Episodio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)



Giovanni: “Mettercela tutta“. Questa è l’espressione di cui ci occupiamo oggi.
“Mettercela tutta” significa impegnarsi al massimo, dedicare tutto il proprio sforzo e energie a qualcosa, fare del proprio meglio per raggiungere un obiettivo o affrontare una sfida. È un’espressione che sottolinea il massimo impegno e la determinazione nel perseguire un obiettivo.
E’ un’espressione del tutto equivalente ad altre, tipo: “dare tutto” o anche “dare tutto se stessi” o “dare l’anima” e simile anche a “sputare sangue”.
Ce ne sono anche altre abbastanza simili:
Ma torniamo all’espressione “mettercela tutta”, che utilizza il verbo “mettere”. Questo è chiaro.
Mettere nel senso di impiegare. In questo caso si parla di impegno, di energie, di sforzo, di fatica.
Si sottolinea l’azione di investire completamente se stessi in un’attività o in un obiettivo, indicando massimo impegno e dedizione.
Vediamo qualche esempio:
Nello studio:
“Sto studiando per gli esami e voglio davvero mettercela tutta quest’anno.”Nello sport:
“L’atleta si è infortunato, ma vuole comunque mettercela tutta per tornare in forma.”Nel lavoro:
“Ho un progetto importante da completare, e voglio mettercela tutta per consegnarlo entro la scadenza.”Nelle relazioni:
“Dopo l’ultimo litigio, abbiamo deciso entrambi di mettercela tutta per far funzionare la nostra relazione.”Nelle passioni personali:
“Ho iniziato a suonare la chitarra e voglio veramente mettercela tutta per migliorare la mia abilità musicale.”
Avrete notato che in “mettercela” c’è la particella “ce” che si riferisce al luogo o l’obiettivo. È anche possibile staccare ce dal verbo.
Es: ce la devi mettere tutta per superare l’esame
Cioè:
Devi mettercela tutta per superare l’esame.
Oppure:
Dovrò mettercela tutta affinché io possa battere il record del mondo
Cioè:
Ce la dovrò mettere tutta affinché io possa battere il record del mondo.
Questo si può fare anche con altri verbi, non solo con mettere. C’è già un episodio in merito (anzi due) fortunatamente, quindi potete dargli un’occhiata se vi interessa.
Avrete anche notato che si usa la forma femminile: mettercela e non mettercelo. Lo abbiamo visto anche in altri episodi. “La” a cosa si riferisce quindi?
Questa cosa di usare il femminile nelle locuzioni e espressioni idiomatiche è una caratteristica della lingua italiana e la forma femminile non è legata in questi casi al genere del sostantivo.
Parliamo di impegno che è maschile, o di dedizione che è femminile, o di energia, ancora femminile, o di sforzo, stavolta maschile. Potreste impazzire se andiamo avanti così…
Ci sono pertanto molte altre espressioni idiomatiche in italiano che seguono la forma femminile. Qualcuna di queste li abbiamo già trattate. Abbiamo anche parlato dei verbi pronominali una volta.
Es:
Farla fuori dal vaso (che ha un senso simile a esagerare)
Prendersela con qualcuno (accusare qualcuno per qualcosa di accaduto)
Buttarla sul ridere (un’espressione che si usa per sdrammatizzare)
In tutte queste espressioni il cambiamento al maschile ne compromette il significato. Non avremo più un’espressione o una locuzione.
Spesso accade invece che la stessa modalità possa usarsi anche per riferirsi a un sostantivo femminile, ma in quel caso il senso è quello materiale.
Es: quanta pasta devo mettere nell’acqua?
Risposta: metticela tutta
Oppure: devi mettercela tutta, ce la devi mettere tutta.
Sto parlando della pasta (la) che devo mettere nell’acqua (“ce” indica il luogo).
In questo caso, quando mi riferisco al sostantivo, la frase ha lo stesso uso della forma maschile.
Es:
Ho un etto di formaggio qui, quanto ne devo mettere nella pasta?
Risposta: “ce lo devi mettere tutto” o “metticelo tutto” o “devi mettercelo tutto“.
Stavolta uso il maschile perché il formaggio è maschile.
In altre locuzioni simili, cioè che sono alla forma femminile, a volte accade la stessa cosa, vale a dire che posso usare il maschile o il femminile in senso materiale per riferirmi a qualcosa di maschile o femminile, ma in altri casi non si fa.
Le espressioni citate prima ad esempio non si usano quasi mai al maschile neanche in senso materiale. A volte si può fare però.
Ad esempio “prendersela comoda” potrei usarla così:
Dovrei prendere una poltrona, hai qualche consiglio da darmi?
Risposta: prenditela comoda! In questi casi bisogna prendersela comoda.
Chiaramente sto parlando della poltrona che deve essere comoda, cioè confortevole.
Adesso facciamo un esercizio di ripetizione. Ripetete dopo di me:
Ce la devi mettere tutta!
Stavolta ce la metterò tutta, caschi il mondo!
Metticela tutta mi raccomando!
Per mettercela tutta non ce la dobbiamo prendere comoda
Per farcela, dobbiamo mettercela tutta!
Se vuoi farla franca, devi mettercela tutta!
Mettetecela tutta se volete superare l’esame di italiano
Mi auguro che ce la mettano tutta i vostri figli per laurearsi in tempo.
– scarica il file audio in formato mp3
Giovanni: oggi vediamo un episodio ricco di espressioni idiomatiche italiane. Vediamo come usare la mano o le mani. Il vocabolario è ricchissimo di esempi.
Sapete infatti che ci sono molte espressioni in cui si usa la mano.
Numeri alla mano (o dati alla mano) è una di queste: significa conoscendo i dati, avendo a disposizione le informazioni numeriche.
Con i dati alla mano, cioè a disposizione, si possono fare i conti, si può giungere a conclusioni.
La mano indica disponibilità, perché le cose che teniamo in mano sono nostre e le possiamo controllare.
Essere un tipo o una persona alla mano è un’altra espressione. Un tipo disponibile, piacevole, amichevole, disponibile e flessibile, che si adatta alle diverse situazioni come una mano, appunto.
Essere a portata di mano invece indica la vicinanza di un luogo qualsiasi. Come se allungare una mano bastasse per raggiungerlo.
C’è un ristorante a portata di mano da queste parti? È comodo avere tutto a portata di mano, vuol dire che non devo faticare, non devo percorrere lunghe distanze.
Posso usare anche in modo più materiale questa espressione:
Scusa mi passi il sale visto che ce l’hai a portata di mano?
Con lo stesso senso si usa anche sottomano.
Vorrei scrivere una poesia ma non ho sottomano una penna. Qui c’è meno il senso della comodità ma più che altro quello della disponibilità immediata.
Se invece una cosa è non a portata di mano allora è fuori mano. Significa che è un po’ distante. Una casa fuori mano è ad esempio lontana dal centro abitato.
Tornando alle persone, quelle alla mano però non è detto abbiano le mani d’oro, non è detto cioè che sappiano fare tutto, che abbiano una ottima manualità. Chi usa le mani per fare massaggi invece può avere le mani di fata: sensibili e efficaci.
Se avete le mani d’oro difficilmente su ciò che fate occorre ancora rimetterci le mani, perché il vostro lavoro è perfetto. Infatti rimettere le mani (o rimettere mano) su un lavoro ha questo senso: non è completo, è ancora da perfezionare, o è difettoso. Allora bisogna rimetterci mano.
