È tutto un programma

È tutto un programma (ep. 1129) – (scarica audio)

Trascrizione

Avete mai incontrato l’espressione “è tutto un programma“?

È usata per descrivere situazioni o comportamenti senza bisogno di aggiungere altre parole, perché si immagina già tutto.

Spesso si usa quando si vede qualcosa. Basta guardarla e si capiscono tante cose.

Si usa sempre per fare ironia ed è chiaramente un’espressione informale. Normalmente non si tratta di apprezzamenti positivi. Piuttosto invece è una battuta ironica che evidenzia un difetto o fa ridere per qualche motivo.

Es:

Non appena ho detto a Giovanni che ero sposata, lui ha fatto una faccia che è tutto un programma.

In questo caso, l’espressione “è tutto un programma” indica che la faccia di Giovanni ha comunicato molto più delle sue parole, anche qualora avesse detto qualcosa.

Probabilmente, la sua reazione è stata così evidente o significativa da esprimere chiaramente i suoi sentimenti o pensieri senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

L’espressione potrebbe suggerire anche sorpresa, delusione, imbarazzo o un’altra emozione che è facile leggere sul volto, rendendo la situazione immediatamente comprensibile solo guardando l’espressione del viso, senza bisogno di spiegazioni verbali.

Vediamo altri esempi:

Gli ho chiesto cosa ne pensasse della mia nuova casa, e mi ha risposto con un sorriso che è tutto un programma.

Il sorriso esprime più di quanto le parole potrebbero dire, comunicando magari scetticismo o ironia.

Certo, qualcuno potrebbe rispondere: in che senso era tutto un programma?

Allora, in questo caso, si possono dare spiegazioni ulteriori, svelando ciò che poteva sembrare scontato alla persona che ha usato questa espressione.

Se state parlando di un libro che ha un titolo particolare, che lascia chiaramente immaginare il suo contenuto, se volete fare ironia potete tranquillamente dire:

Quel titolo è tutto un programma

Lo stesso si potrebbe dire del nome di un qualunque prodotto, oggetto o altro, che sia rivelatore di qualcosa. Ad esempio:

Ho scoperto un vino buonissimo con un nome che è tutto un programma. Si chiama “viva L’Italia”.

Evidentemente è un vino prodotto in Italia, o c’è qualche curiosità comunque interessante da scoprire.

Vale la pena di sottolineare la differenza tra l’espressione “è tutto dire“, che vi ho già spiegato, e “è tutto un programma”.

Sono abbastanza simili, ma “è tutto dire” si usa quasi sempre nella forma “il che è tutto dire”, che sottolinea che ciò che è stato detto dice già tutto, suggerendo che si capiscono già solo da ciò che ho detto, una serie di cose, semplicemente usando la logica.

Invece “è tutto un programma” non riguarda solo cose che si dicono, ma spessissimo qualcosa che si vede, ed esprime quasi sempre qualcosa di ironico.
Quindi non si usa una frase tipo questa:
Ha fatto una battuta che è tutto dire.

E neanche:
La sua faccia è tutto dire.

Analogamente, non si usa dire:
Giovanni ha 35 anni e non ha mai avuto una Fidanzata, il che è tutto un programma .

Adesso ripassiamo

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Ripasso da parte dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Marcelo: Ieri sera mia moglie mi ha proposto di dipingere le pareti delle camere da letto, dal momento che è arrivata la primavera. Per tutta risposta ho fatto uno sguardo che era tutto un programma!

Anne Marie: rapidamente, con tono accondiscendente, le ho chiesto: di che colore?

Vasken: Il colpo di grazia è arrivato quando, in più, mi ha chiesto di dipingere anche armadio, finestre e porte. A quel punto la misura era colma!

Rauno: Con prontezza di riflessi ho replicato: Certo, ma aspettiamo nostro figlio, lui ci aiuterà! Stanne certa!

Julien: Ho combinato un bel pasticcio a tirare in ballo mio figlio. Una ramanzina da parte sua non me la toglie nessuno! Pazienza!

