L’accortezza e l’attenzione

L’accortezza e l’attenzione

DURATA MP3: 12 min. circa

Descrizione: Oggi parliamo di due modalità diverse per utilizzare il concetto di accortezza. Inoltre vediamo anche qualche sfumatura di differenza rispetto al più semplice concetto di attenzione.

Alla fine dell’episodio proponiamo delle frasi di ripasso degli episodi precedenti formulate e registrate dai membri dell’associazione.

Se volete, saremo felici di avervi tra noi. Guardate tutti i vantaggi sulla pagina dell’associazione.

ENTRAADERISCI

Mandare in pappa il cervello

Mandare in pappa il cervello (ep. 1108 (scarica audio)

Trascrizione

cervello in pappa

Buongiorno a tutti. Spero che l’episodio di oggi non vi mandi in pappa il cervello!

Più o meno scommetto che avete capito cosa voglia dire con “mandare in pappa il cervello“. È un modo di dire italiano che indica la perdita di lucidità mentale, la perdita di buon senso e capacità di giudizio.

Si usa per descrivere una persona che non riesce più a “usare” la propria intelligenza a causa di vari motivi, come stanchezza, vecchiaia o anche, perché no, innamoramento.

L’uso dell’espressione può indicare anche una mancanza di concentrazione e attenzione, in cui il cervello diventa incapace di focalizzarsi su compiti o pensieri specifici.

L’immagine associata a questo modo di dire è quella di un cervello ridotto in poltiglia che ha perso la sua consistenza naturale e, di conseguenza, la sua funzionalità.

In altre parole, quando si dice che qualcuno ha il cervello in pappa, si intende che ha perso la capacità di pensare in modo razionale e coerente, e agisce in modo illogico o irrazionale.

Esiste un modo più formale di dirlo? Si potrebbe utilizzare, come vi ho anticipato poco fa, l’espressione “perdere la lucidità mentale” o “perdere la capacità di ragionare in modo coerente”.

Queste espressioni sono più neutre e adatte a contesti formali o quantomeno non familiari.

Ma perché pappa? cos’è la pappa?

La parola “pappa” si riferisce genericamente a un alimento per bambini piccoli o a una minestra o zuppa.

I bambini mangiano la pappa, si dice. È anche un modo per chiamare il cibo parlando con i bambini.

Nel contesto dell’espressione, “pappa” viene utilizzata per descrivere una situazione in cui il cervello diventa come una pappa, cioè privo di consistenza e funzionalità. Non si sta parlando della pappa come cibo, ma parliamo della consistenza della pappa, morbida e simile alla passata di pomodoro come consistenza.

Volete sapere perché si usa il verbo mandare?

Non è obbligatorio usare il “verbo mandare”, perché potrei usare, come si è visto, anche “avere il cervello in pappa“, e anche “andare il cervello in pappa” (tipo: mi sta andando il cervello in pappa).

Quando si usa il verbo mandare lo si fa semplicemente per indicare la causa.

Il verbo “mandare” viene utilizzato quindi per indicare l’azione di trasformare qualcosa in pappa, cioè in una consistenza morbida e poltiglia. Dunque il cervello diventa come una pappa, privo di consistenza e funzionalità per colpa di qualcosa, che manda in pappa il cervello, cioè che trasforma il cervello in una pappa, in una poltiglia, come se si spappolasse, si sciogliesse per sforzo eccessivo fino a non funzionare più.

Vediamo qualche esempio.

Dopo una giornata di lavoro estenuante, ho il cervello in pappa e devo solamente sdraiarmi sul divano!

Non c’è nulla da fare, quando sono vicino a lei, mi va il cervello in pappa!

Tutti questi conteggi, a quest’ora di sera, mi mandano il cervello in pappa!

Qualcuno si starà chiedendo anche il motivo per cui si utilizza la preposizione “in”.

In italiano, la preposizione “in” è spesso usata per descrivere una trasformazione o un cambiamento di stato.
La preposizione “in” sottolinea proprio questa transizione verso uno stato diverso (in questo caso, negativo) rispetto a quello normale.

Ci sono diverse espressioni italiane in cui “in” ha lo stesso ruolo. Tra l’altro qualcuna l’abbiamo già incontrata.

Andare in tiltche significa smettere di funzionare correttamente, come un apparecchio che va in avaria.

Più semplicemente anche “Andare in crisi.

Anche “andare/mandare in rovina” cioè portare qualcuno o qualcosa a uno stato di disastro economico o morale.

Oppure “Cadere in disgrazia” cioè perdere il lavoro ad esempio e diventare povero.
Ci sono anche “Entrare in gioco”, “mettere in guardia”, “essere in difficoltà” e tante altre ancora.

