Giovanni: oggi un episodio dedicato all’aggettivo facile.
Tutti voi sicuramente sapete usarlo correttamente e anche facilmente immagino.
Le cose facili non richiedono infatti una particolare dote, non presentano difficoltà o molta applicazione.
Mi interessa però parlarvi dell’espressione:
Avere qualcosa facile.
e
Essere facile a far qualcosa
Si tratta di esprimere una capacità, una particolare abilità o anche l’incapacità a fare qualcosa.
Se dico:
Sono facile all’ira
Vuol dire che mi arrabbio facilmente, che non riesco a controllarmi. Non ne sono capace, sono incline all’ira.
Analogamente posso dire che:
Sono facile a perdere il controllo
Cioè non riesco a controllarmi. Perdo facilmente il controllo.
Sono facile ad arrabbiarmi
Sono facile all’arrabbiatura
Cioè mi arrabbio facilmente.
Sono facile al bere
Questo significa che cedo facilmente, che non ho qualche capacità di controllo con l’alcool.
Posso anche usare il verbo avere:
Ho l’arrabbiatura facie
Stesso significato si “essere facile all’ira”. Il verbo avere si usa con i sostantivi:
Ho la pistola facile
Ma posso farlo anche col verbo essere:
Sono di pistola facile
Questo significa che sparo facilmente, che non riesco a controllarmi quando ho una pistola in mano. Mi manca questa capacità di controllo.
C’è quasi sempre, anche col verbo avere, questo senso di mancanza di controllo. Questa è la capacità di cui si parla, quasi sempre.
Giovanni ha l’insulto facile
Chiaramente Giovanni ricorre facilmente all’insulto, quindi insulta con una certa facilità, non si fa molti problemi, non ha capacita di controllarsi.
Marco ha il bicchiere facile
Questo è più complicato, ma sapendo che ha a che fare col controllo si può capire che Marco ha dei problemi legati all’alcool.
Spesso c’è un sostantivo dunque, come in questo caso (bicchiere) che però allude all’incapacità di controllo.
Potete anche non parlare di controllo, sebbene sia meno frequente. Se ad esempio mi oriento facilmente, posso dire che ho l’orientamento facile.
In sostanza l’espressione si può usare per qualunque attività che risulti facile per una persona.
L’uso del verbo essere o avere dipende dalla circostanza. Quando c’è un sostantivo che rende bene l’idea di ciò che volete dire potete usare preferibilmente il verbo avere, altrimenti il verbo essere:
Sono facile ad ingrassare
Questa è una capacità non nel senso proprio del termine ma si usa anche così.
Maria ha lo starnuto facile
Evidentemente Maria è un soggetto allergico o è sempre raffreddata. Anche questa non è una vera capacità, ma resta la mancanza di controllo.
Un arbitro può avere il cartellino facile
Si parla di un arbitro severo perché ammonisce (cartellino giallo) o espelle (cartellino rosso) facilmente i calciatori.
Questo arbitro è facile all’esplulsione o all’ammonizione.
Questa è l’alternatuva usando il verbo essere.
Altri esempi?
Giovanna ha la lacrima facile
Giovanna è facile al pianto
Quindi Giovanna piange facilmente, non riesce a controllarsi, non ha questa capacità.
Adesso ripassiamo, altrimenti qualcuno potrebbe dire che sonofacile all’esagerazione nelle spiegazioni.
Emanuele: il verbo essere, molte volte, viene sostituito dal verbo risultare. Spesso però impropriamente.
Ad esempio:
La mia automobile risulta molto sporca
Il cielo risulta nuvoloso
Il mare risulta mosso
Questa non è una bella cosa, perché ogni verbo va usato nel modo più opportuno. La macchina semplicemente è sporca.
A volte possiamo farlo:
La lezione è risultata molto noiosa
A me risulta molto utile ascoltare ogni episodio più volte
Ma in questi casi però vogliamo esprimere un risultato, appunto, una conseguenza.
Un altro modo corretto di questo verbo è invece:
Ti risulta?
Vi risulta?
Non mi risulta che…
Non mi risulta che…
Non le risulta che…
Eccetera
Risultare in questo caso somiglia molto di più a conoscere oppure a “essere a conoscenza” piuttosto che al verbo essere.
Se io ti domando:
Tirisulta che Mario sia arrivato a casa?
È come dire:
Che tu sappia, Mario è arrivato a casa?
Sai se Mario è arrivato a casa?