Le alte sfere (ep. 1079)

audio mp3

Trascrizione

Tutti noi abbiamo studiato, almeno un po’, matematica. Giusto? Tutti allora conosciamo la sfera, che ha la forma di una palla, ma parliamo del nome geometrico. La palla ha una forma sferica. Quindi la sfera è una figura geometrica tridimensionale.

Qualunque oggetto di forma sferica può venire in realtà detta sfera. Esistono molti usi frequenti nella lingua italiana:

La sfera celeste, cioè il cielo stellato, che ha una ipotetica superficie sferica sulla quale sembrano disposte le stelle. Esiste la “penna a sfera”, che ha una sfera metallica sulla punta. A parte questi usi, in senso figurato il termine sfera si può usare in diversi modi.

Da una parte può indicare una condizione sociale o professionale, un certo ambiente in cui si vive o si lavora.

Si dice ad esempio che una persona può appartenere a una sfera elevata.

Oppure, riferito anche ad organizzazioni di qualunque tipo, che una persona occupa le alte sfere militari, economiche, politiche, finanziarie.

Altre volte in modo molto simile si usa la parola cerchia, ma se usiamo cerchia, generalmente si tratta di  un gruppo ristretto di persone che si conoscono e si frequentano regolarmente, creando legami di amicizia, collaborazione o scambio di informazioni, come la “cerchia di amici”.

I termini “sfera” e “cerchia” possono avere alcune somiglianze nell’uso figurato, soprattutto quando si riferiscono a gruppi di persone o contesti sociali. Entrambi i termini possono suggerire un senso di appartenenza, coesione e condivisione di interessi comuni.

Le “alte sfere” si usa spessissimo in modo ironico, soprattutto in contesti politici o sociali. In questo senso, assume un significato simile a “luoghi elevati”. Si usa per sottolineare la distanza tra le persone comuni e coloro che le governano, e per criticare la loro presunzione o incompetenza.

Es:

Ma che ne sanno le alte sfere dei problemi della gente comune?

Le solite manovre delle alte sfere per accaparrarsi i posti di potere.

Non è che per caso alle alte sfere qualcuno ha deciso di aumentare le tasse?

In alcuni casi, l’ironia può assumere una sfumatura di sarcasmo o addirittura di rabbia, soprattutto quando l’espressione viene usata per denunciare ingiustizie o soprusi da parte dei potenti.

Non tutti gli usi dell’espressione “alte sfere” sono ironici. Può essere usata anche per indicare effettivamente i luoghi dove si esercita il potere o le persone che lo detengono. Tuttavia, l’uso ironico è sicuramente il più frequente.

A parte le sfere elevate e le alte sfere, gli altri usi figurati possono indicare anche semplicemente un ambito circoscritto, un determinato settore di attività o di competenza. Somiglia alla parola “ambito” (attenzione all’accento).

La sfera affettiva, ad esempio, è tutto ciò che riguarda l’ambito affettivo. Possiamo usare il verbo racchiudere (essendo una sfera): la sfera affettiva racchiude le nostre emozioni, sentimenti e passioni. È il regno dell’amore, della gioia, della tristezza, della rabbia, della paura e di tutte le sfumature emotive che colorano la nostra esistenza. Es: 