Chi nvece ha le mani in pasta, come un pizzaiolo, è coinvolto in una attività, e di solito c’è sempre da guadagnare qualcosa. È ovviamente un’immagine figurata, la pasta rappresenta gli affari, l’organizzazione, il coinvolgimento nel dar forma a qualcosa. I politici potremmo dire che hanno sempre le mani in pasta ovviamente, ma l’espressione si usa sopratutto in termini negativi quando ci sono interessi personali coinvolti. È simile ad essere immischiati.
La disponibilità è probabilmente la caratteristica più frequente nelle espressioni con la mano.
Dare una mano è sicuramente quella più comune e più conosciuta dai non madrelingua. Ma prima ancora che la mano venga data bisogna porgerla o tenderla. Ma tendere la mano l’abbiamo già vista insieme.
Le mani, poi, al plurale, possono essere usate fisicamente, ad esempio venendo alle mani con qualcuno. Venire alle mani è un modo educato e formale di dire picchiarsi, usare le mani per farsi del male fisicamente, dopo un litigio. Se qualcuno ti mette le mani addosso durante un litigio però puoi sempre lamentarti: giù le mani! Come ti permetti di alzare le mani? Io ti denuncio sai!
Non mi mettere le mani addosso! È spesso una frase usata per difendersi da chi alza le mani con facilità.
Ma con alzare le mani in questo caso vogliamo dire picchiare, usare le mani per far del male. Ma alzare le mani si usa anche in altro modo, ad esempio quando si fa una domanda:
Chi ha domande da fare alzi pure la mano.
Ma se vi trovate in una banca durante una rapina, e il rapinatore vi dice di alzare le mani, non vi sta chiedendo di fare domande, ma di mettere le mani in alto, come segno di resa:
Mani in alto! Nessuno si muova, questa è una rapina!
In questi casi ci si sente che non si può far nulla, e in tutte queste situazioni, non solo nelle rapine, si può dire:
Di fronte a questo io alzo le mani!
Vuol dire: basta, mi arrendo, adesso non riesco più a far nulla.
Ci sono situazioni in cui ci sentiamo veramente inermi, e siamo rassegnati, scoraggiati. In questi casi possono addirittura cadere le braccia!
Dopo cinque anni di lezioni di italiano, se uno studente scrive: “vado a casa” ma scrive a con l’acca, come se fosse il verbo avere, al professore cadono sicuramente le braccia.
Ma restiamo alle mani.
Avete capito che la mano non sempre si usa per indicare cose piacevoli. Un altro esempio è avere la mano di ferro, espressione che si usa quando si è inflessibili e duri, tutt’altro che disponibili ed alla mano!
Poi c’è chi ha le mani bucate, chi cioè spende molto denaro senza farci troppa attenzione. Conosco molte persone con le mani bucate io. E voi? Che spemdaccioni!
Queste persone escono di casa con molti soldi ma tornano sempre con le mani vuote cioè senza avere più nulla in mano. Questa espressione si usa anche quando c’è qualcosa da dividere tra persone ma qualcuno resta senza ottenere nulla. Resta a mani vuote, appunto, non ottiene nulla.
Le mani in questo caso indicano possesso e di espressioni di questo tipo ce ne sono parecchie. Possesso, controllo, ma anche protezione:
Fidati di me, sei in buone mani.
C’è fiducia in questo caso, fiducia e protezione. Ma essere in cattive mani è ovviamente l’opposto.
Anche avere le mani in pasta rientra in questo ambito.
Ho le mani su un grossi affare.
In questo caso c’è un’opportunità, qualcosa che si potrebbe ottenere a proprio vantaggio.
A proposito, in guerra si può cadere in mano del nemico. In tal caso il nemico ottiene il controllo su di te o su un territorio. Si usa anche in politica nel caso di vittoria delle elezioni.
A proposito, l’Italia è nelle mani dell’Europa. Speriamo arrivino gli aiuti di cui abbiamo bisogno per affrontare l’emergenza economica. Solo l’Europa può aiutarci. Speriamo che si mettano una mano sulla coscienza altrimenti avremo forti difficoltà questa volta.
Mettersi una mano sulla coscienza significa comportarsi senza fare del male, avendo pietà, comportarsi con bontà, verso qualcuno che sta in condizioni molto difficili.
Quando si fa beneficenza ad esempio, o quando si raccomanda a qualcuno di comportarsi con bontà:
Mettiti una mano sulla coscienza, e aiuta chi ha bisogno se ti chiede di dargli una mano.
Le mani possono essere usate anche per difendersi, lo abbiamo già detto con venire alle mani (o passare alle mani) e alzare le mani e mettere le mani addosso.
Ma chi si sente attaccato non fisicamente, e si difende addirittura prima di ricevere un’offesa o per anticipare un evento negativo si dice che mette le mani avanti.
Spesso chi è colpevole mette le mani avanti, perché sa che sarà accusato. In fondo quando si sta per cadere si mettono fisicamente le mani avanti per non farsi male.
A mano a mano che vado avanti mi accorgo che ci sono molte altre espressioni con la mano.
Man mano che mi vengono in mente (stesso significato) vi spiego ovviamente il significato.
Dunque, ad esempio, se non credete in qualcosa che vedete o che vi viene raccontata ma avete bisogno di toccare con mano, evidentemente non vi fidate e volete verificare di persona, proprio come San Tommaso, che ha voluto toccare con mano il corpo di Gesù perché non credeva nella sua resurrezione.
Allora chi vuole toccare con mano, solitamente è perché non crede in qualcosa ma più in generale questa espressione si usa con le esperienze personali:
Una volta toccata con mano, là povertà non si dimentica.
Al lavoro poi, chi non fa nulla, chi non lavora, mentre dovrebbe farlo, si dice che se ne sta con le mani in mano.
Queste persone che se ne stanno con le mani in mano semplicemente non fanno nulla, e per questo fanno rabbia, suscitano un sentimento negativo.
Se mi capita tra le mani una persona di questo tipo… Peggio per lui!
Capitare tra le mani fa riferimento a situazioni casuali in cui si ha una opportunità. Le mani servono per afferrare questa opportunità.
Se mi capita tra le mani un buon affare non me lo lascerò scappare!
Se mi capitasse tra le mani Trump gliene direi di tutti i colori!
Se dite così evidentemente Trump non vi sta molto simpatico.
Non sono molto simpatiche neanche le persone (ma non solo le persone) che fanno man bassa di qualcosa.
La Juventus sta facendo man bassa di scudetti negli ultimi anni. Vince sempre la Juventus. Non resta nulla per gli altri.. La Juventus vince a mani basse, cioè con molta facilità.
Ma questa non è certamente una notizia di prima mano, perché è da tempo che la juve vince e lo sanno tutti. Una notizia di prima mano è una notizia acquisita direttamente dalla fonte, mentre se un’altra persona dà la stessa notizia dopo averla ascoltata da me questa notizia diventa di seconda mano.
Quindi in questo caso non sono proprio fresche, ma in genere le cose di seconda mano sono le cose, gli oggetti usati.
Quindi se si acquista un’automobile di seconda mano questa non è un’auto nuova. Ma se è nuova non si dice che è di prima mano. Solo le notizie possono essere di prima mano.
Con le mani comunque si possono fare tante cose!
