrano nulla. Si parla invece di importanza, come dicevo prima.

C’è qualcosa di molto importante che potrebbe essere in pericolo. Qualcosa di molto importante che potrebbe essere a rischio, che potrebbe essere compromesso, che potrebbe essere perso.

La cosa importante che in pericolo va aggiunta dopo le due parole “ne va”.

Per unire “ne va” e la cosa importante, si utilizza una preposizione articolata. Ad esempio se dico:

La sanità è una cosa seria, i medici devono essere competenti, perché ne va della salute dei cittadini.

Quindi ne va della salute dei cittadini. E’ la salute dei cittadini la cosa importante. E’ la salute dei cittadini ad essere a rischio, è la salute dei cittadini che potrebbe essere compromessa. Quindi se i medici non sono competenti, se cioè non sono dei bravi medici a rimetterci saranno i cittadini e la loro salute: ne va della loro salute.

Posso anche dire ne va di mezzo la loro salute. Molto spesso si trova anche la parola “mezzo” alla fine. In questo caso l’espressione ha più l’aspetto di una espressione idiomatica.

Andare di mezzo” è l’espressione, che però ha più significati.

Infatti l’espressione “andare di mezzo” ha anche il senso di essere coinvolti.

Ad esempio se dico che:

Nel mio ufficio è stata trovata una valigia con 1 milione di euro. Non so chi sia stato a mettercela, ma speriamo di non andarci di mezzo.

Questo significa che io spero di non essere coinvolto in questo fatto. Forse qualcuno ha rubato questi soldi ma non sono stato io, e spero di non andarci di mezzo. Spero che non ne vadano di mezzo neanche i miei colleghi.

Questo “andarci di mezzo” ha il senso di essere coinvolti.

Potrei anche aggiungere:

Se ne va di mezzo anche il mio dirigente potrei andarci di mezzo anch’io.

Ecco,  se “ne va di mezzo” anche il mio dirigente significa che viene coinvolto anche il mio dirigente. In questo caso ne sarei coinvolto anche io in questa brutta faccenda.

Spero che questo non accada: ne va del futuro della nostra azienda.

“Ne va del” futuro della nostra azienda: ecco, in questo caso vuol dire che il futuro della nostra azienda sarebbe a rischio, sarebbe compromesso. Perché il futuro della nostra azienda è importante. E’ proprio questo il senso iniziale, che avevo spiegato inizialmente e che rappresenta l’espressione che voglio spiegare oggi.

Ma il significato se ci pensate è abbastanza simile.

Ne va di mezzo il mio dirigente = Viene coinvolto il mio dirigente

Ne va del futuro dell’azienda = ne va di mezzo il futuro dell’azienda = il futuro dell’azienda è a rischio, è in pericolo, è in gioco, è in ballo.

Vi faccio altri esempi di rischio e pericolo, cioè casi in cui usare “ne va”:

L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: ne va del futuro dell’Europa stessa.

Potremmo anche dire:

L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: è in gioco il futuro dell’Europa stessa.

L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: altrimenti sarebbe a rischio il futuro dell’Europa stessa.

L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: se non accade questo sarà in pericolo il futuro dell’Europa stessa.

L’Europa deve proteggere i paesi più deboli: è in questo modo che si può assicurare un futuro all’Europa stessa.

Parliamo di benessere:

Non posso smettere di fare sport, ne va del mio benessere

Non posso smettere di fare sport, è in gioco il mio benessere

Non posso smettere di fare sport, altrimenti metterei a rischio il mio benessere

Non posso smettere di fare sport, il mio benessere è troppo importante

Non posso smettere di fare sport, ci tengo al mio benessere

Non posso smettere di fare sport, è in ballo il mio benessere

Vedete che si parla sempre di qualcosa di molto importante e che potrebbe in futuro essere in pericolo.

Dicevo che “ne va” è seguito sempre da una preposizione articolata:

del, della, dello, dei, degli, delle

Ma se usate la parola “mezzo” dovete usare la preposizione semplice “di”

Ne va di mezzo il futuro dell’Europa stessa

Ne va di mezzo il mio benessere

Se decidete di non usare la preposizione articolata state attenti perché in questo caso “andare di mezzo”, come abbiamo visto, ha anche un secondo significato: essere coinvolti, essere chiamati in causa.

Notate anche che la particella “ne” come sapete solitamente si usa per sostituire qualcosa che non viene ripetuto. Ad esempio: Vuoi un po’ di torta? Sì, grazie, ma ne vorrei solo un po’. Quindi il “ne” si riferisce alla torta.

Lo stesso accade quando uso “andarci di mezzo” nel senso di essere coinvolti in qualcosa.

Come abbiamo visto anche prima in una frase simile (quella della valigia con un milione di euro):

Spero che in questo brutto affare non ne vada di mezzo nessuno!

In questo caso non solo la parola “mezzo” è obbligatoria ma il “ne” si riferisce al brutto affare, nel quale non deve andarci di mezzo nessuno.

Invece nella frase: “ne va  del mio benessere” o “ne va di mezzo il mio benessere” la parola “mezzo” non è obbligatoria e inoltre “ne” ha il senso di conseguenza, il senso di effetto, di risultato. Questo significato della particella “ne” lo troviamo anche se la usiamo con altri verbi:

Ne deriva, ne consegue, ne emerge, ne deduco.

In questi casi il “ne” si usa per esprimere una conseguenza.