La sfera d’influenza invece cosa racchiude? Racchiude tutte le persone e i contesti in cui abbiamo potere. Rappresenta il nostro potere di agire e condizionare il mondo che ci circonda. Racchiude, cioè comprende, le nostre capacità, risorse, relazioni e il contesto sociale in cui viviamo.
E la sfera sessuale? Qui parliamo dell’ambito del sesso. Comprende la nostra sessualità, il nostro corpo, i nostri desideri e le nostre esperienze intime. È legata al piacere e alla riproduzione.
Esistono anche altre sfere chiaramente, come la sfera cognitiva, cioè il mondo del pensiero, dell’apprendimento, della memoria e della conoscenza. La sfera spirituale invece si riferisce alla dimensione trascendentale dell’esistenza, ai valori, alle credenze e al senso di connessione con qualcosa di più grande di noi stessi. Può includere esperienze religiose, mistiche o filosofiche.
La sfera sociale racchiude le nostre relazioni con gli altri.
La sfera economica, la sfera politica, sfera ecologica, la sfera mediatica eccetera. L’importante è che descriviamo ambiti specifici, come anche la sfera artistica, la sfera sportiva, la sfera culinaria o la sfera letteraria.
Ditemi di voi adesso. Parlatemi di una sfera a vostra scelta.
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Ripasso in preparazione a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
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Jennifer Nella mia sfera sociale, qui in Abruzzo, è un miscuglio fra italiani che parlano italiano, quelli che parlano solo il dialetto e degli stranieri che, essendo ancora a carissimo amico con la lingua italiana, hanno cioè solo un’infarinatura. Potete immaginare come le nostre conversazioni siano alquanto divertenti. Quando ci ritroviamo in un mare di confusione siamo costretti ad usare gesticolazioni creative per farci capire, e di quelle in Italia ce n’è in abbondanza.
Marcelo:  Nella sfera sportiva e soprattutto nel mondo calcistico, si discute su chi sia il miglior giocatore mai esistito. Pelé, Maradona, Messi e nei circoli dei giornalisti, si aggiunge anche Alfredo Distefano. Secondo me, una discussione bizantina che sicuramente lascia il tempo che trova!
Segue una breve canzone dal titolo: “le sfere della vita”

Pendere dalle labbra (ep. 1057)

Pendere dalle labbra

Audio MP3 disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ACCEDIENTRA NELL’ASSOCIAZIONE)

Trascrizione

Pendere dalle labbra di una persona è un’espressione idiomatica che significa essere estremamente interessati a ciò che qualcuno sta dicendo, essere completamente concentrati e desiderosi di ascoltare ogni parola che esce dalla sua bocca.

Ora, analizziamo le singole parole che compongono questa espressione:

Pendere significa essere sospesi o appesi, a volte in modo precario. In questo contesto, suggerisce che qualcosa (il nostro interesse o attenzione) è in bilico e dipende da qualcos’altro per essere mantenuto in equilibrio. Precisamente dipende dalle parole che pronuncerà questa persona.

Dalle” è la preposizione articolata “da” seguita dall’articolo determinativo “le”. Qui indica la direzione o l’origine di qualcosa. Nel contesto dell’espressione, si riferisce al punto di provenienza delle parole che stiamo ascoltando.

Le labbra invece sono le parti carnose che formano il confine esterno della bocca umana e sono coinvolte nella produzione dei suoni del linguaggio umano.

Nel contesto dell’espressione, rappresenta il punto da cui escono le parole che stiamo ascoltando.

Di chi sono le labbra da cui pende qualcuno? Può essere qualunque persona, dalla quale siamo molto interessati a sentire ciò che sta dicendo.

L’espressione crea un’immagine metaforica: qualcuno che resta sospeso o appeso alle parole che escono dalla bocca di una persona, sottolineando un forte interesse e attenzione verso ciò che viene comunicato.

Si usa spesso in modo ironico oppure per prendere in giro qualcuno, o perché non riesce a attirare l’attenzione perché non sa parlare oppure perché viene ammaliata da qualcuno, viene sottomessa, viene soggiogata, quasi stregata da una persona, o resta a bocca aperta ascoltando una persona che non lo merita.

Es: se qualcuno sta raccontando qualcosa di noioso o poco interessante, potresti dire ironicamente:

Oh, sì, sono letteralmente appeso alle tue labbra.

Oppure:

pendiamo tutti dalle tue labbra!

In questo caso, sto usando l’espressione per sottolineare il fatto che sto ascoltando, ma in realtà sono annoiato o poco interessato a ciò che viene detto.

Un altro esempio: durante una riunione di lavoro, il capo inizia a parlare e uno dei dipendenti, potrebbe dire con sarcasmo:

Guarda il dottor Rossi, sembra sospeso letteralmente dalle labbra del capo. Ogni sua parola è un’illuminazione.

In questo caso, l’uso dell’espressione sottolinea l’atteggiamento ipocrita e l’ostentata deferenza del dipendente nei confronti del capo.

