L’aggettivo suscettibile (ep. 927)

L’aggettivo suscettibile (scarica audio)

Quello che state per leggere o ascoltare è l’episodio numero 927 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Questo episodio non è particolarmente indicato per le persone che amano eccessivamente la grammatica, specie se particolarmente suscettibili.

Scherzi a parte (avete capito che scherzavo vero?), l’episodio è dedicato all’aggettivo suscettibile, che ha due significati.

Prima di tutto si utilizza per le persone. Infatti ci sono persone più suscettibili di altre. Cosa significa?

Una persona si dice suscettibile se dimostra un’eccessiva sensibilità verso un giudizio più o meno critico nei propri confronti. Una persona suscettibile è pertanto una persona permalosa, che si offende facilmente.

Quanto sei suscettibile! Non volevo affatto offenderti, perché mi tieni il muso?

E’ un aggettivo che si usa in particolare proprio per giustificarsi di fronte ad una persona che si mostra offesa, ma che non si ritiene aver offeso.

Ci sono molte situazioni diverse che possono far risentire o offendere una persona, anche se non c’era l’intenzione di offendere. Ad esempio, alcuni argomenti possono essere particolarmente delicati per alcune persone, come la religione, la politica o la salute mentale. Inoltre, alcune persone possono avere sensibilità diverse su determinati argomenti o possono essere più inclini a prenderla sul personale.

È importante ricordare che ogni persona ha la propria esperienza di vita che influenza la propria sensibilità e quindi la propria suscettibilità.

Questo è il primo significato del concetto di suscettibilità.

Un secondo significato è relativo alla possibilità di subire impressioni, influenze, modificazioni.

In pratica, quando qualcosa potrebbe cambiare. potrebbe subire una modifica, una variazione o una influenza da parte di altro o di qualcuno, possiamo usare l’aggettivo “suscettibile” e in questi casi si usa la preposizione “di”:

Dottore come sta mia madre?

Dottore: Non molto bene per ora, ma le sue condizioni sono suscettibili di miglioramento.

E’ dunque un modo alternativo per indicare un possibile cambiamento. Una modalità sicuramente meno informale, ma che tutti gli italiani comprendono senza difficoltà. Si usa maggiormente in contesti professionali, specie nella forma scritta.

Se qualcosa è suscettibile di cambiamenti o di modifiche (o termini analoghi, come “sviluppi”, “integrazioni”, “rifacimenti” allora parliamo di qualcosa di provvisorio, temporaneo. La preposizione “di” serve a indicare l’effetto (es: la modifica).

Vediamo altri esempi:

Il calendario degli eventi per la riunione dei membri dell’associazione è suscettibile di variazioni, a seconda delle condizioni metereologiche.

Quindi il calendario degli eventi, pur essendo già stabilito, potrebbe cambiare, potrebbe subire delle modifiche, potrebbe essere soggetto a cambiamenti/modifiche.

Se ricordate abbiamo già trattato “soggetto a” in uno dei primissimi episodi di questa rubrica.

Si può anche dire che il calendario è passibile di cambiamenti/modifiche. Ricordate anche l’episodio che abbiamo dedicato all’aggettivo passibile?

Dunque se qualcosa è suscettibile di modifiche allora è passibile di modifiche.

L’aggettivo passibile è sostituibile da suscettibile anche quando parliamo di possibile conseguenza (negativa) di un atto contrario alla legge.

Si può quindi dire, ad esempio, che “un comportamento è passibile di denuncia” e anche che “un comportamento è suscettibile di denuncia”.

Possiamo anche dire che “chi va troppo veloce con la macchina è passibile di multa” e anche che “è suscettibile di multa”.

Quando usiamo suscettibile però, oltre alla preposizione “di” possiamo usare anche “a” ma in questo caso indichiamo la possibile causa del cambiamento o di influenza. Non parliamo dell’effetto ma della causa.

Es:

La quotazione dell’Euro rispetto al dollaro è molto suscettibile alle questioni geo-politiche.

Quindi le questioni geo-politiche, come ad esempio un conflitto europeo, anche potenziale, ha la capacità di influenzare il cambio euro-dollaro.

Il livello dell’inflazione è sempre molto suscettibile alle fluttuazioni di prezzo del petrolio.

Facciamo un esempio più terra-terra:

La popolazione anziana è maggiormente suscettibile agli effetti delle ondate di caldo sulla salute.

