877 È che…

È che… (scarica audio)

Trascrizione

L’episodio di oggi è dedicato ad una brevissima locuzione con cui si può iniziare una frase. “È che”.

Probabilmente vi ricordate della locuzione “non è che“. Stavolta però non abbiamo la negazione, e togliere la negazione non significa sempre che il significato è l’opposto.

A dire il vero a volte “è che” si utilizza anche insieme a “non è che” e si usa proprio in senso opposto per sottolineare ciò che voglio dire. Prima nego una affermazione e poi aggiungo qualcosa, poi spiego meglio.

Ad esempio:

Non è che mi sono scordato del tuo compleanno, è che ricordavo fosse ieri.

Raramente però le due locuzioni si usano insieme a questo scopo. Vediamo allora di aggiungere qualcosa in più per capire come si usa “è che“.

Nel linguaggio colloquiale è molto frequente. Più difficilmente si trova anche per iscritto.

Questa locuzione si usa per dare una risposta, spesso per dare una giustificazione oppure come semplice commento.

Questo lo avevamo detto anche nell’episodio dedicato a “non è che”, a proposito di uno dei suoi utilizzi.

In questi casi si tratta di spiegare un motivo per cui accade qualcosa, ad esempio quando ci si deve giustificare, quando si deve trovare una scusa per giustificare un comportamento proprio o di altre persone.

Es: come mai non puoi venire più al cinema stasera?

Risposta:

è che avevo dimenticato di avere un impegno.

Non c’è bisogno di negare (usando “non è che”) e poi giustificarsi. È sufficiente la giustificazione. In questo caso non c’è niente da negare, a meno che la domanda non fosse stata:

Non ti va più di venire al cinema stasera?

Allora la risposta poteva essere:

Non è che non mi va più, è che avevo dimenticato di avere un impegno.

La risposta precedente (senza la negazione) è in pratica la forma abbreviata di:

Il motivo è che avevo dimenticato di avere un impegno.

Oppure:

Il fatto è che avevo dimenticato di avere un impegno.

Spesso è quest’ultima la versione che si preferisce utilizzare in queste occasioni.

A volte si è dispiaciuti per un certo motivo, altre volte si vorrebbe prendere una decisione ma non si può per un qualunque motivo.

Es: dobbiamo assolutamente rinunciare al nostro viaggio in Italia.

Risposta:

Lo so, è che volevo andare a trovare Giovanni.

Equivalente a:

Lo so, mi spiace perché volevo andare a trovare Giovanni.

Oppure:

I miei amici Carlo e Francesca, dopo 20 anni di matrimonio, si sono lasciati.

Commento:

È che dopo un po’ il rapporto cambia, l’innamoramento finisce e con gli anni bisogna vivacizzare il rapporto.

Anche in questi caso possiamo dire “il fatto è che“, come prima. Così però è più informale, meno impegnativo, meno giudicante.

Un altro esempio. Paolo parla con Alfredo e gli dice quanto è sfortunato:

Paolo: Non ho mai vinto alla lotteria. Che sfortunato che sono!

Alfredo: sai, è che per vincere bisogna anche provare a giocare…

In questo caso è anche ironico.

Avete notato che in questo caso somiglia anche a “però“. Può somigliare anche a “ma purtroppo”.

Esempio:

Vorrei tanto comprare una Ferrari; è che non ho abbastanza soldi!

Infine si utilizza quando si hanno dei dubbi, preoccupazioni e problemi:

Mi piacerebbe trasferirmi in un’altra nazione completamente diversa dall’Italia.

Ci sarebbe anche l’opportunità, è che i miei figli non sono molto d’accordo.

Oppure:

Io e mia moglie stiamo pensando di fare un altro figlio. È che abbiamo solo due camere da letto per il momento.

Qui all’inizio sembra essere “il problema è che“. Lo stesso nell’esempio precedente.

Oppure:

Mio figlio stasera dovrà rientrare a casa da solo. Va bene, ha 15 anni; è che sarà buio a quell’ora.

In questo caso si potrebbe dire:

Sono preoccupato ugualmente perché a quell’ora sarà buio

O anche:

Nonostante questo sono preoccupato perché sarà buio a quell’ora.

È che” è più veloce e per questo adatto a un linguaggio colloquiale.

Vi lascio adesso ad un bellissimo ripasso realizzato dalla nostra Peggy. Le voci sono di altri membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Peggy: Un giorno, un bambino giapponese di 4 anni, di punto in bianco ha espresso ai suoi il desiderio di volersi far crescere i capelli fintantoché non sarebbero diventati molto lunghi.