Ho detto: ostentata deferenza del dipendente nei confronti del capo.

Ostentare” significa mostrare in modo esagerato o eccessivo, mentre “deferenza” si riferisce al rispetto o alla riverenza mostrata verso qualcuno, in particolare verso una figura di autorità o un superiore. Quindi, l'”ostentata deferenza” si riferisce a un comportamento in cui il rispetto verso il capo viene mostrato in modo esagerato o evidente.

Ad ogni modo, come ho detto, l’uso ironico o critico, come negli esempi fatti, è molto frequente quando si usa questa espressione, che però possiamo usare anche seriamente, per sottolineare le capacità e il fascino di un intellettuale che quando parla pendono tutti dalle sue labbra. Tutti ascoltano con attenzione, affascinati dal suo modo di parlare.

Es: Alla conferenza, Giovanni si levò in piedi e cominciò a parlare con tale eloquenza e profondità di pensiero che tutti in sala rimasero incantati. Le sue parole fluivano con grazia e chiarezza, e il suo fascino naturale catturava l’attenzione di ogni persona presente. Ogni sguardo era puntato su di lui, e tutti pendevano letteralmente dalle sue labbra, rapiti dalla sua capacità di comunicare in modo coinvolgente e persuasivo.

Quel Giovanni, purtroppo, non ero io. 🙂

Adesso ripassiamo? Che ne dite? Chiedo ai membri dell’associazione di dire ciò che pensano degli intellettuali.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Camille: Molto spesso, quando sentivo parlare di un individuo definito intellettuale, avevo un giudizio negativo, ero prevenuto nei confronti di questa persona. Le associavo a coloro che, di solito, forniscono risposte elaborate a domande semplici. A volte avevo anche ragione, altre invece era solo un mio pregiudizio.

Khaled: io con gli anta ho imparato a tollerare e rispettare tutte le opinioni, anche quelle che non condivido. Che poi ti imbatti in falsi intellettuali e devi fare l’indiano e fingere di non capire per non passare per maleducato è un’altra storia!

Marcelo: studiare è appagante, questo è fuor di dubbio, ma la categoria non gode di ottima reputazione. Potrei fare alcuni nomi emblematici a riguardo, ma meglio evitare querele.

Giovanni: scusate, sono sempre io. Devo aggiungere un’ultima cosa importante. Nell’episodio ho parlato sia del verbo pendere che del verbo appendere. Però potrei anche usare appendere. In che modo? Sostituendo pendere con appendere? La Risposta è no.
Non si può dire infatti “appendo dalle tue labbra”, ma se si vuole usare il verbo appendere , bisogna dire “sono appeso alle tue labbra”, che esprime lo stesso significato di “pendo dalle tue labbra”. Questo perché appendere esprime l’azione di prendere qualcosa e attaccarla in alto, come quando si appende una giacca.

Io appendo la giacca, tu appendi la giacca eccetera.
Invece “pendere” è un verbo che esprime il fatto di stare appesi, di trovarsi appesi, di essere appesi a qualcosa.

Io sono appeso alle tue labbra

Tu sei appeso alle mie labbra. Eccetera. Fine del chiarimento.

Va tutto bene madama la marchesa – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 42)

Va tutto bene madama la marchesa (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Una simpatica espressione di cui voglio parlarvi è “Va tutto bene madama la marchesa“.

Questa espressione è usata in modo ironico per indicare che le cose non vanno affatto bene, anche se apparentemente sembra tutto sotto controllo. È un modo sarcastico per sottolineare una situazione in realtà problematica o complessa.

Questa espressione evidenzia il comportamento di minimizzare o sdrammatizzare situazioni difficili o drammatiche.

L’origine risale a una canzone francese. In italiano infatti si dovrebbe dire “va tutto bene signora marchesa”, ma in questo modo è sicuramente più originale.

In pratica la storia è questa: il marito della marchesa si era suicidato. Una Tragedia! Oltretutto era scoppiato un incendio nel palazzo ed è morto anche un cavallo.

Il servitore, cioè il maggiordomo della marchesa doveva rassicurarla. Così, nonostante la gravità degli eventi, viene tranquillizzata in modo eccessivamente ottimista e superficiale dal servitore.

