Accadde il 17 luglio: drastico

17 luglio 1939 (scarica audio)

Trascrizione

Milva la conoscete?

Nata il 17 luglio 1939, è celebre per la sua carriera intensa e poliedrica: voce potente, presenza scenica marcata e interpretazioni spesso drammatiche.

Le sue esibizioni — sia nel teatro musicale che nella canzone d’autore — spesso vivevano di contrasti forti, scelte stilistiche decise e passaggi emotivi netti.

Tutti elementi che si prestano perfettamente a spiegare significati e sfumature legate all’aggettivo “drastico“.

Durante un suo spettacolo, Milva decise di cambiare drasticamente il repertorio: abbandonò melodie rassicuranti e fece scelte drastiche, introducendo canzoni cariche di tensione emotiva, testi impegnati e interpretazioni intense.

L’aggettivo drastico si presta perfettamente per descrivere un cambiamento. Ma deve essere un cambiamento vero, non un cambiamento all’acqua di rose, per intenderci.

Indica qualcosa di rigoroso, deciso, con conseguenze evidenti e radicali.

È un cambiamento netto rispetto a una situazione precedente.
Tra i sinonimi più prossimi, c’è infatti radicale, che descrive un cambiamento o una scelta fondamentale, totale, dalla radice.

Anche una scelta infatti spesso viene detta drastica. È una decisione presa con determinazione, senza ambiguità.

Un intervento drastico invece è un rimedio severo, che comporta delle scelte necessarie e dal quale non si torna indietro.

Un taglio drastico è altresi molto comune. È qualcosa di netto.

Es:

per risanare i conti dell’azienda c’è voluto un taglio drastico del personale.

Un taglio drastico della spesa pubblica è necessaria in periodi di crisi economica.

Si è deciso di accorciare drasticamente la lunghezza degli episodi della rubrica “Accadde il”.

– – – –

Donazione personale per italiano semplicemente

Se vuoi e se puoi, aiuta Italiano Semplicemente con una donazione personale. Per il sito significa vita, per te significa istruzione.

€10,00

858 Quand’è così

Quand’è così (scarica audio)

Trascrizione

La locuzione di cui ci occupiamo oggi ha un uso particolare che sicuramente non si trova su internet e nei libri di grammatica italiana. Sto parlando di “quand’è così“.

Si usa in particolare nel caso di scelte obbligate. Si può usare tuttavia anche semplicemente per prospettare una possibilità e descrivere le conseguenze. E’ un’espressione prevalentemente colloquiale.

Vi faccio qualche esempio.

Domenica prossima la Roma affronterà Il Paris Saint Germain. Sappiamo che normalmente parliamo di categorie diverse, perché il Paris Saint Germain è molto più forte, ma nella Roma si respira un forte entusiasmo per via del nuovo allenatore e quand’è così può accadere di tutto.

Dunque in questo caso “quand’è così” sta per “in questi casi”, “in queste occasioni”, “quando accadono queste cose”, “quando si verifica questa eventualità” e si usa per descrivere cosa succede in determinate circostanze.

Il termine “così” rappresenta proprio le particolari circostanze in cui ci troviamo. “Quand’è“, invece, sta per “quando ci troviamo” in queste circostanze, o anche “quando accadono” queste cose.

Un altro esempio:

Una volta ho sentito una forte scossa di terremoto ed io mi trovavo in bagno. In dieci secondi mi sono ritrovato nel cortile. Quand’è così non bisogna perdere tempo ma pensare solo a scappare!

Anche qui “quand’è così” sta per “in questi casi”, “quando accadono queste cose”, “in queste circostanze”.

C’era un forte vento durante la partita e quand’è così ogni tanto capita di sbagliare!

Ogni volta che usiamo questa locuzione è come se stessimo facendo un’eccezione, come se ci trovassimo in una circostanza particolare.

Infatti come dicevo “quand’è così” si usa spesso in dialoghi colloquiali, per presentare un caso particolare, una circostanza non comune, spesso inattesa, e la conseguenza, ciò che ne consegue, è spesso una scelta obbligata, senza alternative.

Si può trattare sia di cose negative che positive.

Es: due amiche, Anna e Margherita discutono di problemi di lavoro

Anna: Al lavoro non mi trovo molto bene con i colleghi e vorrei veramente cambiare attività. Credo che domani andrò a licenziarmi.

Margherita: cosa? Ma non puoi rinunciare allo stipendio per cercare un altro lavoro. sai cosa significa? E poi con i colleghi bisogna avere un po’ di pazienza.

Anna: Lo so, ma sai, Un collega mi ha importunata più volte e sono terrorizzata ormai da mesi che lo faccia ancora! Si tratta del direttore dell’azienda, mica di uno qualsiasi.

Margherita: davvero? Quand’è così ti capisco e credo che tu faccia bene a cercare un altro lavoro.

