La tegola – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (Ep. 21)

La tegola (scarica audio)

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Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo non delle “regole” del calcio, ma delle “tegole”.

Nel linguaggio del calcio, una “tegola” si riferisce a una brutta notizia o a qualcosa di negativo e improvviso che colpisce una squadra o un giocatore, come ad esempio un infortunio importante o una squalifica.

Vediamo qualche esempio classico di utilizzo del termine di oggi, che si trova spesso anche nei titoli dei giornali sportivi.

Tegola per la squadra della Juventus: un infortunio al ginocchio destro terrà il Capitano fuori per Tre Mesi!

Una tegola colpisce la squadra, che perde il suo capitano a causa di un infortunio grave, un duro colpo alle speranze di successo.

La squalifica dell’Attaccante per 5 giornate è una tegola inaspettata e causerà parecchi problemi in vista del Prossimo Derby.

La squalifica dell’attaccante principale crea preoccupazioni per l’approccio tattico del prossimo derby, lasciando il manager con poche opzioni in attacco. Una tegola che non ci voleva in questo momento.

Il colpo di mercato è fallito: Il centrocampista rinuncia all’ultimo minuto. Una bella tegola per l’allenatore.

Shock nel Club: l’allenatore annuncia le dimissioni, generando incertezza sul futuro della squadra. Una tegola che non ci voleva.

Ma sapete cos’è una tegola in realtà?

È un oggetto molto duro, che se ti cade in testa te la può anche spaccare. Le tegole infatti si trovano sui tetti delle case e il loro scopo principale è quello di proteggere un edificio dalla pioggia. Tegola deriva dal latino tegere, che significa coprire. Infatti le tegole si usano proprio per coprire i tetti degli edifici.

Può capitare quindi che una tegola cada dal tetto di un edificio e questo sarebbe inaspettato e causerebbe grossi problemi al malcapitato colpito dalla tegola.

È questa l’immagine che si utilizza quando nel calcio e anche in altri sport si usa questo termine.

Si utilizza a volte anche in contesti diversi dallo sport, ma nel calcio è veramente molto diffuso.

Quindi, ad esempio, se la tua automobile si fermasse all’improvviso lasciandoti a piedi, potresti ugualmente dire che questa è una tegola non prevista per te, o che è una brutta tegola, che è come dire che è un grosso problema capitato all’improvviso.

Possiamo dire che, esagerando, la tegola è una disgrazia, o un danno improvviso e inaspettato.

Anche un licenziamento possiamo descriverlo come una tegola.

Spesso si dice anche “una tegola in testa” o anche “cadere o piombare addosso una tegola” per enfatizzare maggiormente il senso del danno subito.

Es:

Il covid è stata un’enorme tegola in testa per la nostra azienda di servizi.

Oppure:

Se ci piomba addosso un’altra tegola come questa, rischiamo il crollo economico.

Si può dunque usare anche nel caso di problemi veramente seri, come i problemi di salute e i problemi economici, anche se in questi casi spesso si preferisce non utilizzare il termine tegola, che dà l’idea di qualcosa di momentaneo, che in qualche modo col tempo si risolverà. La tegola dà comunque l’idea di incertezza su ciò che potrà succedere dopo un problema o un inconveniente.

In sostituzione, possiamo usare, quando la gravità è molto grande, i termini “disgrazia” o “danno” o “problema” oppure possiamo definire l’accaduto come un “duro colpo” o, per cose meno pesanti, “una grana” o “anche una brutta gatta da pelare”. Povera gatta.

Vi lascio ascoltare una breve canzone dedicata alle tegole nel calcio e noi ci diamo appuntamento al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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L’esonero – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (Ep. 20)

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Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo dell’esonero. Questo è un termine particolare perché a seconda del contesto ha diversi significati.

L’esonero, nel contesto del calcio si riferisce alla rimozione di un allenatore dalla sua posizione, dal suo incarico, solitamente a causa dei risultati insoddisfacenti della squadra.

“Esonerare” pertanto, in questo caso, significa liberare l’allenatore dalle sue responsabilità, dai suoi oneri.

Voi direte: ma non si chiama licenziamento questo?