Si sottolinea così ironicamente il tentativo di minimizzare una situazione disastrosa.

L’espressione “va tutto bene madama la marchesa” si usa spesso parlando di politica, poiché i governanti cercano sempre di dire che va sempre tutto bene, che non ci sono gravi problemi nel paese, così, chi invece sta all’opposizione commenta spesso dicendo:

Smettiamola di dire va tutto bene madama la marchesa, perché non va bene proprio niente in Italia!

Teoricamente si può usare anche al di fuori dell’ambito politico, ma bisogna trovare un’occasione in cui ci sia una sdrammatizzazione da parte di qualcuno oppure semplicemente si tratta di fare ironia su un fatto accaduto.

Es:

Oggi è stata una giornata Tranquilla: Abbiamo solo perso il treno, perso le valigie e piove a dirotto. Insomma, va tutto bene madama la marchesa!

Qui si evidenzia in modo ironico che è stata una giornata di… vabbè avete capito…

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio della politica.

Ho già dato (ep. 1007)

Ho già dato

DURATA MP3: 10 min. circa

Descrizione: benvenuti nell’episodio numero 1007 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Ho già dato” è un’espressione tipica del linguaggio informale, spesso usata in senso ironico, con la quale si vuole rappresentare di aver già vissuto una determinata esperienza.

Proponiamo anche una serie di esercizi per testare il grado di comprensione di questo episodio.

A partire dal numero 1001, gli episodi di questa rubrica sono solamente per i membri dell’associazione.

Le frasi di ripasso degli episodi precedenti, che si trovano alla fine dell’episodio, sono state registrate da Marcelo (Argentina 🇦🇷) e Zhao Junna (Cina 🇨🇳)

Se volete, Saremo felici di avervi tra noi. Guardate tutti i vantaggi sulla pagina dell’associazione.

ENTRAADERISCI

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Photo by Josue Ladoo Pelegrin on Pexels.com

740 Non mi dirai che…

Non mi dirai che… (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: dopo aver visto la locuzione “mi dirai che“, oggi aggiungiamo un “non” all’inizio.

Ciò che otteniamo è un’altra tipica locuzione che però non rappresenta la semplice negazione di “mi dirai che“.

Sarebbe troppo facile!

Quella di oggi è più semplice da capire e da usare, in quanto esprime meraviglia, curiosità ed allo stesso tempo si esprime qualcosa che si è intuito e che potrebbe risultare vero.

Può trattarsi sia di qualcosa di positivo che di negativo.

Es:

Non mi direte che pensavate che aggiungere “non” a una frase servisse solo per esprimere una negazione?

In senso letterale è così, ma purtroppo o per fortuna non lo è mai.

Vediamo qualche esempio:

Entro in casa e vedo mia figlia che ascolta Beethoven. Le dico subito:

Non mi dirai che ti piace la musica classica!

C’è meraviglia, curiosità. È comunque una domanda che richiede una risposta:

Perché, che c’è di strano?

Questa potrebbe essere la risposta di mia figlia di fronte allo stupore mostrato da me.

Un po’ irritata come risposta?

Può darsi.

In effetti la mia domanda può provocare una reazione irritata.

Non è detto, ma a volte è così, perché spesso c’è ironia in questa locuzione, e questa ironia potrebbe derivare da una contraddizione da cui deriva la meraviglia.

Nell’esempio che vi ho fatto, potrebbe essere accaduto che in passato mia figlia non abbia mai mostrato apprezzamento per la musica classica o che addirittura l’abbia criticata. Questa potrebbe essere la contraddizione di cui parlavo, in questo caso.

A volte non si usa il futuro, ma non cambia nulla se uso la forma presente:

Non mi dire che ti piace la musica classica!

Un altro esempio:

Vedo una mia amica dopo tanto tempo e noto che ha un po’ di pancetta. Meravigliato e incuriosito le dico:

Ciao Emanuela, non mi dirai che sei incinta!

Spesso è qualcosa che non ci si augura, perché per chi parla non sarebbe una cosa positiva se confermata.

