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La cognizione di causa
Il verbo predicare, la predica e il predicozzo (ep. 1065)
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Trascrizione

Vediamo il verbo predicare.
Per predicare, prima di tutto, occorre che ci sia qualcuno vicino a voi. Altrimenti sembrerebbe che stiamo “predicando nel deserto”.
Questa è una simpatica espressione molto utilizzata.
Partiamo però dal significato del verbo predicare. Predicare significa spiegare pubblicamente una religione.
Ad esempio si può predicare il Vangelo.
Significa leggere e spiegare ciò che c’è scritto.
Predicare è ciò che fa il prete durante la messa cattolica e in generale ciò si fa in tutte le religioni per diffondere e spiegare la religione ai fedeli
C’è anche un senso figurato però.
Predicare può anche usarsi per sostenere pubblicamente un ideale, un’ideologia, un pensiero, quindi similmente a “promuovere”.
Es:
predicare la pace.
Predicare la pace significa promuovere la pace attraverso parole, azioni e comportamenti che favoriscono l’armonia, la comprensione e la risoluzione pacifica dei conflitti.
Le persone che predianno la pace sono spesso leader spirituali, attivisti per i diritti umani, pacifisti, leader politici impegnati nel dialogo e nella diplomazia, e organizzazioni internazionali che lavorano per la risoluzione dei conflitti e la promozione della cooperazione mondiale.
Il verbo “predicare” può essere conunque utilizzato in diversi contesti, non solo quello religioso o parlando di pace.
Si può predicare la parola di Dio o insegnare i principi di una religione, ma si possono anche
predicare ideali politici o promuovere determinate politiche.
Si può predicare la giustizia, l’onestà, la compassione, ecc., incoraggiando comportamenti virtuosi.
In ambito culturale c’è chi predica la tolleranza, il rispetto reciproco e altri valori culturali.
Possiamo anche predicare la nostra filosofia di vita o un approccio particolare a problemi o situazioni.
Un professore può anche predicare un concetto o un insegnamento.
Quando si predica si vuole insegnare qualcosa o si vuole spingere delle persone ad assimilare un concetto o una teoria, e l’obiettivo è diffondere questa idea in modo che tante persone la conoscano e possibilmente contribuiscano anche loro alla sua diffusione.
Il termine “predica” però se da una parte si può riferire a un discorso, solitamente di natura religiosa, in cui vengono esposti e spiegati insegnamenti morali o religiosi, dall’altra può anche essere utilizzato in senso più ampio per indicare un discorso moralizzatore o serioso su un argomento specifico, anche al di fuori del contesto religioso.
Es: mio padre mi ha fatto la solita predica perché sono tornato troppo tardi stanotte.
Questa è una sorta di “cazziatone” in questo caso. Niente di religioso. Piuttosto una cosiddetta “ramanzina” quindi un discorso sul modo corretto di comportarsi. Spesso si sente dire anche “predicozzo“.
Si usa questo termine per indicare un rimprovero paternalistico per lo più bonario. Si tratta sempre di una ramanzina ma è un ammonimento fatto in tono amichevole. Diciamo che si tratta di una amichevole paternale.
All’inizio ho parlato di “predicare nel deserto“. Questa è un’espressione idiomatica che non va interpretata alla lettera. Non significa essere soli nel deserto e parlare senza che nessuno ci ascolti.
Invece “predicare nel deserto” si riferisce a parlare o cercare di convincere qualcuno o un pubblico su qualcosa, ma senza ottenere alcun risultato o senza avere un’attenzione significativa. In pratica, significa parlare o agire senza essere ascoltati o senza che ci sia un impatto significativo sulle persone o sulla situazione.
Es:
Se il papa cerca di promuovere la pace in una zona dove c’è una guerra e il conflitto è così radicato che nessuno è disposto ad ascoltare o ad impegnarsi in negoziati, potrebbe sentirsi come se stesse predicando nel deserto:
Il papa predica nel deserto.