Quindi “quand’è così“, cioè “se le cose stanno così“, non c’è una scelta migliore di quella che hai detto. L’unica possibilità è cambiare lavoro.

C’è una certa flessibilità nell’uso di questa locuzione. Non abbiate paura di usarla soprattutto all’orale. Meglio ancora però se si parla di circostanze particolari. Comunque provate a usarla anche se non siete sicuri. Quand’è così ogni tanto si sbaglia, ma sicuramente più la userete e meglio sarà.

Adesso vediamo un bel ripasso:

Marcelo: oggi mi sono alzato di buona lena e così ho in programma molte cose da fare. Prima di tutto farò una passeggiata insieme al cane di mia figlia….prenderò anche un sacchetto di plastica, e lo utilizzerò all’uopo!

Ulrike: Ciao presidente. Ascolta, veramente sto lì lì per uscire; giusto il tempo di mettermi in ghingheri, ma non sarà sufficiente anche per un ripassino. Prenditi quello di Marcelo.

_ _ _ _ _

Gli esercizi per questo episodio sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (LOGIN)

Se non sei membro puoi registrarti qui

richiesta adesione

833 Assumere e prendere una posizione

Assumere e prendere una posizione

(scarica audio)

Trascrizione

Oggi parliamo della posizione.

Nello scorso episodio si è parlato di posizione obliqua, ricordate? L’inclinazione infatti, questo era l’oggetto dell’episodio, riguarda, tra le altre cose, anche la posizione non allineata rispetto ad un asse, quindi si tratta di una posizione obliqua.

Oggi parliamo sempre di posizione, perché proprio come avviene per l’inclinazione, non riguarda solo gli oggetti.

La posizione, in senso materiale, riguarda la collocazione nello spazio di un oggetto o anche una persona.

Io adesso sono seduto, quindi sono in posizione seduta.

Anche chi sta in piedi ha assunto una posizione, diversa dalla mia.

Quando una persona si sdraia a terra, si trova in posizione sdraiata, mentre se una persona dorme a pancia in su, ha una posizione supina, eccetera eccetera.

L’Italia in quale posizione si trova rispetto alla Francia? Potrei rispondere che sta più a sud.

Certo, l’Italia si trova a sud della Francia, ma non ha assunto questa posizione, perché c’è sempre stata in quella posizione, e l’Italia non può decidere di cambiarla.

Se usiamo assumere c’è anche una volontà o un cambiamento di posizione.

Mi mandi la posizione?

Questa domanda ormai, con l’affermazione di WhatsApp e dei social network in generale è sempre sulla bocca di tutti.

Se non parliamo di spazio e di collocazione, si parla ugualmente di posizione se intendiamo riferirsi alla condizione, alla situazione di una persona in certi contesti.

Ad esempio esiste la posizione giuridica, un concetto un po’ complicato per un non madrelingua, perché si tratta della posizione in cui si trova la persona a favore del quale matura un diritto soggettivo.

Poi in ambito commerciale esiste anche la la posizione di un cliente, cioè la sua situazione di dare e avere nei confronti di una banca o di una ditta fornitrice. Anche questa non facile.

In auto ci sono poi le luci di posizione, che si accendono sia davanti che dietro ogni automobile.

Nello sport invece, parlando di classifica, la posizione in classifica è il posto, la situazione, in cui si trova un atleta (o una squadra) durante lo svolgimento di una gara (o di un campionato).
La Roma è prima in classifica? Allora la Roma occupa la prima posizione in classifica. Possiamo usare anche assumere se c’è un cambiamento.

La Roma assume la prima posizione dopo 10 vittorie di fila.

A me interessa però parlarvi anche di un altro tipo di posizione, che non ha niente a che fare con lo spazio e le classifiche.

Parliamo invece di opinioni.

Una posizione è anche una opinione motivata o sostenuta da una radicata, una forte convinzione.

Quando una persona assume una posizione, in qusto caso non si intende sedersi o alzarsi o sdraiarsi, ma si intende esprimere con convinzione una opinione.

Quando si esprime un pensiero, quando si esprime una preferenza, un’idea, soprattutto quando si deve fare una scelta, ebbene in questi casi si può decidere di “prendere/assumere una posizione”.

Si dice così quando la nostra scelta è netta, chiara e convinta. Questo accade normalmente quando si assume una posizione.

Dico normalmente perché quando si va a votare, ad esempio, bisogna esprimere una preferenza o se vogliamo, bisogna assumere/prendere una posizione.

Chi non prende mai una posizione, lo sappiamo ormai, possiamo chiamarla agnostica.

Che questa posizione assunta sia una posizione convinta però è quello che accade normalmente.

Si può usare come detto anche il verbo prendere dunque “prendere una posizione” o più semplicemente “prendere posizione” è molto simile a assumere una posizione.

