Oggi vorrei spiegarvi una congiunzione particolare, e lo farò acché il vostro livello di conoscenza della lingua possa migliorare.
Acché è la congiunzione di cui vi parlavo, che si scrive in una sola parola, con un accento acuto sulla e finale, similmente a dacché, giacché, perché, poiché, granché, sicché, affinché eccetera.
Acché è equivalente a affinché. Si può usare quindi tutte le volte che specificate il motivo per cui fate o dite qualcosa, o il motivo per cui debba accadere qualcosa, oppure per specificare un obiettivo da realizzare, l’obiettivo da raggiungere, la finalità da perseguire con una azione. Acché è un po’ più formale, quindi si usa generalmente in contesti importanti.
Spesso si usa anche perché nello stesso modo. Che voi usiate perché, affinché o acché, ricordate però che si usa sempre il congiuntivo. Vediamo qualche esempio:
Bisogna accelerare le vaccinazioni, acché le persone siano al sicuro dal virus
Bisogna quindi accelerare le vaccinazioni, in modo tale da mettere al sicuro la popolazione
Bisogna accelerare le vaccinazioni, perché le persone siano al sicuro
Bisogna accelerare le vaccinazioni, affinché le persone siano al sicuro
Si può sostituire volendo anche da “in modo da” e come avete visto, in questo caso non si usa il congiuntivo.
Voglio sottolineare ancora una volta che acché si scrive tutto attaccato. Infatti quando si scrive in due parti: “a che”, sebbene la pronuncia sia la stessa, il senso cambia:
Ad esempio: “Avere a che fare” e “avere a che dire”, “avere a che vedere” hanno un significato diverso che vedremo in altri episodi.
Adesso ripassiamo un po’ qualche episodio passato, acché possiate ricordare senza sforzo le questioni ivispiegate. Ascoltiamo Irina.
Irina: Innanzitutto voglio dire che è solo il mio tentativo di incorporare le nuove parole. Non so se la cosa lederàgli interessi di qualcuno o meno. Comunque la mia illusionedi poter imparare la grammatica italiana ha portato una pura delusione. La verità è che tutti i miei errori elidonole mie aspettative. Alludoal fatto di forse essere un po’ dura di comprendonio. Ma cosa ne dite voi, forse devo eluderei pensieri negativi e sforzarmi fino alla fine?
Oggi vediamo la differenza tra “cosicché” e “sicché“, due congiunzioni probabilmente poco usate dai non madrelingua.
Sono abbastanza simili in realtà, ma non esattamente, sicché adesso vi spiego la differenza.
Iniziamo da cosicché. Si usa in due modi diversi.
Cosicché: i cambiamenti
Nel primo caso si parla di cambiamenti.
Se ad esempio dico:
Piove, perciò prendo l’ombrello
Posso dire tranquillamente:
Piove, cosicché prendo l’ombrello
Ma in questo caso perciò e quindi sono più adatti.
Nel caso di una variazione invece meglio usare cosicché:
Pensavo ci fosse il sole. Invece pioveva, cosicché ho dovuto prendere l’ombrello
Ogni volta che c’è un cambiamento pertanto è una buona idea usare cosicché.
Quindi “cosicché” è molto simile a perciò, quindi, ma più simile a “pertanto”, “in conseguenza di ciò”.
C’era tantissima gente in strada, cosicché siamo dovuti tornare a casa
Stavamo per sposarci, ma il Covid ci ha impedito di farlo alla data programmata, cosicché siamo ancora in attesa di fissare una data per il matrimonio.
Anche qui è chiaro il cambiamento, causato da un inconveniente, un problema inaspettato.
Cosicché: possibilità e potenzialità
Nel secondo caso si parla di possibilità e potenzialità: Una cosa è possibile grazie ad un’altra. Non parlo necessariamente di causa ed effetto, di una semplice conseguenza, piuttosto di un fattore che può determinare delle conseguenze, o che può rendere possibile una conseguenza.
In questo caso cosicché è più simile a: in modo tale da, di modo che, affinché
Es:
La settimana prossima saranno vaccinati gli insegnanti, cosicché si possano riaprire le scuole
Ecco: la riapertura delle scuole è possibile grazie alla vaccinazione degli insegnanti.
Bisogna rafforzare i controlli della Casa Bianca, cosicché nessuno possa entrare quando vuole
Occorre più trasparenza, cosicché sia possibile controllare i conti pubblici senza alcun problema
Notate che nel caso di cambiamenti, spesso si parla al passato, pertanto nella maggioranza dei casi non si usa il congiuntivo. Quando invece parliamo di possibilità o potenzialità, di cose che sono state o saranno possibili solo grazie a qualcosa, è consigliato usare il congiuntivo:
Con tutta quella neve abbiamo dovuto mettere le catene alla macchina cosicché potessimo continuare il viaggio
Comunque spesso il congiuntivo non è obbligatorio neanche in questo caso:
Ho deciso di spostare la lezione di italiano dal lunedì al martedì cosicché il lunedì potrò giocare a basket. (Se volete maggiori informazioni in merito, c’è un episodio dedicato proprio al congiuntivo)
C’è quindi questa possibilità di giocare a basket il lunedì, che diventa reale quando decido di spostare al martedì la lezione di italiano.
Questi dunque sono i due principali casi in cui cosicché è molto adatto: cambiamenti e possibilità
Passiamo a sicché.
Sicché: i cambiamenti
Si usa esattamente come cosicché nel primo caso (anche staccato: così che) quindi per esprimere una conseguenza in modo analogo a quindi e perciò, specie quando ci sono dei cambiamenti, proprio come cosicché.
Non sopportavo che mia moglie mi tradisse, sicché adesso sono di nuovo single.
