Il 24 ottobre 1922, a Napoli, migliaia di camicie nere si radunarono per un grande incontro. Non era comunque una sfilata di moda.
Le “camicie nere” erano i miliziani fascisti che sostennero Benito Mussolini negli anni Venti.
Il loro nome deriva dall’uniforme nera che indossavano. D’altronde dovevano far paura.
Sono nate come gruppi paramilitari e parteciparono a violenze e intimidazioni politiche contro gli oppositori del fascismo, contribuendo alla conquista del potere da parte di Mussolini con la Marcia su Roma del 1922.
Questo raduno del 24 ottobre era il preludio della Marcia su Roma, che sarebbe avvenuta pochi giorni dopo.
Preludio significa… vabbè ve lo spiego il prossimo episodio.
In quell’occasione, qualcuno, più prudente degli altri, potrebbe aver detto:
«Meglio non agire adesso, sarebbe prematuro».
Una parola, “prematuro”, che viene spesso usata proprio per indicare qualcosa che avviene prima del momento giusto, prima del tempo opportuno.
E infatti, il prefisso “pre” serve proprio a questo: a indicare anteriorità nel tempo.
Infatti “prevedere” significa vedere prima,
“preparare” è fare prima, un
“preavviso” è un avviso dato prima.
Allo stesso modo, “prematuro” deriva dal latino praematurus, cioè “maturo troppo presto”.
In senso figurato, si dice che una decisione è prematura quando viene presa senza che ci siano ancora le condizioni giuste. Insomma quando si pensa che non sia ancora il caso di prendere questa decisione. Magari domani o in futuro, quando le condizioni saranno più favorevoli.
Ad esempio:
«Parlare di vittoria del campionato adesso, che siamo a metà campionato, sarebbe prematuro.»
«Non possiamo festeggiare, è ancora prematuro trarre conclusioni.»
«Il suo entusiasmo è stato un po’ prematuro, visto che l’esame non l’ha ancora passato!»
Ma “prematuro” si usa anche in senso proprio, non solo figurato.
Si parla, per esempio, di parto prematuro o di bambino prematuro, cioè un bambino nato prima del tempo previsto, prima del normale compimento della gravidanza.
Un bambino prematuro richiede cure particolari proprio perché non è ancora completamente “maturo” dal punto di vista fisico.
Ecco quindi che, in ogni contesto, la parola “prematuro” mantiene sempre un’idea di anticipo e di incompletezza: qualcosa che arriva prima del dovuto, quando non è ancora il momento.
Anche la parola che abbiamo incontrato all’inizio: preludio, inizia con il prefisso -pre. Vabbè, domani ve la spiego.
Oggi potremo occuparci proprio di “si fa“, due piccole paroline che messe insieme si possono usare in diversi modi, sia semplicemente come ho fatto io, sia mettendole insieme a qualche altro termine. In questo modo si formano alcune locuzioni che hanno un significato particolare, come:
Oggi vorrei parlarvi di “si fa prima“, una locuzione informale che si può usare quando soprattutto parliamo del tempo che occorre per fare qualcosa.
Stiamo in particolare facendo un confronto.
Quanto tempo occorre per andare a Roma con la macchina?
Una possibile risposta potrebbe essere:
Perché andarci in macchina? Si fa prima con l’aereo!
Avrete sicuramente capito che “si fa prima” sta per “si impiega meno tempo“, “occorre meno tempo“.
Quindi stiamo facendo un confronto che riguarda il tempo. Qual è la strada più veloce? Si fa prima da questa strada o da quest’altra?
Attenzione però, perché “si fa prima” può indicare anche una sequenza di operazioni, e non un’operazione che richiede meno tempo rispetto a un’altra.
A esempio:
Nelle espressioni matematiche si fa prima la moltiplicazione o la somma?
La risposta è:
“Si fa prima la moltiplicazione” e dopo la somma.