Oppure in ambito lavorativo può significare suggerire dei miglioramenti in un ambiente di lavoro ostile.
Se un dipendente propone costantemente idee per migliorare l’ambiente di lavoro in un’azienda dove la cultura aziendale è resistente ai cambiamenti e non c’è volontà da parte dei dirigenti di ascoltare, potrebbe sentirsi come se stesse predicando nel deserto.
Terzo esempio:
Cercare di sensibilizzare sul cambiamento climatico in un gruppo di scettici. Se una persona cerca di sensibilizzare i suoi amici su questioni ambientali, ma il gruppo è completamente indifferente o addirittura scettico sul cambiamento climatico, potrebbe sentirsi come se stesse predicando nel deserto.
Quanto alla lingua italiana ed al metodo proposto da Italiano Semplicemente, io spesso predico il rispetto delle sette regole d’oro e non credo affatto di predicare nel deserto.
Rispetto al verbo pontificare, qual è il confine tra predicare e pontificare?
Una cosa è esporre o insegnare principi, valori o credenze, spesso con l’intento di influenzare o persuadere gli altri. Un’altra cosa è parlare o esprimere opinioni in modo autorevole, dogmatico o presuntuoso, senza necessariamente avere un pubblico disposto ad ascoltare o senza tenere conto delle opinioni altrui. Quando si pontifica c’è in senso figurato una certa arroganza o supponenza nell’affermare le proprie idee.
Quindi mentre “predicare” implica spesso un intento di condividere insegnamenti o valori con altri, “pontificare” può avere una connotazione più negativa perché come si è visto anche lo scorso episodio, pontificare può significare parlare in modo autoritario o dogmatico, senza accettare opinioni diverse.
Ulrike: Si potrebbero anche menzionare i modi di dire: “predicare bene e razzolare male” e “da che pulpito viene questa predica”.
Certamente Ulrike, hai ragione. “Predicare bene e razzolare male” è un’espressione, sempre idiomatica, che si usa per indicare qualcuno che dà buoni consigli ma non segue i suoi stessi consigli nella pratica.
Quindi ad esempio Il mio amico mi ha sempre detto di risparmiare denaro, di mettere da parte i soldi perché sono preziosi, ma poi ho scoperto che è sempre indebitato, è pieno di debiti fino al collo. Insomma, il mio amico predica bene e razzola male!
Ma che verbo è razzolare? È un verbo che ndica un comportamento poco coerente o inefficace nel mettere in pratica ciò che si consiglia agli altri. “Razzolare” è ciò che fanno le galline nel pollaio, significa, nel senso proprio, raspare in terra con le zampe e col becco, simile a ruspare ma qui si usa in senso figurato per indicare un muoversi o agire in modo goffo, disordinato o poco efficace.
“Da che pulpito viene questa predica” è un’altra espressione interessante. Simile un po’ alla precedente.
Si usa quando si vuole far notare l’ipocrisia di qualcuno che critica gli altri per comportamenti che egli stesso ha.
Il pulpito è anch’esso un termine preso in prestito dalla religione. È una piattaforma sopraelevata, rialzata, dove va il sacerdote ad esempio per predicare in chiesa.
Il sacerdote sale sul pulpito per predicare la parola di Dio.
Allora l’espressione “da quale/che pulpito viene la predica” è a sua volta una predica, perché si rimprovera una persona, aspramente, come a dire: proprio tu ci dici queste cose? Tu non puoi permetterti di fare questa predica, non puoi permetterti di insegnare qualcosa che neanche tu rispetti.
Ad esempio:
Mia sorella continua a rimproverarmi per essere una persona disorganizzata, ma l’altro giorno ho visto il suo ufficio ed era un caos totale! Da che pulpito viene questa predica?
Adesso ripassiamo. Vi invito a parlarmi di quando avete predicato nel deserto, se vi è mai capitato.