Ulrike: vai a capire cosa gli è frullato in testa!

Marcelo: Il padre, di primo acchito, era prevenuto contro questo pensiero che gli era alquanto peregrino. La richiesta del figlio ha suscitato una forte preoccupazione in entrambi i genitori, facendogli pensare che il loro piccolo possedesse un orientamento sessuale diverso rispetto dagli altri bambini.

Irina: Per ridurre ai minimi termini tale preoccupazione, i genitori hanno interpellato il figlio per conoscere il motivo per cui aveva preso la decisione attinente ai capelli.

Estelle: Dopo le plausibili spiegazioni del figlio, nonostante inizialmente poco propensi ad aderire alla sua idea, sono rimasti d’accordo con lui. al contempo però gli hanno fatto presente che questo atto avrebbe dato adito a tante critiche nei suoi confronti da parte degli amici. Un rovescio della medaglia a cui forse non aveva pensato.

Sofie: Manco a dirlo, nel giro di tre anni, via via che i suoi capelli crescevano, spesso e volentieri veniva preso di mira ed a mali parole da altri bambini. Alcuni non l’hanno neanche degnato di uno sguardo, guardandosi bene da qualunque approccio con lui.

Natalia: Certamente, tutto ciò è quanto mai difficile da sorbire per un ragazzo, e a maggior ragione per un bambino di una simile età.

Danita: In effetti, per via della frustrazione, diverse volte ha ceduto, pensando di tornare sui propri passi. Tuttavia, ogni volta, come rifletteva sulla finalità del suo gesto, pensava all’imminente momento del traguardo, così stringeva i denti e andava avanti.

Hartmut: All’età di sette anni, i suoi capelli sono arrivati alla lunghezza che voleva, ossia all’altezza della vita. Al che, si è fatto tagliare i capelli per poi donarli ai malati di cancro.

Danielle: Ecco perché tre anni fa ha deciso di intraprendere questo percorso tortuoso! La causa misteriosa alla fine è venuta a galla.

Anthony: Dunque, forte della sua tenacia, non ha reso il proprio desiderio pio o effimero che dir si voglia. Il suo gesto non lascia affatto il tempo che trova.

Fatima: A suo modo ha dato un valido apporto al progetto di aiutare le persone sofferenti di cancro.

Cat: Pensiamoci! Noi grandi, ci reputiamo all’altezza di questo bambino? Sappiamo fare qualcosa del genere tendendo la mano ai bisognosi?

Peggy: Senz’altro si tratta di un bambino sui generis, nonché con tanta nobiltà d’animo! Tra l’altro, il suo lavoro non è risultato fine a sé stesso, anzi è stato molto edificante. Fare del bene fa del bene anche a sé stessi.

Rauno: Dopo tale vicenda, numerosi bambini provenienti da svariati angoli del mondo, hanno seguito il suo esempio sulla falsariga del protagonista, andando incontro a chi necessitava di aiuto nei modi più svariati. Questi bambini hanno tutto il nostro plauso, eccome!

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Gli esercizi (con soluzione) per questo episodio sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (LOGIN)

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739 Mi dirai che…

Mi dirai che…

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Trascrizione

Giovanni: Benvenuti nell’episodio numero 739 della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente“.

Oggi vediamo una simpatica locuzione di cui non troverete una spiegazione in nessun libro e in nessun sito, a parte Italiano Semplicemente.

Mi dirai che” è la locuzione di cui vi sto parlando, molto colloquiale, che viene usata in una conversazione, generalmente quando si sta effettuando una valutazione di qualcosa, oppure quando si sta esponendo una preferenza, una scelta, un gusto personale.

Si tratta di questioni sulle quali si valutano pro e contro, si discute, si fanno considerazioni in un verso o nell’altro.

Ciascuna persona può dire la sua opinione, ma c’è sempre qualcuno che parla un po’ più degli altri.

Ad alcune persone infatti piace assumere più parti in una conversazione e nel fare una valutazione, nello stesso discorso introducono questioni e aspetti che vanno in direzioni opposte, quasi a voler anticipare la parola di un’altra persona.

Per questo motivo si usa “mi dirai che“, dove si dà del tu al nostro interlocutore, ma si può dare anche del lei senza problemi. In questo caso la locuzione diventa:

(Lei) mi dirà che…

L’uso del futuro fa capire che si sta anticipando qualcosa, qualcosa che l’interlocutore forse sta per dire o anche pensare. Abbiamo già fatto due episodi sul futuro, ricordate? Uno riguarda i dubbi e le allusioni, un’altro riguarda le ipotesi. Attenti a non fare confusione.