Stiamo dando un ordine. Prima si fa la moltiplicazione e poi (cioè dopo) la somma.
Oppure:
Cosa si fa prima di spedire una lettera? Prima si scrive e poi si spedisce. Mi pare chiaro.
Anche in questo caso stiamo dando un ordine di operazioni da fare.
Attenzione quindi a queste due modalità di intendere “prima“. Si può intendere un ordine – e in questo caso prima di contrappone a dopo – oppure “prima” indica un minor tempo per fare qualcosa.
Naturalmente in entrambi i casi stiamo parlando in modo impersonale.
Vi faccio notare però che a volte “si fa prima” si può usare anche in senso ironico, quando voglio sottolineare una eccessiva complessità di qualcosa, inoltre spesso si fa riferimento, anche senza fare ironia, anche alla minore complessità, a una maggiore facilità, una minore difficoltà nel fare qualcosa anziché un’altra. Non parliamo necessariamente di tempo.
In Italia si fa prima a fare un figlio che a prendere la patente.
Questo è un uso ironico. Voglio dire che prendere la patente di guida è particolarmente complesso, impegnativo o richiede molto tempo. In confronto, ci vuole meno tempo a fare un figlio!
Che pizza, l’autobus non passa! E’ un’ora che aspettiamo! Si fa prima a andare a piedi!
Si tratta di linguaggio informale, questo è bene chiarirlo.
Quando una squadra non vince, si fa prima a cambiare l’allenatore piuttosto che tutti i calciatori.
Quest’ultimo esempio fa riferimento più che alla velocità, cioè al minor tempo, direi piuttosto alla semplicità di una scelta rispetto ad un’altra.
Ho acquistato un oggetto del valore di 1 euro su Amazon, ma non funziona. Si fa prima a ricomprarlo che a chiedere la sostituzione!
Degli amici calabresi mi hanno invitato a pranzo. Volete sapere cosa ho mangiato? Si fa prima a dire cosa NON ho mangiato!
Questo è un altro esempio ironico in cui uso “prima” per indicare qualcosa che richiede meno tempo e/o meno impegno.
Questa modalità di utilizzo di “prima” spesso si usa per dare un consiglio a una persona o come semplice considerazione, ma in questo caso non è più impersonale:
Tuo marito ti tradisce? Vuoi che cambi il proprio comportamento? Hai deciso di portarlo a fare psicoterapia? Vuoi riconquistarlo attraverso della lingerie sexy? Ma non fai prima a cambiare marito? Non è più facile?
Si è rotta la macchina quindi sono rimasto a piedi a 500 metri da casa. Chiamo i soccorsi? Faccio una telefonata a mio fratello che mi viene a prendere? Oppure faccio prima andare a casa a piedi?
Se volessi esprimermi in modo meno informale, a seconda delle circostanze, potrei dire:
E’ più conveniente che io torni a piedi (anziché dire “faccio prima a tornare a piedi”)
Credo ti convenga cambiare marito! (e non “fai prima a cambiare marito”)
E’ preferibile dire cosa non ho mangiato (anziché “si fa prima a dire cosa non ho mangiato).
Si parla quindi di “convenienza” in generale, non necessariamente di tempo impiegato o da impiegare.
A volte si sostituisce “prima” con “meglio“, ma sicuramente è bene usare “si fa meglio” quando si parla di qualità di una scelta:
Il pane si fa meglio a mano che con la macchina impastatrice.
Anziché dire stupidaggini, nella vita spesso si fa meglio a tacere
Si parla quindi di una scelta migliore rispetto a un’altra.
Altre volte il confine tra qualità e convenienza è meno evidente, e allora si potrebbe dire ad esempio:
Siamo a 500 metri da casa. Si fa meglio a andare a piedi piuttosto che chiamare un taxi.
Si potrebbe rispondere:
Non so se sia meglio, sicuramente si fa prima a piedi!