Da questo punto di vista quindi sicché è identico a cosicché, forse anche un po’ più secco, più deciso, netto: una conseguenza inevitabile diciamo:
Ho mangiato troppo in questi ultimi anni, sicché adesso ho 20 kg in sovrappeso.
Nessuno mi aiutava, sicché ho fatto tutto da solo
Come a dire: non poteva che accadere questo, è stata una conseguenza inevitabile.
Nel secondo caso visto prima però, quindi nel caso di possibilità e potenzialità, sicché non è molto adatto.
Normalmente quindi la frase:
Adesso mangerò meno sicché dimagrirò sicuramente
Non è scorretto di per sé, ma si preferisce usare cosicché, in modo tale da. perché non è una conseguenza inevitabile ma una possibilità.
Invece sicché ha un uso specifico.
Sicché: frasi interrogative conclusive
Si può usare infatti con un tono interrogativo per invitare altre persone a trarre delle conclusioni.
Sicché, cosa hai deciso, verrai con noi al corso di italiano?
Anche in questo caso potrei usare quindi o perciò, ma anche in questo caso sicché esprime in modo più netto e deciso un concetto finale, conclusivo. A volte può esserci irritazione, impazienza:
Cara, io devo dirti la verità… amo un’altra.
Ah, sicché, hai deciso di lasciarmi? E cosa avrebbe lei più di me?
In questi casi la frase è sotto forma di domanda, ma spesso si tratta di domande retoriche o di deduzioni logiche (come in quest’ultimo caso). Spessissimo si tratta di domande ironiche. Solo a volte è una vera domanda, diciamo più una richiesta di conferma, come a dire: io so questa cosa, è vera?
Sicché hai una nuova fidanzata, complimenti!
Sicché stasera vieni anche tu alla festa vero?
L’episodio è durato più del previsto, cosicché meglio fare un ripasso molto breve:
Irina: bene, anche brevissimo, purché non si salti il ripasso però. Per me è fondamentale.
Ulrike: Quanto a me, sono completamente d’accordo.
Sofie: Io no invece. Certi episodi sono di un breve che finiscono subito!
M4: sicché hai intenzione di continuare a contraddire sempre tutti? Non hai il mio plauso in questo caso.
Sofie: Assolutamente no. Dico solo la mia idea cosicché tutti possano conoscerla. Questo è quanto.
Buongiorno amici di Italianosemplicemente.com, oggi vediamo una espressione molto particolare, che probabilmente pochissimi stranieri conoscono.
Prima però volevo ricordare a tutti, soprattutto ai nuovi, a coloro che per la prima volta ascoltano un podcast di Italiano Semplicemente, che questo è il sito dell’Associazione Culturale che si chiama esattamente in questo modo: Italiano Semplicemente ed è il sito in cui gli stranieri possono imparare l’italiano in modo semplice attraverso dei contenuti audio e scritti. I principi a cui si fa riferimento, cioè le regole che si utilizzano in questo sito sono state riassunte in quelle che vengono qui chiamate “sette regole d’oro” per imparare la lingua italiana. Andate a dare un’occhiata se siete curiosi.
Abbene l’espressione di oggi è “onde evitare”. Un’espressione un po’ complicata perché contiene una parola complicata “onde”.
Tutti conoscono la parola onde intesa come sostantivo: onda è il singolare di onde, ad esempio le onde del mare, quelle che si infrangono sugli scogli o detto più semplicemente quella massa d’acqua che si solleva e si abbassa alternativamente, in modo cioè alternato, sul livello di quiete del mare per effetto semplicemente del vento o anche per altra causa come le maree. Attenzione alla pronuncia di maree, plurale di marea.
Ripeti: l’onda può essere provocata dalle maree
Questo esercizio di ripetizione, che vi invito a fare, rappresenta una delle sette regole d’oro di cui vi parlavo prima. È sufficiente che ripetiate ogni volta la frase che vi viene proposta in modo da restare concentrati ed essere anche maggiormente partecipi all’episodio.
Ripeti: sì, voglio essere partecipe all’episodio
Bene, allora la parola “onde” della frase “onde evitare” non è quella di cui vi ho appena parlato. Infatti la parola “onde”, con la e finale, non è solamente un sostantivo. Tra l’altro ci sono molti tipi di onde (come sostantivo) non solo quelle del mare. Ci sono le onde elettromagnetiche, le onde gravitazionali, le onde d’urto, le onde sonore, le onde longitudinali anche, eccetera.
Oggi invece parliamo di onde con un altro significato.
Vi dico subito che “onde evitare” significa “al fine di evitare” o anche semplicemente “per evitare”.
La parola onde in questo caso può anche quindi essere sostituita da “per”, più semplice da capire perché è la parola, la preposizione semplice (una delle nove preposizioni semplici), quasi sempre usata per indicare una finalità, un obiettivo e un modo, uno strumento per raggiungerlo.
Ad esempio “per andare a Roma posso prendere l’aereo” , “per dimagrire occorre mangiare meno”.
Ripeti: per ripetere occorre parlare.
Mi sembra giusto!
La vostra domanda allora potrebbe essere:
Allora posso sempre, in teoria, usare “onde” al posto di “per”? Posso farlo sempre?
La mia risposta è: No!
Perché? Direte voi.
Ci sono due motivi. Prima di tutto, Il motivo numero uno è che “per” non si usa solamente per indicare un obiettivo. La preposizione “per” ha molti utilizzi diversi. Solo per farvi un esempio, se prendiamo la frase:
– Vado a Roma passando per Napoli.
In questa frase per ha un valore spaziale; non posso dire pertanto “Vado a Roma passando onde Napoli”. Non ha senso. Questa frase non ha nessun significato.