Es:

Sento un mio amico per telefono e mi dice che ha qualche problema al lavoro per via del green pass. Io subito gli chiedo:

Non mi dirai che sei un no-vax!

Il mio amico potrebbe irritarsi per la mia meraviglia e ironia. Ha anche intuito che io invece sono favorevole ai vaccini.

Potrebbe rispondermi:

E tu, non mi dirai che sei a favore!

Questa locuzione si usa sempre in questo modo, tranne quando è preceduta dal termine “fino” o “finché”

Non ti parlerò più fino a quando non mi dirai che hai sbagliato!

Io avrò speranza di stare con te fino a quando non mi dirai che è finita per sempre!

Starai in punizione fino a quando non mi dirai che sei pentito!

In questi casi si parla di qualcosa che continuerà fino ad un momento preciso, ossia fino a quando io non sentirò dalle tue parole che hai sbagliato (1° esempio), o che sei pentito (3° esempio), o che è finita per sempre (2° esempio).

Un non madrelingua può trovare strano l’uso della negazione “non” in questi casi.

La questione credo meriti di essere trattata in un prossimo episodio.

Spiegazione odierna terminata.

Adesso ripassiamo. Non mi direte che vi eravate dimenticati del ripasso!

Irina: ci penso io a iniziare questo ripasso, non scomodatevi; non fosse altro che per mettermi alla prova con qualche espressione che mi dà molto filo da torcere. Se poi qualcuno vuole aggiungere qualcosa è benaccetto, sempre che non abbiate paura di sbagliare!

Harjit: ok, raccolgo volentieri la provocazione. Per quanto mi senta abbastanza sicura di ciò che sto dicendo, ciò non toglie che una castroneria da parte mia può sempre scapparci!

Albéric: castroneria dici Harjit? Invece la sai lunga tu! Sai anche come suscitare l’interesse per l’apprendimento dell’italiano! Poi non potrei mai dire che dici castronerie. Resti pur sempre un’amica e non ti offenderei mai. Poi lo so che lo fai per il meglio di tutti noi!

Ulrike: È risaputo, Albéric, che Harjit è particolarmente portata per buttare giù in men che non si dica una frase di ripasso tanto concisa quanto divertente. Vai a capire come le vengono queste idee estemporanee. Io invece devo sempre scervellarmi di brutto per poi uscirmene con una frasina poco edificante. Tra l’altro spesso non trovo mai un modo molto ortodosso per terminare un ripasso.

682 Una domanda di riserva

Una domanda di riserva (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi, in questo episodio della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente vediamo il termine riserva.

Ampiamente utilizzato nella lingua italiana, quella di tutti i giorni, ma in generale sia nella lingua formale che informale.

La riserva esprime un concetto semplice: qualcosa che potrebbe servire, che potrebbe essere utile per diversi motivi, ma che inizialmente non viene utilizzato. Si utilizza solamente in caso di necessità.

Questo è il significato principale, poi ce ne sono alcuni particolari che appartengono a usi specifici.

Ma vediamo invece l’uso di cui vi ho parlato.

Nello sport, la riserva è costituita da ciascuno degli atleti che partecipano a gare e campionati solo in caso di indisponibilità di un titolare.

Quindi ad esempio nel calcio la riserva è fatta da calciatori che entrano e giocano solo se l’allenatore decide sia il caso. Si chiama più comunemente “panchina” in questo caso, perché questi calciatori stanno seduti in attesa di entrare in campo.

Anche nel linguaggio militare, la riserva è l’insieme delle persone che potrebbero partecipare ad una eventuale guerra ma che in questo momento non sono militari, ma persone normali. Non si sa mai!

In macchina invece “stare/trovarsi in riserva” indica che abbiamo poco carburante a disposizione, quindi si accende la spia rossa della riserva, il che significa che dobbiamo fare rifornimento al più presto altrimenti resteremo senza carburante.

Allora adesso passiamo alla “domanda di riserva” che dà il titolo all’episodio di oggi.

Una espressione che si utilizza in caso di necessità.

Ma quale sarebbe questa necessità?