Domani vediamo “si fa presto“. Nel frattempo si è fatto tardi… allora ripassiamo!
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Rafaela: è un audio-libro pensato per chi vuole imparare come descrivere i tratti del carattere delle persone. Un capolavoro, altro che storie, ed io sicuramente non mi ritengo una ruffiana dicendo così.
Bogusia: sapete che proprio oggi mi è capitato di imbattermi in un oroscopo per l’anno venturo. Lospunto per leggerlo era il titolo che iniziava con la frase di due minuti con italiano semplicemente. La sorte e la mia insaziabile curiosità hanno voluto che io lo leggessi, vai a capire perché. Vi dico cosa diceva l’oroscopo: Altro che cattiva sorte. Il 2022 sarà una pioggia d’oro per questi segni baciati dallafortuna e ricompensati dalle stelle: Leone e pesci . Perché mi ha colpito? Si dà il caso che siamo in tanti nell’associazione ad essere nati sotto il segno dei pesci, ivi incluso il nostro professore. Non so se ci andrà veramente di lusso l’anno prossimo (perinciso, anche io sono dei pesci) o se dovremo venir meno alle nostre aspettative inmerito, ma spero che sia la verità. Auguro a tutti i leoni e pesci buona fortuna, ma mi raccomando, stiamo in campana con questo virus.
Ecco un’altra frase che Dante Alighieri ha portato nel linguaggio di oggi: DEGNODINOTA.
Accade nel canto XX della Divina Commedia, nell’ottavo girone, dove Dante vede avanzare una schiera di dannati che lentamente camminano con la faccia all’indietro come in una processione: si tratta degli indovini, che vengono puniti impedendo loro di “guardare avanti”, avendo in vita peccato facendo proprio questo: indovinare, prevedere il futuro, cioè guardare avanti.
Così Dante, guardando queste anime, chiede a Virgilio (la sua guida) se fra questi indovini ve ne fosse qualcuno degno di nota, cioè conosciuto, noto, o qualcuno che valesse la pena di notare, qualche personaggio noto, famoso.
Allo stesso modo oggi si usa questa espressione quando vogliamo indicare qualcosa o qualcuno che merita di essere notato, qualcosa o qualcuno dunque di importante, di notevole; qualcuno che meriti attenzione, che non è come gli altri.
La dignità è un concetto abbastanza difficile da spiegare, e in genere è una caratteristica associata alle persone. Tra l’altro esiste anche come ricorderete, l’aggettivo dignitoso.
Ma essere degno di qualcosa, come abbiamo visto anche nell’episodio 287, significa meritare questa cosa, più semplicemente.
Se sei degno di attenzione meriti la mia attenzione o quella di altri.
Se sei degno di stima meriti la stima delle persone.
Eccetera.
In questo caso abbiamo “degno di nota” che è più generale e significa importante: meritare una nota, cioè meritare considerazione, attenzione, meritare di essere menzionato, o annotato se vogliamo.
Qualsiasi cosa può essere degnadi nota: un documento, una notizia, una frase, uno studente eccetera e può anche indicare una qualità, ma non è affatto detto.
A proposito di qualità: adesso attenti perché abbiamo un bel ripasso degno di nota, che consta di una trentina di episodi passati.
Una delle frasi che Dante Alighieri ha portato nel linguaggio comune è NON MI TANGE.
Tutti usano questa espressione in Italia: essa esprime un concetto potrei dire “geometrico”.
Avete presente due rette parallele? Se sono parallele, due rette non si incontrano mai, quindi nessuna delle due tange l’altra. Tangere significa infatti incontrare, toccare o anche scalfire.
Da un punto di vista geometrico diciamo ad esempio che una retta è tangente ad una circonferenza quando si toccano in un solo punto, ma nell’uso comune il verbo tangere si usa spesso scherzosamente per indicare che qualcosa non ci tocca neanche in un punto.