Posso sostituire “per” con “onde” soltanto quando sto parlando di ottenere un risultato, cioè raggiungere un obiettivo e, al fine di raggiungere questo obiettivo c’è qualcosa che mi può aiutare. In questo caso posso farlo.
Vediamo la seconda frase che ho detto in precedenza:
– per dimagrire occorre mangiare meno
Ripeti: per dimagrire occorre mangiare meno
Questo rappresenta in effetti un obiettivo. Qual è l’obiettivo, qual è il risultato che devo raggiungere? È il dimagrimento. Devo dimagrire no? Quindi, a questo scopo, devo mangiare meno. Devo dimagrire, quindi a tal fine devo mangiare meno. Devo dimagrire, e per raggiungere questo risultato devo mangiare meno.
In questo caso potrei in teoria dire: “onde dimagrire occorre mangiare meno”.
La parola “onde” in questo caso non è un sostantivo ma è una congiunzione che diventa quasi una preposizione, quasi come “per” appunto. Quando questa parola (onde) è seguita da un verbo all’infinito (dimagrire ad esempio), come in questo caso, questo verbo all’infinito è quasi sempre il verbo “evitare”, quasi sempre ma non sempre, come nella frase che avete ripetuto: “onde dimagrire”. Quasi sempre invece è il verbo evitare: onde evitare.
Più raramente dunque si usano altri verbi all’infinito, ed il significato di “onde evitare” è “con l’obiettivo di evitare”, “al fine di evitare”, “per poter evitare”, “se vogliamo evitare” eccetera.
L’espressione non è neutra (diciamo così) dal punto di vista espressivo, e con questo intendo dire che non è molto elegante. “Onde evitare” contiene a volte dell’ironia, a volte anche della presunzione da parte di chi parla, quindi attenzione, a volte esprime persino maleducazione. Invece qualche volta la frase è del tutto innocua e può risultare anche molto appropriata a seconda del contesto di riferimento.
Vediamo qualche esempio:
– Onde evitare guai, ti consiglio di smetterla!
Ripeti: Onde evitare guai, ti consiglio di smetterla!
Questa è una frase che potrebbe dire un padre o una madre al figlio che ha fatto qualcosa di sbagliato. Anzihé dire smettila!
Si tratta di una specie di avvertimento in questo caso.
E’ un’espressione che si usa sempre per parlare del futuro in generale, quando c’è una necessità, quando si auspica, cioè si spera, che accada qualcosa nel futuro. Questo qualcosa deve accadere affinché una conseguenza negativa non ci sia, cioè sia evitata. In tal caso la madre consiglia al figlio di smetterla di fare qualcosa (che non abbiamo detto) di sbagliato, onde evitare guai (guai per il bambino si intende!).
Vediamo un altro esempio:
– Onde evitare di cadere, meglio camminare con gli occhi aperti
Ripeti: Onde evitare di cadere, meglio camminare con gli occhi aperti
Questa frase è un po’ ironica (fa un po’ ridere). Lo stesso effetto non lo avremmo ottenuto usando “per” o “al fine di”.
– Onde evitare di fare incidenti, meglio non bere alcool.
In questa frase diciamo che si raccomanda di non bere alcool al fine di non fare incidenti. È una semplice raccomandazione.
Ma si tratta sempre di raccomandazioni, o di precauzioni, di attenzioni da prestare “per”, cioè “onde” evitare di avere delle conseguenze negative.
Cosa possiamo fare seguire ad “onde evitare”? Cosa posso dire dopo? C’è una regola?
Vediamo qualche esempio per capirlo:
– Onde evitare malintesi, dobbiamo fare maggiore chiarezza;
Ripeti: Onde evitare malintesi, dobbiamo fare maggiore chiarezza
– Onde evitare possibili disguidi (cioè possibili malintendimenti, malintesi) occorre spedire in tempo la documentazione;
Ripeti: onde evitare possibili disguidi occorre spedire in tempo la documentazione;
– Onde evitare spiacevoli effetti collaterali, meglio vendere i medicinali solo con una prescrizione medica;
Ripeti: onde evitare spiacevoli effetti collaterali, meglio vendere i medicinali solo con una prescrizione medica
– Onde evitare equivoci come in passato, è preferibile pagare le tasse in tempo;
Ripeti: Onde evitare equivoci come in passato, è preferibile pagare le tasse in tempo
Vedete che “onde evitare” si usa spesso all’inizio della frase. Ma questo non significa che non si possa inserire al centro, posso quindi invertire la frase:
– Dobbiamo fare maggiore chiarezza onde evitare malintesi,
– Occorre spedire in tempo la documentazione onde evitare possibili disguidi;
– Meglio vendere i medicinali con una prescrizione medica, onde evitare spiacevoli effetti collaterali;
– E’ preferibile pagare le tasse in tempo, onde evitare equivoci come in passato.
L’unica regola quindi è quella di mettere dopo “onde evitare” la cosa che va evitata. Tutto qui.
Talvolta dopo la parola “onde” si mettono altri verbi però al posto di “evitare”, e sempre all’infinito.
Questo si fa specialmente nell’uso burocratico, quando si vuole evitare di ripetere la preposizione “per” che potremmo già aver usato nella stessa frase. Allora utilizzo “onde” al posto di “per” usando il verbo all’infinito, come si fa normalmente con “per” ma questo è un modo considerato meno corretto.
Vediamo qualche esempio:
– Per imparare l’italiano con divertimento esiste ItalianoSemplicemente.com, e bisogna diventare membri dell’Associazione Italiano Semplicementeonde raggiungere un buon livello di italiano;
In questo caso ho usato “raggiungere” e “onde raggiungere” significa “per poter raggiungere”. Avevo già utilizzato la preposizione “per” all’inizio della frase (Per imparare l’italiano…) quindi anziché dire: per raggiungere un buon livello di italiano, scelgo di sostituire per con “onde”.