Si tratta in realtà di una espressione scherzosa, che si usa normalmente quando c’è una domanda scomoda, o difficile, alla quale non vogliamo rispondere o preferiremmo non rispondere.

Una domanda si dice “scomoda” quando reca disagio, o imbarazzo o disturbo.

La domanda potrebbe anche essere compromettente, cioè impegnativa, ma nel senso che rispondendo a questa domanda potrebbe derivare un certo rischio o danno, specie per la reputazione di chi risponde. Tipo:

Ma lei ha mai avuto a che fare, nella sua vita, con la mafia?

Oppure:

Hai qualche strana fantasia sessuale?

Sei mai stato infedele?

Si può semplicemente non rispondere a domande di questo tipo, oppure, per buttarla sul simpatico, potete rispondere così:

Non c’è una domanda di riserva?

Un ultimo esempio:

Ciao, com’è andata ieri sera con Paola? So che era il vostro primo appuntamento. Dai raccontami!

Risposta: Hai una domanda di riserva?

Questo tipo di risposta è chiaramente un modo ironico ed anche molto chiaro per dire che qualcosa è andato storto (cioè è andato male). Meglio non parlarne quindi.

È una battuta che si può fare anche con domande meno impegnative, tipo:

Come stai?

Come butta? (molto giovanile)

Come è andata al lavoro oggi?

Che mi racconti di bello?

In tutti questi casi è accaduto qualcosa di brutto o negativo e preferiamo non parlarne.

Un altro esempio:

Una ragazza, in piena notte, sveglia il suo fidanzato e gli chiede:

Ma tu, sinceramente – guardami negli occhi – mi ami?

Quale risposta migliore di:

Una domanda di riserva?

Marguerite: Adesso ripassiamo? Niente domande di riserva stavolta.

Peggy: certo, anche perché quella che hai appena fatto è una domanda retorica.

Marcelo: bando alle ciance ragazzi, c’è qualche idea come si deve?

Bogusia: Oggi sono sguarnita di idee per il ripasso. Ne ho ben donde però. I miei pensieri ruotano attorno al dolore che provo da ieri: il mal di denti. Mi girano, come si suol dire, quando penso che mi tocca andare dal dentista. Non c’è incubo peggiore, ma resta pur sempre l’ultima spiaggia per chi ci soffre. Mannaggia!

348 E fu così che…

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Trascrizione

Giuseppina: ricordate l’espressione “le ultime parole famose”? L’abbiamo spiegata due puntate fa sempre nella rubrica due minuti con italiano semplicemente.

Ebbene c’è un’altra espressione simile che si usa meno a fini scaramantici, cioè per allontanare la sfortuna, ma più  per ridere, per ironizzare su un situazione o su una affermazione che potrebbe risultare falsa, proprio come “le ultime parole famose”.

L’espressione è “e fu così che...”. Questo è solo l’inizio della frase che poi continua sempre in modo diverso.

“Fu” è il passato remoto del verbo essere.

“Fu così che” si pronuncia sempre non appena qualcosa è stato detto, qualcosa che è stato pronunciato con tono sicuro, come ad esprimere sicurezza o la non paura di un pericolo.

Ad esempio, se sto per entrare in un bosco di notte, potrei dire:

Non c’è nessun problema, riuscirò ad attraversare il bosco senza problemi!

Qualcuno potrebbe dire, in quel momento:

e fu così che si persero nel bosco…

Con questa frase, pronunciata usando il passato remoto (fu, si persero) si immagina di trovarsi nel futuro e di parlare di questa faccenda accaduta tanto tempo fa, come quando si racconta una cosa curiosa o interessante.

Se ci pensate ci troviamo nella stessa situazione di quando diciamo “le ultime parole famose”. La differenza è che “e fu così che…” si usa sempre prima che accada questo evento, in genere negativo. Ci si pone quindi nel futuro, a raccontare una vicenda passata divenuta famosa, celebre, degna di essere raccontata. In questo modo si fa quindi ironia su una possibilità futura, che comunque in generale può anche essere positiva.