Ho fame, ne consegue che devo mangiare! (la conseguenza della mia fame è che devo mangiare)

Hai perso, ne deriva che devi pagare la scommessa! (la conseguenza della tua sconfitta è che devi pagare)

Non mi hai risposto al telefono: ne deduco che non eri a casa (non hai risposto quindi come conseguenza io credo che tu non eri in casa)

Allo stesso modo, ad esempio:

Devo vincere: ne va della mia reputazione.

Una frase, questa, che posso dire se ho una sfida, una partita importante: Devo vincere: ne va della mia reputazione.

Anche in questo caso la conseguenza della mia vittoria è che sarebbe salva la mia reputazione. Se invece perdessi perderei la mia reputazione. Si tratta sempre di una conseguenza dunque.

Notate una cosa: in genere quando si usa “ne va” si parla quasi sempre del futuro, si parla quasi sempre di qualcosa di importante che è in pericolo, a rischio. Non si usa mai o comunque è difficile vedere “ne va” al passato. Può comunque accadere qualche volta di trovare frasi tipo:

Ha dovuto studiare molto per ottenere il lavoro: ne andava del suo futuro.

“Ne va”, quindi, se parliamo al passato, diventa “ne andava”.

Vediamo altri esempi:

Ho dovuto e ho voluto donare un rene a mio figlio: ne andava della sua vita

La Juventus non poteva cedere il suo giocatore migliore, ne andava dell’immagine della squadra.

Notate infine che se, davanti a “ne va” o davanti a “ne andava” aggiungete il pronome se il significato cambia completamente. Difficile a spiegarsi ma l’esempio chiarirà tutto.

Se dico:

Io me ne vado di casa

Vuol dire che io lascio la mia casa. Uso il pronome “me” perché sono io che lascio la casa.

Analogamente se mi riferisco a una terza persona, lui o lei, la frase diventa:

Lui se ne va di casa

Lei se ne va di casa

Che significano semplicemente che lui o lei lasciano la casa, lui o lei abbandonano la casa. Ho parlato della terza persona (lui o lei) perché è l’unico caso in cui si possa far confusione con l’espressione di oggi. Infatti nelle altre persone non è possibile confondersi: Io me ne vado, Tu te ne vai. Noi ce ne andiamo, voi ve ne andate: solamente se dico: Lui (o lei) se ne va si può creare confusione.

Anche in questo caso compare “ne va di” ma c’è il se davanti. In questo caso quindi le conseguenze non c’entrano nulla. Il verbo “va” in questo caso indica proprio il verbo andare, indica quindi movimento: l’uscita di casa, in questo caso.

Un’ultima notazione: “ne va”, l’espressione di oggi, si usa solo con il verbo andare alla terza persona singolare.

Non esiste: ne vado. Non esiste in questo senso voglio dire. Posso dire ne vado fiero, ne vado orgoglioso, ma ha un altro significato. Lo stesso vale per “ne vai”, “ne andiamo”, “ne andate”, “ne vanno”.

Perché? Beh, perché come vi ho detto il senso è dire che c’è qualcosa che è in pericolo, che è a rischio. Per questo motivo basta cambiare l’aggettivo possessivo o la preposizione e mai il verbo; ad esempio:

E’ a rischio la mia reputazione? Ne va della mia reputazione

E’ a rischio la nostra amicizia? Ne va della nostra amicizia

E’ in pericolo la tua vita: Ne va della tua vita

E’ in gioco la vostra esistenza? Ne va della vostra esistenza

E’ in ballo la loro credibilità? Ne va della loro credibilità

E’ in ballo il destino dell’azienda? Ne va del destino dell’azienda

Bene adesso con l’aiuto di alcuni dei membri dell’Associazione Italiano Semplicemente facciamo alcuni esempi che vi invito a ripetere:

Mariana (Brasile): speriamo che il nuovo presidente del Brasile Bolsonaro sia un buon presidente: Ne va del futuro del mio paese.

Ho bisogno di praticare l’arte marziale per riuscire a difendermi, ne va della mia protezione.

Assma (Marocco): Spero che possiate visitare il Marocco un giorno, ne va dell’immagine del mio paese

Grazie a Mariana dal Brasile e Assma dal Marocco. Vorrei concludere ringraziando i membri dell’associazione che hanno collaborato e tutti i donatori che ci aiutano a mantenere vivo il sito web. Grazie a queste donazioni è possibile evitare la pubblicità sul sito. Grazie dunque a chi ci sostiene economicamente. Mi auguro che questo possa servire a ricevere altre donazioni perché ne va del futuro del sito italianosemplicemente.com.

Andrè (Brasile): se le persone non fanno donazioni, ne va di mezzo la nostra associazione!

Infatti. Questa era la voce di Andrè, dal Brasile. Grazie anche ad Andrè. Un saluto a tutti.

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Darsi la zappa sui piedi

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E’ possibile ascoltare e/o scaricare il file audio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

zappa_immagineBuongiorno amici di italiano semplicemente e benvenuti in questo nuovo episodio dedicato alle espressioni italiane.

Io sono Giovanni e oggi parliamo di una nuova espressione idiomatica italiana.

Di tratta di una espressione utilizzata un po’ da tutti gli italiani, tutti i giorni e in più di un contesto diverso. Fondamentalmente viene usata sia in famiglia che al lavoro quindi ma sempre in modo abbastanza informale.

Potreste trovarla anche su articoli di giornale comunque. L’espressione è la seguente: darsi la zappa sui piedi.