Questa cosa si fa abbastanza spesso, come dicevo, nel linguaggio della burocrazia, ma come dicevo prima, meglio evitare questa forma per via dei possibili pericoli legati alla frase e quindi meglio preferire invece altre forme, come “al fine di”, oppure anche “se vogliamo”:
– Per imparare l’italiano con divertimento esiste ItalianoSemplicemente.com, e bisogna diventare membri dell’Associazione Italiano Semplicementeal fine di raggiungere un buon livello di italiano opure “se vogliamo” raggiungere un buon livello di italiano;
Posso farvi anche frasi ancora più burocratiche:
– Restiamo in attesa di Vs. (vostre) disposizioni, onde provvedere in conformità; questa è una frase veramente molto burocfratica. Attendiamo quindi di sapere le vostre disposizioni (quello che volete fare) per poter operare al meglio. Vs significa “vostre” nel linguaggio burocratico.
Ripeti: restiamo in attesa di Vs. disposizioni, onde provvedere in conformità
Allora abbiamo detto che quando vogliamo sostituire la congiunzione “per” usiamo il verbo all’infinito giusto? Onde evitare, onde provvedere, onde raggiungere… in tutti questi casi voglio sempre raggiungere un risultato ed indicare uno strumento per raggiungerlo. È sempre così.
Vediamo ora, con lo stesso fine, che la parola “onde” può, in questi casi, anche sostituire la parola “affinché” o “perché”.
Se ricordate l’episodio in cui abbiamo parlato di come esprimere le conseguenze (vi ricordate?) per passare dalla causa all’effetto, in quell’episodio abbiamo spiegato le parole: perciò, quindi, per cui, eccetera (molte altre parole), dove abbiamo anche visto la parole “cosicché”, simile ad “affinché” ed anche a “perché”, parole che si usano anche per sottolineare una conseguenza conclusiva, ma non esattamente come causa ed effetto; non è esattamente una cosa che ne causa un’altra, ma è una cosa che ne permette un’altra. La prima cosa è necessaria per il verificarsi della seconda:
Ripeti: la prima cosa è necessaria per il verificarsi della seconda
Siamo esattamente in questo caso quindi: stiamo parlando di un risultato e di uno strumento che permetta di ottenere il risultato. Quindi “onde” può anche sostituire, facendo molta attenzione le parole “affinché”, “cosicché” e “perché” in questi casi.
Posso dire ad esempio:
– ascolta più volte questo episodio cosicché ricorderai più facilmente. una frase semplice.
– ascolta più volte questo episodio onde ricordare più facilmente;
“Cosicché ricorderai” diventa “onde ricordare”: è più generico, impersonale (usando l’infinito è impersonale) e quindi può avere un tono di presunzione, (come se fosse una regola, una legge) o anche solamente ironico.
– E’ bene riscaldare il latte cosicché sia pronto al momento della colazione;
Ripeti: è bene riscaldare il latte cosicché sia pronto al momento della colazione;
– è bene riscaldare il latte onde sia pronto al momento della colazione;
In questo caso onde mantiene il congiuntivo: onde sia. “Cosicché sia” diventa “onde sia”.
Allo stesso modo posso dire:
– affinché tutto sia chiaro ascolta attentamente;
– onde tutto sia chiaro ascolta attentamente.
Notate che quando uso “affinché” solitamente utilizzo il congiuntivo: “affinché tutto sia chiaro”.
Quindi anche quando uso “onde” al suo posto devo usare il congiuntivo: “onde tutto sia chiaro”.
Vediamo altri esempi:
– Affinché io sia promosso devo studiare molto;
Ripeti: affinché io sia promosso devo studiare molto;
– Onde io sia promosso devo studiare molto.
In definitiva quando “onde” sostituisce “per” si usa solitamente il verbo all’infinito (per mangiare, per bere eccetera) invece al posto di “affinché” uso il congiuntivo. Con “cosicché” posso usare entrambi, dipende un po’ dalla frase.
Per concludere, la frase del giorno “onde evitare” è una espressione usata molto spesso dagli italiani, ma non dai ragazzi e dai bambini e neanche dagli adolscenti. Piuttosto molto di più dai giornalisti e ogni volta si voglia dare un tono particolare alla frase: spesso un tono ironico come detto, anche se spesso si rischia di apparire un po’ presuntuosi e arroganti. Altre volte non ci sono problemi quindi in generale fate attenzione. Bisogna ascoltare molto per evitare di usare male questa espressione.
La parola “onde” in realtà ha molti altri significati utilizzi, che vedremo in altri episodi. È stata usata molto spesso da Dante Alighieri e anche da altri famosi letterati italiani come Verga, Petrarca, Boccaccio, LudovicoAriosto, TorquatoTasso, Carducci e Machiavelli solo per fare qualche nome.
Per oggi può bastare così, onde evitare una eccessiva confusione mentale da parte vostra.
Grazie della vostra attenzione, grazie a tutti per le vostre donazioni molto generose che servono a sostenere l’attività del sito. Senza i donatori nulla sarebbe possibile. Ricordatevi comunque che potete richiedere l’iscrizione all’Associazione culturale Italiano Semplicemente se state pensando di fare le cose seriamente con la lingua italiana. Vi aspetto. Un caro saluto a tutti.
E’ possibile scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramitel’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto. E’ possibile ordinare anche la versione cartacea.
Video
Trascrizione
Buongiorno e benvenuti a tutti i membri della famiglia di Italiano Semplicemente, oggi vediamo un argomento molto interessante: come esprimere le conseguenze.