In questo caso solitamente si tratta di parlare di questioni poco rilevanti, perché l’obiettivo è invece quello di sostenere la tesi opposta, volendo però dare la sensazione di fare una valutazione obiettiva, che considera anche gli aspetti opposti.

Vediamo qualche esempio.

La tua casa è molto carina e anche grande. Mi dirai che forse è un po’ rumorosa. Perché è proprio davanti alla strada, ma non è una cosa troppo grave.

È simile a dire:

È vero che probabilmente…

Si, forse bisogna anche considerare che…

Certo, c’è anche questo aspetto….

Si, un problema forse potrebbe essere che…

Lei sicuramente starà per dirmi che…

So cosa stai pensando…

Potremmo usare questa locuzione anche solo per evidenziare un aspetto minore che tuttavia non va escluso, oppure per evidenziare il fatto che abbiamo considerato anche quell’aspetto, ma che lo riteniamo secondario.

Si tratta quasi sempre di cose che riteniamo poco importanti e per questo motivo questa locuzione viene pronunciata anche abbastanza velocemente, come a voler dire:

C’è anche questa cosa da considerare, ma conta poco o al massimo c’è da valutarne l’importanza.

Si potrebbe pensare questo, ma passa in secondo piano.

Anche quando mi viene in mente una cosa all’ultimo momento, mentre sto parlando, potrei presentare questo punto con questa locuzione.

L’espressione è seguita solitamente da un però/ma/tuttavia, per riaffermare nuovamente il concetto principale, l’idea prevalente, che va nella direzione opposta di questa considerazione.

Non ti piace Marco ? È carino, molto educato, anche spiritoso. Mi dirai che non è molto alto, ma che vuoi che sia!

Si può usare anche con “voi“:

Sono andato a mangiare in quel ristorante che ci avevate consigliato ma ci hanno letteralmente spennato! Abbiamo pagato 45 euro a testa. Una cifra mostruosa! Certo, mi direte che la qualità ha un prezzo e sono d’accordo ma fino a un certo punto.

Un ultimo esempio:

Io acquisto spesso la pizza precotta perché così mi bastano 5 minuti per avere il piatto pronto da mangiare. Certo, mi direte sicuramente che sono svogliato e che la pizza fatta al momento è migliore, ma non tutti abbiamo sempre il tempo necessario da dedicare alla cucina.

Adesso ripassiamo e cerchiamo di usare alcuni episodi passati parlando proprio di cucina:

Ulrike:
Un ripasso parlando di cucina? Un argomento che fa molto italiano, senz’altro valevole di un trattamento. Oggi però mi sono messa a dieta e ho una fame proprio smodata. È nelle cose che un ripasso di questo tipo non mi può sconfinferare.

Hartmut:
Caschi male con la tua dieta Ulrike. Allora se proprio non vuoi sgarrare, per non soffrire non resta che darti alla macchia. Io invece mi sento in vena di prepararmi un bel risottino ai frutti di mare. Casomai dovessi cambiare l’idea saresti mia ospite ben accetta.

Irina:
Un ripassino sulla cucina? Mi sembra che ci sia un nutrito numero di cose da dire. Un bel modo per prendere due piccioni con una fava ed unire l’utile al dilettevole, per inciso.

Bogusia: Fermo restando che decidere di iniziare una dieta non è di per sé criticabile, mi fa specie che sia la prima cosa che viene in mente quando si parla di cucina. Datevi una regolata. Sul sito della nostra associazione questo argomento l’abbiamo trattato come si deve. Basta farci una capatina e assieme a Giuseppina e le sue ricette, sfoderare un piatto a buon mercato sarà semplice per tutti, persino per chi sta a dieta.

Marcelo: Fare una dieta? Per me è molto più salutare mangiare di tutto e al contempo fare esercizi fisici, andare in palestra, o quantomeno passeggiare!. È meglio darsi allo sport e mangiare cibi ricchi di fibre e vitamine. Poi bisogna tenere a bada la voglia di carboidrati, dolci e anche moderarsi con l’alcol!. A che pro fare questo sforzo se poi ci facciamo del male? Dopo, quando sarai dimagrito, ti diranno: come ti dona quel vestito! Questo sarà molto edificante!

Leonardo: ma la facciamo finita, per l’amore del cielo! Io, a dieta, non mi ci metto!

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