Accadde il 25 ottobre 1867: il preludio

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Trascrizione

Il 25 ottobre 1867 ebbe luogo a Roma, nel quartiere di Trastevere (per la precisione a via della Lungaretta 97), l’assalto al lanificio del patriota Giulio Ajani da parte delle truppe pontificie.

Perché?

Siamo ancora negli anni immediatamente precedenti alla presa di Roma del 1870.

L’Unità d’Italia era stata già compiuta qualche anno prima, nel 1861, ma la città simbolo, Roma, cioè la futura capitale, era ancora governata dal Papa.

Ebbene, quel giorno del 1867 all’interno del lanificio erano riuniti circa quaranta patrioti, compresi i coniugi Giuditta Tavani Arquati e Francesco Arquati e il loro figlio dodicenne Antonio, che preparavano un’insurrezione, una rivolta contro il dominio pontificio.

L’attacco e la repressione portarono alla morte di Giuditta, del marito e del figlio.

Prendo spunto da questo episodio storico per spiegare la parola preludio, come avevo promesso nell’ultimo episodio.

Quel raduno clandestino, quelle munizioni nascoste, l’attesa e la tensione che precedevano l’arrivo della forza armata, tutto questo fu un preludio allo scontro, cioè un momento preparatorio, carico di anticipazione, che indicava che qualcosa di decisivo stava per accadere.

Dunque il preludio indica qualsiasi evento o segnale che anticipa e prepara ciò che sta per accadere.

Il preludio introduce e prepara una azione maggiore, ma non è ancora l’azione stessa. Il preludio viene prima. Per questo motivo usiamo una parola che inizia con “pre”.

In narrativa o in un discorso, usare la parola preludio aiuta a costruire l’atmosfera, la tensione, l’aspettativa.

Il preludio può essere un suggerimento, un segnale, la “calma prima della tempesta”.

Vediamo altri esempi.

Quel vento caldo di scirocco era il preludio di un temporale improvviso.

Il loro primo sguardo fu il preludio di una storia d’amore intensa.

Il sogno inquieto di quella notte fu il preludio del dramma che stava per compiersi.

Il preludio è anche e soprattutto una introduzione strumentale. In pratica parliamo di un brano musicale che introduce un componimento musicale più importante.

Infatti Il termine deriva dal latino praeludium (da prae- “prima” + ludere “suonare, giocare”), e significava letteralmente “suonare prima”.

Lo abbiamo detto anche nell’episodio dedicato al verbo preludere, episodio del 19 agosto.

Sono famosi i preludi di Chopin e di Bach.

Da questo uso musicale, il significato si è poi esteso a tutto ciò che anticipa o prepara qualcosa di più importante. In genere si usa per una guerra, un temporale, un amore, una catastrofe, ma anche un discorso.

I più giovani non usano e probabilmente neanche conoscono questa parola. Preferiscono usare parole come inizio, anticipo, segnale.

Invece rimane vivo nel linguaggio musicale (es. Preludio in do maggiore di Bach), in quello giornalistico o politico (“Le dimissioni del ministro sono il preludio a una crisi di governo”), e anche nel linguaggio poetico o narrativo, dove dà un tono più solenne o raffinato.

Si può comunque usare anche nel linguaggio di tutti i giorni per alzare l’asticella nel registro linguistico.

Chi di voi, d’altronde, non ha mai dato un bacio che si è rivelato poi il preludio di una storia d’amore?

Accadde il 24 ottobre 1922: prematuro

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Trascrizione

Il 24 ottobre 1922, a Napoli, migliaia di camicie nere si radunarono per un grande incontro. Non era comunque una sfilata di moda.

Le “camicie nere” erano i miliziani fascisti che sostennero Benito Mussolini negli anni Venti.

Il loro nome deriva dall’uniforme nera che indossavano. D’altronde dovevano far paura.

Sono nate come gruppi paramilitari e parteciparono a violenze e intimidazioni politiche contro gli oppositori del fascismo, contribuendo alla conquista del potere da parte di Mussolini con la Marcia su Roma del 1922.

Questo raduno del 24 ottobre era il preludio della Marcia su Roma, che sarebbe avvenuta pochi giorni dopo.

Preludio significa… vabbè ve lo spiego il prossimo episodio.

In quell’occasione, qualcuno, più prudente degli altri, potrebbe aver detto:

«Meglio non agire adesso, sarebbe prematuro».

Una parola, “prematuro”, che viene spesso usata proprio per indicare qualcosa che avviene prima del momento giusto, prima del tempo opportuno.

E infatti, il prefisso “pre” serve proprio a questo: a indicare anteriorità nel tempo.

Infatti “prevedere” significa vedere prima,
“preparare” è fare prima, un
“preavviso” è un avviso dato prima.

Allo stesso modo, “prematuro” deriva dal latino praematurus, cioè “maturo troppo presto”.

In senso figurato, si dice che una decisione è prematura quando viene presa senza che ci siano ancora le condizioni giuste. Insomma quando si pensa che non sia ancora il caso di prendere questa decisione. Magari domani o in futuro, quando le condizioni saranno più favorevoli.

Ad esempio:

«Parlare di vittoria del campionato adesso, che siamo a metà campionato, sarebbe prematuro.»

«Non possiamo festeggiare, è ancora prematuro trarre conclusioni.»

«Il suo entusiasmo è stato un po’ prematuro, visto che l’esame non l’ha ancora passato!»

Ma “prematuro” si usa anche in senso proprio, non solo figurato.

Si parla, per esempio, di parto prematuro o di bambino prematuro, cioè un bambino nato prima del tempo previsto, prima del normale compimento della gravidanza.

Un bambino prematuro richiede cure particolari proprio perché non è ancora completamente “maturo” dal punto di vista fisico.

Ecco quindi che, in ogni contesto, la parola “prematuro” mantiene sempre un’idea di anticipo e di incompletezza: qualcosa che arriva prima del dovuto, quando non è ancora il momento.

Anche la parola che abbiamo incontrato all’inizio: preludio, inizia con il prefisso -pre. Vabbè, domani ve la spiego.