Adesso facciamo un breve ripasso parlando di lavoro e tempo libero. Un ripasso che non sia troppo impegnativo, altrimenti sapete cosa vi succederà…

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Marcelo: A me sia al lavoro sia nel tempo libero piace concentrarmi su ciò che faccio. Non sono fissato per il lavoro ma al lavoro non mi piace tergiversare, mentre durante il tempo libero adoro sguazzare nelle piccole cose, come leggere qualcosa in italiano, tuffarmi in mare e in famiglia e con amici a dir poco me la spasso.
Insomma, cerco di vivere ogni momento al massimo!

Pendere dalle labbra (ep. 1057)

Pendere dalle labbra

Audio MP3 disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ACCEDIENTRA NELL’ASSOCIAZIONE)

Trascrizione

Pendere dalle labbra di una persona è un’espressione idiomatica che significa essere estremamente interessati a ciò che qualcuno sta dicendo, essere completamente concentrati e desiderosi di ascoltare ogni parola che esce dalla sua bocca.

Ora, analizziamo le singole parole che compongono questa espressione:

Pendere significa essere sospesi o appesi, a volte in modo precario. In questo contesto, suggerisce che qualcosa (il nostro interesse o attenzione) è in bilico e dipende da qualcos’altro per essere mantenuto in equilibrio. Precisamente dipende dalle parole che pronuncerà questa persona.

Dalle” è la preposizione articolata “da” seguita dall’articolo determinativo “le”. Qui indica la direzione o l’origine di qualcosa. Nel contesto dell’espressione, si riferisce al punto di provenienza delle parole che stiamo ascoltando.

Le labbra invece sono le parti carnose che formano il confine esterno della bocca umana e sono coinvolte nella produzione dei suoni del linguaggio umano.

Nel contesto dell’espressione, rappresenta il punto da cui escono le parole che stiamo ascoltando.

Di chi sono le labbra da cui pende qualcuno? Può essere qualunque persona, dalla quale siamo molto interessati a sentire ciò che sta dicendo.

L’espressione crea un’immagine metaforica: qualcuno che resta sospeso o appeso alle parole che escono dalla bocca di una persona, sottolineando un forte interesse e attenzione verso ciò che viene comunicato.

Si usa spesso in modo ironico oppure per prendere in giro qualcuno, o perché non riesce a attirare l’attenzione perché non sa parlare oppure perché viene ammaliata da qualcuno, viene sottomessa, viene soggiogata, quasi stregata da una persona, o resta a bocca aperta ascoltando una persona che non lo merita.

Es: se qualcuno sta raccontando qualcosa di noioso o poco interessante, potresti dire ironicamente:

Oh, sì, sono letteralmente appeso alle tue labbra.

Oppure:

pendiamo tutti dalle tue labbra!

In questo caso, sto usando l’espressione per sottolineare il fatto che sto ascoltando, ma in realtà sono annoiato o poco interessato a ciò che viene detto.

Un altro esempio: durante una riunione di lavoro, il capo inizia a parlare e uno dei dipendenti, potrebbe dire con sarcasmo:

Guarda il dottor Rossi, sembra sospeso letteralmente dalle labbra del capo. Ogni sua parola è un’illuminazione.

In questo caso, l’uso dell’espressione sottolinea l’atteggiamento ipocrita e l’ostentata deferenza del dipendente nei confronti del capo.

Ho detto: ostentata deferenza del dipendente nei confronti del capo.

Ostentare” significa mostrare in modo esagerato o eccessivo, mentre “deferenza” si riferisce al rispetto o alla riverenza mostrata verso qualcuno, in particolare verso una figura di autorità o un superiore. Quindi, l'”ostentata deferenza” si riferisce a un comportamento in cui il rispetto verso il capo viene mostrato in modo esagerato o evidente.

Ad ogni modo, come ho detto, l’uso ironico o critico, come negli esempi fatti, è molto frequente quando si usa questa espressione, che però possiamo usare anche seriamente, per sottolineare le capacità e il fascino di un intellettuale che quando parla pendono tutti dalle sue labbra. Tutti ascoltano con attenzione, affascinati dal suo modo di parlare.

Es: Alla conferenza, Giovanni si levò in piedi e cominciò a parlare con tale eloquenza e profondità di pensiero che tutti in sala rimasero incantati. Le sue parole fluivano con grazia e chiarezza, e il suo fascino naturale catturava l’attenzione di ogni persona presente. Ogni sguardo era puntato su di lui, e tutti pendevano letteralmente dalle sue labbra, rapiti dalla sua capacità di comunicare in modo coinvolgente e persuasivo.

Quel Giovanni, purtroppo, non ero io. 🙂

Adesso ripassiamo? Che ne dite? Chiedo ai membri dell’associazione di dire ciò che pensano degli intellettuali.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Camille: Molto spesso, quando sentivo parlare di un individuo definito intellettuale, avevo un giudizio negativo, ero prevenuto nei confronti di questa persona. Le associavo a coloro che, di solito, forniscono risposte elaborate a domande semplici. A volte avevo anche ragione, altre invece era solo un mio pregiudizio.

