Risiedere – VERBI PROFESSIONALI (n. 95)

Risiedere

audio mp3

Trascrizione

Risiedere è il verbo professionale n. 95.

Innanzitutto il verbo risiedere significa avere la residenza in un luogo, quindi è molto simile al verbo “abitare“.
Es:

Risiedo a Roma, dove ho la mia casa e trascorro la maggior parte dell’anno.

Mio nonno risiede in campagna, lontano dal caos della città.

Durante l’estate, molti turisti risiedono nei villaggi costieri per godere del mare.

Il secondo uso di risiedere, meno utilizzato ma ugualmente valido è abbastanza simile.

Significa stare, trovarsi in un luogo in quanto rivestiti di una certa carica:

Es:

Il sindaco risiede nel municipio dove svolge le sue funzioni amministrative.

L’ambasciatore risiede nell’ambasciata del suo paese nel paese ospitante.

Il Papa risiede a Roma

Non solo una persona però può risiedere in un luogo.

Infatti si può parlare di una sede di un’azienda o una compagnia in un luogo. È come dire “si trova” o più informalmente “sta” in un luogo.

Es:

La sede centrale della compagnia risiede a New York, dove vengono prese le decisioni più importanti.

Il quartier generale dell’organizzazione internazionale risiede a Ginevra, in Svizzera.

L’uso più interessante però del verbo risiedere è abbastanza formale ed elegante. Significa “avere il proprio fondamento su qualcosa, consistere, basarsi”. Notate che si utilizza in questo caso sempre la preposizione in (o nel, nella, nei, nelle, negli, nello).

Es:

Il successo di questo progetto risiede nella collaborazione tra i vari dipartimenti.

La bellezza di questo dipinto risiede nella sua semplicità e nella scelta dei colori.

La salute del corpo risiede nell’equilibrio tra dieta sana ed esercizio fisico regolare.

Potremmo usare anche in questo caso il verbo “stare”, o anche “si trova”. È però un linguaggio meno elegante, più informale. Anche più comune però.

Es:

Il successo di questo progetto sta/consiste nella collaborazione tra i vari dipartimenti.

La bellezza di questo dipinto si trova nella sua semplicità e nella scelta dei colori.

La salute del corpo sta nell’equilibrio tra dieta sana ed esercizio fisico regolare.

All’inizio ho detto che risiedere in questo caso significa “trovare il proprio fondamento”. Si può anche usare “trovare fondamento“, più semplice.

Anche questa è una modalità elegante e professionale. Il fondamento infatti fa pensare a qualcosa che giustifica, qualcosa che deve starci, qualcosa di importante che ci porta ad un risultato. Abbiamo anche un episodio dedicato al “fondamento“, quando vi ho spiegato “privo di fondamento“.

Quindi ad esempio, anziché usare risiedere, potrei dire:

Il successo di un’azienda può trovare il proprio fondamento nella qualità dei suoi prodotti e nell’attenzione al servizio clienti.

È proprio nella qualità e nell’attenzione che risiede il successo di un’azienda.

La fiducia in una relazione sentimentale in cosa trova fondamento? Trova il proprio fondamento nella sincerità e nella comunicazione aperta tra i partner.

Stiamo parlando di qualcosa di indispensabile, si irrinunciabile. Proprio come le fondamenta, le basi di un edificio che altrimenti crollerebbe.

La forza della nostra associazione trova fondamento nella solidarietà e nell’aiuto reciproco tra i suoi membri.

Quindi è nella nostra amicizia e solidarietà che risiede la forza della nostra associazione, potremmo aggiungere “ovunque sia la nostra residenza”.

Ci vediamo al prossimo verbo professionale.

Stare attenti o essere attenti? (ep. 969)

Stare attento o essere attento? (scarica audio)

Video

https://youtu.be/9a100Yk5Th4
– – –

Trascrizione

Si dice stare attento/attenta o essere attento/attenta?

Cioè si deve usare il verbo essere oppure il verbo stare?

Qual è la scelta migliore?

È presto detto.
Entrambe le modalità, “stare attento” e “essere attento”, sono corrette e a volte vengono usate in modo intercambiabile.

Tuttavia, c’è una leggera differenza di sfumatura tra le due.

Stare attento” implica una maggiore enfasi sull’azione di prestare attenzione in un momento specifico o in una situazione particolare.

Ad esempio, “Devi stare attento quando attraversi la strada”

Essere attento” invece tende a sottolineare uno stato di attenzione generale o una caratteristica della personalità di qualcuno.