Se si mordono le mani, ad esempio, siamo arrabbiati perché abbiamo perso un’occasione, perché potevamo fare qualcosa e adesso siamo pentiti ma ormai è tardi:
Se penso che sarei potuto andare in Brasile prima del corona virus e non ci sono andato… Mi mordo ancora le mani per questo!
Si può anche chiedere la mano di una ragazza se si è intenzionati a sposarla.
Signorina, vorrei chiedere la sua mano!
Questo è chiedere la mano, fare una proposta di matrimonio.
Invece prendere per mano, significa aiutare, come dare una mano, ma più nel senso di indicare la strada. Quando si prende per mano una persona è per guidarla, per fargli vedere come si fa.
Invece prenderci la mano è quando si impara a fare qualcosa.
Prima impariamo e poi quando siamo bravi possiamo dire che ci abbiamo preso la mano. E tutto diventa più facile.
Ma quando ci si fa prendere la mano le cose possono diventare pericolose. Vuol dire che abbiamo perso il controllo della ragione e non riusciamo più a smettere spinti dalla voglia di ottenere risultati migliori.
Quando si gioca al casinò è facile che il gioco ci faccia prendere la mano. Mai farsi prendere la mano altrimenti perdiamo tutto!
Con il matrimonio si rischia meno, quindi meglio chiedere la mano ad una ragazza che farsi prendere la mano al gioco.
In fondo la mano serve a infilare l’anello al dito. Magari un anello fatto a mano, cioè un anello artigianale. Si riconosce subito la mano di un vero artigiano.
E cosa succede quando ci si lavano le mani?
Questa frase si usa per non avere responsabilità.
Io me ne lavo le mani!
Significa io non mi interesso di questo, a me non importa, non voglio avere a che fare con questo. Il significato esatto è declinare le responsabilità, come a dire:
Non sono responsabile di questo.
In effetti avere le mani sporche indica una colpevolezza, quindi lavarsele indica il gesto di chi non vuole coinvolgimento, e non è un caso che in Italia, ai fenomeni di corruzione politica degli anni ’90 è stato dato il nome di “mani pulite“. Molti politici sono risultati corrotti in quell’occasione. Sebbene molti abbiano cercato di lavarsene le mani.
Molti giuravano di essere innocenti e affermavano che si poteva mettere la mano sul fuoco sulla loro innocenza!
I politici si aiutavano tra loro anche. Io aiuto te e tu aiuti me: una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso.
Un proverbio non proprio dei migliori questo. In genere non si usa per indicare una semplice collaborazione,ma c’è bisogno che ci sia qualcosa di illecito. Un accordo illecito, vietato dalla legge.
Stavamo parlando di mettere le mani sul fuoco come segno di fiducia.
Questo vuol dire che bisogna avere fiducia, talmente tanta fiducia da essere disposti a mettere le mani sul fuoco in caso di colpevolezza. In senso figurato ovviamente. È come dire fudarsi ciecamente.
Ma finalmente è arrivata l’inchiesta mani pulite, e la mano della giustizia e ha sistemato le cose!
Una mano poi si può dare come segno di aiuto, come si è detto, ma anche per presentarsi o per stringere accordi.
Piacere, io sono Giovanni.
Nel caso di accordi meglio usare stringere la mano.
Non si diventa amici senza una stretta di mano, e tra amici si può anche giocare a carte.
Facciamo un’altra mano di poker?
La singola partita di carte si può anche chiamare “una mano” quindi.
Altre due mani e andiamo casa ok?
Le due mani indicano anche coraggio ma solo quando si prende il coraggio a due mani. Lo abbiamo visto anche nell’episodio dedicato ai numeri.
Una mano di pittura la potete dare anche alla perete del vostro appartamento, o al cancello della vostra casa. In quel caso date però una mano di vernice. Con due mani è anche meglio comunque. Ma dovete lasciar asciugare la pittura o la vernice dopo aver dato la prima mano.
Infine la cosa peggiore che esiste: fare la manomorta!
Se vi trovate su un mezzo pubblico ed è molto affollato, qualcuno potrebbe fare la manomorta, cioè potrebbe approfittare dell’affollamento per palpeggiare le persone…normalmente le ragazze!
In un posto gremito però, non solo può capitare una manomorta. Può anche darsi che qualcuno con le mani lunghe proverà ad allungare le mani per rubacchiare, allora bisogna essere attenti perché ce ne sono molti che sono svelti di mano.
Tra l’altro chi fa scherzi di mano fa scherzi da villano! Così recita un famoso proverbio.
Una volta però colto con le mani nel sacco, (cioè una volta scoperto a rubare) non gli resta che mettersi le mani nei capelli (si fa così quando si è disperati) perché poi rimarrà con un pugno di mosche in mano. Questo accade quando non resta più nulla.
P. S: Non so se mi sono ricordato di tutte le espressioni possibili, ma ringrazio i membri dell’associazione italiano semplicemente che mi hanno dato manforte.
Buongiorno a tutti e benvenuto in questo episodio di ripasso della rubrica 2 minuti con Italiano Semplicemente – Parliamo dell’anno bisestile.
Abbiamo superato i 200 episodi. Niente male vero? E dire che sembra ieri che abbiamo iniziato questa rubrica.
Cerchiamo oggi di utilizzare il maggior numero di espressioni imparate finora. Non tutte ovviamente perché, che volete , sono più di 200, mica pizza e fichi!
Il mese di Febbraio nel 2020 ha 29 giorni, e questo accade ogni 4 anni. Ogni 4 anni diventa di 29 giorni. Normalmente ne ha 28. Si tratta di un’eccezione quindi alla regola. Un’eccezione che si ripete ogni 4 anni.
Siete curiosi di sapere il motivo? Quale occasione migliore di un episodio di ripasso proprio questo giorno?
Ma mi chiedo: allungare un giorno ogni 4 anni ha conseguenze negative?
Che io sappia no, ma se qualcuno di voi crede che l’anno bisestile vada a discapito dei propri interessi, o della propria salute, mi faccia sapere… sono proprio curioso!
Difficilmente comunque sarei disposto ad assecondare una teoria di questo tipo.
Sicuramente infatti nessuno di noi potrà risentire delle conseguenze di un giorno in più, Che sarà mai un giorno!
Circa le ragioni di questa curiosità, la spiegazione è semplice, e risale ai tempi dell’impero romano.
Che poi noi tutti a quei tempi non fossimo presenti, beh, questo è assolutamente normale, considerato che stiamo parlando di all’incirca 2000 anni fa.
Dunque, dicevo che la storia dell’anno bisestile, (si chiama anche “bisesto”, per la cronaca (questa la spieghiamo domani), risale ai tempi dell’antica Roma, dunque è ormai una tradizione che dura da moltissimo tempo, e se vogliamo ci siamo anche abituati ormai.
L’anno bisestile non è altro che un anno composto da 366 giorni anziché di 365.
Questo avviene ogni quattro anni, perché un anno in realtà, mi riferisco all’anno solare, durerebbe, volendo essere precisi, esattamente 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi.
Spero non siate insofferenti ai numeri. Fatemi sapere se accusate il colpo.
Siamo noi comunque che arbitrariamente abbiamo deciso di far durare l’anno durare 5 ore, 48 minuti e 45 secondi meno del dovuto. Ma io mi chiedo: inserendo un giorno in più ogni 4 anni, quindi 6 ore ogni anno, abbiamo sgarrato di circa 12 minuti. Dunque i conti non tornano.