Khaled: io con gli anta ho imparato a tollerare e rispettare tutte le opinioni, anche quelle che non condivido. Che poi ti imbatti in falsi intellettuali e devi fare l’indiano e fingere di non capire per non passare per maleducato è un’altra storia!

Marcelo: studiare è appagante, questo è fuor di dubbio, ma la categoria non gode di ottima reputazione. Potrei fare alcuni nomi emblematici a riguardo, ma meglio evitare querele.

Giovanni: scusate, sono sempre io. Devo aggiungere un’ultima cosa importante. Nell’episodio ho parlato sia del verbo pendere che del verbo appendere. Però potrei anche usare appendere. In che modo? Sostituendo pendere con appendere? La Risposta è no.
Non si può dire infatti “appendo dalle tue labbra”, ma se si vuole usare il verbo appendere , bisogna dire “sono appeso alle tue labbra”, che esprime lo stesso significato di “pendo dalle tue labbra”. Questo perché appendere esprime l’azione di prendere qualcosa e attaccarla in alto, come quando si appende una giacca.

Io appendo la giacca, tu appendi la giacca eccetera.
Invece “pendere” è un verbo che esprime il fatto di stare appesi, di trovarsi appesi, di essere appesi a qualcosa.

Io sono appeso alle tue labbra

Tu sei appeso alle mie labbra. Eccetera. Fine del chiarimento.

Stare attenti o essere attenti? (ep. 969)

Stare attento o essere attento? (scarica audio)

Video

https://youtu.be/9a100Yk5Th4
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Trascrizione

Si dice stare attento/attenta o essere attento/attenta?

Cioè si deve usare il verbo essere oppure il verbo stare?

Qual è la scelta migliore?

È presto detto.
Entrambe le modalità, “stare attento” e “essere attento”, sono corrette e a volte vengono usate in modo intercambiabile.

Tuttavia, c’è una leggera differenza di sfumatura tra le due.

Stare attento” implica una maggiore enfasi sull’azione di prestare attenzione in un momento specifico o in una situazione particolare.

Ad esempio, “Devi stare attento quando attraversi la strada”

Essere attento” invece tende a sottolineare uno stato di attenzione generale o una caratteristica della personalità di qualcuno.

Ad esempio, “Luca è una persona attenta ai dettagli.”

Pertanto, se vuoi dire a un amico che non si deve distrarre durante la guida, e che deve restare concentrato, molto meglio dire:

Stai attento quando guidi, mi raccomando!

E non:

Sii attento quando guidi!

Invece, se parli di Giovanni e vuoi dire che lui non si distrae mai alla guida, è preferibile dire:

Giovanni è sempre attento quando guida

Oppure

Giovanni è una persona molto attenta alla guida

Piuttosto che:

Giovanni sta sempre attento quando guida

Infatti stiamo parliamo di Giovanni e del fatto che lui è fatto cosi. È una sua caratteristica quella di essere sempre concentrato quando guida. Usare “stare” non è scorretto, ma meno adatto.

Bene, stavolta sono stato attento a rispettare la durata dei due minuti! Stavolta secondo voi quale verbo ho usato?

Adesso un piccolo ripasso. State attenti alla pronuncia. Vi propongo di registrare uno scioglilingua. Scegliete voi quale.

Marcelo: Sul tagliere gli agli taglia. Non tagliare la tovaglia.
La tovaglia non è aglio,
e tagliarla è un grave sbaglio.

Mariana: bravo Marcelo, della serie chi taglia la tovaglia è uno scemo!

Paul: Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo.

Ulrike: ma a che pro fare una palla di pelle di pollo? Non mi pare una domanda peregrina!

Estelle: a proposito: la pera sul purè pare peregrina, però pure il purè con le pere peregrino pare.

Karin: bisogna ripeterlo fino a quando non sbagliamo più vero? Stiamo freschi!

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Fare attenzione, fare caso e prestare attenzione (ep. 931)

Fare attenzione, fare caso e prestare attenzione (scarica audio)

Giovanni: Mi è stato richiesto di spiegare la differenza tra “fare attenzione” e “fare caso”.

Sono due locuzioni che hanno delle somiglianze ma anche delle differenze alle quali vi prego di prestare attenzione.

In estrema sintesi, possiamo dire che entrambe si riferiscono alla consapevolezza di un evento o di una situazione, ma “fare attenzione” si concentra sull’essere concentrati e vigili, mentre “fare caso” si riferisce a notare qualcosa.

Si possono usare in sostituzione in alcuni casi, ma ci sono alcune sfumature che le distinguono.

Ad esempio, se qualcuno ti dice di “fare attenzione” (o di stare attento/a) a una strada trafficata, si sta concentrando sulla necessità di essere vigili, di stare attenti, che occorre consapevolezza per evitare un incidente, mentre se ti dice di “fare caso” a qualcosa, si sta chiedendo di notare un particolare dettaglio.