– – –
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
– – –
Marcelo: Da parte mia, convincere qualcuno è sempre un’attività sfidante, specialmente con i figli adulti! Di volta in volta, quando discutiamo, sembra che non valutino a fondo tutte le alternative, e quando do loro un consiglio, ogni due per tre, per tutta risposta, mi fanno: “Sempre la solita predica!”
742 Dirsi
Dirsi
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Trascrizione
Giovanni: oggi vorrei parlarvi del verbo dirsi.
Mi è venuta in mente quest’idea ieri ascoltando il telegiornale.
La notizia era il riconoscimento delle repubbliche séparatiste da parte del Cremlino.
Parliamo quindi delle forti tensioni internazionali a cui stiamo assistendo in questi giorni.
Ebbene, dopo questa notizia, sia il cancelliere tedesco Scholz che presidente francese Macron si sono detti “delusi”.
“Si sono detti delusi”. Questo mi ha fatto pensare che dovrei parlarvi del verbo dirsi, perché in effetti ha diversi utilizzi interessanti.
Dunque, “dirsi” è la versione riflessiva del verbo dire. Innanzitutto può significare dire a sé stessi (nel senso di pensare tra sé), oppure dirsi qualcosa tra due o più persone.
Es:
Dopo che mia moglie si è messa ad urlare, mi sono detto che forse era meglio non farle più scherzi.
Cosa ti sei detto dopo aver sbagliato il calcio di rigore?
“Mi sono detto” quindi significa “ho pensato”. Significa anche “ho detto a me stesso”.
In genere quando si usa in questo modo si usa al passato.
Se siamo due persone però:
Io e te ci diciamo sempre la verità.
Dirsi la verità è sempre la scelta migliore.
Non è carino dirsi le cose sottovoce.
Tra amici bisogna dirsi tutto.
Cosa si saranno detti Putin e Biden?
Cioè: di cosa avranno parlato? In questi casi, con dirsi, così come con parlarsi, si intende che una persona dice qualcosa all’altra.
Però, dirsi ha anche un altro uso, simile a” dichiararsi” e “dichiarare” cioè dire qualcosa pubblicamente, far sapere a tutti, o comunque dichiarare apertamente qualcosa. Potremmo anche tradurlo come “dire di essere“.
In genere riguarda un sentimento o una sensazione o anche una volontà.
È questo l’utilizzo di cui vi parlavo all’inizio citando il telegiornale.
Macron e Scholz si dicono delusi.
Dunque hanno dichiarato di essere delusi. Hanno detto di essere delusi. Hanno espresso il loro pensiero che riflette il loro sentimento nel confronti di un fatto. Hanno espresso la loro delusione.
Potrei ugualmente dire che:
Macron e Scholz si dichiarano delusi.
Lo fanno in questo caso nei confronti del mondo, quindi attraverso la stampa, attraverso una dichiarazione pubblica.
Non lo fanno certamente uno nei confronti dell’altro.
Questo accade invece se dicessi:
Giovanni e Maria si dicono dei segreti.
Ma non c’è alcun sentimento o sensazione in questa frase.
Vediamo altri esempi:
I professori si dicono soddisfatti dei propri studenti.
L’allenatore si dice entusiasta della prestazione della sua squadra.
Sua santità si dice dispiaciuto per quanto sta accadendo.
Mia figlia si dice contenta dei voti scolastici di quest’anno.
Il dott. Rossi si è detto lieto di poter partecipare a questo incontro.
Il direttore si è detto disponibile ad un incontro.
Ti dispiace hai detto?? Dirsi dispiaciuto non basta!
La platea a cui ci si rivolge cambia di volta in volta.
Si tratta sempre di dichiarazioni, ma non necessariamente fatte alla stampa e alla tv.
I professori sì sono detti soddisfatti dei propri studenti nel corso del consiglio dei docenti.
L’allenatore si è detto entusiasta della prestazione della sua squadra nel corso della conferenza stampa di fine partita.
Sua santità si è detto dispiaciuto di quanto sta accadendo nel mondo attraverso un twitt.
Mia figlia si è detta contenta dei voti non appena ha visto la pagella di fine anno.