Anzi vi dirò che usare il verbo prendere non adito a dubbi sul significato, mentre assumere come detto potrebbe far pensare ad una posizione fisica.

Ma quando è più opportuno usare prendere posizione e assumere una posizione?

Generalmente la prima si preferisce in contesti abbastanza importanti, dove si fa una “scelta di campo”, cioè si decide da che parte stare tra due o più parti.

Es:

Vedo dalle notizie che un dirigente della Disney ha preso posizione contro una legge che impedisce di parlare di LGBT fino alla terza elementare.

Questo esempio ci fa capire come spesso le “prese di posizione” sono notizie che finiscono sui giornali, e questo a conferma dell’importanza e delle conseguenze che ne derivano.

Noi tutti in Italia ad esempio ci auguriamo che alcuni politici prendano finalmente una posizione chiara contro il fascismo.

Se usiamo il verbo assumere a volte va bene lo stesso, ma in realtà l’uso prevalente è un po’ diverso perché mentre prendere posizione si usa in caso di scelte importanti, come si è visto, assumere una posizione può avere anche altri significati.

Infatti il verbo assumere può anche essere usato nel senso di “fare proprio, prendere per sé”.

Pensiamo alle frasi “assumere un tono” , “assumere il comando” , “assumere un colore” , “assumere un contegno” , “assumere una posa” , “assumere un certo atteggiamento”.

Allora assumere una posizione indica che si fa propria una posizione, che sia fisica, che si tratti di una opinione espressa, ma può anche trattarsi di fare propria una posizione nel senso di importanza.

Allora si può dire:

Durante la riunione aziendale cercherò di assumere una posizione di rilievo in modo da influenzare le scelte aziendali.

Dunque se voglio assumere una posizione importante (di rilievo) voglio che la mia opinione sia considerata più di quello degli altri.

Oppure, con altri significati:

Per dormire bene dobbiamo assumere la giusta posizione a letto.

In questo caso si parla della posizione del corpo.

Oppure:

Il presidente chiede al consiglio di amministrazione di assumere una posizione chiara e coerente con l’ultima deliberazione.

In questo caso invece parliamo di un orientamento, di una opinione che abbia certe caratteristiche, che sia chiara e coerente.

Vedete che quando si tratta di opinioni, se usiamo assumere, non è detto si tratti di scegliere tra varie alternative in modo così netto come “prendere posizione”, che praticamente equivale a “scegliere da che parte stare“.

Adesso un breve ripasso degli episodi precedenti e per i membri l’esercizio per mettersi alla prova su questo episodio.

Irina: interessante il verbo assumere di cui hai parlato, ma ho visto che ha tanti usi diversi: come la vedete se mettiamo in agenda un episodio?

Estelle: bell’idea, e se Giovanni è d’accordo non ci resta che aspettare l’episodio.

Sofie: riuscirà a giostrarsela con così tanti significati? Ne ho visti qualcosa come una dozzina.

Marcelo: vedrai che nel giro di una settimana saremo accontentati.

Esercizi

10 domande per mettervi alla prova sull’episodio. Seguono le risposte.

Disponibili ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

I file PDF si trovano nella cartella di Google Drive degli episodi 801-900

ISCRIVITIENTRA

richiesta adesione iscrizione associazione

826 Propendere

Propendere (scarica audio)

Trascrizione

Parliamo di scelte e decisioni.

Parliamo anche di opinioni.

Quando dobbiamo prendere una decisione, spesso usiamo il verbo propendere.

Cosa? Non l’avete mai usato?

Fino ad oggi no, capisco, ma lo farete in futuro!

Se usiamo questo verbo non esprimiamo un’opinione netta, decisa, ma è come se avessimo fatto una valutazione, una riflessione, e alla fine decidiamo qual è il nostro pensiero su una questione.

Più precisamente, vogliamo dire che siamo favorevoli a una soluzione o una decisione.

Che facciamo, proviamo a uscire anche se forse potrebbe piovere? Rischiamo?

Io propendo per il si, e voi?

Io propendo per aspettare un po’ e vediamo come si mette il tempo!

Propendere per il si o per il no si usano spessissimo.

In generale usiamo la preposizione per seguita da un verbo all’infinito:

Io propendo per provare, per aspettare eccetera.

Non è detto ci sia un verbo però.

Es:

Che facciamo, la guerra oppure trattiamo?

Io propendo per un compromesso.

Io propendo per trattare

Io propendo per la guerra

Usare questo verbo dunque è un modo per esprimere un’opinione pensata, su cui si è riflettuto e sulla quale si sono fatto le dovute riflessioni.

Ha senso usarlo quando c’è una alternativa.

Non posso dire ad esempio:

Oggi propendo per leggere un libro.

Questa è solamente una decisione.

Invece ha senso dire:

Ho un bel libro da leggere, oppure potrei fare una passeggiata col mio amico Marcelo.

