395 Metti che…

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Trascrizione

Non riesco mai a fare episodi che durano meno di due minuti, ma mettiamo che io oggi ci riesca, riuscirete a perdonarmi per gli episodi passati?

“Mettiamo che” , oppure “metti che” è un modo informale per fare un’ipotesi.

La frase corretta sarebbe “ammettiamo che”, comunque nel linguaggio di tutti i giorni questo ammettere diventa mettere.

Significa “diamo per scontato che sia così”, “facciamo finta che sia così”, “consideriamo vera questa ipotesi”.

Più brevemente “metti che” significa supponiamo che, ammettiamo che, ipotizziamo che. A volte si può anche togliere il “che”

Qualche altro esempio:

– metti che oggi piove, andremo ugualmente a cena ?

– si, però se piove troppo, mettiamo, 2 ore, allora meglio restare a casa. Ma non credo proprio, guarda che sole che c’è!

– ma le previsioni per stasera sono pessime, e metti che hanno ragione?

Evviva ce l’ho fatta! 1 minuto e 16 secondi! Record del mondo!

Adesso ripassiamo:

Irina:

È l’ennesima volta che provo a scrivere un ripassino, intendo, senza tirarla per le lunghe, bensì tagliando corto come si deve e come è richiesto dal buon senso, considerato il nome di questa rubrica. Perché tanti tentativi? Quando apro la pagina dei due minuti sul sito vedo oltre 350 voci. Ogni volta incomincio a scervellarmi ma dopo un po’ mi dà di volta il cervello. Mi viene la nausea vedendo un’espressione dietro l’altra: tutte queste espressioni, espressioni, espressioni… un incubo davvero. Tutto verte sull’utilizzo di parole ed espressioni già spiegate. Questo è un ripasso. La cosa strana di cui non riesco ancora a capacitarmi è che quando provo ad usarle tutto diventa buio nella mia memoria. Perbacco!

Penso allora: sarà un po’ po’ di lavoro sfoderare qualche frase ma i vantaggi sarebbero notevoli. Non solo i ripassi rappresentano un ausilio aggiuntivo per sviluppare la capacità di esprimersi meglio, spesso in modo più elegante o formale, ma queste piccole “opere d’arte” sono anche un ausilio per gli altri e tutto il gruppo whatsapp dei membri, e sono spesso e volentieri benaccetta da tutti. Mi prefiggo allora di rompere gli indugi. Invece un’altra ora è passata e il foglio è ancora bianco. Mi chiedo cosa sia successo… perché non hai scritto niente? Non hai presente l’importanza dei ripassi? Di nuovo faccio una capatina sul sito e penso: oggi proprio non è cosa. Bisogna avere pazienza.

Poi i miei occhi si soffermano sull’episodio 372 “Il lavoro paga” e proprio in questo momento squilla il telefonino: nient’altro che chiacchiere improduttive anche se per certi versi necessarie, almeno di tanto in tanto affinché l’anima e lo spirito rimangano sani. Poi però, senza troppi fronzoli dico alla voce dell’altro lato: bando alle ciance, devo scrivere un ripassino sennò il mio studio prenderà una brutta piega e, poi dopo dovrò uscire, il che rappresenta un pretesto solo per smarcarmi da questo impegno.

Il mio interlocutore ha risposto con educazione e mi ha persino incoraggiato ad impegnarmi. Mi ha detto che il mercato lavorativo è spesso sguarnito di personale e che ne ha bisogno urgentemente in diversi ambiti dell’economia. Ha aggiunto che ogni ripasso mi porterebbe più vicino ai miei obiettivi personali. “Sta a te, non ci sono altre soluzioni, o così o pomì. Stavo già scalpitando alla cornetta ma lui continuava a parlarmi. Diceva che ho tutte le carte in regola per riuscire anche questa volta e io spero che questo risponda al vero.
Certo, lui è un amico e non mi darebbe mai del’idiota.
Ora tocca a te, ha aggiunto, ed alla fine ha chiosato: hai voluto la bicicletta?
Mi facevano un po’ specie queste parole dette da lui: cosa voleva dirmi veramente? Le sue parole mi sono ronzate per la testa a lungo. Ho già pedalato per tutta la vita e non mi sono mai risparmiata.
Un po’ scombussolata stavo accingendomi a scrivere. Normalmente penso le parole prudentemente ma questa volta me ne sono fregata ed all’improvviso mi sono accorta che avevo scritto un ripassone, anziché un ripassino.