Allora spieghiamo brevemente questa espressione e poi facciamo un piccolo esercizio di ripetizione.

Darsi è il verbo dare, dare nel senso riflessivo quindi darsi vuol dire dare a se stessi.

Ok ma darsi cosa? Darsi la zappa. La zappa è uno strumento utilizzato in agricoltura, un attrezzo agricolo che serve per muovere il terreno, quindi la zappa è uno strumento che viene usano dai contadini anche oggi.

In passato era molto più utilizzata rispetto ad oggi perché la tecnologia ormai ha portato all’utilizzo di strumenti più sofisticati della Zappa per muovere il terreno.

Si tratta di uno strumento provvisto di un manico, lungo circa un metro, un metro e venti centimetri e all’estremità di questo manico c’è un pezzo di ferro, di metallo, un pezzo di metallo dalla punta piatta che serve a essere infilata nel terreno. Quindi la zappa serve per essere infilata nel terreno e per muovere il terreno, per muovere la terra.

In questo modo il contadino può seminare la terra, rimuovere erbacce, può quindi curare il proprio giardino o il proprio orto, può decidere di piantare degli ortaggi, di togliere le erbacce spontanee eccetera.

Quindi ogni qualvolta un contadino ha bisogno di movimentare il terreno può usare una zappa: attenzione alla pronuncia della lettera Z della parola Zappa.

È una z sorda (si dice così in italiano). La Z sorda è quella di Zappa e anche quella di zoppo o di informazione e non è quindi una z “sonora” come quella della lettera z per esempio.

Questi sono tutti argomenti che solitamente trattiamo sul gruppo dell’associazione italianosemplicemente. In particolare sul gruppo WhatsApp ogni giovedì ci occupiamo di pronuncia.

Comunque andiamo avanti con la spiegazione di questa espressione: darsi la zappa sui piedi quindi vuol dire, in senso proprio, prendere la zappa con le mani, afferrarla e darsela sui piedi, cioè colpire i propri piedi al posto della terra.

Darsela: la parte finale “la” si riferisce alla zappa quindi darsi la zappa sui piedi vuol dire prendere la zappa e colpire i propri piedi: cosa che evidentemente provoca del dolore: ma questa è un’espressione figurata.

Cosa significa questa espressione?in senso figurato questa espressione sta ad indicare che ciascuno di noi può compiere un’azione che può trasformarsi in un’azione controproducente.

Posso usarla in più di un contesto diverso, sia in famiglia che al lavoro ma sempre in modo informale.

Può capitare di farsi del male con una propria azione, anche involontariamente, senza volerlo, e specialmente se si è stanchi o nervosi.

Anche su articoli di giornale si usa questa frase perché rende molto bene l’idea di farsi del male da soli.

Ok quindi ricapitoliamo: darsi la zappa sui piedi significa compiere un’azione che si rivela controproducente per noi stessi e l’espressione ha origini contadine.

Capita molto spesso di usare questo tipo di espressione poiché molto spesso i risultati negativi sono causati, sono provocati proprio da una nostra azione.

In questi casi posso dire tranquillamente che ci siamo dati la zappa sui piedi. Nel tentativo di produrre qualcosa di positivo il risultato è stato invece controproducente.

Si usa il verbo dare nel senso di colpire.

Solitamente dare si usa quando ci sono due persone (io do una cosa a te) ma in alcuni casi, in senso riflessivo, posso usarla anche rivolto a me stesso.

In questo caso “dare sui piedi” significa colpire i piedi.

Proviamo a fare qualche esempio. In ambito politico posso dire ad esempio che dopo le elezioni amministrative in Brasile la vittoria di Bolsonaro potrebbe portare dei risultati positivi per l’economia brasiliana e per il popolo brasiliano, ma potrebbe anche portare dei risultati negativi per lo stesso popolo e per la stessa economia.

Allora i brasiliani che lo hanno votato, coloro che lo hanno portato alla vittoria, coloro che hanno espresso il loro voto a favore di Bolsonaro potrebbero dire, a ragion veduta, che si sono dati la zappa sui piedi oppure anche che si sono dati la zappa sui piedi da soli.

Coniugando posso dire:

Io mi sono dato la zappa sui piedi.

Tu ti sei dato la zappa sui piedi.

Lui o lei si è dato o si è data la zappa sui piedi.

Noi ci siamo dati la zappa sui piedi.

Voi vi siete dati la zappa sui piedi.

Loro si sono dati la zappa sui piedi.

Ovviamente questo possiamo dirlo soltanto se Bolsonaro non darà i risultati sperati.

Credo che tutto sia abbastanza chiaro, d’altronde l’immagine della Zappa sui piedi è abbastanza eloquente.

Facciamo un piccolo esercizio di ripetizione. Facciamo in modo anche di far lavorare un po’ il cervello ok?

Rispondete alle domande rispettando il tempo e la persona indicate nella domanda.

Attenzione alla persona e al tempo della domanda.

Non abbiano mai fatto questo esercizio finora ma credo possa funzionare per memorizzare.

Se io ad esempio dico: Cosa fai?

La risposta è: ti dai la zappa sui piedi.

Cosa farà?

Si darà la zappa sui piedi.

Cosa ho fatto?

Mi sono dato la zappa sui piedi.

Cosa potremmo fare?

Potremmo darci la zappa sui piedi.

Cosa dovreste evitare?

Dovreste evitare di darvi la zappa sui piedi.