Io propendo per la passeggiata!

Dunque, si usa nei casi in cui vi sia dubbio o necessità di scelta.

Non si usa sempre la preposizione per:

Giovanni ha detto che nelle sue spiegazioni non parla mai di grammatica:

Io propenderei a credergli, e voi?

Come facciamo a scegliere la preposizione da usare?

Si usa la preposizione “a” quando il senso è più vicino a essere incline, essere disposto. L’alternativa è meno marcata, meno netta, non esattamente definita. Sto dicendo che sono disposto a fare qualcosa.

Es: se c’è un problema e credo che si sistemerà. Posso dire:

Propendo a credere che tutto si sistemerà.

È simile a “penso che“. In questi casi si usa anche “essere propenso”:

Sono propenso a credere che si troverà una soluzione.

Con questa forma “sono propenso” (propensa al femminile) si usa sempre “a” seguita dal verbo all’infinito.

Vedete che c’è un pensiero, spesso una speranza, ma anche una riflessione.

Pensiamo un attimo alla radice del verbo propendere:

Propendere è simile a “pendere“, quindi possiamo considerare, come immagine un piano inclinato. E se mettiamo una pallina su un piano inclinato la pallina va in una direzione precisa: va in discesa. Fate conto che quella pallina è il vostro pensiero: va in una certa direzione. Tende ad andare in quella direzione.

Si usa anche una forma più formale: essere incline a, molto simile a essere propenso a:

Sono incline a credere che la crisi non terminerà a breve.

L’inclinazione è però un concetto più complesso. Lo vediamo in uno dei prossimi episodi di due minuti con Italiano Semplicemente. Con l’occasione parleremo anche della cosiddetta propensione.

Concludo dicendo che per esprimere lo stesso concetto del verbo propendere si può anche semplicemente usare la forma condizionale:

Mare o montagna quest’anno?

Propendo per la montagna

Oppure:

Io andrei in montagna

Io sceglierei la montagna.

Quindi io propendo per fare diventa io farei. Io sono propenso a mangiare può diventare io mangerei eccetera.

Adesso il ripasso del giorno.

Ricordatevi che la caratteristica degli episodi di questa rubrica, la caratteristica che contraddistingue questa rubrica dalle altre è proprio la presenza dei ripassi, che servono a rispolverare ciò che abbiamo già spiegato e questo lo facciamo per non dimenticare.

Un metodo unico che non trovate in nessun altro sito.

Dimenticavo che dopo il ripasso i membri possono fare anche un l’esercizio che consiste nel rispondere a 10 domande.

Marcelo: dopo due mesi e passa che giro in Italia, devo ammettere che mi manca un po’ la mia casa. Tra l’altro ho lasciato svariate cosette in sospeso.

Mariana: Ciao Marcelo, già scalpiti per il ritorno a casa? Di questo giro per il bel paese non ne puoi piú? Mi vedo costretta a dirti che stai provando il rovescio della medaglia.

Irina: Arriva sempre il momento in cui il corpo inizia a pagare lo scotto, e non te la senti di fare altro.
In pratica te ne freghi di tutto il resto e al contempo ti verranno in mente un sacco di posti che non hai visitato ma ormai la frittata è fatta e ti sei reso conto che è arrivato il momento del rientro!

Ulrike: Voglio farti una domanda: è plausibile un altro viaggio simile a questo in futuro?

Per i membri: gli esercizi sono salvati nella cartella di Google drive

Iscriviti per accedere

793 Piuttosto o abbastanza?

Piuttosto o abbastanza?

(scarica audio)

Trascrizione

Domanda del giorno: piuttosto e abbastanza hanno lo stesso significato?

Gianni: O meglio: piuttosto che usare abbastanza, posso anche usare piuttosto?

In generale la risposta è no, ma la domanda non è peregrina perché ci sono dei casi in cui usare abbastanza e piuttosto è “quasi” la stessa cosa. Questo accade quando ad esempio dico:

Oggi fa abbastanza caldo

È piuttosto strano

È stata una giornata abbastanza difficile

Due termini dal significato piuttosto diverso

Ho messo “quasi” tra virgolette perché se all’orale, nel linguaggio colloquiale, non ci si fa troppo caso a volte, in realtà qualche differenza c’è tra abbastanza e piuttosto.

Prima di tutto “abbastanza” viene da “bastare” che significa essere sufficiente per raggiungere un certo fine. Infatti molto spesso questo fine viene specificato:

Oggi fa abbastanza caldo per uscire senza giacca.

Non ho abbastanza soldi per comprarmi una macchina.

Per oggi ho lavorato abbastanza.

Il compito è andato abbastanza bene

Quindi può indicare una quantità sufficiente o un livello, un’intensità sufficiente.