Ad esempio, “Luca è una persona attenta ai dettagli.”

Pertanto, se vuoi dire a un amico che non si deve distrarre durante la guida, e che deve restare concentrato, molto meglio dire:

Stai attento quando guidi, mi raccomando!

E non:

Sii attento quando guidi!

Invece, se parli di Giovanni e vuoi dire che lui non si distrae mai alla guida, è preferibile dire:

Giovanni è sempre attento quando guida

Oppure

Giovanni è una persona molto attenta alla guida

Piuttosto che:

Giovanni sta sempre attento quando guida

Infatti stiamo parliamo di Giovanni e del fatto che lui è fatto cosi. È una sua caratteristica quella di essere sempre concentrato quando guida. Usare “stare” non è scorretto, ma meno adatto.

Bene, stavolta sono stato attento a rispettare la durata dei due minuti! Stavolta secondo voi quale verbo ho usato?

Adesso un piccolo ripasso. State attenti alla pronuncia. Vi propongo di registrare uno scioglilingua. Scegliete voi quale.

Marcelo: Sul tagliere gli agli taglia. Non tagliare la tovaglia.
La tovaglia non è aglio,
e tagliarla è un grave sbaglio.

Mariana: bravo Marcelo, della serie chi taglia la tovaglia è uno scemo!

Paul: Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo.

Ulrike: ma a che pro fare una palla di pelle di pollo? Non mi pare una domanda peregrina!

Estelle: a proposito: la pera sul purè pare peregrina, però pure il purè con le pere peregrino pare.

Karin: bisogna ripeterlo fino a quando non sbagliamo più vero? Stiamo freschi!

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779 Stante, stante che

Stante, stante che (scarica audio)

Trascrizione

Continuiamo ad occuparci di stante, il participio presente del verbo stare.

Iniziamo dalla locuzione “stante che”.

Stante che” oppure “stante il fatto che” è una locuzione che si può usare per fotografare una situazione e trarre delle considerazioni.

Stante che non ci sono prove che ti ho tradito, non puoi accusarmi!

Ho fatto un esempio che può destare maggiore attenzione rispetto ad altri, ma in realtà questa locuzione si usa più spesso in contesti abbastanza tecnici e formali.

Il senso è lo stesso di “per il fatto che“, “in considerazione del fatto che”, oppure le forme più utilizzate: visto che, dal momento che, dato che, giacché, poiché, siccome, e anche dacché.

Se ricordate anche dacché è stato trattato in un passato episodio.

Se usiamo solamente “stante” (senza aggiungere “che” o “il fatto che”) possiamo ugualmente fotografare una situazione per trarre considerazioni o conseguenze, ma possiamo farlo più spesso, anche in contesti familiari e colloquiali.

Vediamo alcuni esempi:

Stante la situazione attuale internazionale, non mi sembra il caso di fare quel viaggio a Mosca che tanto desideravamo.

Stante le tue condizioni di salute, non potrai uscire dall’ospedale prima della prossima settimana.

In questi ultimi due esempi il senso è anche abbastanza simile a “se le cose non cambieranno“, quindi si fotografa una situazione e si evidenzia il fatto che non sta cambiando, quindi ne traggo una conclusione o ne deriva una conseguenza.

Stante le cose tra noi, non abbiamo più nulla da dirci. Addio.

Stante le premesse, ci aspetta un’estate molto calda

Stante le condizioni economiche attuali, non potremo andare in vacanza in Italia.

Stante le difficoltà che ci sono, meglio rimandare il nostro appuntamento

Stante le disposizioni di legge, dovete indossare le mascherine

Stante le circostanze politiche, la guerra non finirà presto.

Stante“, nonostante la varietà degli esempi che ho fatto, resta non molto usato nella vita di tutti i giorni, ma lo trovate molto spesso nelle notizie, soprattutto nello scritto.

Avrete notato che, dagli esempi fatti, a volte stante somiglia a “a causa di”.

Un altro esempio in tal senso:

Stante il cattivo tempo, la vacanza è stata rinviata.

Non abbiamo finito ancora con “stante” ma meglio continuare nel prossimo episodio anziché farlo seduta stante.

Adesso un breve ripasso.

Anthony: Ero indisposto ma adesso sono riuscito a ritagliarmi del tempo per comporre qualcosa al volo.

Ulrike: bontà tua! Su cosa verterà il ripasso?

Marguerite: in questo primo maggio verterà ovviamente sulla dignità del lavoro e la responsabilità dei manager a tutelare i diritti dei lavoratori. La maggiore sicurezza sul lavoro è il tema che sta più a cuore a tutti.