Cosa hanno deciso?

Hanno deciso di darsi la zappa sui piedi.

Abbiamo terminato anche oggi, spero che l’episodio vi sia piaciuto. Ringrazio tutti e invito a chi è interessato di dare un’occhiata al programma settimanale di italiano semplicemente, cioè agli argomenti di cui parliamo nel gruppo WhatsApp ogni giorno.

Per chiunque fosse interessato a partecipare può chiedere l’adesione all’associazione. In questo modo il vostro italiano migliorerà di giorno in giorno, mentre se volete continuare a studiare da soli è una vostra scelta, lo potete fare ma potrete dire di esservi dati la zappa sui piedi.

Grazie ai donatori e ci rivediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

New York. Ripassiamo le particelle

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Trascrizione

Buongiorno amici di Italiano Semplicemente. Io sono Giovanni, ed oggi facciamo un episodio speciale, dedicato alla città di New York. Un episodio per ringraziare i donatori newyorkesi di Italiano Semplicemente.

Oggi facciamo quindi un bell’esercizio di pronuncia ed insieme un ripasso di alcune frasi che contengono delle paroline difficili per gli stranieri, sia per la pronuncia, sia per le particelle che useremo.

E’ quindi questa un’occasione anche per fare un po’ di pronuncia e in questo modo aiutare voi stranieri con alcune parole a volte difficili da usare.

Gli esempi e le frasi che vedremo riguardano quindi la città di New York, quindi questa diventa anche un’opportunità per condividere informazioni interessanti su questa città.

Facciamo che io vi pongo delle domande (una specie di gioco), poi vi suggerisco in che modo dare la risposta e voi provare a rispondermi. Pronti?

Prima domanda:

Vogliamo provare a fare questo esercizio? Rispondi utilizzando la particella “CI”

Risposta:

Ok, ci possiamo provare, oppure, ok, proviamoci.

Seconda domanda:

Sapete sicuramente che New York è soprannominata la grande mela, allora la mia seconda domanda è:

Conosci un soprannome di New York? Nella risposta provate ad usare la particella “NE”

Risposta:

Sì, ne conosco uno: la grande mela.

Ovviamente ne serve a sostituire la parola soprannome.

Terza domanda:

Per le strade di New York possiamo mangiarci un gustoso hot dog? Allora rispondete alla domanda utilizzando la particella “CE”, e volendo insieme anche la particella “NE”. Ok? Nella stessa risposta utilizzate sia ne che ce.

Risposta:

Sì, ce ne possiamo mangiare quanti ne vogliamo di Hot dog per le strade di New York.

Quarta domanda. Per rispondere a questa domanda utilizzare “SE” e “NE” nella stessa risposta. Se e ne nella versione senza accento. Sapete che a NY esiste una zona, un quartiere chiamato “Little Italy”, un famosissimo sobborgo newyorkese che è a maggioranza italiana. Ci sono molti italiani a Little Italy.

La domanda è la seguente:

Gli italiani di New York si sono accorti che esiste Little Italy a Manhattan? Usate se e ne.

Risposta:

Certo, tutti gli italiani se ne sono accorti!

Il se indica gli italiani mentre il ne sostituisce la cosa di cui si sono accorti gli italiani.

Quinta domanda. Sapete che nell’isola di Manhattan c’è uno schema di strade particolare, strade che la percorrono in senso verticale e orizzontale, tutte intersecate tra loro. Io non riuscirei ad orientarmi facilmente. Ne sono sicuro.

Ecco dunque la domanda n. 5:

C’è bisogno della mappa per orientarsi tra le vie di Manhattan?

Per rispondere utilizzate “ce” e anche “n’è” (n + apostrofo + è-verbo essere)

Risposta:

Sì, per Giovanni sicuramente ce n’è bisogno

Questa ovviamente è una delle tante risposte possibili.

Forse anche per altre persone con poco senso dell’orientamento ce n’è bisogno, non solo per Giovanni. N’è sta per “ne è”. Metto l’apostrofo che sostituisce la e.

Sesta domanda. Sapete che a New York l’11 settembre del 2001 sono cadute le torri gemelle a causa di uno dei maggiori attacchi terroristici degli ultimi anni. Nonostante tutto però New York non possiamo definirla una città pericolosa. Tutt’altro direi. Allora proviamo a rispondere alla domanda usando una espressione nuova: “in sé per sé”.

Domanda: il fatto che New York sia stata vittima di uno dei più grandi attacchi terroristici degli ultimi anni cosa implica?

Risposta:

In sé per sé questo non implica che sia una città pericolosa.

Quindi l’attentato del 2001, da solo, da sé, o in sé per sé, non comporta, non implica che NY sia pericolosa.

Infatti, rispetto a molte altre metropoli, la Grande Mela può rivendicare il titolo di città più sicura in rapporto al numero di abitanti. Infatti New York City ha il tasso di criminalità più basso delle 25 più grandi città degli Stati Uniti.

Settima e Ottava domanda. Per rispondere usiamo la particella “CE” e il pronome ”LA” nella stessa frase. Attenzione: “LA” non come articolo ma come pronome.

Allora: C’è un film dal titolo “qualcosa è cambiato”: questo è il titolo in lingua italiana, mentre il titolo inglese è “As Good as It Gets”. In questo film c’è una famosa frase che riguarda New York:

Qui siamo a New York: se ce la fai qui, ce la puoi fare ovunque.