In questo caso mia figlia ha detto questo solo a me. È una dichiarazione diversa da quella del papa, di un allenatore. Abbastanza simile alla dichiarazione di un professore.
Certo, spesso si usa per descrivere occasioni importanti, e comunque dichiarazioni vere e proprie, e per le occasioni formali è molto adatta come modalità per esprimere una disponibilità o una qualunque sensazione.
Si usa anche con la negazione:
Il presidente non si dice d’accordo con questa proposta.
Quindi il presidente non si dichiara d’accordo, dice di non essere d’accordo con la proposta.
Mio figlio non si dice contrario ad un trasferimento.
Mia madre non si dice preoccupata della situazione pandemica.
Anche in questi casi parliamo del verbo “dirsi” nel senso di espressione di un sentimento o di una volontà. Potrei sempre usare dichiararsi al posto di dirsi, ma spesso suona troppo formale. A volte poi sembrerebbe un linguaggio giuridico:
L’imputato si dichiara colpevole
Il senso è sempre quello di “dice di essere” (colpevole, in questo caso) ma dichiarare e dichiararsi sono tipicamente verbi adatti ad un’aula di tribunale.
Il presente, “si dice” e “non si dice” , ovviamente, si usano anche parlando di educazione o di correttezza. Ma questo non è il verbo dirsi.
Es. parlando di educazione:
Non si dice quanti anni hai ad una signora!
Secondo il galateo non si dice “buon appetito” a tavola.
Parlando invece di correttezza:
Si dice “a me mi piace“? No, non si dice.
Nel senso che non è corretto dal punto di vista grammaticale.
In questi due casi però non c’è una persona che si dice (o che non si dice) esprimendo una sensazione o una volontà. Non si tratta chiaramente di dichiarazioni di qualcuno.
C’è anche un altro modo di usare “si dice”. Anch’esso non riguarda il verbo dirsi.
Quando c’è una voce che gira, quando ci sono chiacchiere, voci di corridoio, quando cioè si sente parlare di qualcosa. In questi casi c’è sempre “che”, quindi non possiamo sbagliarci:
Si dice che tu sia una persona molto paziente. È vero?
Non si dice niente qui? State tutti in silenzio?
Si dice che alla fine di ogni episodio di italiano semplicemente si facciano esercizi di ripasso. Sarà vero?
Ulrike: tra Russia e Stati Uniti siamo ai ferri corti. La situazione è in continuo divenire, ma temo per il peggio. Non me l’aspettavo proprio. E voi?
Marcelo: non mi dirai che ti fa specie che la Russia abbia invaso il territorio del suo dirimpettaio?
Ulrike: Marcelo, stai forse accusandomi di fare la finta tonta la tua domanda era retorica?
Karin: a me non sembra affatto una domanda retorica. Era invece abbastanza sibillina.
Irina: per quanto mi riguarda, pensavo che questa minaccia di invasione fosse solo poco più di una voce falsa e tendenziosa. poi di punto in bianco tutto è diventato reale.
Anthony: Adesso noi, qua in Europa, dovremo prendere atto del fatto che continueranno a salire le bollette del gas.
M6: allora mi pare che dovremmo fare di necessità virtù e dare seguito ai tanto discussi piani per sviluppare le fonti di energia rinnovabile. Facendo così ci smarcheremo della nostra dipendenza attuale e favoriremo la protezione dell’ambiente. Un win-win senza dubbio.
Hartmut: si fa presto a dire win win. È arrivato l’americano!
Ci vogliono anni per fare ciò che hai detto. Dovevamo pensarci prima magari.
Marcelo: dovremmo iniziare subito, su questo non ci piove. Mi vedo costretto però a dire la mia. Non mi dirai che non lo sapeva nessuno che l’artefice di tutto questo è un pazzo. È dal 208 che se la canta e se la suona da solo . E le sanzioni? Si vogliono mettere dei paletti con le sanzioni? Stai fresco! Lui se ne frega. Ambiente dici? Un parolone! Da quando lui questi atteggiamenti scellerati minaccia le frontiere altrui con centinaia di panzer e aeroplani, non se ne parla neanche. A pagare lo scotto sono soprattutto gli europei, che dipendono dal gas russo. Una bella magagna da risolvere.