Il verbo “notare” si può usare in luogo di “fare caso” perché si tratta di qualcosa che potrebbe sfuggire. Si tratta spesso di un dettaglio e di solito niente di pericoloso.

In entrambi i casi si può usare la preposizione “a”.

Hai fatto caso al colore del cielo che c’è in Italia? È molto più blu rispetto al mio paese!

Bisogna fare attenzione alle buche sulla strada.

Hai fatto caso che Giovanni è un po’ triste?

Hai notato che Giovanni oggi è u po’ triste?

Fate attenzione ragazzi, perché questo è un argomento importate e sicuramente lo chiederò all’esame.

Le locuzionu “fare caso” e “fare attenzione” si possono entrambe sostituire con “prestare attenzione”, che è, tra l’altro, meno informale.

Prestare attenzione si può usare sia per notare un dettaglio che potrebbe sfuggire, ma si usa in particolar modo nel senso di restare concentrati durante una spiegazione:

Presta attenzione ai suoi occhi e noterai che sono lucidi. Segno che ha appena pianto.

Qui è più vicino a “fare caso” .

Oppure si può usare per segnalare un pericolo o per far notare una cosa importante, proprio come “fare attenzione”:

Presta attenzione alla guida sennò vai fuori strada

Devi prestare più attenzione quando spiego, perché altrimenti poi impieghi il triplo del tempo per imparare la lezione.

È tutto per oggi. Prestate attenzione al ripasso però. Sono sicuro che sarà utile per voi.

Oggi ripassiamo alcuni episodi passati tra cui alcuni verbi che si utilizzano in contesti lavorativi. Avete fatto caso al fatto che non ripassiamo molto spesso questi verbi?

Lejla: Ciao a tutti, oggi vorrei discutere di ciò che è più importante nella vita. Per me tutto dipende dalla felicità e dal raggiungimento di un equilibrio stabile tra i vari aspetti della vita. Questo mi permette di essere soddisfatta e serena. Ne convenite?

Karin: si fa presto a dire ne convenite.
Diciamo che sono d’accordo con te, la felicità è sicuramente importante. Ma c’è anche la realizzazione personale, il raggiungimento dei propri obiettivi. Parlo dell’auto-realizzazione. C’è qualcuno che non presta attenzione però, o sbaglio?

Marcelo: sto ascoltando, non fare la spiritosa. Io penso che la cosa che più conta, dopo aver vagliato tutta la vita tra le varie possibili risposte, sia la ricerca della verità. Come affermava Socrate, “la vita senza verità non vale la pena di essere vissuta”.

Estelle: che fai, ti inventi le frasi di Socrate? Ma io non lo so! Concordo con te comunque: la verità e la conoscenza sono fondamentali nella vita. Ma vorrei suggerire l’importanza delle relazioni interpersonali, come sosteneva Martin Buber.

Danielle: Ma come possiamo valutare quale di questi aspetti abbia più importanza per pervenire a una soluzione?

Marcelo: Possiamo disaminare le motivazioni che ci spingono e capire quale di esse ci rende più appagati e soddisfatti? Sennò non ne usciamo! Non mi equivocate però. L’argomento è interessantissimo.

Karin: caldeggio la tua idea, ma non dobbiamo limitarci solo alla nostra personale prospettiva. Possiamo guardare anche alle esigenze della società in cui viviamo.

Estelle: a sto punto disdico al ristorante! Ci vuole una vita qui a esaurire questo discorso. Comunque per far prima potremmo attenerci alle teorie di pensatori importanti come Aristotele, che sosteneva l’importanza dell’equilibrio tra i vari aspetti della vita.

Khaled: Quindi potremmo dire che l’importanza dipende dalle circostanze e dalle necessità di ognuno di noi. Ma come possiamo ristabilire l’equilibrio tra i vari aspetti quando l’equilibrio viene perso?

Karin: Possiamo cercare una via di mezzo, come sosteneva Aristotele, riconoscendo l’importanza di tutti i fattori della vita. Non ho una risposta personalmente, e poi lungi da me la volontà di impartire lezioni agli altri.

Marcelo: E come sottolineava Kant, dovremmo fare ricorso alla ragione e al buonsenso per risolvere i conflitti e trovare un equilibrio.

Estelle: Ma dobbiamo anche valutare l’ammontare delle risorse che abbiamo a disposizione e fare attenzione a non cedere troppo su un aspetto a discapito degli altri.

Edita: la Risorsa più importante per ora è il tempo e io ho fame. Scusate se sembro venale, ma bisogna constatare che si è fatta una certa ora. Aristotele può aspettare e io pertanto mi esento dal proseguire la discussione.