Sei troppo suscettibile a qualsiasi visita improvvisa. Che sarà mai se ti viene a trovare qualcuno all’improvviso? Non è una bella sorpresa? Che vuoi che sia se hai la casa disordinata?

Ricapitolando, l’aggettivo suscettibile può essere utilizzato per indicare la sensibilità di una persona. In questo caso la suscettibilità è la sensibilità verso i giudizi negativi nei suoi confronti. Si usa però anche per indicare una possibile modifica futura.

Si tratta comunque, in entrambi i casi di un cambiamento che deriva da qualcosa di esterno. Se usiamo la preposizione “di” indichiamo l’effetto (es: suscettibile di variazione) mentre se usiamo “a” indichiamo la causa (es: suscettibile alle visite improvvise).

Adesso ripassiamo qualche episodio passato. La parola passa ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

marcelo

Marcelo: Ciao amici, come state? Oggi non mi sento veramente molto in vena per fare un ripasso! Dopo un po’ però mi sono detto: coraggio Marcelo, fallo! Hai il fegato per farne uno (spero anche la stoffa) e allora eccomi qua, indugiando di fronte al computer e navigando per i meandri dei miei pensieri alla ricerca di un’idea che non arriva. Tanto vale provarci però. Per questo, almeno in teoria, sono sempre abbastanza propenso a farne uno, dal momento che so che questo arricchisce il mio apprendimento della lingua del sì! Fatevi sotto amici! Datemi manforte!

Ulrike: in quanto alla odierna richiesta di un ripasso, sono alquanto restia. Non c’è un argomento valevole per farne uno come Dio comanda e nessuno mi ha fornito un assist adeguato. Perciò, essendo anch’io sguarnita di idee e proposte propizie, non resta che tacere. Mi dispiace Marcelo, non sono in grado di tenderti la mano.

Edita: Non c’è di che dispiacersi Ulrike! Ce ne fossero di amici come te, sempre disposti a tendere la mano all’uopo .
Forse abbiamo potuto aprire una breccia nel cuore di un altro dei nostri amici con questo dialogo improvvisato e quindi capace che a questo punto si precipiti a trovare un vero argomento sul quale destare interesse. Tutt’al più sarà un’occasione per fare pratica e destreggiarsi. Alla fine resta sempre un ripasso. Buttalo via!

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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721 I risvolti

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Trascrizione

I risvolti

Giovanni: avete fatto caso che man mano che andiamo avanti con questi episodi, inevitabilmente finiamo per toccare argomenti che abbiamo già affrontato? Questo è diventato quasi inevitabile.

Ma in realtà è proprio ciò che deve accadere perché non si finisce di imparare bene un concetto, una parola, un’espressione o una locuzione, fino a quando non abbiamo capito anche tutte quelle che le somigliano, in qualche modo, avendo dei punti in comune.

E’ lo stesso problema che si ha con la pronuncia: quanto è grave un errore di pronuncia?

Non possiamo saperlo finché non conosciamo tutti i possibili termini che somigliano a quello che pronunciamo male.

Se voglio dire MULO e invece dico MURO, è una cosa; completamente diverso è se invece dico CULO!

Scusate, mi sto solo divertendo un po’.

Allora anche oggi, parlando dei cosiddetti risvolti (questo è l’argomento di oggi) non possiamo non rispolverare l’episodio che riguarda il rovescio della medaglia, espressione che abbiamo incontrato qualche tempo fa. Niente di volgare stavolta. Però gli episodi sono legati.

Infatti un risvolto, al singolare, somiglia molto ad un rovescio della medaglia.

Arrivo subito a dirvi che un risvolto è un aspetto di una questione, anzi direi più una conseguenza di un fatto, una conseguenza spesso non del tutto evidente o attesa o prevedibile ma comunque in ogni caso non trascurabile.

Non tutto ciò che accade ce lo aspettiamo vero?

Spesso ci sono tante conseguenze che derivano da nostre azioni o da accadimenti di vario tipo. Qualcuna è prevedibile, altre meno. Qualche conseguenza è più importante, altre sono secondarie.

Ebbene, quando ci riferiamo a una conseguenza di secondaria importanza, possiamo parlare di risvolti.

A volte si usa risvolti anche semplicemente come sinonimo di conseguenze. Però in genere si tratta di qualcosa che non ci aspettiamo, o che deriva da una serie di eventi (anche detta una catena di eventi) che si susseguono uno dietro l’altro (eventi concatenati).