Piuttosto” invece deriva da “più” ed è per questo che a volte possono somigliarsi quando parliamo di quantità o livelli.

Bisogna però iniziare a distinguere.

Se posso dire sia che il compito è andato abbastanza bene che piuttosto bene, normalmente non si dice ad esempio:

Il compito è andato abbastanza male.

In questo caso si preferisce usare “piuttosto”:

Il compito è andato piuttosto male.

Questo perché l’obiettivo è che il compito vada bene e non male.

Come stai? Ti trovo piuttosto bene!

Sì, sto abbastanza bene grazie.

Sì, sto piuttosto bene.

Se proprio devo trovare una differenza, dico che abbastanza sottolinea il minimo sufficiente per sentirsi soddisfatti, mentre piuttosto è maggiormente ottimistico.

Tuttavia “piuttosto” si usa anche proprio per indicare una forma di cautela, la volontà di non esagerare nella valutazione.

Se dico che il compito è andato piuttosto bene, evidentemente non è andato benissimo. Sempre meglio che “abbastanza bene” comunque.

C’è un proverbio in merito: “piuttosto è meglio che niente” cioè bisogna sapersi accontentare.

Se voglio indicare un livello alto anche se non altissimo, sempre meglio usare piuttosto:

Sono piuttosto portato per l’informatica

Sono piuttosto sicuro che la Roma stasera vincerà

Una seconda differenza tra abbastanza e piuttosto è che abbastanza si può usare anche come singola affermazione; di solito una risposta ad una domanda:

Ti senti bene oggi?

Risposta: abbastanza!

Non posso usare “piuttosto” in questo caso. Per lo stesso motivo, con le frasi negative si usa quasi sempre “abbastanza” e non “piuttosto”, perché si sottolinea un livello non raggiunto:

Non ho dormito abbastanza bene

Non sei abbastanza simpatico per farmi ridere

Più in generale poi è molto difficile che “piuttosto” si trovi alla fine di una frase. Cosa normale per “abbastanza”.

Per comprare questa macchina non ho soldi abbastanza.

Quando la fortuna non è abbastanza.

Non ho dormito abbastanza

Hai studiato ma non abbastanza

Di soldi ne ho abbastanza

Come avverbio possono essere entrambi simili a “parecchio” ma come detto è meno rispetto a “molto” e “assai

Sono piuttosto stanco. Devo fare una pausa caffè.

Naturalmente, in questi casi, “piuttosto” diventa più adatto rispetto ad “abbastanza” quando non parliamo di qualcosa di “sufficiente” (che basta) per ottenere un fine: una quantità, un numero o un livello, una intensità.
Il tempo è piuttosto peggiorato. Conviene rientrare.
Sto piuttosto male oggi, meglio che resti a casa.

L’obiettivo non è che peggiori il tempo. Sarebbe del tutto normale invece usare “abbastanza” se il tempo migliora o se sono migliorato in salute:

Il tempo è migliorato abbastanza. Possiamo uscire senza ombrello!

Sto abbastanza bene oggi.

Dicevo che nelle frasi negative non si usa in genere “piuttosto”. Se questo avviene, piuttosto ha spesso un altro significato. Infatti si può usare anche per fare confronti, esprimendo una preferenza. In questi casi si usano le preposizioni “di” e “che”. C’è una certa somiglianza con anziché e invece.

Piuttosto di rivedere la mia ex-moglie, mi trasferisco in Brasile!

Piuttosto che criticarmi, perché non mi aiuti?

Sono più portato alla matematica piuttosto che alle materie umanistiche.

Pasta? No grazie, vorrei piuttosto del riso.

Io sarei pigro? Non sei piuttosto tu che mi stai chiedendo troppo?

Vorrei capire se sono io a non capire, e se non è piuttosto o il professore che si spieghi male.

Questi ultimi due sono esempi di frase negativa di cui vi parlavo. Sto facendo un confronto. Questo “piuttosto” in questo caso somiglia a “invece di” e anche a “casomai“.

Veramente c’è anche un altro caso in cui si può fare:

Molte persone non si rendono conto del loro peggioramento dello stato di salute fino a quando non è piuttosto grave.

Questo però è un caso di non pleonastico. Ricordate il “non” pleonastico?

Qualche volta comunque anche piuttosto si usa con le frasi negative in modo analogo a abbastanza.

Se non sei piuttosto esperto, non ti prenderanno a lavorare qui.

Non è piuttosto curioso che a 40 anni Maria non sia ancora mai stata neanche fidanzata?

Dato che non è piuttosto semplice, meglio affidarsi a chi ne sa più di me.

Riguardo al fatto di terminare una frase con la parola piuttosto, possiamo farlo, ma il senso è simile a invece:

Non ho fatto il mio dovere? Tu piuttosto! (anche qui siamo vicini a “casomai“)

Anche qui si fa un confronto e questo è un modo abbreviato ma molto efficace per rimarcare qualcosa. C’è una contrapposizione in questi casi.