Anthony: c’è chi dice che, vista l’amicizia consolidata, dovrebbe essere Berlusconi a chiamare Putin per metterci una buona parola….
632 Se ne parla e se ne riparla
Se ne parla
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Trascrizione
Giovanni: dopo aver visto l’espressione “non se ne parla!”, che, ribadisco, è una esclamazione che esprime un deciso dissenso, un assoluto diniego, cioè rifiuto ad una proposta, oggi vediamo “se ne parla”.
Quindi è la stessa espressione di ieri ma senza la negazione.
Quindi mi chiedo: il significato è opposto rispetto a “non se ne parla?”
Non esattamente. Sarebbe troppo facile.
Infatti se riceviamo una proposta e anziché opporsi con decisione, siamo disposti a discutere, una possibilità non è “se ne parla” ma qualcosa di simile:
Se ne può parlare
Che equivale a:
Se ne può discutere
Ne possiamo parlare
O più semplicemente:
Parliamone!
Questo tipo di risposte, aprono a una disponibilità a parlare, a discutere sulla proposta ricevuta, ma non stiamo dicendo che siamo d’accordo.
Ciò che vogliamo comunicare è una nostra disponibilità al dialogo, perché ciò che abbiamo appena ascoltato ci piace, e magari trattando un po’ i dettagli e le condizioni potremmo accordarci.
Di sicuro quindi non stiamo chiudendo la porta ma stiamo aprendo ad un possibile accordo.
E allora come si usa “se ne parla”?
Fondamentalmente si usa in altre occasioni e precisamente quando programmiamo un’attività, o anche quando stiamo rimandando questa attività.
Mi spiego meglio:
Stiamo decidendo quando affrontare una questione, o stiamo fissando un appuntamento, o quando fare qualcosa e dobbiamo quindi decidere il momento giusto, il giorno giusto o il mese, o la settimana o l’anno più opportuno.
Ad esempio:
Quando potrete venire a trovare Giovanni a Roma?
Tu puoi rispondere:
Potrei la prossima settimana, ma se non riesco a liberarmi se ne parla il mese prossimo.
Che significa?
Può significare che verrò il prossimo mese, oppure che probabilmente verrò il prossimo mese. Sicuramente non prima.
Non si tratta di un chiaro impegno a fissare una nuova data, quindi non significa, almeno non sempre, che il prossimo mese verrò a Roma sicuramente, ma significa in genere che prima del prossimo mese sicuramente non potrò venire a Roma.
“Se ne parla” quindi, espressione informale, poco adatta allo scritto, serve dunque più ad escludere un periodo di tempo che a garantire una data.
Se ne parla a settembre
Equivale dunque a:
Non se ne parla prima di settembre
Prima di settembre inutile parlarne
Ovviamente parliamo di un uso particolare di questa espressione, perché si potrebbe anche dire:
Dovremmo decidere quando andare a Roma. Quando se ne parla?
Ti interessa la storia della lingua italiana? Se ne parla proprio adesso in TV.
Nel primo caso significa: quando ne parliamo?
Nel secondo caso se ne parla sta per “se ne sta parlando”, “ne stanno parlando” in TV.
In entrambi i casi non stiamo parlando di qualcosa che non può accadere prima di una certa data. Non siamo nel caso precedente.
Ho detto che c’è un grado di incertezza nell’usare “se ne parla” quando dobbiamo decidere di fare un’attività, e che quindi potrebbe non essere chiarissimo se stiamo prendendo una decisione su una data precisa oppure escludere che questa attività venga fatta prima di quella data.
In effetti questa incertezza non si può eliminare del tutto.
A volte si utilizza:
Se ne riparla
Ma non cambia molto, anzi così aumenta ancora di più l’incertezza.