Questi eventi provengono tutti da una causa iniziale: il cosiddetto fattore scatenante. Cosa ha generato tutti questi eventi a catena? Vengono tutti da un’azione, da un fatto accaduto, “il fattore scatenante”. ebbene, tutte queste conseguenze possono essere anche imprevedibili a volte.

Ebbene tutte queste conseguenze possono essere chiamati “risvolti”.

Risvolto è un termine molto usato nei notiziari, nei tg, alla radio e al lavoro, ma decisamente meno nel linguaggio di tutti i giorni.

Dicevo della similitudine con il “rovescio della medaglia“.

Il rovescio della medaglia è anch’esso un risvolto, che però ha una caratteristica particolare: ha un effetto totalmente opposto dall’effetto principale.

Infatti ogni medaglia ha due facce, ed una è il rovescio dell’altra (la faccia A e la faccia B), quindi guardano in due direzioni diverse.

Il termine risvolto, pur non essendo l’effetto principale, quello primario, può essere un qualunque altro effetto derivante da quello stesso fatto, anche quello opposto, quindi anche il “rovescio della medaglia”.

In genere ogni risvolto ha un aggettivo che lo qualifica, un’etichetta:

Questa pandemia avrà anche dei risvolti positivi per l’ambiente.

Difficilmente non ci sono aggettivi. Posso anche dire:

Ci sono stati ulteriori risvolti?

In questo caso l’aggettivo è “ulteriore“.

Questa situazione ha già avuto pesanti risvolti economici, politici e sociali.

Una vicenda dai risvolti drammatici

Chissà se la faccenda accaduta avrà dei risvolti inaspettati?

Normalmente si usa al plurale, ma non c’è problema. Si può usare e infatti si usa anche al singolare.

C’è stato un furto a casa mia. Purtroppo in quell’occasione c’è stato anche un risvolto amaro per il ladro. Il mio cane l’ha morso e non lo voleva più mollare!

Per capire ancora meglio vi dico che finora ho usato il senso figurato del termine risvolto.

Infatti anche i pantaloni hanno un risvolto, o una giacca o un qualsiasi altro indumento.

Infatti il risvolto di un indumento è la parte che si vede quando rovesciamo all’infuori un elemento,

Quando rigiriamo un pantalone vediamo il risvolto del pantalone ad esempio.

Il risvolto di un indumento sta quindi a contatto col corpo prima di essere rigirato.

L’uso che ci interessa però è quello della conseguenza secondaria, quindi il senso figurato.

Adesso ripassiamo. I membri dell’associazione hanno qualcosa da dire sul 17 gennaio, la data odierna.

Peggy: sapete che proprio oggi, nel 1942, nasce Cassius Clay? Si dice sia il migliore di sempre. Con quel fare spocchioso che aveva sul ring.

Ulrike: Si fa presto a ricordare in primo luogo il suo fare spocchioso sul ring. Ma più che altro era un grande atleta, un pugile con la P maiuscola, senza contare il fatto che aveva messo in gioco la sua carriera, opponendosi alla guerra in Vietnam. Poi, per inciso, il suo nome, legalmente cambiato, era Muhammad Ali. Chiamarlo così, secondo me, è una questione di principio. Spero, M1, tu non me voglia per questa correzione.

Cat: Poi, per inciso, il suo nome, legalmente cambiato, era Muhammad Ali. Chiamarlo così è una questione di principio. Spero, Peggy, tu non me ne voglia per questa correzione.

Albèric: Non ne capisco un’acca di boxe. Ma non scorderò mai il suo motto : “Galleggia come una farfalla, pungi come un’ape”. Un modo per tenere sulle spine il suo avversario a stare sul chi vive da quanto mi risulta. Certo che nessun avversario sembrava essere alla sua altezza. Lui sapeva come apostrofarli e dar loro del filo da torcere senza dubbio.

Irina: Ecco un fatto secondo me valevole di nota: si dice che Sylvester Stallone dopo aver assistito a uno dei suoi combattimenti abbia ideato il suo film Rocky prendendo spunto dal suo avversario, un pugile che ha tenuto testa ad Alì, mettendolo a dura prova.

Hartmut: I suoi incontri di pugilato – per esempio il “Rumble in the Jungle” contro George Foreman oppure il “Thriller in Manila” contro Joe Frazier – erano spettacoli che affascinavano tutto il mondo. A suo tempo non c‘era uno migliore di lui ma ce n’erano altri che in tempi diversi sono stati del suo stesso livello, come Evander Holyfield oppure Lennox Lewis.