Cosa significa esprimere le conseguenze? Vi chiederete voi.
Quello che voglio dire è che ogni volta che si fa una affermazione che porta a delle conseguenze, dobbiamo trovare il modo più appropriato per dirlo.
Ad esempio:
Io sono un essere umano, perciò ho bisogno di mangiare e bere per vivere.
“Io sono un essere umano” è la prima parte della frase, “ho bisogno di mangiare e bere per vivere” è la seconda parte della frase.
La parola perciò, che tecnicamente è una congiunzione, serve appunto a congiungere, cioè ad unire, le due parti della frase.
In mezzo quindi c’è la congiunzione “perciò“. A cosa serve “perciò”? Serve a congiungere le due parti, serve a congiungere la causa con l’effetto.
La causa è la prima parte: “io sono un essere umano” e l’effetto, cioè la conseguenza della causa è espresso nella seconda parte “ho bisogno di mangiare e bere per vivere”.
Questo è solo un esempio di quello che si chiamano anche “connettivi conclusivi“.
I “connettivi conclusivi” sono delle parole che introducono la conclusione di un discorso o la conferma di una tesi appena presentata.
Ci sono comunque anche altri tipologie di connettivi, che affronteremo in altri episodi.
Dunque quali sono questi connettivi conclusivi?
Abbiamo già visto “perciò” che si ottiene dalle due parole “per” e “ciò” cioè “”, “per questo motivo”.
Dire perciò equivale a dire “per questo motivo“. Molto semplice da comprendere.
In questo modo infatti esprimiamo le conseguenze di quello che abbiamo appena detto:
io sono un essere umano, perciò (per questo motivo) ho bisogno di mangiare e bere per vivere.
Ma non esiste solamente questa parola. Posso anche utilizzare “quindi”.
Sono arrivato molto presto in ufficio, quindi ho preso un caffè.
Attenzione però perché “quindi” è anche avverbio. Tra le altre cose posso usare “quindi” anche al posto di “cioè”, con l’obiettivo di spiegare meglio qualcosa, non come conseguenza ma per meglio chiarire un concetto.
In questo caso parliamo di “quindi” inteso come “perciò”. Sono entrambi modi utilizzatissimi per esprimere delle conseguenze, e sicuramente “perciò” è più adatto rispetto a “quindi”.
Visto che stiamo parlando di conseguenze, posso usare anche le due parole “di conseguenza“, meno informale ma sicuramente ugualmente molto usato da tutti in ogni circostanza:
Oggi vado a Roma, di conseguenza non sono a casa
Quando usiamo “di conseguenza” vogliamo ancora di più esprimere un risultato. Lo diciamo pertanto quando vogliamo essere sicuri che chi ascolta riceva il messaggio: lo usiamo per essere più convincenti.
Un altro modo è dire semplicemente “in conclusione” o anche “concludendo“, ad esempio:
Dopo aver fatto una riunione di lavoro potete dire: concludendo, il prossimo appuntamento è domani alla stessa ora.
Avete sicuramente notato che non è proprio come dire “perciò” o “quindi”. Concludendo (e anche “in conclusione”) è più conclusivo, serve più a fare una conclusione generale, non per esprimere una semplice conseguenza.
Se dico: piove, quindi prendo l’ombrello, non posso dire: piove, concludendo, prendo l’ombrello.
Posso però dire:
Sta piovendo, c’è molto vento e stamattina devo fare parecchi giri. In conclusione è meglio che esca con l’ombrello.
Devo dire però che la formula “in conclusione” o concludendo è più usata in occasioni formali, tipo riunioni, conferenze, meeting.
Vediamo adesso il verbo “considerare”. Considerare significa prendere atto di qualcosa, tenere in considerazione qualcosa, e questo qualcosa è la causa. Poi ovviamente devo dire anche l’effetto.
Ad esempio:
Considerando che ho molta fame, vado a mangiare.
La parola “Considerando” va inserito preferibilmente all’inizio della frase e non al centro, come “perciò” e “quindi”.
Potrei dire:
Ho molta fame, perciò vado a mangiare.
Ho molta fame quindi vado a mangiare.
Non potete mettere considerando al centro, tra la causa e l’effetto. Anzi, lo potete fare ma cambiando un po’ la frase.
Però attenzione:
Ho molta fame, e considerando questo, vado a mangiare.
Ho dovuto un po’ cambiare la frase per poterlo inserire al centro.
Posso anche dire:
Vado a mangiare considerato che ho molta fame.
In questo caso ho messo la causa alla fine e l’effetto all’inizio.
Anche la parola “Siccome” è interessante. Siccome è sempre usato come congiunzione, ed è equivalente a “considerando che”. Siccome non ha bisogno di altre parole per poter introdurre una causa.
Siccome ho molta fame, vado a mangiare
Siccome sono stanco, vado a riposare.
Siccome l’italiano è molto diverso dall’arabo, per me non è facile imparare la lingua araba.
La congiunzione siccome deve per forza essere messa all’inizio della frase. Non la posso mettere al centro o alla fine. Non c’è niente da fare in questo caso. Siccome precede la causa, ed alla fine va messo l’effetto.
Siccome è molto usato, ma è più colloquiale di altre congiunzioni equivalenti, come “poiché” e “giacché”.
Poiché sono stanco, vado a riposare.
Giacché ho molta fame, vado a mangiare.
“Poiché” è molto simile a “siccome” ed a “Giacché”. Tutte e tre le congiunzioni si usano allo stesso modo: congiunzione, causa, effetto.
Sono parole che servono a mettere in rilievo più una conseguenza che una causa.
Poiché mi hai stancato, me ne vado!