Hartmut: vabbè taglio corto allora. Liquidiamo la questione dicendo che alla fine siamo d’accordo sul fatto che l’importanza nella vita dipende dalle esigenze e dalle necessità di ognuno di noi e che dobbiamo cercare un equilibrio tra i vari aspetti per essere appagati e realizzati. E sia! Per me melanzane alla parmigiana!

Karin: ben detto! Adesso mangiare bene è la cosa più importante e appagante.

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849 Il campanello d’allarme

Il campanello d’allarme (scarica audio)

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Trascrizione

Tutti voi saprete, immagino, che un campanello serve ad essere suonato, proprio come una campana.

Solo che il campanello non si trova sui campanili delle chiese, pertanto il suo scopo non è quello di scandire le ore o preannunciare la santa messa.

Ci sono diversi tipi di campanello.

Il campanello della bicicletta ha un suono caratteristico e serve ad avvisare qualcuno di fare attenzione alla bici stessa. Attenzione, una bici sta arrivando!

Tutti gli italiani però associano il campanello alla parola allarme. Il campanello d’allarme. Vediamo perché.

Allarme significa che c’è un pericolo.

Non è certamente il caso della campanella, al femminile, che a scuola segnala la fine di una lezione e l’inizio di un’altra, oppure l’inizio della ricreazione (quando i ragazzi possono riposarsi 10-15 minuti e fare merenda prima della ripresa delle lezioni) oppure può segnare l’uscita dalla scuola stessa.

Il campanello, al maschile, adesso che ci penso, è anche quello che si trova al di fuori delle abitazioni. Si tratta di un campanello elettrico. Anche quello si suona.

Il campanello elettrico è posto sulle porte delle abitazioni (cioè a fianco delle porte)

Oggi comunque viene chiamato soprattutto citofono, soprattutto nel caso di condomini con diversi condomini (attenzione all’accento che cambia: condomìni è il plurale di condominio, mentre condòmini è il plurale di condomino, cioè chi abita in un condominio).

Non scendiamo troppo nei dettagli comunque, perché in questo episodio (guai a chiamarla lezione!) vorrei parlarvi di “fungere da campanello d’allarme“.

È vero che il suono di un campanello serve generalmente a dare un allarme di qualche tipo, per segnalare un pericolo oppure semplicemente che è ora di pranzo.

È vero anche però che nell’espressione “fungere da campanello d’allarme” non esiste nessun campanello che suona.

Infatti l’uso dell’espressione è figurato. Non è un caso che infatti ci sia il verbo “fungere“, che significa “esercitare temporaneamente o provvisoriamente certe funzioni”.

Quindi c’è qualcosa che funge da campanello d’allarme, esercita la funzione del campanello, cioè serve ad avvisarvi, anche se non è un vero campanello.

Questo verbo lo abbiamo incontrato anche in altre occasioni se ricordate.

Vediamo l’uso di questa espressione con un paio di esempi.

Ammettiamo che fate le analisi del sangue dove risulta che avete il livello del colesterolo leggermente alto.

Questo deve fungere da campanello d’allarme perché il colesterolo alto indica probabilmente che la vostra alimentazione non è molto corretta. È o potrebbe essere un segnale, un segno.

Quindi il risultato di queste analisi vi sta avvisando, vi sta allarmando, vi sta segnalando un possibile pericolo in vista.

Parliamo di un fatto qualunque che costituisce dunque un avvertimento di possibili problematiche o di un aggravamento della situazione.

Non è necessario in realtà usare il verbo fungere:

Il mal di testa è un possibile campanello d’allarme della sinusite.

Insomma, bisogna sempre stare attenti perché i segnali, quando sono negativi, vanno monitorati.

L’aumento dei casi di covid, secondo i medici, è un campanello d’allarme, e per questo invitano la popolazione a vaccinarsi.

È interessante notare che i campanelli d’allarme si possono ignorare, ma si possono anche cogliere. Ecco un altro uso interessante del verbo cogliere.

Cogliere i campanelli d’allarme significa monitorare i possibili segnali negativi, per poter riuscire ad accorgersi dell’eventuale problema. Si usa molto spesso anche saper cogliere i campanelli/segnali d’allarme.

Si sottolinea così la capacità nel sapersi accorgere di questi segnali.

C’è un senso simile a quello di cogliere un’occasione al volo, nel senso che c’è la sensazione che se non stiamo attenti non riusciremo a farlo.

Chi non riesce a cogliere i segnali/i campanelli d’allarme non si accorge invece che ci sono dei sintomi che ci segnalano l’esistenza di un problema.

Dunque, “cogliere” in questo caso sta per “accorgersi” di qualcosa, riuscire a capire, interpretare qualcosa, e bisogna farlo prima che accada il peggio, quando i segnali potrebbero essere lievi, non evidenti.

D’altronde questo verbo, cogliere, si usa anche nel senso di comprendere, capire, intendere.