Harjit: Mi sembra M6 che te ne intendi di boxe anche se te le cerchi un po’. Anche fossero stati pugili della sua statura, Alì era un re della comunicazione.

Mariana. Devo prendere atto che le persone non conoscono ninjutsu, e che la boxe è molto più famosa come disciplina sportiva. A me non sconfinfera granché la boxe. Mi sono data al ninjutsu in quanto appassionata di arti marziali e non sono disposta a cambiare idea. Quanto a leggende, mai sentito parlare dei Ninja?

Marcelo: Io ricordo più Ali che i Ninja, con tutto il rispetto, ma a che pro confrontare le discipline tra loro? Qui stiamo valutando l’uomo oltre all’atleta. La sua causa contro la guerra del Vietnam da sola vale metà del successo che ha avuto. Altro che storie!

541 Tanto da, così da, tanto che

Tanto da, così da, tanto che (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi vediamo un modo particolare di usare la preposizione “da” (quindi senza accento e senza apostrofo).

Questa modalità si usa per esprimere una conseguenza, un effetto.

Ho mangiato tanto da scoppiare

Ho studiato tanto da farmi venire il mal di testa

Non ho tanti soldi da poter acquistare una villa

C’è quindi qualcosa (una causa) che, aumentando di intensità o quantità, determina una conseguenza, un effetto.

Di solito questo “da” si usa insieme a “tanto” (l’abbiamo appena accennato in un episodio passato dedicato a “tanto”) ma si può usare anche insieme a “così” (o anche con talmente) proprio come nell’esempio seguente.

Hai fatto un così bel lavoro da meritare i miei complimenti

Sei così sexy da far venire i brividi

Adesso notiamo una cosa. Questo “da” è molto simile a “che“, e molte volte posso usare l’uno o l’altro. Non però “così che“, che come abbiamo visto nell’episodio 438 ha un altro utilizzo. A volte comunque c’è una preferenza tra “da” e “che”. Vediamo perché.

Sei così irritante che mi fai venir voglia di prenderti a schiaffi.

Sei così irritante da farmi venire voglia di prenderti a schiaffi.

In questo caso è abbastanza indifferente. Possiamo decidere in base alla frase che suona meglio.

Vediamo un altro esempio:

Saremo così bravi da meritarci il primo premio?

Saremo così bravi che ci meriteremo il primo premio?

Vedete che in questo caso “che” non ci sta molto bene. Per due motivi. Prima di tutto la frase è più fluida usando “da”. Suona meglio. Il secondo motivo è da ricercare sul cosa voglio sottolineare. La causa o l’effetto? Vogliamo sottolineare che siamo bravi, tanto bravi, oppure il premio?

In questo caso voglio sottolineare la causa, cioè il motivo, ciò la nostra bravura: la nostra bravura sarà così alta? Arriverà al livello necessario? C’è un’intensità che potrebbe raggiungere un livello necessario a ottenere un risultato (il primo premio). Quindi, per questi due motivi preferisco usare “da” in questo caso.

Invece se dicessi:

L’atmosfera era così tesa che ad un certo punto sono scoppiato a piangere.

Adesso è molto più opportuno usare “che” perché si vuole trasmettere la conseguenza e è tanto più adatto usare “che” quanto più questa conseguenza è improvvisa. Si vuole sottolineare la conseguenza e non la causa. Infatti la frase contiene anche “ad un certo punto” che sottolinea anch’essa la conseguenza.

Invece se io domandassi:

Ma era veramente così tesa da mettersi a piangere?

In questo caso si vuole sottolineare il livello di tensione (la causa) che ha determinato la conseguenza: era così alto? era veramente così alta la tensione? Così alta da mettersi a piangere?
Adesso ripassiamo:

Irina: l’estate è ormai alle porte e io di questi tempi dovrei stare alla larga dai grassi e dal cibo spazzatura
Bogusia: proprio domenica scorsa ho fatto una capatina in spiaggia, ma oltre a un nutrito gruppetto di gabbiani non c’era nessuno.
Komi: Comunque vedrete che col caldo e superata l’emergenza, giocoforza l’Italia tornerà affollata di turisti
Albèric: aspettiamo a cantare vittoria con la variante indiana!
Khaled: Certo, ad ogni modo per scrupolo sempre meglio vaccinarsi!