Marcelo: ma questi sono paroloni, concetti enormi, usati spesso a sproposito, non ti pare? Comunque qualcosa di decente alla fine è uscito. Buttalo via!

Stare in campana

Stare in campana (scarica audio)

Vi hanno mai consigliato di stare in campana?

Ma che significa? Devo stare in campana? Cioè?

Tranquilli, significa semplicemente “stai attento/a“.

Un’espressione informale sicuramente, ma molto diffusa in tutt’Italia.

La campana 🔔 infatti suona, e in particolare può essere utilizzata per far suonare un allarme.

Stai in campana significa infatti “stai in preallarme”, o meglio ancora “stai all’erta“.

È un invito, un consiglio che si fa ad una persona quando potrebbe accadere qualcosa, quindi occorre stare attenti, non rilassarsi troppo, non distrarsi, perché potrebbe essere necessario reagire immediatamente, oppure potrebbero esserci problemi.

È un preallarme dunque, non proprio un allarme.

Questo è importante sottolinearlo, quindi non è proprio come “stare attenti” che si può riferire anche ad un pericolo immediato.

Ancora più informalmente si può pronunciare una sola parola: occhio 👁!! Anche in questo caso tuttavia il pericolo è quasi sempre immediato:

Occhio, ché se cadi ti fai male!

Stai in campana quando guidi, ché se ti distrai potresti andare fuori strada.

Stai all’erta, ché se perdi l’aereo il prossimo volo è tra due giorni.

Va bene, grazie, starò in campana!

Un ultimo avvertimento.

Come ho detto prima, stare in campana è equivalente a stare all’erta.

Allora vi do un consiglio: state in campana quando scrivete all’erta, perché in questo caso si scrive con l’apostrofo e se state facendo un esame questo è importante.

Infatti allerta, senza apostrofo, esiste, ma è un sostantivo che indica sempre un preallarme, come ad esempio l’allerta meteo, cioè l’allerta per una possibile condizione metereologica negativa: temporale, pioggia, forte vento eccetera.

Invece, quando si invita una persona a “stare all’erta”, scritto con l’apostrofo, si tratta di una locuzione avverbiale. Significa stare vigili, guardinghi, attenti a ciò che può accadere.

Quindi si usa il verbo stare, nel senso di rimanere, restare, proprio come “stai attento” o “stare in piedi”.

Quindi prima nasce all’erta con l’apostrofo e solo successivamente il sostantivo allerta, tutto attaccato, senza apostrofo dunque:

Per domani allerta meteo, venti forti e temporali.

Ah, state in campana anche a quando usate il plurale del sostantivo allerta , che è sempre allerta: l’allerta al singolare, le allerta al plurale o anche gli allerta, se preferite.

Al plurale molto spesso si trova anche “le allerte” ma si tratta di un errore. Sarebbe al massimo “le allerta”.

Riguardo al genere, ho detto che potete scegliere, infatti c’è chi dice che allerta sia maschile, e altri che sia femminile. Allora il plurale è “gli allerta” oppure “le allerta“.

Non preoccupatevi del genere comunque. Maschile o femminile va bene lo stesso. È invece facile sbagliarsi sul plurale.

State all’erta dunque, anzi, in campana!

Essere o stare? Ci sono, ci sto, ci sta, ci stanno

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Ci sto, ci sta, ci stanno, c’è, ci sono

Può risultare difficile a volte capire, per un non madrelingua, quando usare il verbo giusto.
Questo accade ad esempio con i verbi essere e stare, soprattutto quando mettiamo la particella ci davanti.

Oggi parliamo di questo.
Ci sono o ci sto?
Ci sei o ci stai?
Ci sono o ci stanno?

Vedrete che ci sono alcune circostanze in cui potete usare indifferentemente i due verbi e altri casi in cui questo non posso farlo.

Esprimere accordo o disaccordo

Vediamo qualche esempio e vediamo di fare chiarezza.

Ci state?

Ecco, iniziamo proprio da “ci state”.
La vostra risposta può essere:

Si, ci sto
Si, ci stiamo

Questo significa:
d’accordo, ok, va bene, aggiudicato, per me va bene, accetto, sono d’accordo.

Ogni volta che siete d’accordo oppure no potete usare questa modalità.
In genere però “ci sto” e “ci stiamo” ecc (o non ci sto, non ci stiamo, non ci stanno ecc) comportano un impegno personale. Non è un semplice “va bene”, ma c’è un coinvolgimento.

