49 – La chiusura infrasettimanale – ITALIANO COMMERCIALE

La chiusura infrasettimanale (scarica audio)

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Trascrizione

Oggi, per la rubrica di Italiano Commerciale, ci occupiamo della chiusura infrasettimanale.

Come sapete la chiusura di un negozio è esattamente l’opposto dell’apertura.

Un negozio infatti ci sono giorni in cui è chiuso e altri in cui è aperto. Oggi non ci sono più limitazioni normative riguardo ai giorni in cui un esercito commerciale deve essere aperto o chiuso.

Molti esercizi commerciali chiudono un giorno alla settimana, altri non chiudono praticamente mai, qualcun altro chiude solamente una o due settimane nel periodo estivo.

Non c’è dunque una regola da rispettare da questo punto di vista.

I negozianti sono liberi di alzare e di abbassare la saracinesca nei giorni che ritengono opportuno. Domenica e feste a parte.

In altre parole, i giorni in cui alzare e abbassare la saracinesca sono facoltà del negoziante.

Alzare e abbassare la saracinesca (o serranda), è la modalità che spesso si usa per indicare l’apertura e la chiusura di un negozio.

Saracinesca e serranda sono i termini che si utilizzano, a scelta, per indicare quel serramento metallico di sicurezza usato per chiudere i negozi. Prima si chiude la porta e poi si abbassa la saracinesca.

Le saracinesche oltre che chiudere, impediscono completamente la vista, quindi è una duplice forma di sicurezza perché limitano le tentazioni.

Ad ogni modo, il titolo dell’episodio di oggi è la chiusura infrasettimanale.

Una chiusura infrasettimanale è una chiusura che riguarda uno o più giorni intermedi della settimana.

Non parliamo quindi della domenica, ma solo dei giorni dal lunedì al sabato.
Infrasettimanale è un aggettivo che si può usare anche per altre cose, non solo per la chiusura.

Anche una festività, cioè un giorno di festa, può essere infrasettimanale.

Se dunque una festa cade (cioè capita), o si attua entro la settimana lavorativa, cioè in uno dei giorni dal lunedì al sabato, possiamo chiamarla una festività infrasettimanale.

Anche una vacanza può essere infrasettimanale. Basta partire e tornare dal lunedì al sabato all’interno della stessa settimana.

Spesso poi gli esercizi commerciali usano, in alternativa a “chiusura infrasettimanale”, “riposo infrasettimanale”.

Perché si usa questo prefisso infra?

Infra significa “in mezzo”. Simile quindi a tra e fra.

Ci sono altre parole che ci ricordano questo.

Pensiamo agli infradito.

Gli infradito sono un tipo di calzatura estiva in cui c’è una striscia passante tra l’alluce e il secondo dito. Quindi c’è una striscia che passa tra due dita, quindi “in mezzo”.

Tornando alla chiusura di un esercizio commerciale, questa può essere infrasettimanale se avviene dal lunedì al sabato, oppure si chiama chiusura festiva, ma la chiusura festiva, che avviene di domenica e nei giorni di festa, è in generale obbligatoria, a parte pochissime eccezioni.

Allora ricapitoliamo.

Abbiamo parlato della chiusura e dell’apertura degli esercizi commerciali, e abbiamo detto che quando la chiusura avviene nei giorni dal lunedì al sabato, si chiama infrasettimanale.

Abbiamo parlato della saracinesca (o serranda) che si alza e si abbassa rispettivamente al momento dell’apertura e della chiusura.

Poi si è detto del prefisso “infra” che sta per “in mezzo”.

Infine abbiamo visto l’uso del verbo cadere per indicare che un giorno di festa capita in un determinato giorno.

Un verbo che si usa spesso anche in altre occasioni:

Quest’anno il giorno si Natale cade di lunedì, mentre lo scorso anno è caduto di domenica. Si parla sempre di date o feste periodiche. Molto simile a capitare, come ad indicare che è merito del caso.
Simile anche al verbo ricorrere. Il prefisso ri, d’altronde, ci ricorda la ricorrenza, cioè la periodicità dell’evento.