Non la vedete così anche voi? Il che mi fa dedurre che tra circa 5000-6000 anni, più o meno, le stagioni risulteranno spostate di un mese in avanti. Vi era sfuggito questo particolare?
Comunque torniamo a bomba: chi di voi è nato il 29 febbraio? Conoscete almeno una di queste persone?
Si dice che invecchino più lentamente visto che festeggiano il compleanno ogni quattro anni. Ma questa sembra una vera sciocchezza giusto?
Ai tempi dei romani dovete sapere che c’era un calendario diverso dal nostro.
Quel calendario viene chiamato anche pre-giuliano, poiché è rimasto in vigore fino all’avvento del calendario giuliano, istituito da Gaio Giulio Cesare nell’anno 46 a.C., che sarebbe morto due anni dopo. Ma questo non ha alcuna importanza ai fini dell’episodio di oggi.
Mia figlia è nata il 28 febbraio sapete? Ma nessuno aveva programmato di farla nascere il 29, quindi non è nata anzitempo, anche perché quell’anno, il 2006, non era bisestile.
Invece domani è il mio compleanno, quindi normalmente i nostri due compleanni sono attaccati, fatti salvi, appunto, gli anni bisestili.
Quest’anno comunque è diverso dagli altri anni bisestili. Le persone oggi non si accalcano nei teatri e nei cinema, per via del corona virus. D’altronde ci sono regole igieniche a cui tutti dobbiamo sottostare se vogliamo combattere questo virus.
Ma vedrete che tra qualche settimana saremo riusciti ad avere la meglio su di esso, me lo sento, e così tutti gli stranieri non diranno più che non se la sentono di venire in Italia, altri poi sono combattuti, per ora hanno un po’ di fifa ma passerà. Alcune misure sembrano un po’ esagerate, tipo chiudere le scuole, ma chi le ha prese avrà pensato che non bisogna lasciare nulla di intentato.
Comunque, cosa farete voi in questo giorno in più che il calendario ci ha regalato?
Io sono andato in palestra, e spero non debba rispondere di questo. Se dovessi conrarre il virus mi darò all’isolamento, non si sa mai, ma spero che il virus, bontà sua, non mi rovini il compleanno. Ma se andassi in quarantena ci sarebbe un bel rovescio della medaglia: farei almeno 10 episodi al giorno!
Comunque per rassicurarvi la palestra era quasi deserta, quindi non vedo perché preoccuparsi. Oggi mi ero prefisso di allenarmi e si dà il caso che io mantenga le promesse e gli impegni presi. Stare a casa a cincischiare non è proprio da me. Tenere a bada le preoccupazioni e le tensioni è importante e fare attività sportiva mi aiuta in questo.
Bene, adesso che abbiamo rispolverato alcune espressioni, tra cui qualcuna che va per la maggiore tra gli italiani, posso salutarvi.
Ci sentiamo al prossimo episodio di ripasso, ma tra un po’, quando avremo realizzato almeno altri 30 episodi della rubrica, prima direi che non è cosa.
Spiegazione per madrelingua spagnola (Italiano per ispanofoni)
Para ver el episodio completo, hazte socio de Italiano Semplicemente o escribe al autor.
Padre: Allora parliamoci chiaro, stasera se vuoi uscire, torni a casa entro mezzanotte ok? Altrimenti non esci proprio. O così o Pomì.
Figlia: ok, uffa però!
O così o Pomì.
Mai sentita questa frase? Significa che questa è l’unica possibilità. Non ce ne sono altre. Quindi, nel dialogo che avete ascoltato, o torni prima di mezzanotte oppure non esci. L’unica possibilità di uscire è tornare prima di mezzanotte.
Si potrebbe dire:
O così o niente
O così o nulla da fare
È la stessa cosa.
Ma cos’è pomì? Solo una marca di pomodori in scatola. Questa espressione era proprio lo slogan di una vecchia pubblicità diventata una espressione idiomatica.
Capita anche questo nella lingua italiana.
Risposte:
1. d), e)
2. b) il pomodoro è un frutto
3. c)
4. No, perché la frase offre la scelta fra due possibilità. O così o pomì vuol dire, c’è solo una possibilità, non c’è nessuna alternativa.
5. c)
Ciao ragazzi, facciamo oggi un bell’esercizio dedicato alle preposizioni semplici ed ai mestieri, cioè le professioni, vale a dire ai lavoro. In questo esercizio racconterà una storia in cui vengono utilizzate le espressioni idiomatiche spiegate sul sito italianosemplicemente.com dal 2015 fino ad oggi.
Nella spiegazione scritta, però, mancheranno le preposizioni semplici.
Di conseguenza sta a voi scrivere le giuste preposizioni da utilizzare, dopodiché potrete guardare ed ascoltate la soluzione domani, quando pubblicherà la soluzione con tutte le preposizioni semplici da usare nelle varie parti del testo: di, a, da, in, con, su, per, tra, fra.
Vi parlerò dell’apprendimento della lingua italiana secondo Italiano Semplicemente. Ogni volta che si presenterà una preposizione semplice vedrete uno spazio vuoto sul testo e ascolterete un “bip” nel file audio.
Domani invece potrete leggere e ascoltare la soluzione.
Come sapete, il sito Italiano semplicemente.com è basato sulle sette regole d’oro che vado____seguito ad elencare:
1) Ascoltare ascoltare ascoltare. REPETITA IUVANT. Questa è la prima delle sette regole d’oro; la più importante. Ma come, non è la grammatica la prima regola? Ma quale grammatica d’Egitto! Italiano Semplicemente non insegna la grammatica fine____se stessa. Se amate la grammatica spiegata____modo noioso____Italiano Semplicemente non c’è trippa____gatti!
2) Usare i tempi morti____ascoltare. Questa è la seconda regola d’oro____cui far riferimento: quali sono i tempi morti? Mentre si fa colazione, al bagno (anche facendo la doccia), quando siete____viaggio, mentre si fa la spesa, lavando i piatti eccetera. Una cosa importante: se ci sono persone attorno____voi, magari parlate____voce bassa o nella vostra testa, ma se avete la faccia____bronzo non sarà un problema. ___ l’altro, non aver paura____essere giudicati e____fare brutte figure è sicuramente un punto____vostro vantaggio.
Lo stress, uno dei nemici____sconfiggere. Se non volete perdere la voglia____imparare, dovete armarvi____pazienza e aspettare che le prime due regole d’oro diano i risultati. Vedrete che scoprirete una cosa fondamentale nell’apprendimento della lingua, e se finora avete ascoltato o studiato stressati, adesso che conoscete questa regola, vi rifarete____gli interessi.
4) Apprendere attraverso delle storie ed emozioni. Questa è la quarta regola____usare. Cosa vuol dire? Non imparate frasi o singole parole: ascoltate delle storie, ascoltate dei podcast, un discorso compiuto che metta____moto il vostro cervello. Il contesto vi aiuterà____capire ciò che non riuscite____capire attraverso una singola frase; se non conoscete una parola, le altre parole del discorso vi aiuteranno. Le emozioni non vi faranno distrarre e non vi stancherete____ascoltare. Ma questa è una regola importante anche____chi insegna. Il mio ruolo è importante: sarà mia la responsabilità nel non farvi annoiare.