Mario può rispondere:
Non mi risulta
Oppure:
Mi risulta che sia ancora in viaggio
Un altro esempio:
Andiamo al concerto stasera?
Risposta: mi risulta che il concerto sia stato annullato.
Si usa “che” e poi il verbo al congiuntivo:
Mi risulta che il cantante abbia il raffreddore
Quando esprimo una conoscenza ed uso “risultare” non è come usare il verbo essere.
Mi risulta che sia ancora in viaggio
È diverso da:
È ancora in viaggio
Anche:
Mi risulta che il concerto sia stato annullato.
È diverso da:
Il concerto è stato annullato
Anche:
Mi risulta che il cantante abbia il raffreddore
È diverso da:
Il cantante è raffreddato
La diversità sta nel fatto che essere esprime una certezza, invece “mi risulta”, “ti risulta” ecc. Esprime una conoscenza, proprio come “che io sappia“, “che tu sappia” ecc. di cui ci siamo già occupati in un precedente episodio.
Se io vedo con i miei occhi una cosa, posso anzi devo usare il verbo essere. Invece se ho ascoltato una notizia da altre persone, alla radio, se ho letto un SMS eccetera meglio usare il verbo risultare perché non c’è certezza della veridicità.
Anche quando non voglio prendermi la responsabilità di quanto affermo, spesso si ricorre a questo verbo:
Da quanto mi risulti/risulta Giovanni in questo momento si trova in Italia, perché ho letto un suo messaggio whatsapp. Ma non ne ho certezza.
È un po come dire:
Per quanto ne so io…
Per quello che so io…
Pare che….
Sembra che…
Secondo le informazioni che ho io…
Stando alle informazioni in mio possesso
Quindi si dicendo di non avere una conoscenza diretta e quindi una certezza assoluta.
Una risposta potrebbe essere:
A me invece questo non risulta affatto. Stamattina mi ha detto di non voler più partire per l’Italia.
Il verbo comunque ha anche un uso professionale.
La reception di un hotel potrebbe dire ad esempio che a loro non risulta una prenotazione.
Non risulta una prenotazione a suo nome
Oppure:
A noi risulta una prenotazione di una camera matrimoniale a nome di Daniela Rossi
In questo caso si esprime una conoscenza che deriva, cioè che emerge, da un registro, un documento, una email ecc. e anche se questa conoscenza non esprime una certezza, l’uso di questo verbo è preferibile in molti ambiti lavorativi.
Dopo un test rapido anti Covid, il medico, anziché dire:
Non hai il virus, non c’è il virus o non sei positivo, è molto probabile che dica:
Il test risulta negativo
Il risultato del test è negativo
O al limite:
Dal test non risulta/emerge una positività al Covid
Oppure, consultando un registro delle presenze in ufficio, posso dire che:
Dal registro non risulta che Giovanni sia andato a lavorare quel giorno
In generale quindi se si consulta un documento qualsiasi, un dato scritto o registrato da qualche parte, sempre meglio usare il verbo risultare.
L’episodio finisce qui.
Giovanni: grazie Emanuele, adesso ripassiamo perché come si sa, alla fine di ogni episodio bisogna allenare la memoria.
Andrè: ciò che hai detto non risponde al vero. In alcuni episodi il ripasso si trova all’interno e non alla fine.
Può risultare difficile a volte capire, per un non madrelingua, quando usare il verbo giusto. Questo accade ad esempio con i verbi essere e stare, soprattutto quando mettiamo la particella ci davanti.
Oggi parliamo di questo. Ci sono o ci sto? Ci sei o ci stai? Ci sono o ci stanno?
Vedrete che ci sono alcune circostanze in cui potete usare indifferentemente i due verbi e altri casi in cui questo non posso farlo.
Esprimere accordo o disaccordo
Vediamo qualche esempio e vediamo di fare chiarezza.
Cistate?
Ecco, iniziamo proprio da “ci state”. La vostra risposta può essere:
Si, ci sto Si, ci stiamo
Questo significa: d’accordo, ok, va bene, aggiudicato, per me va bene, accetto, sono d’accordo.
Ogni volta che siete d’accordo oppure no potete usare questa modalità. In genere però “ci sto” e “ci stiamo” ecc (o non ci sto, non ci stiamo, non ci stanno ecc) comportano un impegno personale. Non è un semplice “va bene”, ma c’è un coinvolgimento.
Vogliamo iniziare a studiare subito? Ci stai?