Ad esempio se tu mi dici:

giochiamo alla lotteria, c’è in palio 1 miliardo di euro.

Si ok, rispondo io, gioco anch’io anche se so benissimo che non vincerò mai.

Tu potresti rispondermi: e fu così che diventò miliardario…

Allo stesso modo potrei dire:

Le ultime parole famose!

Potete usare l’espressione di oggi in molte occasioni diverse, quasi sempre per fare ironia su una dichiarazione o comunque delle parole appena pronunciate da un amico o parente.

Potete usarla anche sulle vostre stesse parole, facendo autoironia in questo caso.

Solitamente la frase inizia sempre con la e: “e fu così che…” per aumentare l’enfasi su ciò che accadrà, o meglio che potrebbe accadere in futuro. Potete comunque anche dire “fu così che…” senza problemi.

E fu così che anche l’episodio 348 durò più di due minuti e gli ascoltatori persero la pazienza!

Anthony:

E’ POSSIBILE MAI che TOCCA DI NUOVO A ME scrivere una frase di ripasso? LA VEDRESTE bene se provassi a SFODERARNE una stracolma delle nostre espressioni come i pendolari ACCALCATI sull’autobus all’ora di punta? Non sarebbe FUORI LUOGO, cioè inopportuno, se mi mettessi di nuovo in evidenza? Spero di no! Va bene. BANDO ALLE CIANCE (frase dal corso professionale) ragazzi! Ve ne scrivo una nuova. Però sono convinto che @Andre ci ironizzerà sopra dicendomi o “BONTÀ TUA!” o “ahó! (esclamazione romanesca) DACCHÉ le frasi di ripasso non TI DEGNAVI mai di scriverne una. E ne fai una ogni giorno ormai!” Come RISPOSTA, gliene farei una SIBILLINA. TAGLIANDO CORTO, gli direi “PUO’ DARSI!”. Ma in realtà, da questa settimana in poi mi metto a partecipare DI BUONA LENA ogni giorno, IL CHE SIGNIFICA *che* dovrete ABBOZZARE sempre di più le mie STUPIDAGGINI/SCIOCCHEZZE/FESSERIE scritte. Intanto ragazzi ve saludi (dialetto lombardo con uso ironico qui)! E domani CI RIAGGIORNIAMO!

 

309 – Vedi un po’

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Trascrizione

Giovanni: quando volete dire che una cosa è ovvia, che è scontata, oltre all’esclamazione ironica “grazie“, come abbiamo visto nell’episodio 308, esiste l’esclamazione “vedi un po‘”, altrettanto ironica e pungente. Molto informale anche questa.

Xiaoheng: Come la vedi se ci spieghi anche questa Giovanni?

Giovanni: Certo, vedi un po’! In pratica questo è un modo per dire “” ma non è un sì normale, è piuttosto un:

Certo, ovviamente, naturalmente!

Non potrebbe essere altrimenti!

Molto usata in famiglia e tra amici. C’è un tono di rimprovero, come a sgridare per aver pensato, anche solo per poco, il contrario.

Per aumentare l’enfasi spesso si aggiunge una “e”:

E vedi un po!” uguale a “e certo!”

Vi faccio qualche esempio: vado al supermercato. Secondo te è obbligatoria la mascherina?

Ed io rispondo: “e vedi un po’!”

Che vuol dire: è scontato, come potevi pensare diversamente? Rispondere con “grazie” non va bene perché è stata fatta una domanda con un dubbio. “Grazie” va bene quando si fa invece una considerazione, quando si esprime un concetto ovvio al quale noi ribadiamo con una spiegazione simile a “lo sapevo già”, “ciò che hai detto è ovvio”. Non una domanda quindi.

Lia: Al di di questo significato ce ne sono altri?

Giovanni: Ci sono, a dire il vero, altri due modi di usare “vedi un po‘”, e per scoprirli vi invito a leggere l’episodio in cui ci siamo occupati di spiegare tutti gli utilizzi di questa espressione.

Mariana: Grazie, scanso equivoci ci farò sicuramente una capatina.

– – –

L’inizio e/o la fine, o le frasi intermedie di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!