La cosa che voglio sottolineare è che me ne sto andando. Lo stesso avviene con “giacché”, che è una sola parola ma spesso si vede usare staccando le due parole:
Già che sei in piedi, passami un bicchiere. Ma nessuno mi impedisce di unire le parole, ed anche all’udito la parola è unita.
Comunque tranquilli perché è la stessa cosa. Giacché = già che.
Notate poi che “poiché”, che serve a sottolineare la conseguenza, cioè l’effetto, riesce a sottolineare l’effetto in quanto l’effetto viene alla fine: poiché ho fame, vado a mangiare.
Quando voglio sottolineare la causa invece, allora poiché non è adatto. In questo caso devo dire la causa alla fine della frase, allora meglio usare “perché” al suo posto.
Vado a mangiare perché ho fame. Poiché ho fame, vado a mangiare.
Vado a casa perché ho sonno. Poiché ho sonno, vado a casa,
Ti do un bacio perché ne ho voglia. Poiché ne ho voglia, ti do un bacio.
Quindi poiché va messo all’inizio della frase, analogamente a giacché, poi la causa, infine l’effetto.
Invece perché si inserisce al centro, tra l’effetto e la causa.
Capisco bene che pensare a queste regole può far venire il mal di testa.
Ho una buona notizia per voi: potete dimenticare tutto se non dovete fare un esame di grammatica.
Se il vostro obiettivo è imparare a comunicare meglio ascoltare degli esempi e provare a costruirne di altri, senza pensare alla regole.
Una osservazione interessante:
Posso evitare di congiungere le due parti della frase? Posso evitare di inserire un connettivo conclusivo? Posso evitare di congiungere la causa con l’effetto?
Posso farlo utilizzando, all’inizio della frase, la forma al gerundio del verbo.
Vediamo un esempio e capirete immediatamente:
Vediamo la frase:
Ho fame quindi mangio un panino.
Come posso fare per non dire la parola “quindi”?
Posso usare, al posto di “ho fame”, “avendo fame”.
Avendo fame, mangio un panino.
Questo è un piccolo trucco sempre valido.
Avendo voglia di baciarti, ti do un bacio.
La frase è del tutto equivalente a:
– Siccome ho voglia di baciarti, ti do un bacio;
– Considerato che ho voglia di baciarti, ti do un bacio;
– Poiché ho voglia di baciarti, ti do un bacio;
– Ti do un bacio perché ho voglia di baciarti;
– Ho voglia di baciarti, perciò ti do un bacio
Queste frasi sono tutte equivalenti, quello che cambia è la cosa che voglio sottolineare e il contesto di riferimento.
Non finisce qui però. Due modi interessante e curiosi per esprimere una conseguenza sono: “indi per cui” e “ragion per cui”
Vediamo prima “Indi per cui”. La parola “Indi” è simile a quindi. Nel parlato può capitare di ascoltare questo “pleonasmo”, dove pleonasmo è una parola che indica qualcosa di non necessario.
Qual è la parola non necessaria? Il pleonasmo è “indi” e un professore di italiano direbbe che non si deve usare “indi per cui” ma bisognerebbe dire semplicemente “per cui”.
Ho voglia di baciarti, per cui ti do un bacio. “Indi per cui” può capitare di ascoltarlo in frasi ironiche più che altro, e comunque meglio non scriverlo.
“Ragion per cui” è assolutamente analogo a “per cui” e anche “ragion per cui” si usa in contesti ironici come “indi per cui”. Probabilmente i professori di italiano sono disposti a tollerare “ragion per cui” anche se a dire il vero anche “ragion” è qualcosa di cui possiamo fare a meno. Anche “ragion” è un pleonasmo.
Il fatto è che spesso si usa dividere le due parti, la causa con l’effetto, facendo una pausa, e questo è il motivo di usare “ragion per cui” o “indi per cui” o anche “per cui”. Lo faccio per evidenziare quello che viene dopo, cioè la conseguenza.
Potrei dire semplicemente:
Ho fame è la ragione per cui io vado a mangiare.
In questo caso non ci sono pause, e la parola “ragione” ha persino l’articolo: “la ragione”. Ma in questo caso sto evidenziando la causa: la fame è la ragione!
Se invece qualcuno mi chiede: dove stai andando?
Ho fame, ragion per cui vado a mangiare. (ragion va senza articolo, ragione invece va con l’articolo: la ragione).
In questo modo evidenzio di più la conseguenza ma sto anche usando un tono forte, quasi sgarbato, quasi scortese. C’è una sottile ironia che emerge, ma dipende anche dal tono che viene usato.
Se non volete passare per maleducati meglio dire: vado a mangiare, ho fame.
In questo modo evitate proprio di unire la causa con l’effetto. In fondo non c’è bisogno nel linguaggio parlato.
Ci sono vari modalità per sottolineare una parte della frase. Il tono è una di queste e ciò che dite alla fine solitamente è la cosa da sottolineare, poi se usate più parole insieme anziché una sola, come “ragion per cui”, “indi per cui”, “e questo è il motivo per cui”, “considerando che”, anche questo è un modo per sottolineare qualcosa.
Visto che parliamo di sottolineare, vediamo due parole che servono a sottolineare, anche se usate da sole, la conclusione: le parole sono “sicché” e “pertanto”. Sono due congiunzioni che si usano quando dobbiamo concludere.
Posso usare “sicché” e “pertanto” al centro, fra la causa e l’effetto, proprio come perciò, quindi e giacché.
Ma Sicché si usa prevalentemente all’inizio e alla forma orale.
Sicché, cosa hai deciso?
Sicché sta all’inizio della frase quindi. Si vuole evidenziare una conclusione, un effetto:
Sicché, come è andata a finire? L’uso di sicché lascia pensare ad una causa oppure ad una serie di eventi che sono accaduti nel passato che però hanno meno importanza. È più importante l’effetto che la causa.