Andiamo a Roma quest’estate? Ci state?
Sfide e scommesse
Altre volte può essere una sfida o una scommessa:
Scommettiamo che la Roma vince lo scudetto quest’anno? Mi dai 100 euro se la Roma vince?
Ci stai?
In tutti questi casi visti finora, è bene dirlo, non posso usare il verbo essere. Quando si chiede un’opinione o si fa un accordo, o si accetta una sfida o una scommessa posso usare solo il verbo stare.
Presenza fisica e concentrazione
Vediamo invece quando posso usare anche il verbo essere.
Domani andiamo tutti al cinema insieme. Ci devi stare anche tu! Ci devi essere!
In questo caso è la stessa identica cosa usare essere o stare.
Ci stai domani a casa di Giovanni? Ci sei domani a casa di Giovanni?
Il verbo essere o stare in questo caso indica la presenza in un luogo.
Vengo a trovarti domani.
Ci sarai a casa? Ci starai a casa?
Potete scegliere il verbo che preferite, sebbene stare sia un pochino più colloquiale.
Che c’è da mangiare? C’è/ci sta qualcosa in frigo? Ci sta/c’è qualcosa di fresco?
La presenza può anche essere mentale e non fisica:
Giovanni, ti vedo distratto, ci sei? Ci stai?
Che significa: sei con noi? Sei mentalmente presente?
Esistono però due espressioni che meritano la vostra attenzione:
Esserci con la testa. Starci con la testa.
Entrambe si utilizzano per indicare un comportamento strano, un comportamento irrazionale di una persona e anche la pazzia.
Si parla di una persona che non ragiona più, che non usa più la testa, cioè il cervello.
Il verbo stare in questi casi è più adatto. Ad ogni modo le due espressioni possono essere usate sia per indicare la presenza mentale, la concentrazione o anche un comportamento irrazionale, e persino la pazzia vera e propria.
A volte può indicare anche una condizione momentanea in conseguenza di un trauma.
Bisogna starci con la testa per fare questo lavoro (concentrazione)
Giovanni non c’è più con la testa ultimamente. Ha molti problemi in famiglia (concentrazione o comportamento irrazionale).
Ma che fai? Ma ci stai con la testa? Hai fatto cadere tutti i bicchieri! (concentrazione).
Da quando ha perso il figlio Marco non ci sta più con la testa. È irascibile, scontroso, vuole stare sempre solo (conseguenza di un trauma)
Ma cosa fa quell’uomo? Mangia la pasta con le mani? Non ci fare caso, non ci sta con la testa (pazzia, malattia mentale).
In questi casi potete usare sia essere che stare, ma come detto stare è più adatto, più informale e più utile per estremizzare il concetto fino alla pazzia.
Accettare scherzi e sconfitte
C’è un altro caso, oltre alla richiesta di opinione, in cui si può usare solamente il verbo stare: quando si fanno degli scherzi o quando si devono accettare le conseguenze di qualcosa di negativo dal punto di vista personale, come una sconfitta.
Hai perso, ci devi stare!
Vale a dire: devi saper accettare la sconfitta, bisogna saper perdere.
In questo caso non ha senso usare il verbo essere.
Accettare una sconfitta quindi è simile ad accettare un invito o una sfida.
Ci stai domani se andiamo al. Cinema? (invito) Facciamo una sfida a chi arriva prima a casa? Ci stai? (sfida) Maria ci sta sempre quando perde (sconfitta)
Uguale con gli scherzi:
Francesca non sta mai agli scherzi.
Attenzione:
Con la frase “stare agli scherzi” però potete non usare “ci”. Stare agli scherzi significa ugualmente “accettare” gli scherzi, anche se pesanti, fastidiosi per chi li riceve.
Posso quindi dire:
Devi stare agli scherzi Devi starci agli scherzi Ci devi stare agli scherzi Non state mai agli scherzi Non cistate mai agli scherzi.
Se non pronunciate “agli scherzi” è però obbligatorio usare ci:
Ti arrabbi sempre, non ci stai mai! Devi starci, non ti irritare.
Invece se nominate gli scherzi potete scegliere, ma meglio senza ci:
Io (ci) so stare agli scherzi! Loro non (ci) sanno stare agli scherzi.
Anche in questo caso non ha senso usare il verbo essere perché è una locuzione con un significato preciso e cristallizzato.
Stare al gioco
C’è un caso simile agli scherzi, in cui ugualmente si usa solamente stare:
Stare al gioco: ci stai al gioco?