Avrete notato che si usa la preposizione di (con i giorni) oppure in (con i mesi le possiamo usare entrambe). Ad esempio:

Quest’anno Pasqua cade di (o in) aprile.

È tutto per oggi.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

815 la breccia

La breccia

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Trascrizione

Giovanni: avete presente la breccia di Porta Pia a Roma?

Si tratta della cosiddetta “presa di Roma“, un evento storico importantissimo avvenuto nel 1870 con cui è avvenuta l’annessione di Roma al Regno d’Italia. Con la breccia di Porta Pia si ebbe quindi la fine dello Stato Pontificio e fu un momento di profonda rivoluzione per il potere dei papi.

Ma cos’è la breccia? Perché si chiama proprio breccia di Porta Pia?

Porta Pia è una delle ultime opere di Michelangelo Buonarroti.

È una delle porte delle mura aureliane di Roma.

Il venti settembre 1870 ci fu un combattimento tra le truppe del Regno d’Italia e quelle dello Stato Pontificio. Furono esplosi molti colpi di cannone da parte italiana col tentativo di aprire un varco, un’apertura, una breccia, appunto, da cui passare per portare a termine la missione della presa di Roma.

Bisognava prendersi Roma. Per farlo occorreva aprire una breccia nelle mura.

Alla fine accadde proprio questo, infatti a circa 30 metri sulla sinistra di Porta Pia si apri una breccia da cui passarono le truppe.

Il termine breccia ha esattamente il significato di una apertura praticata mediante strumenti bellici (cioè armi) in un recinto difensivo.

Questo termine si usa però anche al di fuori dell’ambito militare. Altrimenti non avrei fatto un episodio dedicato alla breccia.

In particolare esiste l’espressione “far breccia“, cioè fare breccia. Il senso figurato indica riuscire a colpire, riuscire a entrare, ma si intende colpire intimamente, quindi impressionare. Molto simile a “fare colpo” su qualcosa.

Sono riuscito a far breccia nel cuore di Maria

È una modalità direi più poetica per dire che sono riuscito a far colpo su Maria, ad aprire un passaggio per arrivare al suo cuore.

Questa è la breccia di cui si parla: l’apertura che mi permette di arrivare al suo cuore, ai suoi sentimenti.

Si può usare anche in modo più ampio, anche al di fuori dell’ambito sentimentale, nel senso di suscitare una certa impressione, destare interesse.

In questo senso “fare colpo” è comunque l’espressione più usata.

La mia macchina fa sempre colpo sulle ragazze

Far breccia meglio usarlo quando vogliamo indicare un certo sforzo nel raggiungere un contatto generalmente emotivo, per raggiungere un obiettivo.

Es: i costruttori su macchine cinesi prestano grande attenzione al design e alla qualità per far breccia nelle scelte dei consumatori europei.

C’è quindi questa necessità di aprirsi un varco per infrangere la resistenza opposta da qualcuno. Bisogna, in questo caso convincere i consumatori europei, cosa non facile.

C’è sempre una certa resistenza opposta che si vuole vincere.

Un cantante con un pubblico anziano potrebbe avere l’obiettivo di far breccia tra le nuove generazioni.

I nuovi calciatori acquistati da una squadra sperano di riuscire a far breccia nei cuori dei tifosi.

Vedere che la breccia è in qualche modo sempre legata alla speranza nel riuscire ad ottenere qualcosa: quando si apre una breccia la speranza aumenta.

Marcelo: quindi se ho ben compreso, con una pia illusione non si ha alcuna possibilità che si apra una breccia di speranza.

Ulrike: a meno che tu non abbia una corsia preferenziale.

Peggy: meglio stare alla larga dalle spintarelle. Preferisco fare il nullafacente tutta la vita piuttosto che essere sempre in debito con qualcuno.

Danielle: de gustibus; io se mi propongono un lavoro lo accetto seduta stante, altro che storie!