Vogliamo iniziare a studiare subito? Ci stai?

Andiamo a Roma quest’estate? Ci state?

Sfide e scommesse

Altre volte può essere una sfida o una scommessa:

Scommettiamo che la Roma vince lo scudetto quest’anno? Mi dai 100 euro se la Roma vince?

Ci stai?

In tutti questi casi visti finora, è bene dirlo, non posso usare il verbo essere. Quando si chiede un’opinione o si fa un accordo, o si accetta una sfida o una scommessa posso usare solo il verbo stare.

Presenza fisica e concentrazione

Vediamo invece quando posso usare anche il verbo essere.

Domani andiamo tutti al cinema insieme. Ci devi stare anche tu!
Ci devi essere!

In questo caso è la stessa identica cosa usare essere o stare.

Ci stai domani a casa di Giovanni?
Ci sei domani a casa di Giovanni?

Il verbo essere o stare in questo caso indica la presenza in un luogo.

Vengo a trovarti domani.

Ci sarai a casa?
Ci starai a casa?

Potete scegliere il verbo che preferite, sebbene stare sia un pochino più colloquiale.

Che c’è da mangiare? C’è/ci sta qualcosa in frigo? Ci sta/c’è qualcosa di fresco?

La presenza può anche essere mentale e non fisica:

Giovanni, ti vedo distratto, ci sei? Ci stai?

Che significa: sei con noi? Sei mentalmente presente?

Esistono però due espressioni che meritano la vostra attenzione:

Esserci con la testa.
Starci con la testa.

Entrambe si utilizzano per indicare un comportamento strano, un comportamento irrazionale di una persona e anche la pazzia.

Si parla di una persona che non ragiona più, che non usa più la testa, cioè il cervello.

Il verbo stare in questi casi è più adatto. Ad ogni modo le due espressioni possono essere usate sia per indicare la presenza mentale, la concentrazione o anche un comportamento irrazionale, e persino la pazzia vera e propria.

A volte può indicare anche una condizione momentanea in conseguenza di un trauma.

Bisogna starci con la testa per fare questo lavoro (concentrazione)

Giovanni non c’è più con la testa ultimamente. Ha molti problemi in famiglia (concentrazione o comportamento irrazionale).

Ma che fai? Ma ci stai con la testa? Hai fatto cadere tutti i bicchieri! (concentrazione).

Da quando ha perso il figlio Marco non ci sta più con la testa. È irascibile, scontroso, vuole stare sempre solo (conseguenza di un trauma)

Ma cosa fa quell’uomo? Mangia la pasta con le mani?
Non ci fare caso, non ci sta con la testa (pazzia, malattia mentale).

In questi casi potete usare sia essere che stare, ma come detto stare è più adatto, più informale e più utile per estremizzare il concetto fino alla pazzia.

Accettare scherzi e sconfitte

C’è un altro caso, oltre alla richiesta di opinione, in cui si può usare solamente il verbo stare: quando si fanno degli scherzi o quando si devono accettare le conseguenze di qualcosa di negativo dal punto di vista personale, come una sconfitta.

Hai perso, ci devi stare!

Vale a dire: devi saper accettare la sconfitta, bisogna saper perdere.

In questo caso non ha senso usare il verbo essere.

Accettare una sconfitta quindi è simile ad accettare un invito o una sfida.

Ci stai domani se andiamo al. Cinema? (invito)
Facciamo una sfida a chi arriva prima a casa? Ci stai? (sfida)
Maria ci sta sempre quando perde (sconfitta)

Uguale con gli scherzi:

Francesca non sta mai agli scherzi.

Attenzione:

Con la frase “stare agli scherzi” però potete non usare “ci”. Stare agli scherzi significa ugualmente “accettare” gli scherzi, anche se pesanti, fastidiosi per chi li riceve.

Posso quindi dire:

Devi stare agli scherzi
Devi starci agli scherzi
Ci devi stare agli scherzi
Non state mai agli scherzi
Non ci state mai agli scherzi.

Se non pronunciate “agli scherzi” è però obbligatorio usare ci:

Ti arrabbi sempre, non ci stai mai!
Devi starci, non ti irritare.

Invece se nominate gli scherzi potete scegliere, ma meglio senza ci:

Io (ci) so stare agli scherzi!
Loro non (ci) sanno stare agli scherzi.

Anche in questo caso non ha senso usare il verbo essere perché è una locuzione con un significato preciso e cristallizzato.