Ok allora la domanda n. 7 è: Dove ce la puoi fare se ce la fai qui?

Risposta:

Ce la puoi fare ovunque.

Cioè in ogni luogo, in ogni posto al mondo: se ce la puoi fare qui, cioè qui a News York, allora puoi riuscirci in tutti gli altri posti al mondo, cioè ovunque. Evidentemente New York è una città in cui non è molto semplice riuscire a farcela, cioè riuscire ad affermarsi, ad avere successo, o semplicemente a sopravvivere. “ce la fai” vuol dire appunto “ci riesci”, “riesci a farcela”, riesci a cavartela eccetera. .

Ottava domanda: Dove è più difficile farcela? (facciamo un confronto tra New York ed altrove usando la parola farcela.

Risposta: farcela è più difficile a New York che altrove.

A proposito di altrove. C’è una celebre frase che dice: “Un vero newyorkese crede che coloro che vivono altrove stiano, in qualche modo, scherzando”. Ho trovato molto divertente questa frase, che probabilmente allude al fatto che i newyorkesi si sentano al centro del mondo, magari anche più importanti degli altri o semplicemente che a New York c’è tutto ciò che serve per vivere ed essere felici.

Adesso facciamo un esercizio di ripetizione: parliamo di New York, di pizza e di pronuncia (chi non conosce la pizza!). Pizza si pronuncia con la z doppia e anche sorda (come cozze, mazzo, pazzo, palazzo ma non come “organizzare” e “ipotizzare” ad esempio che hanno la doppia zeta sonora).

Ebbene la prima pizzeria degli Stati Uniti è stata aperta a New York nel 1895 da un napoletano di nome Gennaro, nome tipicamente napoletano.

Attenti alla pronuncia delle doppie zeta.

Ripetete dopo di me:

Ipotizziamo (zeta sonora) di mangiare la pizza a New York (zeta sorda).

e organizziamo (zeta sonora) una cena per toglierci uno sfizio. (zeta sorda)

In quale pizzeria andare? (zeta sorda)

C’è solo l’imbarazzo della scelta! (zeta sorda)

Possiamo mangiare anche pizza a buon prezzo! (zeta sorda)

Analizziamo con cura il locale in cui andare (zeta sonora)

Ci sono locali con terrazze panoramiche (zeta sorda)

Gli italiani a New York hanno una lista di pizzerie (zeta sorda) personalizzata (zeta sonora)

Nella speranza (zeta sorda) che questo esercizio vi sia piaciuto, vi mando un saluto affettuoso da Roma. Scommetto che vi è venuta voglia di pizza! E grazie ancora ai donatori di tutto il mondo.

Ciao

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Italiano professionale: Rischi ed opportunità nel settore della farmaceutica

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Trascrizione

Giovanni: ciao ragazzi buongiorno!

In questa lezione n. 11, “rischi ed opportunità”, lezione del corso di ITALIANO PROFESSIONALE Daria, ragazza di nazionalità russa e membro dell’associazione Italiano Semplicemente, prova ad utilizzare alcune delle frasi imparate nel corso di questa lezione.

A te la Parola Daria.

Daria: La lezione undici del corso di ITALIANO PROFESSIONALE ha a che fare con un l’argomento sicuramente scottante, non solo in ambito lavorativo, ma anche nella vita quotidiana. Infatti, l’atteggiamento di fronte al futuro contingente rivela molto del carattere delle persone.

Quelle positive e curiose, di fronte ad un’opportunità cercano sempre di battere il ferro finché è caldo e un’altra loro fondamentale caratteristica è che fanno sempre un tentativo di considerare una situazione da tutti i possibili punti di vista spesso molto diversi tra loro, sfruttando così le opportunità che si presentano al massimo.

La prontezza nell’azione è altresì fondamentale, perché come si dice, chi non risica non rosica.

Rischiando, però, lo dice la parola stessa, possono sfuggire fattori importanti: si deve sempre tenere a mente, ad esempio, dell’esistenza di leggi nel settore di competenza, e prendere i dovuti provvedimenti senza difettare in superficialità.

È un equilibrio difficile. Sul mercato farmaceutico ad esempio, che è quello di cui mi occupo personalmente, ogni opportunità va sempre considerata tenendo conto dell’applicazione rigorosa della legge.

Se, ad esempio, i ricercatori scoprono una nuova molecola che consente di trattare efficacemente una malattia, un’azienda farmaceutica non può, nel tentativo di cogliere l’occasione al volo, lanciarla subito sul mercato.

È necessario invece svolgere le prove cliniche, registrare il nuovo farmaco ed avere tutte le pezze d’appoggio prima di mettere sul mercato una medicina. Insomma c’è un rigoroso iter burocratico da seguire.

Possiamo sicuramente dire che in questo mercato, quello della farmaceutica, non si può vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Curiosamente a volte accade anche che due o tre aziende farmaceutiche sono impegnate in ricerche sulla stessa molecola. In questi casi ha sempre la meglio l’azienda che non si sbilancia e che invece supera le prove cliniche e di registrazione rispettando la legge e completando l’intero iter da seguire. Vince sempre l’azienda che riesce a preparare i documenti giustificativi per prima.

Un altro fatto curioso e che fornisce una grossa opportunità è che talvolta lo Stato permette di usare il nuovo farmaco in un paese prima della registrazione, a condizione però che quel prodotto sia già stato registrato in altri paesi.