È un po’ come dire: allora? Com’è andata poi?
La conclusione è ciò che interessa.
Sicché, verrai o no?
Sto facendo una domanda, a me interessa se verrai, non quello che c’è stato prima. La domanda infatti lascia pensare che qualcosa sia successo. Se si fa la domanda con “sicché” però interessa sapere solo la conseguenza.
A volte però si usa “sicché” non per evidenziare una conseguenza, ma per chiedere una conferma.
Conosco già un fatto accaduto, ma voglio chiedere se veramente è successo, una conferma appunto.
Esempio:
Sicché poi alla fine hai deciso di non venire in vacanza con noi? Come mai?
Sicché ti sei lasciato con Maria?
È come dire: è vero che ti sei lasciato con Maria? Mi dai conferma?
Passiamo a “Pertanto” che è simile a “sicché”, ma pertanto si usa molto di più al centro. È molto più simile a perciò e quindi.
È una forma più gentile di “per cui”. Del tutto equivalente ma un po’ più neutra e più adatta alla forma scritta.
Troverete articoli giornalistici che dicono:
Amazon è un operatore postale, pertanto deve rispettare la normativa
Mio figlio non è maggiorenne, pertanto non può aprire un account su facebook.
Io invece sono maggiorenne, pertanto posso farlo.
Trump è un uomo ricco, pertanto può acquistare una macchina costosa.
Le ultime due parole sono “cosicché” e “dunque”.
Cominciamo da dunque. Dunque è una congiunzione molto adatta per fare una conclusione, quindi sottolinea l’effetto, analogamente a “pertanto” e “sicché”, quindi si trova spesso in mezzo alla frase, tra causa ed effetto, ma è una congiunzione più neutra, adatta sia allo scritto che all’orale ma più all’orale.
Non è ironica come può esserlo “sicché” a volte. Tra l’altro “sicché” è più usata in alcune zone d’Italia come la Toscana; in altre regioni “dunque” è più usata, e sempre adatta a dei discorsi dal tono pacato.
Molto usata dai politici e anche dai giornalisti per giungere a delle conclusioni. È una parola però più eclettica, usata anche da sola spesso:
Dunque? In Tal caso equivale a “Allora?” e a “Insomma”? Ed è usato come avverbio.
Allora, ti decidi dunque? Anche come avverbio però serve a concludere.
Esiste anche la frase “venire al dunque” che è una espressione che sottolinea la necessità di una conclusione. Venire al dunque infatti significa concludere, senza tergiversare, senza perdere tempo.
Si usa in molte circostanze diverse:
Ho sbagliato, dunque devo pagare. Qui la uso al centro, tra la causa e l’effetto, però voglio sempre sottolineare l’effetto, la conseguenza.
Insomma avete capito che ci sono moltissimi modi per esprimere delle conseguenze. Non c’è un modo da preferire ed uno da scartare. Dipende come abbiamo visto da quello che riteniamo sia più importante nella frase.
Questo significa comunicare in fondo. Con Italiano Semplicemente abbiamo sempre detto che la cosa che conta è comunicare, e comunicare significa far passare un messaggio, fatto di parole, di ordine e di tono.
Vediamo con “cosicché” e “visto che”
Ovviamente è una congiunzione anche “cosicché”, che volendo può anche essere divisa in due parti: “così che” (due parole) che è come dire: “di modo che”, “in modo che”, “in modo tale che”
Si usa più spesso come parola unica, tutta attaccata, e si usa per sottolineare una conseguenza conclusiva, ma non esattamente come causa ed effetto, direi più per spiegare che una cosa ne permette un’altra. La causa diventa in questo caso un requisito, una necessità affiché possa verificarsi la conseguenza.
Ad esempio:
Preparati cosicché sarai pronto per uscire quando ti chiamo. Quindi in questo caso ho detto che tu ti devi preparare per uscire, quindi devi vestirti eccetera, in modo tale che, quando io ti chiamerò, sarai già pronto e non dovrai perdere altro tempo. La preparazione serve a non perdere tempo, non si tratta di una vera causa, come nella frase: “ho fame, perciò mangio”.
Posso usare “cosicché” anche in questo modo ma è poco adatto. La stessa parola, che contiene “così” e “che” fa chiaramente capire che il senso è “in modo che”, “in questo modo”.
– Devo mettere l’antifurto in casa, cosicché i ladri abbiano la vita difficile;
– Mangia lentamente, cosicché potrai digerire più facilmente.
Vedete quindi che non è esattamente una cosa che ne causa un’altra, ma è una cosa che ne permette un’altra. La prima cosa è necessaria per il verificarsi della seconda:
– ascolta più volte questo episodio cosicché ricorderai più facilmente.
“Visto che” non posso invece usarlo nello stesso modo. Infatti “visto che” equivale a “considerato che” e “considerando che”, quindi devo dire prima la causa e poi l’effetto:
– visto che sei molto carina, ti faccio una foto;
– visto che conosci bene l’italiano, aiutami a fare questo esercizio;
Vale la pena inoltre soffermarci sulla parola “ciò”, con l’accento sulla “o” (accento grave) che significa “questo” e anche “quello”.
Pertanto dire “considerato ciò” è la stessa cosa che dire “considerato questo”.
Inoltre la frase “ragion per cui” può anche diventare “in ragione di questo” e “in ragione di ciò”.
La parola “ciò” è anche la fine di “perciò”, quindi si capisce facilmente come “perciò” sia esattamente come “per questo” e “per questo motivo”.