Stare al gioco significa assecondare un comportamento, “giocare insieme”, ma è inteso nel senso di uno scherzo, o di una finzione. Può significare “accettare le regole” e rispettarle ma anche non opporsi ad uno scherzo fatto ad altre persone.
Voglio fare uno scherzo a Giovanni. Tu ci stai al gioco?
In questo caso non si può usare essere.
Anche stare al gioco ha ormai assunto un significato preciso.
Se tu “stai al gioco”, se cioè “ci stai” significa che non ti opponi, o che fai finta di niente o anche che “non rovini lo scherzo”, che “partecipi al gioco anche tu”.
Anche qui c’è il senso di accettare qualcosa in fondo, ma lo scherzo, il gioco, non è contro di te, ma un’altra persona. Vedete anche l’episodio sulla frase “reggereilgioco” che è interessante.
Qualcosa di accettabile, adeguato, appropriato
Andiamo avanti e vediamo un altro modo di usare ci + stare che non può essere sostituito da ci + essere.
Si usa quando qualcosa è adeguato o normale, insomma accettabile.
Ancora una volta si parla di accettare ma non c’è nessuno che deve accettare. Si parla in generale.
Ci sta che qualche volta si perde
Come a dire: non è strano, ci sta, è accettabile, si può accettare, si può tollerare, può capitare.
Anche in questo caso il verbo essere non può essere usato.
Altre volte indica qualcosa non solo si accettabile, ma di adatto, adeguato, che serve, qualcosa di necessario:
Dopo 3 ore di lezione ci sta (bene) una pausa di almeno 10 minuti.
C’è, in questo caso, appunto il senso di adeguato, adatto. Altre volte addirittura indica qualcosa di desiderabile
Se dico:
Adesso un caffè ci sta tutto!
Cioè: un caffè è proprio ciò che ci vuole: è appropriato.
Come ci sta il formaggio sulla pasta?
Ci sta benissimo.
Anche qui: non possiamo usare il verbo essere. In questo caso si parla di una buona associazione, di appropriatezza: il formaggio ci sta bene, si associa perfettamente con la pasta. Potremmo dire che è la morte sua.
Ugualmente con l’accoppiamento dei colori o di vestiti.
Come ci sta la cravatta verde con la giacca blu?
Non ci sta bene. I colori verde e blu si associano male. Ci stanno male insieme. Non è appropriato come accoppiamento.
Il verbo essere in pratica si può sostituire al verbo stare solo nei casi visti all’inizio, quando parlo della presenza fisica, concentrazione, pazzia e strani comportamenti. Poi dopo vediamo altri casi abbiate pazienza.
Ma non finisce qui.
Dimensioni
Ci sta può significare anche “c’entra“, nel senso fisico, nel senso di spazio:
Ci sta questo armadio nella tua camera?
Cioè: C’entra? C’è spazio?
Questo è il senso.
Anche in questo caso il verbo essere non si può usare. Infatti “c’è” e “ci sono” non possono sostituire in questo caso ci sta e ci stanno.
Diverso è il caso della presenza fisica, come si è visto. Se ad esempio chiamo a casa di un amico posso chiedere:
C’è marco?
Ci sta marco?
Solo in questo caso, negli esempi visti finora, quindi posso usare indifferentemente essere e stare. “C’è” infatti è la forma apostrofata di “ci è”.
C’entra
Abbiamo parlato di c’entra prima, parlando di spazio.
Se ci pensate, c’entra si usa anche per l’appropriatezza:
Che c’entra la maionese sulla pasta? Che ci sta a fare?
Che c’entri tu? Non ti immischiare! Che ci stai a fare?
Posso spesso usare “stare” in questi casi ma non “essere”.
Che ci stai a fare qui? Non dovevi essere a casa?
È informale ma si usa spesso.
Vedete che si parla di presenza fisica, ma uso stare perché la tua presenza non è appropriata.
Per questo motivo si usa quasi sempre il verbo stare in questi casi. “Essere” suona veramente male: non ci sta bene, potrei dire.
Tra l’altro non sempre si parla di presenza fisica:
Che ci stai a fare con Maria?
In questo caso stare si intende star insieme, essere una coppia, essere fidanzati..
Comodità, agio
Vediamo un altro caso in cui invece stare non è sostituibile da essere:
Io ci sto bene con te.
Ci sto bene a casa mia.