La frase si usa quasi sempre con la negazione: NON mi tange.
Esempio:
Le tue accuse verso di me non mi tangono.
Significa che non hanno alcun effetto su di me. In questo senso quindi le accuse non mi toccano: non influiscono sul mio umore, non mi fanno cambiare idea, non mi preoccupano, non mi scalfiscono, non mi importano.
DANTE Alighieri la utilizza nel secondo canto dell’inferno, quando si parla di Beatrice che, trovandosi nell’inferno, non si lascia influenzare dalle sofferenze che si trovano in questo luogo:
La vostra miseria non mi tange
dice Beatrice.
L’espressione si usa nel linguaggio comune a volte in modo scherzoso, altre volte in modo sprezzante, per indicare quanto poco effetto su di te, sulle tue emozioni, sui tuoi interessi, abbia il comportamento di una persona.
Es:
Sai cosa dice Giovanni di te? Dice che sei la persona più brutta al mondo!
Sapete che se una parola inizia con “pre” in italiano quasi sempre si riferisce a qualcosa che viene “prima”, qualcosa che sta “davanti”, qualcosa di necessario spesso.
Ad esempio:
Precedente
Preliminare
Preparatorio
Preambolo
Premessa
Pretesto
Ci sono tante parole di questo tipo. Il concetto di “prima” può cambiare ogni volta. Ad esempio abbiamo già visto la parola “pretesto“, nell’episodio 134, e un pretesto è simile ad una scusa, qualcosa che ci prepariamo prima, di solito, per giustificare un’azione.
Tra questi termini comunque ce n’è anche un altro poco noto ai non madrelingua: PREVIO o PREVIA.
Previo indica direttamente qualcosa che deve stare davanti, che deve avvenire prima di qualcos’altro.
Si parla quindi di qualcosa che ha la precedenza, di qualcosa di preliminare, qualcosa di indispensabile, qualcosa che occorre fare. Nel linguaggio comune si usa poco, poiché si preferisce usare altre forme per esprimere lo stesso concetto. Si usa invece spesso nel linguaggio burocratico e amministrativo, dove inevitabilmente si parla di cose “necessarie” da fare, di adempimenti obbligatori.
Vediamo qualche esempio comunque:
L’esame si svolgerà nei prossimi 20 giorni, previo avviso pubblicato sul sito dell’università
Quindi prima uscirà l’avviso sul sito dell’università, e successivamente si svolgerà l’esame.
Qual è la cosa necessaria in questo caso? Qual è la cosa che deve avvenire prima? La pubblicazione dell’avviso sul sito dell’università. Senza questo avviso non ci sarà nessun esame.
Ovviamente si userà previo o previa a seconda che la cosa necessaria è maschile o femminile rispettivamente.
Si potranno incontrare i professori tutti i lunedì previa richiesta appuntamento telefonico
Quindi per poter incontrare i professori bisogna fare necessariamente una richiesta telefonica in precedenza, altrimenti niente incontro.
Notate due cose:
La cosa necessaria sta solitamente alla fine. Inoltre la cosa necessaria va scritta senza articolo:
Previo appuntamento
Previa richiesta
Previo invio dei documenti
Previa telefonata in anticipo
eccetera
Dicevo che solitamente nel linguaggio comune si preferisce evitare questa forma, ritenuta un po’ troppo formale e allora:
Puoi passare a casa mia previa telefonata
diventa
Prima di passare a casa mia meglio se mi fai uno squillo
e:
Posso uscire stasera ma solo previa autorizzazione da parte di mia madre
diventa ad esempio:
Stasera potrò uscire solo se mia madre mi autorizza
Esiste anche previamente, un avverbio, che quindi si usa prima dei verbi:
Prima di lavorare in Italia bisogna previamente imparare la lingua
Non si può fare un esame senza previamente aver studiato
Natalia: allora grazie Giovanni, al di là del fatto che forse non userò mai questo termine.