5) Apprendere attraverso Italiano vero e non____libri____grammatica. Ascoltare ciò che PIACE. Trattasi della quinta regola d’oro____Italiano Semplicemente. Dedicate il vostro tempo____leggere e ascoltare ciò che attrae il vostro interesse. Anche questa regola vale anche____me, che devo realizzare episodi differenziati,____raggiungere i gusti____tutti.
6) Sesta regola d’oro: Domande e risposte sulle storie ascoltate: I principianti e anche chi ha un livello più alto, deve esercitarsi____subito e provare____rispondere (con la propria voce)____delle facili domande____quanto ascoltato,____questo modo l’apprendimento diventa attivo, non passivo: voi partecipate attivamente e così imparare ad usare parole diverse, parole alternative, verbi e tempi diversi. Ci sono diversi modi____rispondere alla stessa domanda.
7) Parlare: l’ultima regola ma non____importanza. Oggi abbiamo i social, abbiamo whatsapp, abbiamo le chat____cui possiamo parlare____persone____ogni parte del mondo.
Usate tutti questi strumenti____parlare,____ascoltare e____scrivere, ma soprattutto____parlare, perché una lingua non si chiamerebbe così se non si dovesse parlare.____questo modo, rispettando queste sette regole d’oro, va____sé che ci sarà un miglioramento del vostro livello____italiano e questo avverrà anche____modo veloce. Gli amanti della grammatica si mettano l’anima____pace.
Spero che questo episodio rispetti le sette regole d’oro e che voi possiate riuscire____terminare l’ascolto avendo la voglia____rifarlo altre volte. Provate____stampare il dialogo e____riempirlo____le preposizioni semplici. E ascoltate poi la soluzione nel secondo file audio che trovate____questo episodio.____chi è interessato, abbiamo realizzato altri episodi dedicati alle preposizioni semplici. Date un’occhiata se avete tempo.____poco questo episodio sarà terminato. Solo il tempo____un saluto e un’ultima raccomandazione: trovate un amico____cui condividere i vostri episodi: farlo____due sarà più piacevole e produttivo!
Un saluto____Giovanni
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Ciao a tutti, “chi di dovere” è l’espressione che voglio spiegarvi oggi. Io sono Giovanni e voi state ascoltando un nuovo episodio di italianosemplicemente.com.
Tre parole compongono questa frase, questa espressione, che si usa solamente nella forma orale.

Chi è un pronome, è significa “colui che” o “colei che” cioè “la persona che“. Quindi chi indica una persona. Non si può quindi usare per gli animali e per gli oggetti.
Di è una preposizione semplice. Si usa in moltissimi casi diversi. Vi consiglio un episodio dedicato proprio alle preposizioni semplici.
La parola dovere, infine, è un verbo e un sostantivo. Il dovere come sostantivo si contrappone solitamente al diritto.
Come verbo infatti indica l’obbligo di fare qualcosa. “Io devo fare qualcosa” significa che io sono tenuto a fare qualcosa, che sono obbligato a fare qualcosa.
Nella frase di oggi la parola “dovere” funge da sostantivo.
Quindi stiamo parlando di una persona, perché c’è il “chi”, e di un dovere: qualcuno forse ha un dovere da fare?
In realtà non c’è nessuno che ha un dovere da fare. Ma siamo vicini al concetto di dovere.
Vediamo perché.
L’espressione in effetti fa riferimento a qualcuno, questo è vero, quindi il pronome “chi” ha proprio questa funzione, ma “di dovere” indica qualcosa di molto generico.
Non si sta indicando una persona che conosciamo, qualcuno di preciso, una persona precisa.
Questa espressione possiamo anche vederla come una frase accorciata. La vera frase potrebbe cioè essere più lunga.
Ad esempio, se in ufficio accade qualcosa che io ritengo non sia corretta, potrei decidere di riferire l’accaduto al direttore o a qualcuno che ha capacità decisionale, qualcuno che possa prendere adeguati provvedimenti. In modo generico potrei dire:
Quello che è accaduto non deve più accadere, quindi riferirò a chi di dovere.
Riferirò a chi di dovere: voglio dire che l’accaduto sarà riferito a qualcuno che possa fare qualcosa.
Non mi sto riferendo ad una persona precisa, ma solamente alla figura che questa persona rappresenta.
Potrebbe trattarsi del direttore, del dirigente di un ufficio, del responsabile di un servizio.
Insomma, sto parlando della persona (o dell’ufficio) alla quale tocca o compete fare qualcosa.
Questa persona o quest’ufficio ha un potere, evidentemente.
Questa persona ha un ruolo, e potremmo dire che ha un “dovere”.
Spesso infatti parliamo di una figura professionale, di qualcuno che ha una responsabilità che deriva dal lavoro che fa, dal ruolo che occupa. Quindi questa persona ha un dovere, un dovere professionale.
Ecco perché si dice “chi di dovere”. Si intende dire:
Chi, di dovere, svolge questa funzione
Chi, di dovere, ha responsabilità in merito
Chi, di professione, ha il potere di fare qualcosa.
Mentre ho pronunciato queste frasi ho aggiunto sempre qualche parola in più rispetto a “chi di dovere” ed inoltre ho fatto una pausa dopo la parola “chi” , ed infatti ho anche messo una virgola:
chi, di dovere, svolge questa funzione.
Un modo veloce e discorsivo di esprimere lo stesso concetto è proprio:
Chi di dovere.
Senza fare pause, quindi senza mettere virgole, e senza aggiungere altro. Il concetto è chiaro così.
Vi faccio altri esempi:
Mi trovo in ospedale e devo fare delle analisi del sangue. Vado allo sportello amministrativo e la persona addetta a parlare con i clienti mi dice:
Compili questo foglio, scriva tutte le informazioni personali, dopodiché io provvederò a inoltrare la sua richiesta a chi di dovere!
Quindi il foglio verrà consegnato a qualcun altro, e precisamente alla persona a cui spetta questo compito, cioè alla persona cui va consegnato perché è proprio questo il suo compito.
Fa parte del suo “dovere” ricevere queste informazioni.
Ho usato diversi verbi finora parlando di responsabilità e dovere: Spettare, competere, toccare.
Il verbo “toccare” può sembrare strano da usare in questo contesto, poiché non stiamo parlando di mani e di tatto.
Toccare in questo caso equivale a spettare, competere.
Ah quasi dimenticavo: se invece conoscete la persona responsabile, cioè la persona alla quale spetta la responsabilità. Potete ugualmente usare l’espressione di oggi, se volete aggiungere che, in caso di sua assenza o indisponibilità, la responsabilità è di un’altra persona che la sostituisce. In tal caso potete sempre usare “chi di dovere” e dire dire ad esempio:
La responsabilità spetta a Giovanni o a chi di dovere
oppure:
La responsabilità spetta a Giovanni o chi per lui.
oppure
Bisogna inviare il documento a Francesca o (a) chi di dovere
Bisogna inviare il documento a Francesca o (a) chi per lei.
In questi casi quindi non sapete chi è il sostituto di Giovanni o Francesca (o non siete sicuri), potete usare entrambe le espressioni, ma se volete sottolineare la sostituzione meglio usare l’espressione “o a chi per lui/lei”.
Vediamo ancora questi verbi che abbiamo usato quando si parla di responsabilità: spettare, competere e toccare.
A chi tocca fare questo lavoro?
A chi spetta?
A chi compete?
Chi è il responsabile?
Di chi è la responsabilità?