Come a dire:

Sei tu che non hai fatto il tuo lavoro, non io.

altro esempio:

Non sono io che ho sbagliato, piuttosto lui! (piuttosto è stato lui!)

All’inizio vi ho fatto l’esempio:

Piuttosto che criticarmi, perché non mi aiuti?

Questa frase può anche essere scritta così:

Basta con le critiche. Perché non mi aiuti piuttosto?

Piuttosto si usa anche nella locuzione “piuttosto che” ma non solo nel modo in cui lo abbiamo fatto finora, quando facciamo un confronto.

Parlo invece di un modo poco apprezzato ma molto diffuso di “piuttosto che” che significa “oppure“. Sicuramente però questo è un errore.

Ne abbiamo già parlato in un episodio passato in cui abbiamo confrontato invece e piuttosto. Vi invito a dare un’occhiata all’episodio in questione. Vi troverete molti esempi e questo vi chiarirà ancor di più le idee.

Poi come al solito, ci sono alcune espressioni e locuzioni cristallizzate che, anche potendo, non potremmo cambiare, come “ne ho abbastanza“.

Adesso se non siete abbastanza stanchi, vi propongo un ripasso piuttosto breve.

Marcelo: Non riesco più’ a tenere a bada la voglia di viaggiare oltreoceano. Tanto il covid è agli sgoccioli vero?

Peggy: Sali in soffitta allora a rispolverare le valigie. E poi andiamo online per dare una sbirciatina al nostro conto corrente. Prima che perdiamo tempo a pianificare un viaggio dovremmo assicurarci di non essere a corto dei fondi necessari per un po’ di svago.

Edita: Certo! se i fondi non ci sono, questa conversazione lascia il tempo che trova

Convenire – VERBI PROFESSIONALI (n. 80)

Convenire

Descrizione: iIl primo significato che mi viene in mente è quello della convenienza economica.

Durata: 22:34

Video Youtube

La trascrizione completa e il file audio dell’episodio sono disponibili per i membri dell’Associazione Italiano Semplicemente.

ISCRIVITIENTRA

783 Delle due l’una/una

Delle due l’una/una (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Delle due l’una: un’espressione che si usa in genere per far chiarezza. In particolare per far notare l’impossibilità che due cose avvengano contemporaneamente oppure che non ci sono che due alternative e nessun’altra possibilità. In realtà la frase corretta sarebbe “delle due una”, ma si sente più spesso la versione con l’apostrofo, tecnicamente scorretta però.

Ad ogni modo, l’espressione è equivalente a:

delle due cose ne devi scegliere una

oppure:

delle due cose solamente una delle due è possibile.

Oppure:

Non ci sono vie di mezzo

Si usa quasi sempre con le congiunzioni o e oppure.

Vediamo qualche esempio:

Non si può restare neutrali di fronte ad una guerra. Delle due l’una: o scegliamo di stare da una parte oppure dall’altra.

Dunque si sottolinea una alternativa obbligatoria e si esclude che ci siano altre possibilità.

Bisogna scegliere.

Ho letto una statistica secondo cui una persona su dieci crede che la terra sia piatta. Io dico che delle due l’una: o questa statistica è completamente sbagliata oppure che c’è una pandemia di stupidità.

Quindi solamente una delle due cose è possibile.

Se il dato è esatto allora siamo di fronte ad una pandemia di stupidità, oppure siamo tutte persone più o meno intelligenti e il dato è sbagliato.

È senza dubbio una frase che si usa quando si vuole fare chiarezza e con la quale si afferma una doppia possibilità, due cose alternative, senza via d’uscita.

Tante volte però si usa in frasi cosiddette ad effetto, quando non ci sarebbe bisogno di questa espressione, e però si vuole in questo modo attirare l’attenzione, rischiando, è importante dirlo, di apparire un tantino saccenti, presuntuosi.

Se ad esempio sto facendo una discussione con una persona, se dico:

Delle due l’una: o non sei abbastanza intelligente oppure non hai studiato abbastanza.

Questo è molto irritante, fastidioso, perché si sta dicendo che la persona con cui si parla è un ignorante oppure, in alternativa uno stupido. Non ci sono altre possibilità. Una forma di ironia fastidiosa senza dubbio.

Naturalmente in questi casi si vuole apparire saccenti e irritanti, facendo innervosire l’interlocutore.

In questo caso specifico, tra l’altro, non si vuole evidenziare l’impossibilità che entrambe le cose siano vere, ma solo insultare una persona attraverso una doppia alternativa che purtroppo è sempre negativa per la persona a cui si rivolge.

Notate che si usa sempre e solamente in questo modo: al femminile.