339 – Per via di, per merito di, grazie a, per colpa di

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Episodio collegato: Esprimere le conseguenze. Causa ed effetto

Trascrizione

Giovanni: mi capita, a volte, mentre mi scrivo con degli amici non madrelingua italiana, di veder confondere l’utilizzo delle diverse modalità che si possono usare per “imputare” qualcosa qualcuno o a qualcosa. Imputare, come verbo, ha a che fare con la causa e con l’effetto.

Mi spiego meglio.

Se dico:

È merito tuo se sto imparando l’italiano velocemente.

È colpa mia se non stai bene.

Grazie a te sono un uomo felice.

Per via del temporale non sono potuto uscire di casa.

C’è sempre una causa e un effetto. Se l’effetto è negativo parliamo di colpa, o anche di causa.

È colpa tua se sono malato

Sono malato per colpa tua

Sono malato per causa tua

Hai causato tu la mia malattia.

Hai provocato tu la mia malattia

Hai determinato tu la mia malattia

Hai prodotto tu la mia malattia.

Con la colpa si punta il dito molto di più, causare invece è meno forte, e i restanti verbi usati sono in realtà utilizzabili anche se l’effetto è positivo. A parte provocare.

Se l’effetto è positivo si parla di merito, generalmente.

È merito mio se sei felice

Sei felice per merito mio

Il merito è mio se sei felice

Ma posso dire anche:

Sono io l’artefice della tua felicità

Sono stato io a determinare la tua felicità.

In realtà però determinare e produrre hanno diversi usi ma parlando di causae effetto sono prevalentemente usati se si parla di cose logiche, tecniche o materiali.

Cosa ha determinato la sconfitta della Juventus?

Il terremoto è stato prodotto da una esplosione.

La distruzione del bosco è stata prodotta dagli incendi estivi.

Una cosa importante da dire è che il passaggio da causa ed effetto richiede l’uso di verbi diversi a seconda se si vuole indicare la causa o l’effetto.

Prima ho usato il verbo imputare, che significa quindi attribuire, ascrivere. Si indica in questo modo la causa.

Imputo a te il fallimento

L’inquinamento è da ascivere al nostro comportamento sbagliato

Non attribuire a me la colpa.

Per indicare invece l’effetto si usano verbi diversi:

Provocare un incendio

Causare un danno

Determinare il fallimento

Produrre un disastro.

L’uso del giusto verbo dipende pero anche dal tipo di effetto, positivo o negativo.

Parlando di merito, quinsi se l’effetto è positivo, questo si può può attribuire o imputare o ascrivere:

È merito tuo se sono salvo.

È grazie a te se sono salvo.

Imputare è abbastanza neutro. Si può imputare sia un merito che una colpa.

Non imputare a me i tuoi fallimenti. Cioè:

Non dare la colpa a me, non colpevolizzare me, non dire che è colpa mia.

Quindi dire che una cosa “è merito” di qualcuno significa che è grazie a lui che si è avuto l’effetto positivo.

La colpa invece si può sostituire con altri termini più difficilmente.

Al massimo potrei usare demerito, ma generalmente non si usa dire “è demerito mio, è demerito tuo eccetera. Si usa invece dire:

Questo è un mio demerito

L’unico tuo demerito è di non aver studiato abbastanza.

Demerito è anche un po’ più leggero rispetto a colpa. Spesso è legato a cose non fatte o non dette.

Un ultimo modo per imputare è usare “per via di“.

“Per via di” non è legato alla colpa ed al merito, ma solo al rapporto tra causa e effetto.

Per via di questo temporale non possiamo andare al mare.

Per via di un malinteso non abbiamo raggiunto un accordo

Perché non hai tempo per imparare l’italiano? Per via dei tuoi figli?

Quando la “causa” è legata a persone, ma non vogliamo incolparle, possiamo usare “per via”. Quando invece non ci sono persone di mezzo ma la causa è un fatto accaduto – di solito un problema – ha ancora meno senso usare la colpa e il merito.

In questi casi “per via” è molto adatto. Simile a “per effetto”, che però richiede sempre una specifica.

Per effetto della pandemia siamo tutti chiusi in casa.

“Per via” è infatti usato anche quando non vogliamo specificare troppo la causa, o quando gli effetti non sono molto negativi. Parliamo più che altro di ostacoli o problemi arrivati all’ultimo minuto.

Devo rimandare l’appuntamento per via del lavoro.

Per via di un impegno il direttore non sarà alla riunione.

Per via della complessità dell’episodio ho impiegato molto tempo a realizzarlo.