Di chi è la competenza?
Di chi è la spettanza?
Sicuramente toccare è il più informale di tutti, ma è molto usato informalmente.
Facciamo un ultimo esempio. Ammettiamo che una persona abbia un incidente per colpa dell’amministrazione di una città.
Ad esempio una persona che cade in una buca nel terreno in città.
Questa persona potrebbe chiedere al sindaco della città, o a chi di dovere, di intervenire, per riparare il danno alla strada.
Questo cittadino non conosce le responsabilità dell’amministrazione, ma questo non significa che non possa lamentarsi, quindi nella sua lettera chiede un intervento da parte di chi di dovere.
“L’ufficio responsabile deve intervenire”, questa è la richiesta da parte del cittadino, pur non conoscendo di chi sia esattamente la responsabilità.
A chi spetta intervenire? A chi tocca? A chi compete? Non si sa, ma si spera che l’ufficio responsabile intervenga.
Bene un piccolo esercizio di ripetizione adesso. Ripetete dopo di me.
Chi di dovere
Spediamo il documento a chi di dovere
Chiedo a chi di dovere di intervenire
Speriamo che, chi di dovere, faccia immediatamente qualcosa.
Giovanni mi ha detto di aver parlato con chi di dovere sabato scorso.
Ciao ragazzi, al prossimo episodio di italiano semplicemente.
Un abbraccio da Giovanni.
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Rifarsi con gli interessi. Questa è la frase che vi spiego oggi. State ascoltando la voce di Giovanni e questo è uno dei tanti episodi presenti su italianosemplicemente.com.

Sapete cosa sono gli interessi? Facciamo una breve panoramica su questa parola, così capirete bene la frase di oggi in un secondo momento. Sarà anche l’occasione per vedere qualche verbo particolare.
Se andate in banca e chiedete dei soldi in prestito, vedrete che ciò che prendete in prestito dalla banca deve essere restituito indietro alla banca, ovviamente. Ma non basta la cifra che avete preso. Bisogna aggiungere gli interessi.
Se prendete €100 in prestito probabilmente dovrete restituirne circa €105.
€100 di capitale e €5 di interessi. I cinque euro rappresentano il compenso della banca, cioè il guadagno della banca.
La parola interesse ha anche altri significati come sapete.
Ad esempio è un’attrazione verso qualcosa che quindi attira il vostro interesse.
Inoltre l’interesse è un affare, una faccenda, un’attività da cui si può ricavare un vantaggio, un utile. I due significati sono ovviamente legati perché se puoi ricavare un vantaggio da qualcosa allora questo qualcosa attira o riscuote il tuo interesse.
È interessante notare i verbi legati alla parola interesse, in particolare mi interessa parlarvi di badare e curare, che hanno ciascuno due significati diversi.
Si può badare al proprio interesse o ai propri interessi. Badare significa prestare attenzione, avere cura in questo caso. L’interesse di cui si parla è il vantaggio personale, l’interesse personale, cioè che è importante per la singola persona. Non si parla necessariamente di denaro.
L’altro significato di badare è riferito alle persone, come ai bambini o agli anziani. Esiste anche la figura della badante nel caso degli anziani. La/il badante è chi si occupa, chi ha cura degli anziani (il senso è lo stesso di prima ma si riferisce alle persone). Nel caso dei bambini è la baby sitter (detta “Tata” in italiano) che bada (cioè ha cura) ai bambini.
In questo caso non possiamo chiamarla “badante”, che è solo la persona che si occupa delle persone anziane non autosufficienti.
L’altro verbo è curare: curare gli interessi.
Curare e simile a badare quando si parla di interessi. Nulla a che fare con la guarigione però. Non si tratta di curare una malattia, ma di curare gli interessi, avere cioè cura degli interessi. Sono gli avvocati che curano gli interessi di una persona. Si parla di interessi economici quindi. Non esiste solamente l’avvocato però.
Ad esempio la persona che cura gli interessi delle star, delle persone famose si chiama “agente“.
Quella che cura gli interessi dell’attore o degli atleti si chiama “manager“, ma nel caso dei calciatori ad esempio si sente parlare di “procuratore“.
Comunque quando parliamo di “rifarsi con gli interessi”, la frase di oggi, parliamo dell’interesse economico, quello che la banca ottiene in più oltre al capitale prestato. Questi interessi, come tutti voi saprete, aumentano al passare del tempo.
Si dice che gli interessi “maturano“, come se fossero un frutto di un albero. Ma in effetti se ci pensate bene, i soldi, come si dice, fruttano, nel senso che, come la frutta sugli alberi, al passare del tempo gli interessi aumentano.
Anche un investimento può fruttare, cioè può rilevarsi un buon investimento. Ma rimaniamo agli interessi.
“Rifarsi con gli interessi” contiene il verbo rifarsi. Un verbo che ha diverse interpretazioni.
Questa frase si usa quando un affare non va molto bene. Quando dico affare intendo solitamente una questione economica, legata ai soldi, ma in realtà in senso figurato posso usare l’espressione anche in altre circostanze.
Rifarsi con gli interessi significa che in futuro andrà meglio. Oggi non è andata come speravo, ma in futuro andrà meglio, meglio anche di quanto speravo accadesse oggi.
In futuro avrò una soddisfazione talmente alta che compenserà l’insoddisfazione di oggi.
Ad esempio:
Oggi un affare economico è andato male, non sono contento di quanto accaduto, ma domani mi rifarò con gli interessi. Domani i mie guadagni saranno superiori delle perdite di oggi.
Rifarsi, questo è il verbo utilizzato, verbo riflessivo, non è come rifare.
Io mi rifaccio
tu ti rifai
lui si rifà
Noi ci rifacciamo
Voi vi rifate
Loro si rifanno
Rifarsi significa riprendersi economicamente recuperando i soldi spesi, oppure prendersi la rivincita su qualcuno o qualcosa. Non sempre il significato è economico.
Nella frase di oggi è però importante usare “con“: rifarsi con gli interessi. Questo perché il verbo rifarsi può avere altri significati. E’ un verbo che può ingannare. Non facilissimo da usare
Se dico:
Il pugile, dopo aver perso il primo incontro, si è rifatto con il secondo avversario.
Questo significa che inizialmente il pugile perde il primo incontro, ma il secondo lo vince. Il pugile si è rifatto con il secondo avversario. Il pugile ha avuto una rivincita col secondo avversario, ha quindi vinto il secondo incontro. Lo ha battuto, lo ha sconfitto.
Se invece dico:
Mi rifaccio una vita
Questa frase significa che la mia vita tornerà quella di prima. Non c’è “con“.
Devo recuperare la mia vita, farla tornare come prima. Sto parlando solo di me stesso, non mi sto rifacendo “con” qualcos’altro.
Perdo una sfida con Giovanni? Mi posso rifare con Luigi. Perdo anche con Luigi? Posso cercare di rifarmi con Andrea.
Se va male anche con Andrea, dovrò cercare di rifarmi una reputazione, visto che ho perso con tutti!
Adesso vediamo la frase di oggi:
Nella frase “rifarsi con gli interessi” il verbo rifarsi si riferisce a qualcosa che va recuperato. Gli interessi rappresentano qualcosa in più che si otterrà in futuro. Questo qualcosa in più, come abbiamo visto, nel linguaggio economico finanziario possiamo chiamarli “interessi”.