Es. Cogliere il significato di un’espressione

Quando una persona dice qualcosa che può avere conseguenze di qualche tipo, o qualcosa che potrebbe sfuggire in generale, si può dire:

Hai colto?

Sei riuscito a cogliere?

Hai colto ciò che ha detto il direttore?

Hai colto il significato delle sue parole?

Cioè: hai capito bene cosa voleva dire? Capisci le conseguenze di ciò che ha detto?

Io non riesco a cogliere il senso di ciò che ha detto. Tu invece cosa hai colto nelle sue parole?

Questo generalmente significa che le singole parole sono state comprese e ciò che sfugge è il significato o le conseguenze di quanto si è detto.

Comunque ho un po’ divagato rispetto all’argomento del giorno in cui si doveva cogliere solamente un eventuale campanello d’allarme cioè (ormai l’avete capito) accorgersi di questo segnale che potenzialmente potrebbe preannunciare (cioè annunciare in anticipo) qualcosa di più grave.

Adesso un breve ripasso degli episodi precedenti.

Irina: Ieri a Napoli ha fatto un vero alluvione. Proprio il giorno delle elezioni! Tanta gente ha preferito ridurre rischi ai minimi termini restando a casa.

Edita: Eh, soprattutto per i vecchietti ci voleva del fegato per uscire di casa!

Rafaela: Io ci sono andata lo stesso. Mi sono incamminata un’oretta prima per stare sicura. Farsela sotto per così poco! Non esiste proprio! Io non capisco. E’ proprio il colmo! Poi però non ci lamentiamo del governo!

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759 Accorgimenti e precauzioni

Accorgimenti e precauzioni (scarica audio)

Trascrizione

Un paio di episodi fa abbiamo accennato al termine accorgimento.

Se ricordate il significato di espediente, siamo abbastanza vicini come significato.

Però l’espediente è più legato al concetto di soluzione di ripiego, ad una soluzione alternativa, qualcosa che ci permette di trovare comunque una soluzione quando siamo alle prese con un problema.

L’accorgimento invece è maggiormente legato alla sicurezza, all utilità che ne deriva e alla capacità di fare qualcosa di opportuno, a volte di sagace, di sottile, cose che possono sfuggire a tante persone, altre volte semplicemente si tratta cose intelligenti e pensate. Sagace significa che mostra, denota intelligenza pronta e perspicace.

Esprime anche la capacità di saper individuare il da farsi (ciò che va fatto).

Questa è una qualità che viene chiamata “avvedutezza” o anche “accortezza” . Le persone avvedute sono persone attente, accorte, che riflettono, che non dimenticano di fare le cose importanti.

Vediamo qualche esempio:

Quando si va in bicicletta in città bisogna usare ogni accorgimento perché è molto pericoloso

Ieri sono entrati i ladri in casa. Sfortunatamente per loro, non hanno avuto l’accorgimento di coprirsi il viso e così la polizia li ha riconosciuti grazie alle telecamere.

Nonostante tutti gli accorgimenti adottati, alla fine anch’io ho preso il Covid.

Molto cibo conservato in frigo spesso finisce poi nella spazzatura. Ma ci sono alcuni accorgimenti utili che possono essere presi per ridurre lo spreco.

Ecco i possibili accorgimenti da adottare per prevenire il contagio: mascherina, distanza di sicurezza, lavare le mani eccetera. Questi sono tutti accorgimenti utili.

Il verbo adottare si usa spesso con gli accorgimenti:

Adottare un accorgimento

Adottare tutti gli accorgimenti possibili

Nonostante gli accorgimenti adottati

Adottare si può quindi usare al posto del verbo avere, senza alcun problema (avere è meno formale). Altre volte, sebbene sia meno adatto, si usa anche prendere, così come si prende una decisione, o come si prende un provvedimento, o anche come si prende una precauzione, termine quest’utimo che è legato esclusivamente alla sicurezza, specie quella legata alla salute e alla vita.

Quindi la precauzione (pre = prima) ha più a che fare con la prudenza, la cautela, i rischi e i pericoli possibili. Bisogna agire prima per prevenire i rischi.

Spesso precauzione e accorgimento si usano con lo stesso significato ma nell’accorgimento c’è più il senso della sagacia e di saper individuare le cose opportune da fare, che non è detto abbiano a che fare col pericolo, il rischio e la sicurezza personale.

L’accorgimento e la precauzione in comune hanno che danno sicurezza, evitano che un problema si presenti o almeno sono qualcosa che se si dimentica di adottare può costare molto caro.

Avrete sicuramente pensato al legame col verbo accorgersi.

Per non dare adito a dubbi, meglio allora precisare che non è casuale perché solo dopo che si è pensato, che si è riflettuto, ci si accorge di qualcosa di importante che altrimenti sarebbe potuto sfuggire.