“Delle due” sta per “delle due cose”, (“cosa” è femminile) quindi “l’una” rappresenta una delle due cose. Quindi. è ancora femminile:

di queste due cose, solamente una è vera.

Se invece non voglio apparire saccente, presuntuoso, il mio deve essere solamente un chiarimento.

Es:

Vuoi venire a Tirana a vedere la finale di Conference league ma non hai il biglietto? Scusa, ma delle due l’una: o trovi un biglietto prima di partire oppure è inutile che tu vada a Tirana.

Adesso ripassiamo:

Peggy: Notate che l’una va scritto con l’apostrofo, proprio come l’ora. Es: Che ore sono? È l’una in punto. Ma forse è meglio che di questo ne parliamo in un episodio a sé stante.

Estelle: Infatti, perché delle due l’una: o facciamo episodi brevi, e allora il nome della rubrica descrive bene le prerogative degli episodi, oppure li facciamo più lunghi e cambiamo il nome alla rubrica.

Marcelo: ma si sa che Giovanni non brilla per puntualità. E precisione. Resta pur sempre un italiano. Ciò non toglie che gli episodi abbiano comunque il loro perché. Ci mancherebbe!

Rauno: non per contraddirti Peggy, ma per inciso, si trova spesso scritto anche senza apostrofo: Delle due una. Mi dirai che Treccani non ne parla. Questo è vero, ma nessun italiano va a controllare dopo che lo hai detto.

476 Giocoforza

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

 

Giocoforza (scarica audio)

Episodio 476 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

La caratteristica che rende la rubrica, unica nel suo genere, è la presenza, alla fine di ogni episodio, di un ripasso degli episodi passati. In questo modo, è giocoforza impossibile dimenticare.

Proprio “giocoforza” è l’argomento della puntata di oggi.

Significa inevitabilmente, necessariamente, obbligatoriamente.

Ma perché dovremmo usare giocoforza se non l’abbiamo mai fatto finora?

Se non volete usarlo, sempre meglio conoscerne almeno il significato e l’uso, altrimenti vi spiego anche come si usa. Notiamo che compare la “forza“.

Nel linguaggio colloquiale, quando qualcosa è obbligatorio o quando è inevitabile spesso si usa la locuzione “per forza“. Si usa soprattutto quando non si ha voglia, quando un’azione non è spontanea o volontaria, ma bisogna farla per forza, obbligatoriamente.

Devo studiare per forza oggi? Proprio non ne ho voglia!

Andiamo a trovare Giovanni?

Risposta: No, non ne ho voglia!

Devi venire per forza. Non puoi non venire.

Ebbene, giocoforza è simile ma meno informale, meno legato alle emozioni personali.

Si usa quando non si può fare a meno di fare qualcosa, quando un’azione è inevitabile, quando non c’è altra strada. Quindi obbligatorio ma solo in questo senso, non un obbligo imposto da una persona, da un dovere o da una regola da seguire.

In questi casi si può anche usare l’espressione “per forza di cose“, anch’essa più informale rispetto a giocoforza e forse anche più utilizzata.

Es: la pandemia ha comportato giocoforza misure restrittive.

Quindi: Per forza di cose si sono dovuti prendere dei provvedimenti. Non c’era un’altra strada.

Le circostanze hanno imposto delle decisioni, altrimenti le conseguenze sarebbero state ancora peggiori. Non si poteva evitare di prendere provvedimenti. E’ stata una scelta obbligata. Potrei anche dire che “è stato inevitabile prendere provvedimenti”.

L’esempio che ho fatto è il più semplice possibile.

Molto spesso però si usa insieme al verbo essere nella locuzione: “essere giocoforza“.

La presenza di “gioco“, dà quasi l’idea di una strategia di gioco. Questo rende il termine non troppo colloquiale. Comunque possiamo usarlo per qualunque tipo di discorso, anche in senso ironico:

Quando i miei figli si picchiano è giocoforza intervenire.

In questa frase posso anche non usare la locuzione col verbo essere:

Quando i miei figli si picchiano devo giocoforza intervenire.

Quando i miei figli si picchiano, giocoforza è necessario un mio intervento.

Comunque la maggioranza delle volte si usa col verbo essere. Vediamo altri esempi:

Appena ho scoperto la rubrica due minuti con Italiano Semplicemente, era la puntata 476. A quel punto fu giocoforza iniziare dal primo episodio.

Gli attaccanti titolari sono tutti infortunati. È giocoforza chiamare un ragazzo dalla squadra primavera.

Anche se oggi sono povero, il mio futuro non è giocoforza segnato.

Di fronte alla violenza è giocoforza cedere

Se domani piove, è giocoforza restare a casa

Se ci pensate, la questione è simile a quella dell’episodio scorso, dove si è parlato del verbo andare usato per esprimere il senso di dovere, o obbligo in modo impersonale.

Non è un caso che ho voluto affrontare subito il termine giocoforza.