Rifarsi con gli interessi dunque rappresenta una soddisfazione che si otterrà in futuro che riuscirà a compensare abbondantemente la delusione di oggi, e posso usarla anche al di fuori dei discorsi che riguardano il denaro.
Facciamo alcuni esempi.
L’attaccante della Juventus non è riuscito a mettersi in mostra con la maglia della sua Nazionale ai Mondiali, ma si è rifatto con gli interessi nella stessa Juventus, vincendo lo scudetto.
Lo studente non riusciva a migliorare il proprio italiano, ma con Italiano Semplicemente spera di rifarsi con gli interessi.
Vedete che io sto facendo esempi che non hanno a che fare con i soldi, ed in effetti l’espressione si sua quasi sempre in modo figurato.
Non è un’espressione formale naturalmente.
Se volete esprimere lo stesso concetto in senso più formale anziché dire:
Mi sono rifatto con gli interessi
Potete dire (ripetete dopo di me):
Ho pienamente compensato le perdite
Ho risanato pienamente il fallimento iniziale
Ho ampiamente risanato la condizione iniziale
Mi sono riscattato abbondantemente dalla sconfitta iniziale
Ho completamente ripreso la condizione iniziale, ottenendo ancora di più
Concludo facendovi notare altri due modi il usare il verbo rifarsi:
Rifarsi = intervenire chirurgicamente modificando i connotati di una persona
Es: l’attore si è rifatto il naso
“Rifarsi a” che significa, tra le altre cose, riferirsi a, fare riferimento a. Ad esempio, se vi volessi spiegare il verbo “cavarsela” mi conviene rifarmi ad un podcast realizzato la settimana scorsa, in cui ho spiegato il significato di questo verbo. Quindi potrei aggiungere qualcosa ma comunque mi rifarei a quell’episodio.
Analogamente mi posso rifare a quanto già ho detto nella spiegazione delle sette regole d’oro per sottolineare l’importanza della ripetizione dell’ascolto. Ascoltate dunque questo episodio più volte.
Rifarsi il letto = rifare il proprio letto, sistemare il proprio letto in modo ordinato dopo aver dormito; farlo tornare come prima.
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Buongiorno cari amici di Italiano Semplicemente, l’espressione che oggi vorrei spiegarvi è: “Il troppo stroppia“.
State ascoltando la voce di Giovanni che vi parla dalla città di Roma.
Tre parole dunque: il, troppo, stroppia. Si tratta di un noto proverbio usato in tutta Italia.
Un proverbio, quindi un detto, qualcosa che si tramanda di generazione in generazione, e che contiene un messaggio che rappresenta un insegnamento, qualcosa che può essere utile per vivere. Questo è un proverbio.
Naturalmente tutti voi stranieri vi starete chiedendo cosa significhi “stroppia“. Si tratta semplicemente di un verbo, e precisamente il verbo è STROPPIARE. Un verbo usato quasi sempre solo all’orale e abbastanza popolare.
Stroppiare è un verbo italiano, che deriva, cioè proviene, ha origine da un altro verbo: il verbo STORPIARE. Questa è la forma corretta in realtà.
Ripeti: storpiare, stroppiare
È necessario che io vi spieghi innanzitutto questi due verbi: storpiare e stroppiare.
Storpiare, se cercate sul vocabolario, significa deformare, cioè cambiare forma.
Il verbo stroppiare invece è, come vi dicevo, la variante popolare di storpiare. In pratica il verbo storpiare si è modificato e col tempo è nato anche il verbo stroppiare.
Succede qualche volta nella lingua italiana che da una parola ne derivi un’altra, ne scaturisca un’altra con lo stesso significato. Volete un esempio in più?
Su due piedi mi viene in mente la parola bisnonno, che è il padre del nonno, quindi bisnonno o bisonna = nonno/nonna due volte (il bisnonno è quindi il genitore del nonno o della nonna). Ebbene, a volte alcuni italiani pronunciano “sbinnonno” con la s iniziale.
Questo è un fenomeno fonetico per cui un suono può cambiare posizione all’interno di una parola.
Quindi stroppiare e storpiare hanno lo stesso significato e significano deformare, cambiare forma. Si passa da una forma originale, che aveva un senso ed una funzionalità, ad una forma diversa, che non ha più un senso vero.
Le cose che si stroppiano, che vengono stroppiate o che si storpiano, quindi hanno qualcosa di sbagliato. È una deformazione con un senso negativo. È un danneggiamento.
C’è un’opera, un dipinto del Pittore Spagnoletto che si chiama “Lo storpio”.
Se cercate su internet troverete questo dipinto che rappresenta una persona (si tratta di un bambino) che ha una caratteristica precisa: è storpio alla mano e anche al piede. Oppure possiamo dire che ha una mano storpia e un piede storpio.
Significa che la mano è stata storpiata, cioè danneggiata, tagliata. La mano ha perso la sua funzionalità, come anche il piede. Il ragazzo quindi è storpio alla mano ed al piede. Non si tratta di una deformazione qualsiasi dunque. C’è un danno anche.
Storpio, è vero, significa deforme nella braccia o nelle gambe, cioè minorato negli arti, e si dice anche “sciancato” nel caso delle gambe, facendo riferimento alle anche, che sono delle ossa.
In questi casi di deformazione fisica il termine stroppio si usa meno di storpio. Ma nel nostro proverbio invece “il troppo stroppia” è molto più diffuso rispetto a “il troppo storpia”.
Adesso siamo ad intuito capaci di provare a dare una spiegazione al proverbio.
E’ il troppo che stroppia! Quindi il troppo, cioè l’esagerazione, o anche l’abbondanza, l’eccesso, in qualsiasi cosa, crea una negatività, una deformazione negativa, che non fa bene.
Chiaramente il suono della parola “troppo” è simile a “stroppia” ed i proverbi spesso hanno una caratteristica fonetica di questo tipo; c’è quasi sempre una rima o un gioco di parole o un gioco di suoni che sono simili tra loro in un proverbio.
Quindi quando c’è un eccesso, un’abbondanza esagerata, anche nel caso di cose apparentemente belle e positive, si crea una situazione che nuoce, una situazione negativa.
Ogni eccesso quindi è negativo. Questo è il senso della frase.
Anche una grande fortuna, una eccessiva ricchezza (una ricchezza “smodata“, si dice anche) puo diventare controproducente, negativa.
Gli eccessi guastano, deformano, sciupano, rendono peggiori.
E’ come se un eccesso di quantità non rendesse più possibile la gestione e l’utilizzo, e per questo si rivela negativo.
Il proverbio in realtà ha anche altre versioni simili. Si dice anche in altri modi: “Il troppo è troppo“; oppure “ogni troppo è troppo“, “quando è troppo è troppo“.
Abbiamo visto in altri episodi anche altre frasi che giocano con le parole: “chi non risica non rosica“, una espressione che abbiamo spiegato all’interno del corso di italiano professionale, parlando di rischi ed opportunità.
Ma ce ne sono altre come “volente o nolente” , “chi dice donna dice danno” (in questo caso un’espressione discriminatoria contro le donne), o anche “capire fischi per fiaschi“, “dalle stelle alle stalle“.
Volevo farvi notare anche che Stroppiare e storpiare iniziano con la lettera s.
Spesso la lettera esse si usa per dare un senso di troppo, di intensità. Pensate alla differenza tra battere e sbattere, parlare e sparlare.