Ma quando vi accorgete di qualcosa, non è quello l’accorgimento, che invece si manifesta quando c’è l’azione conseguente. E infatti adottare significa, tra le altre cose, mettere in atto per uno scopo, simile a attuare. Quindi adottare un accorgimento è mettere in atto ciò che è stato deciso.

Ulrike: però l’accorgimento non permette di sentirsi a cavallo.

Irina: no, non è detto che vada tutto per il meglio, ma se adotti tutti gli accorgimenti possibili puoi dirti soddisfatto, per il resto, non possiamo farci nulla.

Albèric: non vogliamo tediarvi ulteriormente. Ci vediamo al prossimo episodio.

Segue una spiegazione del ripasso

Voltarsi dall’altra parte

Voltarsi dall’altra parte

(Scarica audio)

Trascrizione

Sofie:

L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte

Sono queste le parole del presidente del consiglio italiano Draghi di ieri, 1 marzo 2022 nel commentare il conflitto Ucraina – Russia.

Questo episodio speciale vuole essere un omaggio e un incoraggiamento alla nazione Ucraina in questo momento difficile.

Non possiamo farlo se non con uno dei nostri episodi.

Avete ascoltato all’inizio l’inno nazionale ucraino, il cui titolo è “non è ancora morta l’Ucraina”, un titolo veramente titolo emblematico e quantomai calzante.

Voltarsi dall’altra parte è ovviamente un’espressione figurata.

Si può dire che esprime il concetto contrario della locuzione “venire incontro” che abbiamo trattato all’interno della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente”.

Voltarsi significa girarsi, voltare lo sguardo, guardare da un’altra parte, dirigere il nostro sguardo e la nostra attenzione altrove, cioè da un’altra parte, in un’altra direzione.

Gli italiani non possono farlo. L’Europa non può farlo. Il mondo intero non oui farlo.

Naturalmente voltarsi significa anche, fisicamente, voltare sé stessi. Voltarsi è un atto, cioè indica il movimento di voltarsi, anche cambiando o invertendo la direzione di marcia.

Compare molto spesso in espressioni figurate, anche in modo non riflessivo (voltare). Espressioni che anche il presidente Draghi avrebbe potuto usare con un senso simile:

Voltare la faccia

Voltare la schiena

Voltarsi indietro

Voltare le spalle

Quest’ultima è particolarmente indicata quando si rifiuta di aiutare qualcuno ignorandolo, privandolo della meritata considerazione.

Ma noi non lo faremo. Non voteremo le spalle all’Ucraina e neanche la faccia. Non le volteremo la schiena, non ci voteremo indietro.

Viva l’Ucraina.

Irina: viva l’Italia.

678 Stare sul chi vive, stare sul chi va là

Stare sul chi vive (audio )

Trascrizione

Giovanni: buongiorno amici. Oggi vediamo un’espressione molto curiosa:

Essere/stare sul chi vive.

Con stare sul chi vive si indica quel particolare stato d’animo caratterizzato da una tensione tale che lo fa stare molto attento a qualsiasi cosa gli accada intorno.

Si usa il il verbo vivere perché bisogna stare svegli, attenti, concentrati alle cose che accadono.

L’origine è il linguaggio militare: simile a “stare in guardia”, essere pronti a fronteggiare qualsiasi avvenimento o imprevisto; si intende un imprevisto sgradevole. Qualcosa potrebbe accadere da un momento all’altro.

Nel linguaggio militare, quando una sentinella vede qualcuno, chiede: “Chi vive?”

Con questo segnale la sentinella intimava a questa persona di farsi riconoscere.

Apriamo una breve parentesi sul verbo intimare.

Intimare è un verbo anch’esso molto usato nel linguaggio militare e sta per ordinare in modo perentorio: intimare l’alt a qualcuno; intimare di fermarsi, intimare di farsi riconoscere. E’ un ordine a tutti gli effetti.

Si utilizza anche nella giustizia nel senso di far conoscere a una persona una decisione di una autorità, nel senso di notificare in nome dell’autorità:

intimare lo sfratto a un inquilino

intimare a un teste di presentarsi a un’udienza eccetera.

Anche la polizia può intimare a delle persone di alzare le mani, oppure un arbitro di calcio, che rappresenta un’autorità in campo, può interrompere il gioco e invitare lo speaker ad intimare ai tifosi di smettere con i cori razzisti. E’ simile anche al verbo ingiungere, di cui ci occuperemo nel corso di Italiano Professionale.

Intimare non ha nulla a che fare con l’intimità naturalmente, sebbene l’origine sia la stessa.

Ma torniamo a bomba: “Stare sul chi vive” si usa ugualmente anche nel linguaggio militare e l’espressione “stare sul chi va là“, ha lo stesso significato ma è più informale.

Chi va là!

Significa la stessa cosa: chi c’è? Chi è? Chi c’è là? Quindi anche questo è un modo per intimare a qualcuno di farsi riconoscere in ambito militare.