In questo caso un’azienda farmaceutica prende due piccioni con una fava: far conoscere ai medici il nuovo prodotto e condurre delle prove cliniche. In questo modo fanno quindi di necessità virtù, perché le prove sugli esseri umani è sempre l’ultima e indispensabile fase delle prove cliniche.

Buono a sapersi vero? Questa in effetti è una opportunità rara e pregiata. I pazienti, dei veri esseri umani, vengono a cascare a fagiolo, e allo stesso tempo sono davvero fortunati perché hanno il nuovo medicinale, certamente più efficace (nella maggior parte dei casi) prima degli altri.

Ognuno è libero di operare a propria coscienza ovviamente, ma il mio consiglio è di non buttare a mare tali occasioni e, assicurandosi di essere venuti a conoscenza di tutto ciò che c’è da sapere, dare il proprio ok per partecipare alle prove cliniche.

Bene, ho terminato il mio contributo personale. Spero di essere stata utile a tutti.

Un saluto da Daria a tutti e buona giornata!

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Il ponte delle Spie – ripasso dei primi 31 verbi professionali

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Trascrizione

Buongiorno a tutti, sono Giovanni, la voce principale di italianoSemplicemente.com.

L’episodio di oggi è un episodio dedicato alla Germania. Perché ho deciso di dedicare una puntata di Italiano Semplicemente alla Germania? Beh solo per ringraziare i donatori di questo sito, coloro che hanno aiutato e continuano ad aiutare Italiano Semplicemente attraverso delle donazioni.

L’ho già fatto con L’Azerbaigian e con l’Argentina in passato, in due episodi dedicati rispettivamente al Dolma (specialità azera) e al Mate (specialità argentina).

Oggi vediamo qualcosa della Germania e con l’occasione ripassiamo alcuni verbi che abbiamo dettagliatamente spiegato nel corso di italiano professionale. Parliamo dei cosiddetti “verbi professionali” che si usano più spesso in ambito lavorativo e che gli stranieri non usano quasi mai. Questa allora può essere una buona occasione per vedere qualche utilizzo interessante. Finora abbiamo spiegato ben 31 verbi di questo tipo.

Ok ma di cosa parliamo in particolare? Parliamo di un ponte tedesco. Sapete che il tema dei ponti recentemente è un tema sensibile per via del ponte di Genova crollato recentemente.

Ebbene Il ponte di cui sto parlando è il ponte di Glienicke, detto “il ponte delle spie”. Una cosa molto interessante, soprattutto dal punto di vista storico. Un film che sicuramente ci aiuta a volgere lo sguardo all’indietro per imparare qualcosa dal passato.

Il Ponte delle Spie – Autore: Undogmatisch Berlin

Mi avvalgo di questo episodio quindi non per promuovere il film di Spielberg dal titolo omonimo, di cui vi parlerò dopo, ma è solamente un modo che io utilizzo per ripassare i verbi professionali e per ringraziare i generosi tedeschi amici di Italiano Semplicemente. Un compito non facile, sicuramente, ma mi sono assunto questo incarico e mi adopererò per adempiere a questo compito fino alla fine. Ho già iniziato a dire il vero, poiché ho già utilizzato sei verbi professionali: avvalersi, promuovere, assumere, adoperarsi ed adempiere.

Andiamo avanti però perché dobbiamo arrivare a quota 31.

Il ponte di Glienicke è un ponte stradale di Berlino che supera il fiume Havel collegando la città di Potsdam e quella di Berlino; prende il nome dal centro abitato di Klein Glienicke.

È un ponte importante perché è un pezzo che insiste sulla storia di Berlino, ed investe direttamente il tema della guerra fredda che seguì dopo la seconda guerra mondiale.

È stato costruito tra il 1904 e il 1907. Fu distrutto nel corso della seconda guerra mondiale e fu ricostruito nell’immediato dopoguerra e riaperto al pubblico nel 1949 come “ponte dell’Unità“. Infatti prima che venne costruito il muro di Berlino nel 1961, questo confine era ancora aperto e dopo il 1949 il ponte fungeva da unione tra est e ovest e quello che succedeva è che ogni giorno centinaia di macchine transitavano sul ponte senza troppi controlli da una parte del ponte all’altra, da Berlino ovest alla DDR e viceversa. Il ponte, proprio al centro, vedeva il confine tra le due parti, e si può vedere come ad est e ad ovest le due parti del ponte abbiano anche un colore diverso.

Nel 1961 fu costruito il famoso muro e chiuso al traffico essendo posto sulla linea di demarcazione, la linea di confine fra la Berlino Ovest e la Germania Est. Alle due estremità del ponte furono collocati due posti di controllo dei militari delle due parti, quindi il transito fu interdetto. Interdire significa proibire con un atto d’autorità; vietare. Quindi il traffico, fino a quel momento libero per tutti, fu vietato ai normali cittadini.

Poi come sapete il muro cadde e così il ponte fu riaperto al transito nel 1989.

Il ponte è conosciuto soprattutto con il soprannome di “ponte delle spie“, in quanto durante il periodo della guerra fredda fu il luogo in cui avvennero alcuni scambi diplomatici fra le due parti: venivano scambiati dei prigionieri, delle spie di entrambe le fazioni.