In questi casi: ci sto bene/male, ci stai bene/male, ci stanno bene/male, eccetera significa starebene, trovarsi bene, esserecomodi, essere a proprio agio, provare comodità eccetera.
Posso anche dire:
Io ci sto bene/male con Margherita
In tutti questi casi stiano esprimendo quindi una sensazione positiva o negativa, una situazione comoda o scomoda. Non posso neanche in questo casi usare il verbo essere.
Autocritica e disponibilità
Ci sono altri due casi di cui voglio parlarvi:
Abbiamo preso il Covid perché non usavamo la mascherina: Ci sta bene!
Voglio dire che abbiamo ottenuto ciò che meritavamo. È un’autocritica.
Il “ci” in questo caso sta per “a noi”. Se parliamo di altre persone diventa mi, ti, vi, gli, le.
Infine, se dico che:
La ragazza ci sta!
Questo è un utilizzo di “stare” simile al primo caso visto in questo episodio, parlando di essere d’accordo, quindi “ci sta” esprime accordo, ma si parla di “disponibilità” in questo caso. Una disponibilità particolare però.
La ragazza che “ci sta” è una ragazza disponibile, una ragazza che cede alle lusinghe di un ragazzo, che viene conquistata da un ragazzo.
Si tratta di un linguaggio giovanile, informale, e si parla spesso in questo modo anche per indicare un aspetto negativo di una ragazza, che è troppo disponibile da questo punto di vista. In pratica questa ragazza non è una ragazza seria.
Si può usare anche con persone di sesso maschile, ma i ragazzi, si sa, è normale che siano più “disponibili” delle ragazze.
Comunque anche in questo caso non possiamo usare essere perché non parliamo di presenza fisica o dei casi visti all’inizio: pazzia, comportamenti strani, irrazionali e concentrazione.
Qualcosa sta arrivando
Anche il verbo essere ovviamente, sempre con ci davanti, in alcune occasione non può essere sostituito da stare. Vediamo quando.
Ad esempio se dico:
Ci siamo!
Questo può anche indicare che qualcosa sta per accadere, è vicino, quindi prepariamoci.
È curioso che si usa solo la forma al plurale anche se sono solo.
Domani farò l’esame. Ci siamo quasi!
Essere come ausiliare
Poi naturalmente non posso usare stare quando essere è ausiliare:
In Italia ci siamo stati 2 volte.
Stavolta addirittura ho usato entrambi i verbi! Infatti più in generale quando essere è verboausiliare non posso sostituirlo:
A casa ci sono arrivato da solo
Ci siamo visti ieri
E in tutte le espressioni idiomatiche e frasi fatte solitamente è lo stesso.
Ci sono rimasto male
Ci sta a cuore la tua felicità
Identificare
Comunque, pensandoci bene, possiamo usare essere e stare indifferentemente anche quando parliamo di identificare qualcosa o qualcuno, anche indicando delle caratteristiche:
Ci sono/sto anch’io
Ci stanno/sono anche i miei amici
Usare il verbo stare in questi casi è più colloquiale. È più corretto usare essere o anche esistere.
Ad esempio:
Ci sono/stanno due miei amici che vorrebbero conoscerti.
Questi amici hanno questa caratteristica: vorrebbero conoscerti.
Ci sono/stanno dei posti nel mondo che vorrei tanto visitare.
Ci stanno/sono alcune persone che hanno gli occhi di diverso colore.
Ci sono/stanno (esistono) problemi se resto a casa tua?
Ora, ci stanno/sono (esistono) molte persone che amano gli esercizi di ripetizione.
Esercizio di ripetizione
Allora facciamolo, così ripassiamo tutti i casi visti finora:
Ci sta/c’è del vino per la cena?
Non ci sono/stanno problemi se vuoi dormire a casa mia.
Ci stai a fare uno scherzo a Giovanni?
Che ci sta (c’è) da mangiare?
Che ci stai a fare qui?
Non stai mai agli scherzi!
Ci sei/stai domani a casa?
Facciamo una gara, ci stai?
Dai, che dopo 10 anni di matrimonio ogni tanto si litighi ci può stare.
Siamo in 7. Non ci stiamo tutti nella mia macchina.
Ho provato a baciare delle ragazze in discoteca ma nessuna ci stava.
Domani riunione? No, domani non ci sto/sono, sono in ferie.
Ci sta/c’è un amico al telefono che ti cerca
L’episodio è finito. Ci siamo esercitati abbastanza no?