Stare al gioco

C’è un caso simile agli scherzi, in cui ugualmente si usa solamente stare:

Stare al gioco: ci stai al gioco?

Stare al gioco significa assecondare un comportamento, “giocare insieme”, ma è inteso nel senso di uno scherzo, o di una finzione. Può significare “accettare le regole” e rispettarle ma anche non opporsi ad uno scherzo fatto ad altre persone.

Voglio fare uno scherzo a Giovanni. Tu ci stai al gioco?

In questo caso non si può usare essere.

Anche stare al gioco ha ormai assunto un significato preciso.

Se tu “stai al gioco”, se cioè “ci stai” significa che non ti opponi, o che fai finta di niente o anche che “non rovini lo scherzo”, che “partecipi al gioco anche tu”.

Anche qui c’è il senso di accettare qualcosa in fondo, ma lo scherzo, il gioco, non è contro di te, ma un’altra persona. Vedete anche l’episodio sulla frase “reggere il gioco” che è interessante.

Qualcosa di accettabile, adeguato, appropriato

Andiamo avanti e vediamo un altro modo di usare ci + stare che non può essere sostituito da ci + essere.

Si usa quando qualcosa è adeguato o normale, insomma accettabile.

Ancora una volta si parla di accettare ma non c’è nessuno che deve accettare. Si parla in generale.

Ci sta che qualche volta si perde

Come a dire: non è strano, ci sta, è accettabile, si può accettare, si può tollerare, può capitare.

Anche in questo caso il verbo essere non può essere usato.

Altre volte indica qualcosa non solo si accettabile, ma di adatto, adeguato, che serve, qualcosa di necessario:

Dopo 3 ore di lezione ci sta (bene) una pausa di almeno 10 minuti.

C’è, in questo caso, appunto il senso di adeguato, adatto. Altre volte addirittura indica qualcosa di desiderabile

Se dico:

Adesso un caffè ci sta tutto!

Cioè: un caffè è proprio ciò che ci vuole: è appropriato.

Come ci sta il formaggio sulla pasta?

Ci sta benissimo.

Anche qui: non possiamo usare il verbo essere. In questo caso si parla di una buona associazione, di appropriatezza: il formaggio ci sta bene, si associa perfettamente con la pasta. Potremmo dire che è la morte sua.

Ugualmente con l’accoppiamento dei colori o di vestiti.

Come ci sta la cravatta verde con la giacca blu?

Non ci sta bene. I colori verde e blu si associano male. Ci stanno male insieme. Non è appropriato come accoppiamento.

Il verbo essere in pratica si può sostituire al verbo stare solo nei casi visti all’inizio, quando parlo della presenza fisica, concentrazione, pazzia e strani comportamenti. Poi dopo vediamo altri casi abbiate pazienza.

Ma non finisce qui.

Dimensioni

Ci sta può significare anche “c’entra“, nel senso fisico, nel senso di spazio:

Ci sta questo armadio nella tua camera?

Cioè: C’entra? C’è spazio?

Questo è il senso.

Anche in questo caso il verbo essere non si può usare. Infatti “c’è” e “ci sono” non possono sostituire in questo caso ci sta e ci stanno.

Diverso è il caso della presenza fisica, come si è visto. Se ad esempio chiamo a casa di un amico posso chiedere:

C’è marco?

Ci sta marco?

Solo in questo caso, negli esempi visti finora, quindi posso usare indifferentemente essere e stare. “C’è” infatti è la forma apostrofata di “ci è”.

C’entra

Abbiamo parlato di c’entra prima, parlando di spazio.

Se ci pensate, c’entra si usa anche per l’appropriatezza:

Che c’entra la maionese sulla pasta? Che ci sta a fare?

Che c’entri tu? Non ti immischiare! Che ci stai a fare?

Posso spesso usare “stare” in questi casi ma non “essere”.

Che ci stai a fare qui? Non dovevi essere a casa?

È informale ma si usa spesso.

Vedete che si parla di presenza fisica, ma uso stare perché la tua presenza non è appropriata.

Per questo motivo si usa quasi sempre il verbo stare in questi casi. “Essere” suona veramente male: non ci sta bene, potrei dire.

Tra l’altro non sempre si parla di presenza fisica:

Che ci stai a fare con Maria?

In questo caso stare si intende star insieme, essere una coppia, essere fidanzati..

Comodità, agio

Vediamo un altro caso in cui invece stare non è sostituibile da essere:

Io ci sto bene con te.

Ci sto bene a casa mia.