Se usciamo da questo mondo però, che è ciò che ci interessa, le due espressioni “stare sul chi va là” “stare sul chi vive” si usano come dicevo nel senso di stare molto attenti a qualsiasi cosa accada.

Se siamo ad esempio con una tenda in mezzo al bosco, di notte bisogna stare sul chi vive, perché non si sa mai cosa può accadere. Un animale si potrebbe avvicinare alla tenda, degli insetti potrebbero entrare, il vento potrebbe portar via la tenda, oppure potrebbe allagarsi eccetera.

Se partecipo ad un concorso e da un giorno all’altro potrebbe uscire la data del colloquio, ma non si sa esattamente quando uscirà; allora bisogna stare sul chi vive perché altrimenti potremmo dimenticare di controllare.

Naturalmente un non madrelingua è abituato, in tutti questi casi, ad usare “stare attento” o “stare concentrato“, o “prestare attenzione”, ma queste  modalità sono più adatte ad uno studente che deve seguire una lezione, o a una persona che guida l’automobile e deve prestare attenzione mentre guida. 

Invece “Stare in guardia” è una espressione che si avvicina maggiormente a “stare sul chi vive“, perché ha ugualmente a che fare col pericolo. Significa assumere un atteggiamento di vigile attesa e difesa. E’ adatto a un pugile che deve stare attento a non farsi colpire dall’avversario, ma si usa normalmente per indicare qualsiasi tipo di pericolo.

Esiste anche “guardarsi le spalle” se questo pericolo può arrivare da qualcuno che ti tradisce.

Si usa spesso anche stare all’erta” e “stare in campana, due espressioni di cui ci siamo già occupati. 

In famiglia un genitore può esortare il proprio figlio a stare sul chi vive quando esce per andare in un posto potenzialmente pericoloso. Stavolta meglio usare il verbo “esortare” e non intimare. Esortare sta per spingere, spronare, cercare di indurre a un certo comportamento, facendo leva sugli affetti e magari sulla ragione. Si può usare anche “incitare” (come fanno i tifosi allo stadio).

Ti esorto alla prudenza

Ti esorto a essere prudente.

Ti esorto a stare sul chi vive

Suona un po’ formale nel caso del genitore col figlio. Magari in casi come questi meglio “invitare“:

Ti invito a stare sul chi vive

o semplicemente:

Stai sul chi vive, mi raccomando!

Stare sul chi vive è, tra tutte, l’espressione meno popolare, e, se vogliamo, quella più usata anche nel caso di un pericolo non fisico, non legato alla vita, ma anche, molto più genericamente, può indicare una attesa vigile, vedendo ciò che accade, prima di fare qualcosa, come nel caso del concorso: biusogna stare sul chi vive in attesa di fare la domanda di partecipazione.

Il fatto che sia legato anche all’attesa lo dimostra il fatto che si usa spesso insieme a “per ora“, “per il momento“. Es:

Per ora meglio stare sul chi vive. Vediamo cosa succede e poi vedremo cosa fare.

 Non prendiamo decisioni azzardate. Stiamo sul chi vive per il momento e se qualcuno prova a dire qualcosa, sapremo cosa rispondere.

Che ne dite se adesso ripassiamo? Vi esorto ad ascoltare il seguente ripasso dalle voci di alcuni membri dell’associazione, che stanno sempre sul chi vive in attesa che gli chieda sempre qualcosa da registrare! 

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Marcelo (Argentina): Oggi non mi sento in vena di fare la solita passeggiata. Ci sono motivi? Sicuramente ma non è stato così facile capirli. Ho dovuto fare mente locale, e così ho trovato la causa principale. Ieri sera abbiamo cucinato un arrosto e credo di aver esagerato. A pensarci bene ho sforato col cibo, col bere e perfino col dolce. Il piacevole rovescio della medaglia è stato di aver condiviso un giorno con famiglia ed amici. Molto divertente.

Anne France (Francia): Condivido pienamente la tua sensazione di essere restii a passeggiare oggi. Purtroppo però sono un medico e sono giocoforza andare di nuovo alla carica. Ci sono i nuovi pazienti qua per le prime visite. Non vi dico quanto mi piacerebbe rificcarmi nel letto.

Anthony (Stati Uniti): ah sei medico? Allora a ragion veduta, credo che sarà meglio per la tua salute farla la passeggiata.

Hartmut (Germania): parli bene tu, con quello che hai mangiato! Ma se sei veramente convinto, qui ti voglio! Adesso dai il buon esempio tu. Hai voluto la bicicletta?

Edita (Rep. Ceca): va bene se volete riposatevi ma solo per oggi. Comunque perso per perso, almeno abbiamo fatto un bel ripasso, sempre che Giovanni lo approverà. Ci netterò una buona parola io. Vedremo se saremo stati all’altezza o se abbiamo sfigurato!