Beh, nel calcio non si usa questo termine,

La differenza principale tra “esonero” e “licenziamento” è nel contesto in cui vengono utilizzati. Il primo è lo sport, il secondo è il lavoro.

L’Esonero si riferisce quindi alla rimozione anticipata di un allenatore o di un membro dello staff tecnico a causa delle prestazioni insoddisfacenti della squadra. L’esonero in realtà è comune in generale nel mondo dello sport, quando una squadra non ottiene i risultati attesi.

Ho detto rimozione anticipata perché ogni allenatore ha un contratto e l’esonero avviene sempre prima della scadenza del contratto. Ad ogni modo l’allenatore verrà pagato fino alla scadenza del contratto. Questa è un’altra differenza rispetto al licenziamento.

Licenziamento è un termine più ampio e può essere applicato a diverse situazioni lavorative, ma al di fuori dello sport. Entrambi implicano la fine del rapporto, ma le ragioni e il contesto possono essere molto diversi. Ad ogni modo col licenziamento si perde ugualmente il lavoro, proprio come con l’esonero, che però prevede il pagamento dello stipendio fino al termine contrattuale.

In ambito universitario poi, l’esonero ha un altro significato. In ambito universitario, il termine “esonero” può riferirsi a due cose diverse.

Es:

Domani ho il primo esonero di matematica.

Che significa? Si parla in questo caso di un esame, ma non equivale all’esame, poiché l’esonero, che avviene normalmente in forma scritta, è un esame che si riferisce a solo una parte del programma di quello specifico esame. Di conseguenza bisognerà fare due o tre esoneri per completare l’intero esame scritto di Matematica.

In pratica, facendo un esonero, successivamente lo studente sarà esonerato dallo studiare quella parte di esame su cui è già stato valutato. A volte gli esoneri permettono anche di superare l’intero esame e di evitare anche l’esame orale, qualora fosse previsto.

Per questo motivo viene chiamato esonero.

La chiave è capire il significato del verbo esonerare.

Esonerare, in generale, significa dispensare qualcuno da un compito. Se io sono esonerato dal fare qualcosa, significa che non devo fare quella cosa, non è un mio compito. Solitamente si tratta di un dovere affidato da un superiore che ad un certo punto decide che una persona in particolare possa essere esentata dal fare quella cosa, possa non avere o non avere più quel compito, quel dovere.

Si può trattare di qualunque dovere o obbligo e si applica in ogni contesto, non solo allo sport.

Esonerare è un verbo generico, mentre l’esonero, in ambito sportivo, ha anche quel significato aggiuntivo specifico analogo al licenziamento.

Attenzione, perché i calciatori non sono esonerati come gli allenatori. Loro possono essere ceduti, mandati in prestito in altre squadre, messi fuori squadra, messi fuori rosa, mandati in panchina o in tribuna, ma non possono essere esonerati, se non da dei compiti.

Solo gli allenatori e altri membri dello staff tecnico possono essere esonerati nel senso di licenziati.

È chiaramente legato al verbo esonerare perché quando un allenatore viene esonerato non ha più il suo ruolo, il suo compito di guidare la squadra e di allenarla poiché è stato rimosso dall’incarico.

L’esonero è proprio questo: la rimozione di un incarico sportivo.

Possiamo chiamarlo anche un allontanamento da un incarico.

Si sente spesso:

L’allenatore è stato allontanato dal suo incarico.

Curioso l’utilizzo del verbo “allontanare”. Questa espressione però, anche col verbo rimuovere, si usa per tutti gli incarichi, anche nel linguaggio burocratico, politico e aziendale.

Al di fuori del calcio quindi, considerato il significato del verbo esonerare, che come detto è generico, l’esonero non è proprio un licenziamento, ma solo una motivata esenzione dall’adempimento di un obbligo. Motivata perché c’è sempre un motivo alla base dell’esonero.

Ad esempio, uno studente potrebbe essere esonerato da un esame se dimostra di averlo già fatto in altre facoltà. Quindi, in questo caso, l’esonero è un’opportunità per evitare di affrontare determinati esami o corsi.