Es:
La pioggia ostacola la fine dei lavori al Colosseo. Se ne riparla la prossima settimana.
Significa quindi che se tutto andrà bene, ma solo in questo caso, la prossima settimana finiranno i lavori.
Anche questa volta l’Inghilterra non ha vinto i campionati europei di calcio. Se ne riparla dunque tra 4 anni.
Spessissimo l’espressione è preceduta da “altrimenti”:
Facciamo oggi questa cosa, altrimenti se ne parla dopodomani. Prima non posso.
Andiamo allo stadio domenica? È l’ultima partita! Altrimenti con la pausa estiva se ne riparla a settembre!
Un’ultima annotazione sul verbo “riparlare” che si usa normalmente, espressioni a parte, in un modo più semplice:
vi prego, non mettetevi a riparlare di politica!
Da questo esempio capite che riparlare significa parlare nuovamente.
Oppure:
Ci siamo riparlati dopo due anni perché avevamo litigato.
Questo è l’uso riflessivo: riparlarsi, che si usa per indicare che un rapporto viene ripreso, riallacciato, specialmente dopo un litigio, quindi indica un rappacificarsi, un rappacificamento (difficili da pronunciare?) cioè un ritorno alla pace e all’accordo.
Adesso ripassiamo:
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Anthony: avete sentito la notizia che il nostro amico sta per sposarsi con il suo grande amore. Era ora che smettesse di cincischiare. Più di una volta mi sono chiesto se lei stesse per prendere e dirgli addio.
Harjit: eh sì, questa notizia non ci giunge nuova. Infatti delle sue intenzioni ne abbiamo avuto notizia quando il suo piano su come farle una proposta di matrimonio stava ancora prendendo forma. Ragazzi, ad essere sincero sto cercando ancora di capacitarmi del fatto che uno come lui sia riuscito a far cadere nelle sue tenaglie una ragazza di cotanto stile e delicatezza. Vi dico sul serio che l’annovererei tra l’altro anche tra le ragazze più intelligenti, avvincenti, oltre che attraenti, che io abbia mai visto. Questo va detto.
Peggy: ah ah, stai proprio rosicando eh? Secondo me non c’è da aggiungere che: beato lui!
Marcelo: ma cosa dici, M2? non è mica pizza e fichi neanche lui. E lui, di contro, da pacifista qual è, abbozza da anni sia i tuoi commenti che il tuo atteggiamento prevenuto nei suoi confronti.
Hartmut: macché pacifista! E’ un poliziotto ormai affermato, con tutti gli annessi e connessi. Non ho il minimo dubbio che ti risponderebbe a tono prendendoti a mali parole, come minimo, se gli capitasse di sentire che parli di lui in questo modo. Anzi sono sicuro che ti metterebbe a posto senza remore proprio come si deve.
Harjit: ma smorziamo i toni ragazzi! Non è per niente cosa scaldarvi così. Si può sapere cosa vi ha preso per farvi sbroccare così? . Ah ci sono! Avete ripassato l’episodio di 2 minuti con italiano semplicemente sui mille modi per arrabbiarsi!
Ulrike: Sono d’accordo. Siete come al solito totalmente sopra le righe. Per quanto concerne il nostro amico sono estasiato, super felice, assolutamente niente da eccepire! Auguroni @Khaled Mohamed!
Uno sproloquio
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Trascrizione
Sono interessanti i termini che finiscono con – loquio, infatti loqui significa parlare. Da qui derivano molte parole, come colloquiare, interloquire, esiste la loquacità, la loquela, loquace, loquacemente.
Esiste anche il ventriloquo, che è colui che sembra parlare con il ventre, cioè con la pancia e non con la bocca, perché ha l’abilità di parlare senza muovere le labbra e i muscoli facciali, sicché i suoni sembrano avere origine non dagli organi vocali ma da una sede diversa.
Ma anche il colloquio e lo sproloquio hanno la stessa origine.