Chi sono le “spie”? Spie è il plurale di “spia”, un termine femminile, ma in realtà non ha nulla a che fare col sesso. Una spia è infatti una persona (può essere di entrambi i sessi) che esercita un’attività segreta, che fa qualcosa di segreto: come ad esempio cercare di catturare informazioni importanti, eseguendo degli ordini commissionati da uno stato ai danni di qualcuno. In questo caso si tratta di spie di guerra, spie particolari, persone che, nel territorio di uno stato, svolgono un’attività clandestina, la svolgono di nascosto, al fine di informare un altro stato. Quindi in questo caso le spie sono le persone che cercavano informazioni importanti in Occidente per conto dell’Oriente e In Oriente per conto dell’Occidente.

Abbiamo anche parlato di “guerra fredda”, che, è bene precisarlo, è un termine che indica la lotta politica, i contrasti ideologici che vennero a crearsi dal 1947, cioè dalla fine della seconda Guerra Mondiale, tra i due vincitori della guerra: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, che non potendo affrontarsi direttamente per il rischio di essere distrutte entrambe con armi atomiche (le armi più importanti di cui si possa disporre), hanno dato vita ad una “guerra fredda” (si chiama fredda poiché il caldo è associato alle armi ed alle esplosioni). Si forma a quei tempi quello che anche oggi chiamiamo l’Occidente e l’Oriente, due grandi blocchi internazionali tra loro ostili. L’occidente comprende gli Stati Uniti, gli alleati della NATO e i Paesi amici mentre l’Oriente, è il cosiddetto “blocco comunista” composto dall’Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici.

L’Unione Sovietica e gli Stati Uniti durante questo periodo della guerra fredda usarono per molto tempo il ponte per scambiarsi tra loro le spie fatte prigioniere, per questo motivo il ponte fu soprannominato il “ponte delle spie“.

In pratica avvenivano su questo ponte degli scambi di prigionieri. Questo dal 1962 quando una spia russa, fu liberata in cambio di un pilota statunitense.

Nel 1985 ci fu un altro scambio: 23 agenti dei servizi segreti statunitensi in cambio di un agente e altre tre spie sovietiche. L’ultimo scambio avvenne nel 1986 e fu l’unico reso pubblico a seguito di un servizio delle televisioni occidentali. Uno di questi scambi di spie viene descritto in un film dal titolo “il ponte delle spie”, un film di Steven Spielberg. Sapete che si tratta di un grande regista, anche se all’inizio veniva liquidato come regista un po’ commerciale rispetto a Coppola e Scorsese. Spielberg con l’aiuto dell’attore Tom Hanks, si è adoperato per rendere il ponte delle spie ancora più famoso; si tratta infatti di un film che ha un’ottima valutazione da parte dei critici dopo che questi ultimi lo hanno vagliato con attenzione.

Spielberg con questo film infatti ha saputo convertire una sua naturale predisposizione alla metafora in un denso rigore narrativo. Un film infatti che ha molta attinenza ai fatti. Questo significa che quanto viene raccontato risponde in linea di massima a ciò che è realmente accaduto: La ricostruzione di Berlino, devastata dai bombardamenti, è splendida e allo stesso tempo abbastanza cruda e scioccante. Sono molto belli anche i passaggi del film in cui si mostrano le trattative dello scambio delle spie, con ognuna delle due parti che cerca di dettare le condizioni usando il proprio stile, così diverso dall’altro ed è proprio uno splendido Tom Hanks che impersona un avvocato che riesce a dirimere una trattativa molto delicata. Un film da vedere sicuramente, anche se la sua durata supera, se vogliamo arrotondare, le due ore e quindi potrebbe far declinare la concentrazione. Comunque Il film ha riscosso un discreto successo in Italia, anche da parte della critica, non solo dal pubblico. Non lo sto dicendo tanto per dire perché questo è suffragato dai dati. Qualcuno però dice che non è un film da spacciare come un capolavoro del cinema, un film per cui valga la pena di contrarre un debito per pagare il biglietto, ad ogni modo sicuramente non ha disatteso le aspettative del pubblico, non a caso è un film che ha come si dice, sbancato il botteghino.

L’episodio sta volgendo al termine, spero di essere riuscito a fare un buon lavoro. Sono riuscito ad utilizzare tutti i verbi professionali visti finora. Se ci sono riuscito significa che ho erogato un servizio di qualità per i membri dell’Associazione Italiano Semplicemente. Se invece non ci sono riuscito potete addossare la responsabilità esclusivamente su di me ma non potete querelarmi. Non potete farlo perché non ho parlato male di nessuno dei visitatori di Italiano Semplicemente.

Piuttosto coloro che sono interessati ai verbi professionali ed in generale al linguaggio del mondo del lavoro non devono fare altro che chiedere la loro adesione all’Associazione Italiano Semplicemente. State certi che non casserò la vostra richiesta di adesione.

Bene. Finalmente ho appena utilizzato il penultimo dei 31 verbi professionali (cassare) e questo implica che adesso posso dare il mio consueto saluto a tutti. Implicare era infatti l’ultimo verbo in programma.

Grazie dell’ascolto.

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Le lingue nell’ambito professionale finlandese. Episodio di ripasso.

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Descrizione

In questo episodio Heidi, ragazza finlandese membro dell’associazione Italiano Semplicemente, utilizza alcune espressioni imparate nelle prime lezioni del corso di ITALIANO PROFESSIONALE.