Oppure, una persona potrebbe essere esonerata, cioè esentata, dall’indossare la cintura di sicurezza in automobile per il fatto di avere determinate patologie, a differenza degli altri che sono obbligati, in auto, a indossare la cinture di sicurezza. Questo esonero esiste solo per certe persone, non per tutte.

Vediamo qualche altro esempio di utilizzo di esonerare e esonero.

Mourinho è stato appena esonerato. Al suo posto, alla guida della Roma, l’ex calciatore De Rossi.

I proprietari della squadra hanno esonerato il tecnico per motivi che i tifosi non hanno compreso.

È la terza volta che l’allenatore viene esonerato.

I calciatori con problemi fisici sono esonerati dagli allenamenti di gruppo con la squadra.

In questo ultimo esempio significa che i calciatori con problemi fisici non devono allenarsi con il resto della squadra, proprio perché hanno problemi fisici.

Vedete che in questo caso non c’è nessun licenziamento ma solo un esenzione da un compito, che possiamo anche chiamare esonero da un compito.

Avete capito che l’esenzione e l’esonero sono termini simili.

L’esenzione si definisce come un privilegio o una posizione giuridica che consente di rimanere liberi da un obbligo comune.

Esentare è un verbo più “importante” perché si usa prevalentemente parlando di tasse.

Se si gode del privilegio di non pagare le tasse, se questo è previsto dalla legge, si dice che si ha diritto all’esenzione.

Si è esentati dal pagare le tasse.

Esistono esenzioni ad esempio per malattie croniche, esenzioni per malattie rare, esenzioni per reddito basso. Esenzioni per invalidità, esenzioni per gravidanza, eccetera. Possiamo anche dire che queste persone sono esonerate dal pagare le tasse, ma è un verbo poco “giuridico”.

Lo so, dovevamo parlare di calcio, ma mi è scappata la mano, come al solito.

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Il ballottaggio IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (Ep. 19)

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Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del ballottaggio, un termine che fa pensare subito alla politica ma che invece è all’ordine del giorno in tutte le squadre di calcio.

In ambito politico, indica una situazione in cui ci sono più candidati in corsa alle elezioni.

In ambito calcistico non ci sono elezioni, ma comunque ci sono delle scelte. L’allenatore in particolare sceglie ogni volta la squadra da far scendere in campo.

In tale ambito infatti il termine “ballottaggio” si riferisce a una situazione in cui ci sono più giocatori che competono per lo stesso ruolo all’interno della squadra. Questi giocatori sono in una sorta di competizione diretta per ottenere un posto da titolare o per essere selezionati per giocare in una partita specifica. Il “ballottaggio” indica quindi la decisione che l’allenatore deve prendere nel selezionare uno dei giocatori in competizione per quel ruolo o quella posizione in campo.
Ci vediamo al prossimo episodio dedicato al calcio.

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Un’occasione nitida – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (Ep. 18)

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nitida occasione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo delle “occasioni nitide“. Parliamo delle occasioni da gol, cioè le opportunità per fare gol alla squadra avversaria. Occasione e opportunità sono termini che si possono usare indifferentemente.

Quando un giocatore o una squadra ha un’occasione nitida, significa che ha la concreta possibilità di segnare, di fare gol. Il pallone probabilmente si trova davanti alla porta avversaria e c’è un calciatore che può calciare con facilità in porta. In questo caso, è molto probabile che il giocatore riesca a segnare un gol.

Ecco alcuni esempi di occasioni nitide:

  • Un attaccante che riceve un passaggio da un compagno di squadra e si trova solo davanti al portiere.
  • Un difensore che recupera il pallone e calcia verso la porta avversaria da una posizione favorevole.
  • Un centrocampista che calcia da fuori area e colpisce la traversa o il palo.

Naturalmente, non tutte le occasioni nitide vengono sfruttate. A volte, il portiere riesce a parare il tiro, o il pallone colpisce il palo o la traversa. Ma quando un giocatore ha un’occasione nitida, ha una grande possibilità di segnare un gol.

“Nitida” significa “chiara”, “evidente”, “lampante”. Qui si usa in senso figurato. Infatti La parola “nitido” deriva dal latino “nitidus”, che significa “risplendere”.

Si usa anche in altre occasioni, al di fuori del calcio.