In questi casi: ci sto bene/male, ci stai bene/male, ci stanno bene/male, eccetera significa stare bene, trovarsi bene, essere comodi, essere a proprio agio, provare comodità eccetera.

Posso anche dire:

Io ci sto bene/male con Margherita

In tutti questi casi stiano esprimendo quindi una sensazione positiva o negativa, una situazione comoda o scomoda. Non posso neanche in questo casi usare il verbo essere.

Autocritica e disponibilità

Ci sono altri due casi di cui voglio parlarvi:

Abbiamo preso il Covid perché non usavamo la mascherina: Ci sta bene!

Voglio dire che abbiamo ottenuto ciò che meritavamo. È un’autocritica.

Il “ci” in questo caso sta per “a noi”. Se parliamo di altre persone diventa mi, ti, vi, gli, le.

Infine, se dico che:

La ragazza ci sta!

Questo è un utilizzo di “stare” simile al primo caso visto in questo episodio, parlando di essere d’accordo, quindi “ci sta” esprime accordo, ma si parla di “disponibilità” in questo caso. Una disponibilità particolare però.

La ragazza che “ci sta” è una ragazza disponibile, una ragazza che cede alle lusinghe di un ragazzo, che viene conquistata da un ragazzo.

Si tratta di un linguaggio giovanile, informale, e si parla spesso in questo modo anche per indicare un aspetto negativo di una ragazza, che è troppo disponibile da questo punto di vista. In pratica questa ragazza non è una ragazza seria.

Si può usare anche con persone di sesso maschile, ma i ragazzi, si sa, è normale che siano più “disponibili” delle ragazze.

Comunque anche in questo caso non possiamo usare essere perché non parliamo di presenza fisica o dei casi visti all’inizio: pazzia, comportamenti strani, irrazionali e concentrazione.

Qualcosa sta arrivando

Anche il verbo essere ovviamente, sempre con ci davanti, in alcune occasione non può essere sostituito da stare. Vediamo quando.

Ad esempio se dico:

Ci siamo!

Questo può anche indicare che qualcosa sta per accadere, è vicino, quindi prepariamoci.

È curioso che si usa solo la forma al plurale anche se sono solo.

Domani farò l’esame. Ci siamo quasi!

Essere come ausiliare

Poi naturalmente non posso usare stare quando essere è ausiliare:

In Italia ci siamo stati 2 volte.

Stavolta addirittura ho usato entrambi i verbi! Infatti più in generale quando essere è verbo ausiliare non posso sostituirlo:

A casa ci sono arrivato da solo

Ci siamo visti ieri

E in tutte le espressioni idiomatiche e frasi fatte solitamente è lo stesso.

Ci sono rimasto male

Ci sta a cuore la tua felicità

Identificare

Comunque, pensandoci bene, possiamo usare essere e stare indifferentemente anche quando parliamo di identificare qualcosa o qualcuno, anche indicando delle caratteristiche:

Ci sono/sto anch’io

Ci stanno/sono anche i miei amici

Usare il verbo stare in questi casi è più colloquiale. È più corretto usare essere o anche esistere.

Ad esempio:

Ci sono/stanno due miei amici che vorrebbero conoscerti.

Questi amici hanno questa caratteristica: vorrebbero conoscerti.

Ci sono/stanno dei posti nel mondo che vorrei tanto visitare.

Ci stanno/sono alcune persone che hanno gli occhi di diverso colore.

Ci sono/stanno (esistono) problemi se resto a casa tua?

Ora, ci stanno/sono (esistono) molte persone che amano gli esercizi di ripetizione.

Esercizio di ripetizione

Allora facciamolo, così ripassiamo tutti i casi visti finora:

Ci sta/c’è del vino per la cena?

Non ci sono/stanno problemi se vuoi dormire a casa mia.

Ci stai a fare uno scherzo a Giovanni?

Che ci sta (c’è) da mangiare?

Che ci stai a fare qui?

Non stai mai agli scherzi!

Ci sei/stai domani a casa?

Facciamo una gara, ci stai?

Dai, che dopo 10 anni di matrimonio ogni tanto si litighi ci può stare.

Siamo in 7. Non ci stiamo tutti nella mia macchina.

Ho provato a baciare delle ragazze in discoteca ma nessuna ci stava.

Domani riunione? No, domani non ci sto/sono, sono in ferie.

Ci sta/c’è un amico al telefono che ti cerca

L’episodio è finito. Ci siamo esercitati abbastanza no?

Hei, ci siete/state ancora?