Soffermiamoci in questo episodio sul colloquio e sullo sproloquio.
Il colloquio è un dialogo, UNA CHIACCHIERATA, uno scambio di parole e di opinioni. Quando si fa un colloquio in genere è perché si vuole ottenere un lavoro.
Un “colloquio di lavoro”, si dice in genere, ma non c’è neanche bisogno di specificare perché tutti i colloqui sono di lavoro. Con i colloqui di lavoro si fanno anche affari, accordi, trattative.
Poi ci sono gli sproloqui. Uno sproloquio è un discorso. Non si fa in due, come il colloquio ma si fa da solo.
È un discorso però lunghissimo, fastidiosamente lungo, macchinoso e inconcludente. Inutile direi.
Insomma gli sproloqui non piacciono a nessuno.
Quando si parla di sproloqui si usano spesso anche due altri aggettivi con cui si può definire quel discorso: prolisso, che significa lungo, ed enfatico, cioè un discorso fatto con enfasi, spesso anche alzando il tono della voce. Spesso però un discorso enfatico è anche ampolloso e ridondante.
Altri due aggettivi interessanti.
I discorsi che contengono sproloqui sono molto noiosi. Queste persone espongono con enfasi il loro punto di vista, la loro opinione, sottolineandolo con un tono particolare, ad alta voce spesso, facendo gesti anche con le mani. Si compiacciono di caricare i toni ma così facendo risultano prolissi (una lunghezza eccessiva) e ampollosi, cioè superbi, saccenti, vanagloriosi. Le persone equilibrate non fanno sproloqui. Chi li fa invece è pieno di superbia, direi anzi gonfio di superbia. Gonfi come le ampolle, che sono delle bottiglie panciute, delle bottiglie con la pancia più gonfia.

I loro discorsi sono noiosi perché anche ridondanti.
Questo significa che c’è una eccessiva abbondanza degli stessi termini e concetti. Si ripetono sempre le stesse cose. Come una campana 🔔 che quando suona fa “din don dan”. Questo sicuramente vi aiuterà a ricordare l’aggettivo ridondante!
Insomma ad un certo punto viene voglia di dire: basta! Questi sproloqui non si possono sentire!
Ma c’è di peggio sapete?
Se si esagera anche con la volgarità, allora c’è ancora un altro termine: si tratta di un turpiloquio, che è un parlare turpe, cioè un modo di parlare volgare, offensivo e irriverente, cioè irrispettoso, utilizzato per mostrare contrarietà, disappunto verso qualcosa o qualcuno.
Durante un turpioquio si usano imprecazioni, parolacce e anche bestemmie.
Se proprio dovete scegliere, fate uno sproloquio!!
Vediamo alcuni esempi:
La professoressa ha iniziato la lezione con un lungo sproloquio contro gli studenti che non lasciano il cellulare a casa.
Questa professoressa quindi ha parlato troppo, si è soffermata troppo su questo argomento, dicendo cose anche inutili e fastidiose. Non c’era bisogno di insistere così tanto su questo.
Un altro esempio:
Durante la conferenza, il direttore del giornale ha fatto uno sproloquio a favore degli sponsor, dicendo che senza di loro non si va avanti, che è sempre stato così, che anche la pubblicità online è necessaria e Bla Bla Bla. È durato mezz’ora questo sproloquio.
E chiaro che anche questo sproloquio non ha niente di positivo per nessuno, probabilmente neanche per gli sponsor del giornale.
Che ne dite se adesso facciamo un piccolo esercizio di ripetizione? D’altronde la settima regola d’oro di italiano semplicemente è proprio “parlare“. E allora adesso tocca a voi.
Ascoltare e ripetere è importante, ma non voglio fare uno sproloquio sulla ripetizione 🙂
Ripetete dopo di me:
Uno sproloquio
Lo sproloquio
Gli sproloqui
Il professore ha fatto uno sproloquio.
Ma questo è uno sproloquio interminabile!
Ma quanto dura questo sproloquio?
Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente.