Insomma il troppo è troppo, quindi stroppia. C’è intensità quindi che porta ad una deformazione, un danneggiamento.
Come possiamo usare questo proverbio?
Possiamo pensare al denaro come ho detto prima, che porta sempre a cose negative quando è troppo ed arriva all’improvviso.
Possiamo pensare ad un’amicizia o ad una relazione di coppia. Stare troppo vicini ad una persona fa diventare il rapporto un rapporto eccessivamente morboso, porta a privazioni della libertà.
Pensate al lavoro: va bene lavorare perché senza lavoro non c’è dignità, ma troppo lavoro non va bene. Bisogna ricordarsi che il lavoro serve a vivere e non il contrario. Il troppo stroppia anche in questo caso.
Fate ginnastica, perché fa bene, ma non esagerate: anche la mente e l’anima vanno curate: il troppo stroppia.
Una virtù può diventare un vizio, un pregio può diventare un difetto, un vantaggio si trasforma in svantaggio.
Il proverbio è molto diffuso ed è presente anche in rete, se fate una ricerca lo potete verificare personalmente.
Vi ricordate l’espressione “attaccare il pippone“?
L’abbiamo spiegata sulle pagine di italianosemplicemente.com qualche tempo fa. Un’espressione abbastanza simile a “il troppo stroppia” o “il troppo storpia” , ma in quel contesto si fa riferimento solamente all’esagerazione nel parlare.
Bene allora facciamo un breve esercizio di ripetizione prima di concludere:
Il troppo stroppia
Il troppo storpia
Notate anche la pronuncia della o in questi due casi: storpia, stroppia
Storpiare
Stroppiare
Eccesso
Esagerazione
Deformazione
Danneggiamento
Ora vi saluto perché ho già parlato abbastanza e il troppo stroppia anche in questo caso.
Un saluto da Giovanni. Vi lascio ascoltare un esempio di utilizzo della frase di oggi. La voce è di Bogusia, un membro dell’associazione Italiano Semplicemente.
Bogusia: Io non sono una cicciona, questo no, ma visto che si approssima l’estate e siccome ho una certa mole che mi pesa addosso, dopo l’inverno, mi sono detta: basta Bogusia, il troppo stroppia, mettiamoci a digiuno, che inizierò mercoledì prossimo ricorrendo alla dieta depurativa. Mi prendo la briga di nutrirmi solamente di verdure per almeno quattro settimane.
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Giovanni: Buongiorno a tutti, bentornati su Italiano Semplicemente. Io sono Giovanni, ed oggi ci occupiamo di buone notizie, una buona occasione anche per ripassare alcune espressioni tipiche italiane che abbiamo già spiegato sulle pagine di Italianosemplicemente.com. Una buona idea vero?
Vorrei in particolare ascoltare una buona notizia dal Brasile.
Ci sono buone notizie dal Brasile? Ci risponde il nostro inviato Andrè Arena da San Paolo. Andrè è membro dell’associazione Italiano Semplicemente, con la sua rubrica che si chiama “quasi 100 secondi con Andrè Arena“. A te la parola Andrè.
Andrè: Ancora buongiorno da André Arena, vi parlo dal Brasile, ed oggi vi voglio raccontare qualcosa dal mio paese, come di consueto. Non intendo però annoiarvi con una brutta notizia oggi.

Quasi 100 secondi con Andrè Arena
È stato difficile ma sono riuscito a trovarne una buona che riguarda il Brasile.
Parliamo di Calcio, in particolare del cosiddetto Calciomercato.
A questo riguardo il Brasile è il maggior esportatore di talenti al mondo!
Sono più di 1.200 infatti i calciatori brasiliani impegnati nei campionati esteri!
Da uno studio risulta che alle spalle del Brasile si collocano i giocatori francesi, seguiti da argentini, serbi e britannici.
Questa settimana arriva a Roma il giovanissimo attaccante Felipe Estrella Galeazzi che è stato appena acquistato proprio dalla squadra giallorossa che come immagino sappiate è una delle più importanti squadre di calcio in Italia.
Quest’anno, male che va, dovrebbe arrivare almeno quarta.
Quella capitolina è, tra l’altro, la stessa squadra in cui hanno militato, fantastici calciatori verdeoro, fenomeni come il centrocampista Falcão, l’ala Cafú, il difensore Aldair è, più recentemente, il portiere Alisson.
Felipe proviene dalla squadra della Ferroviaria, club della città di Araraquara, nello stato di San Paolo.
Araraquara è lo stesso posto dove è nato Careca, l’ex calcitatore del Napoli e della nazionale brasiliana, sicuramente uno dei più grandi attaccanti brasiliani!
La storia si ripeterà? A priori si tratta di un acquisto di prospettiva, vista l’età, comunque tutti i tifosi romanisti sperano che Felipe si rilevi subito un grande cannonieri.
Lo vedremo a posteriori.
Che ne pensi Giovanni?
Proprio tu che l’anno scorso quando sei venuto in Brasile hai comprato una maglietta della Ferroviaria come se avessi avuto qualche presentimento!
Giovanni: Eh, hai ragione Andrè, credo di essere l’unico in Italia ad avere una maglietta della squadra dell’Araraquara!! Bella notizia comunque, sia per me per tutti i romanisti. Durante il tuo breve episodio hai usato alcune espressioni di cui ci siamo già occupati; nell’ordine hai utilizzato:
Andrè ha anche usato dei termini del mondo del calcio, come “calciomercato“, un’unica parola che indica Il complesso delle trattative per il trasferimento, definitivo o temporaneo, di un giocatore di calcio da una società a un’altra, ma è una parola usata anche in politica, a volte. Nel “gergo” della politica, è la stessa cosa ma i calciatori sono gli uomini politici: si parla sempre di una contrattazione privata con la quale il capo di uno schieramento politico cerca di indurre singoli parlamentari a passare dalla propria parte politica offrendo loro denaro o incarichi di prestigio. Non è una bella cosa quindi parlare di calciomercato nella politica.
Poi, parlando dei giocatori brasiliani, Andrè ci ha parlato dei ruoli del gioco del calcio: il portiere (che difende la porta), il difensore, che è un giocatore arretrato di una squadra, non solo di calcio, cui sono affidati compiti di difesa. Il difensore gioca in difesa, quindi il suo ruolo è difendere la squadra. Poi il centrocampista, che gioca a centrocampo. Nel gioco del calcio, il centrocampista (un’unica parola) è ciascuno dei giocatori a cui è affidato il compito d’impostare il gioco nella zona di centrocampo, facendo da collegamento tra la difesa e l’attacco. Infine l’attaccante, che è il giocatore il cui compito è segnare i gol per la propria squadra, quindi attaccando, appunto, gli avversari. L’ala, al plurale “le ali”, nel gioco del calcio ma anche nell’hockey, ecc. l’ala è il giocatore schierato a destra o sinistra del campo; c’è quindi l’ala destra e l’ala sinistra: Cafù (il giocatore brasiliano che ha giocato nella Roma) giocava come ala destra. Per chi volesse approfondire il linguaggio del mondo del calcio ricordo che c’è anche un episodio espressamente dedicato a questo argomento pubblicato su italianosemplicemente.com.
Allora Andrè, la prossima volta la sfida sarà ancora più difficile. Ti sfido a trovare una bella notizia brasiliana nel mondo della cronaca. Una bella sfida vero?
Un saluto a tutti da Roma.
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