  • Un’immagine nitida è un’immagine in cui i dettagli sono ben visibili.
  • Un suono nitido è un suono che è chiaro e ben definito.
  • Un colore nitido è un colore che è intenso e vivace.
  • Un’idea nitida è un’idea che è chiara e ben definita.

Ad esempio:

  • In una partita di calcio, anche un passaggio può essere definito nitido: è un passaggio preciso e che arriva al destinatario senza essere intercettato.
  • In un film, un’immagine nitida è un’immagine che è ben definita, che si vede chiaramente, non sfocata, che quindi non presenta sfocature o disturbi.
  • In una canzone, un suono nitido è un suono che è ben definito e che non presenta distorsioni o interferenze. Si sente chiaramente senza problemi.
  • In un dipinto, un colore nitido è un colore che è intenso e vivace e che non presenta sfumature.
  • In un discorso, un’idea nitida è un’idea che è ben espressa e che è facile da capire.

Esiste anche l’avverbio “nitidamente“.

L’avverbio “nitidamente” significa “in modo nitido”, “in modo chiaro”, “in modo evidente”. Si usa per indicare che qualcosa è nitido, cioè chiaro, evidente o ben definito.

Ecco alcuni esempi di utilizzo dell’avverbio “nitidamente”, che può essere usato in diversi contesti, sia concreti che figurati.

  • Ho visto l’immagine nitidamente.
  • Ho sentito il suono nitidamente.
  • Il colore era nitidamente visibile.
  • L’idea era nitidamente espressa.
  • La spiegazione era nitidamente comprensibile.

Nel linguaggio del calcio si usa spesso il verbo “sfruttare” quando si parla di occasioni nitide. Sfruttare un’occasione nitida significa fare gol, concretizzare l’occasione da gol.

Non solo sfruttare però.

Esempio:

  • L’attaccante ha creato un’occasione nitida per il suo compagno di squadra, che ha poi segnato il gol.
  • La squadra ha capitalizzato un’occasione nitida, vincendo la partita per 1-0.
  • L’attaccante ha trasformato un’occasione nitida, segnando il gol della vittoria.
  • La squadra ha concretizzato un’occasione nitida, vincendo la partita per 3-0.
  • Il giocatore non si è fatto sfuggire la nitida occasione avuta nel primo tempo
  • L’attaccante non ha sprecato l’unica occasione nitida da gol che gli è capitata.
  • Non bisogna fallire un’occasione nitida da gol

Ci vediamo al prossimo episodio dedicato al calcio.

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Il derby, la stracittadina (EP. 17) – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO

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Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del derby, anche detto stracittadina.

Si parla di una particolare partita, perché ad affrontarsi sono sue squadre della stessa città.

In Italia ci sono alcune città in cui ci sono due squadre di calcio, che giocano nello stesso campionato e nello stesso stadio.

Ad ogni modo, anche se ci fossero due diverse strutture sportive, ma sempre nella stessa città, parleremmo comunque di derby e di stracittadina.

Le stracittadine in Italia, quelle più famose, sono Roma-Lazio, che sono le due squadre romane. Per questo si chiama anche il derby della capitale.

Juventus e Torino (derby di Torino o derby della mole) invece si contendono la tifoseria della città di Torino, mentre Genoa e Sampdoria sono le due squadre di Genova. Questo si chiama il Derby della Lanterna.

Non meno importante è il derby Milan-Inter, che sono le due squadre della città di Milano. Quest’ultimo è anche detto “il Derby della Madonnina”.

Poi c’è un particolare tipo di derby, il derby d’Italia. Che significa?

Si tratta semplicemente della partita in cui si affrontano Inter e Juventus, che non sono della stessa città. E allora perché si chiama così?

Il cosiddetto “derby d’Italia” nel calcio è una partita molto attesa e tra due delle squadre di calcio più titolate e rivali in Italia: la Juventus e l’Inter. Per questo motivo si chiama derby d’Italia. Sono le due squadre che hanno vinto di più in Italia.

Questa partita è nota per la sua rivalità storica e per il prestigio delle due squadre coinvolte. Le partite tra la Juventus e l’Inter sono spesso considerate tra le più importanti della Serie A italiana.