Trascrizione

Lingue nell’ambito professionale finlandese:

In Finlandia si è molto preoccupati. Tutti parlano del mio paese come uno dei più aperti e progressisti del mondo, ma su alcuni aspetti l’apparenza inganna. Ad esempio i ragazzi non studiano più le lingue. Scelgono piuttosto di studiare la matematica oppure le scienze naturali. Io però, avendo studiato diverse lingue, direi che dal punto di vista professionale sia la scelta giusta.
Infatti i finlandesi sembrano non avere abbastanza rispetto per le lingue straniere: è ritenuto sufficiente saper parlare inglese perché è la lingua universalmente riconosciuta come ufficiale nell’ambito professionale internazionale.
A me, dopo aver finito i miei studi, questa realtà è arrivata tra capo e collo. Ciò detto, questi ragazzi perdono un aspetto importante: quello di capire le culture straniere e le persone diverse da loro. Voglio spezzare una lancia a favore delle altre culture: secondo me un’altra cultura e in generale la diversità culturale si possono capire innanzitutto attraverso la lingua. Ed è qui la bellezza d’imparare le lingue straniere: riuscire a guardare il mondo da un punto di vista diverso dal proprio, e così avere la capacità di vedere la propria cultura e le proprie opinioni più ggettivamente. È esattamente questo il valore aggiuntivo che, alle imprese nazionali, portano con sé gli esperti delle lingue: una maggior capacità di capire diverse opinioni e di lavorare con gente diversa. Non voglio parlare semplicemente del vile denaro, ma le imprese non sembrano dare il giusto peso al valore della diversità, nonostante lo Stato stia pagando l’istruzione universitaria anche per chi decide di studiare le lingue: un enorme Buco nell’acqua dunque, soldi mandati all’aria se le imprese non sono sono interessate a sfruttare questo sforzo economico. Per chi non lo sapesse, in Finlandia l’istruzione è gratuita, ed anche quella universitaria è praticamente senza oneri per le famiglie: tanto di guadagnato sarebbe per le imprese sfruttare questo vantaggio.
Con questo discorso non voglio dire che studiando altre scienze, come la matematica ad esempio, non si impari nulla e non si allarghi la propria mente; dico che entrambe le discipline sono necessarie per imprese a caccia di successo. L’economia finlandese continua a basarsi sull’industria ma così non sarà per sempre. Essendo un piccolo paese, sarebbe importante guardare al futuro prima degli altri. Sarebbe importante dare il giusto valore alle esperienze internazionali, non solo dei giovani ma anche degli expat in ritorno in patria. In un piccolo paese tutti si conoscono e i professionisti privati della loro “anima” domestica perdono il loro valore; nello stesso tempo molti giovani finlandesi stanno trovando lavoro all’estero.
Se gli atteggiamenti non cambiano e non si riesce a capire l’antifona, la Finlandia arriverà alla resa dei conti e soffrirà di una grave fuga di cervelli. Peggio ancora, molti giovani che nei loro studi decidono di concentrarsi sulle lingue si troveranno abrancolare nel buio.

Grazie dell’ascolto.

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Il vile denaro. Introduzione alla lezione n. 10 di italiano prpfessionale

Audio

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Descrizione

In questo episodio Daria, membro dell’associazione Italiano Semplicemente, utilizza alcune delle espressioni contenute nella lezione n. 10 del corso di ITALIANO PROFESSIONALE.

Trascrizione

La lezione numero 10 è piena di espressioni nuove, tra l’altro molto colloquiali. I file audio della lezione li ho ascoltati durante il mio recente soggiorno in Italia. È bello che adesso il loro significato sia molto più chiaro per me, anche se tante frasi, come evidenziato nella lezione, sono sconsigliabili da usare, ma è sempre bene conoscerle.

Prima di presentarvi la mia prova con le frasi nuove, vorrei ringraziare Giuseppina per le sue spiegazioni molto chiare e utili.

Allora, per la gente della mia età in Russia è molto tipica la tendenza di programmare il proprio futuro e preoccuparsi del vile denaro sin dal banco universitario se non da quello della scuola!

Sappiamo bene che il denaro non fa la felicità, però nessuno vuole provare la miseria sulla propria pelle. Di conseguenza cerchiamo una professione che ci dia abbastanza denaro per mantenere la famiglia e mettere tranquillamente mani al portafogli quando ce n’è bisogno. Coloro che non vogliono andare in bolletta iniziano a conciliare gli studi universitari con il lavoro appena possibile.

A Mosca quasi tutti cercano lavoro come dipendente, gli altri avviano in proprio un’attività. Nonostante a volte le paghino a peso d’oro, riescono a mettere in pratica le loro idee trasformandole nei loro prodotti proprio com’era nella loro testa. I prezzi da loro praticati sono ovviamente molto alti, perché si producono merci e servizi unici, artigianali, che non possono conseguentemente costare poco.
È una bella fortuna riuscire a vendere i propri prodotti direttamente ai clienti che pagano in moneta sonante, ma quando si vende alle aziende più grandi a volte si deve aspettare il pagamento a lungo e così si rischia di rimanere al verde se le fatture non saranno saldate in un tempo ragionevole.

Dal mio punto di vista, aprire un’attività autonoma sembra veramente un compito molto rischioso. Mi assalirebbe presto la paura di rimanere senza il becco d’un quattrino o quella che un’altra crisi economica mandi I miei affari all’aria. Ad ogni modo sono molto orgogliosa che tra i miei conoscenti ci siano persone che l’hanno fatto. Auguro loro di andare sempre a gonfie vele e mai a rotoli! Sarei molto curiosa di sapere se anche tra i vostri conoscenti esistono degli uomini o donne d’affari così coraggiosi!

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