Ad esempio le frasi:

I compiti vanno fatti subito!

Questo lavoro va finito entro domani!

Si parla sempre di necessità, di dovere, di bisogno, spesso di regole da rispettare o di doveri appunto. Obblighi in questo senso. Non si tratta di scelte inevitabili, di qualcosa di obbligatorio e ineluttabile.

Nel caso di giocoforza invece, come ho detto anche all’inizio dell’episodio, non ci sono alternative, non ci sono altre scelte. Un obbligo in questo senso. Inoltre quest’obbligo è sempre la conseguenza di una causa, qualcosa che ci obbliga, qualcosa che rende necessaria o obbligatoria un’azione.

Vediamo un esempio per chiarire maggiormente la differenza:

Va fatta attenzione quando si guida la macchina con la neve.

Se nevica tantissimo è giocoforza mettere le catene alle ruote.

Irina: adesso è giocoforza ripassare, sennò dimentichiamo, giusto? Però finora non mi ero mai imbattuta in questo termine.

Lejla: Adesso che la conosciamo però, non è solo appannaggio dei madrelingua!

Hartmut: però bisogna anche imparare ad usare questa nuova parola. E qui ti voglio!

Ulrike: è vero. Ma verrà il giorno che non avremo altra scelta. Allora faremo di necessità virtù.

201 – ESSERE PER – 2 minuti con Italiano semplicemente

Audio

Emanuele: due minuti con italiano semplicemente, episodio 201.

Giovanni: Ok, grazie Emanuele, abbiamo appena terminato i primi duecento episodi della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente, ma io sarei per continuare? E tu?

Emanuele: Anche io sono per continuare papà!

Giovanni: ok, allora oggi in questo episodio n. 201 spieghiamo un metodo veloce ed informale per esprimere un’opinione. L’ho già utilizzato io ed anche Emanuele: “essere per“:

Io sarei per continuare

Al presente diventa “io sono per continuare”, come ha detto Emanuele.

Io ho preferito usare il condizionale perché spesso si fa così con le opinioni, si usa la forma condizionale per cortesia, per non dare l’impressione che sia un’ordine.

Semplice vero?

“io sono per” e poi aggiungete un verbo all’infinito.

Posso usare qualsiasi modo verbale ovviamente, dipende da ciò che si vuole dire, e di solito si usa quando si presenta una scelta tra più opzioni.

Io tra andare a scuola e andare al mare sono per andare al mare.Tu per cosa sei?

Io sarei per il mare

Posso fare anche così, senza ripetere il verbo, tanto è scontato.

A volte il condizionale ha un senso diverso dalla cortesia:

Io sarei per il mare, se mia madre fosse d’accordo 🙂

Io tra il cibo italiano e quello inglese sono per quello inglese

Anche io lo ero, poi ho assaggiato le fettuccine al ragù!

Altro esempio?

La riunione era noiosa, e noi eravamo per andarcene, ma il nostro dirigente ce lo ha impedito.

Un altro esempio:

Io tra la democrazia e la monarchia, sono per la repubblica!

Educazione dei figli:

io sono per l’educazione severa.

Io invece sono decisamente per un rapporto amichevole tra genitori e figli.

E tu per cosa sei?

Attenzione perché “essere per”, quindi “io sono per”, “io ero per”, eccetera (anche con tu, lui, noi eccetera) si usano spesso anche per indicare un’azione imminente, che sta per avvenire, ed anche per indicare la presenza in un luogo “per” fare un’attività:

Ero per uscire, quando sono inciampato! (azione imminente: “stavo per” uscire e sono inciampato)

Anche prima ho detto:

La riunione era noiosa, e noi eravamo per andarcene, ma il nostro dirigente ce lo ha impedito.

Qui il significato potrebbe anche essere: “stavamo per andarcene”, quando il nostro dirigente ce lo ha impedito.

Qualche anno fa ero per turismo a Roma (mi trovavo a Roma per motivi turistici)

Quindi non è un’azione imminente, non è un’opinione, ma è per indicare la presenza in un luogo per fare qualcosa: ecco perché si dice “per”:

Ero per turismo a Roma

Ero per affari a Torino

eccetera. Quindi tre modi di usare “essere per

Ora ripassiamo alcune espressioni passate:

Andrè (Brasile): Tutti sanno che la città di São Paulo in Brasile e la pioggia sono un binomio inscindibile! comunque, siamo alle solite, da anni la misura è colma, la storia si ripete, il caos è assoluto in praticamente tutta la città! Si dà il caso che sia piovuto, solo altro ieri , il 50 % delle previsioni per l’intero mese di Febbraio ma non vedo come le pubbliche autorità non se ne capacitino! Coraggio amici che vivete a São Paulo! Armatevi di pazienza e andate avanti!

.- – –

L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

COPERTINA frasi idiomnatiche 2