La parola “ciò” è poi usata spesso in contesti formali. Un esempio è la stessa frase “in ragione di ciò”, che si usa quando vogliamo sottolineare le buone ragioni che hanno determinato una conseguenza.
Troverete molti articoli su internet in cui si parla di giustizia, di decisioni importanti in generale, in cui si usa questa espressione.
Ancora più formale è l’espressione “quanto sopra premesso”. Questa è una frase che si usa esclusivamente nella forma scritta, e si usa nelle comunicazioni ufficiali, per dimostrare una tesi, per associare dei fatti tra loro. È una frase che serve a concludere quindi, una volta che abbiamo detto una serie di cose. “quando sopra” vuol dire “quello che è stato appena scritto”, “sopra” nel senso di posizione nel foglio in cui si legge. Sopra è come dire “prima”. Sopra c’è la causa, dopo ci sarà l’effetto.
Le comunicazioni che contengono questa frase sono solitamente molto formali. Sono usate dagli avvocati, dai giudici e nelle comunicazioni tra istituzioni e famiglie.
Esempio: se devo scrivere al comune di Roma per chiedere uno spazio dedicato al benessere dei cani, posso fare una lista di motivazioni, una serie di problemi che derivano dalla mancanza di uno spazio di questo tipo ed alla fine dire:
“Per tutto quanto sopra premesso (cioè per tutte queste ragioni) si chiede al Sindaco di Roma di impegnare l’Amministrazione Comunale ad attivarsi per individuare uno spazio adeguato per i cani”.
La parola “premesso” indica una “premessa” ed è il participio passato del verbo “premettere”. Premettere significa “mettere prima”, cioè “dire all’inizio”. Ed infatti la premessa si fa all’inizio. Quando si fa una premessa è sempre al fine di dimostrare qualcosa, quindi c’è sempre una causa ed una conseguenza della causa.
Terminiamo questo episodio con “grazie a” (o “per merito di”) e “per colpa di” (o a causa di) che sono due modalità che servono ugualmente ad esprimere una conseguenza, ma stavolta vogliamo sottolineare il merito oppure la colpa.
Ad esempio:
– E’ grazie a te che ora sono più tranquillo. È merito tuo che ora sono più tranquillo.
Evidentemente si vuole sottolineare un merito. Avreste potuto dire:
– Tu sei con me, perciò ora sono più tranquillo;
– Sono più tranquillo poiché ora sei con me;
– Visto che ora sei con me, sono più tranquillo;
– Sono più tranquillo in quanto ora sei con me;
“In quanto” è assolutamente equivalente a “poiché”: dove usiamo poiché possiamo sostituirlo con “in quanto”. Nessun problema.
“In quanto” però si usa anche in altri modo: ad esempio si usa al posto di “relativamente a”, che non c’entra nulla con le conseguenze. Oppure si usa nell’espressione “in quanto tale”.
Quando lo usiamo al posto di “poiché” ha lo stesso significato, solo che è un pochino meno informale. Non voglio dire formalissimo ma comunque diciamo un po’ meno adatto alle conversazioni familiari o tra amici.
“per colpa di” è analogo a “grazie a” ma serve ovviamente per sottolineare una colpa:
– è per colpa tua che mi sono fatto male;
– è causa tua che mi sono fatto male;
– mi sono fatto male per causa tua (per colpa tua);
– Gli italiani stanno in salute grazie alla dieta mediterranea, gli americani un po’ meno per colpa della loro scarsa educazione alimentare”.
Prima solitamente, sia nel merito che nella colpa, si mette l’effetto e poi la causa:
– Gli italiani stanno in salute grazie alla dieta mediterranea.
Questa è la frase costruita nel modo classico:
Se inverto e metto prima l’effetto posso usare “se” oppure “che”;
– graziealla dieta mediterranea gli italiani sono in salute;
– E’ graziealla dieta mediterranea se (che) gli italiani sono in salute;
Analogamente con le colpe:
– Gli americani mangiano male (effetto) per colpa della loro scarsa educazione alimentare (causa);
oppure:
– acolpa (o per colpa) della loro scarsa educazione alimentare gli americani non si nutrono bene;
– ècolpadella loro scarsa educazione alimentare se (che) gli americani non si nutrono bene.
Terminiamo questo episodio con “ergo”. Un termine molto particolare questo.
Ergo significa pertanto, ma si usa molto raramente. Quando si usa solitamente chi parla si vuole generalmente dare “un tono”, è un modo un po’ strano ma qualche volta può capitare si sentirlo.
Molto famosa è la frase “Cogito ergo sum”, una frase che significa letteralmente “penso dunque sono”, che è una frase con cui Cartesio, un filosofo e matematico francese, esprime la certezza che l’uomo ha di se stesso in quanto soggetto pensante. L’uomo pensa e quindi è. La consapevolezza dell’uomo di essere, deriva dal fatto che lui è un soggetto pensante. Il pensiero è la causa, l’esistenza dell’uomo è la conseguenza.
Quindi, capite che chi usa questa parola si sente una persona importante. Io personalmente non la amo molto come parola. Spesso si usa con un significato simile a “vale a dire”, “cioè”, ma sempre come causa-effetto:
Se andate su internet troverete inoltre molti esempi giornalistici di causa ed effetto:
– L’imputato è stato assolto, ergo, è innocente
Per concludere l’episodio posso dire:
– ora avete capito come esprimere le conseguenze, ergo, potete fare degli esempi e ripetere l’ascolto per ricordare meglio.
Vi ringrazio della pazienza che avete avuto per arrivare fino alla fine, ora vi saluto tutti ed al prossimo episodio di Italiano Semplicemente. Grazie a tutti i donatori che sostengono il nostro progetto di aiutare gli stranieri ad imparare la lingua italiana.
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