Le stracittadine sono particolarmente sentite dai tifosi, proprio perché si tratta di persone che vivono normalmente nella stessa città, quindi gli sfottò e le prese in giro sono all’ordine del giorno. Le tifoserie, durante queste partite, danno il meglio di loro e gli stadi sono sempre esauriti.

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In casa e fuoricasa – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 16)

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Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo delle partite in casa e di quelle fuoricasa.

Che significa giocare in casa e giocare fuoricasa?

Nel contesto del calcio, “giocare in casa” indica che una squadra sta disputando una partita nel proprio stadio, circondata dai propri sostenitori. Invece, “giocare fuori casa” significa che la squadra sta giocando nell’impianto dell’avversario, lontano dai propri tifosi. Questi due scenari hanno un impatto importante sulla dinamica della partita.

Quando si gioca in casa, c’è solitamente un vantaggio psicologico e si può beneficiare del supporto dei tifosi. Al contrario, giocare fuori casa può essere più difficile a causa dell’ambiente ostile e del fatto di essere lontani da casa.

Le trasferte infatti possono essere impegnative per le squadre a causa dei viaggi, dell’adattamento a un nuovo ambiente e della mancanza del sostegno dei propri sostenitori. Tuttavia, le trasferte sono parte integrante del calcio e possono rappresentare sfide emozionanti per i giocatori e per i tifosi che seguono la squadra in viaggio.

Attenzione perché non si dice “giocare a casa” ma “giocare in casa”.

Ci sono modi alternativi per esprimere i concetti di “giocare in casa” e “giocare fuori casa” nel calcio come in altri sport.

Giocare in casa si può dire:

Giocare davanti al pubblico amico

Giocare davanti ai propri tifosi.

Disputare la partita nel proprio stadio.

Giocare la partita casalinga

Giocare sul proprio terreno.

Affrontare l’avversario nella propria tana.

Giocare fuoricasa (in due parole o in una sola parola) invece si può dire:

Giocare in trasferta

Giocare nell’impianto dell’avversario.

Essere la squadra ospite

Affrontare l’avversario sul suo terreno.

Giocare lontano dalla propria base.

Giocare nello stadio avversario

Giocare sul/nel terreno avversario

Parlando delle partite ci sono quindi le partite casalinghe, cioè le partite in casa e le partite fuori casa, cioè le trasferte o le partite in trasferta.

E cosa succede quando due squadre giocano nello stesso stadio? Parlo di Roma e Lazio, di Juventus e Torino, di Genoa e Sampdoria ad esempio.

Chi gioca in casa e chi fuoricasa in questi casi?

Lo vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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il pronostico – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 15)

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Benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del pronostico.

Non è un caso che trattiamo il pronostico dopo aver parlato del verdetto.

Infatti mentre il verdetto è qualcosa di ineccepibile, di incontestabile, di inoppugnabile, un pronostico è una previsione o un’opinione sul futuro, e precisamente sul risultato di una partita o di una competizione.

Chi vincerà la partita? Chi vincerà il campionato del mondo?

Non si sa, ma possiamo fare una previsione e in base a questa previsione formulare un pronostico.

Un pronostico è dunque una previsione o un’opinione informata su un evento futuro, come l’esito di una partita di calcio o il risultato di un evento sportivo. Si può usare anche in altre circostanze, tipo in caso di elezioni politiche, dove c’è comunque una competizione, come nello sport.

Dove non c’è una competizione è più adatto il termine “previsione”. Ad esempio in medicina, per dare un’idea della presunta durata della guarigione di un paziente, fondata sugli esami medici e sul trattamento necessario. Lo stesso nel caso di previsioni meteo.

Quindi al di fuori dei risultati sportivi e delle competizioni in generale si preferisce usare il termine “previsione”, come ad esempio le “previsioni meteo“. Anche i pronostici però, come le previsioni, sono basati sull’analisi di dati storici, statistiche, tendenze e altre informazioni pertinenti.

I pronostici in ogni caso non sono garanzie di ciò che effettivamente accadrà, ma rappresentano solo una stima delle probabilità.

Come abbiamo visto invece nel contesto sportivo, il verdetto può essere il risultato ufficiale di una partita o di una competizione, come la vittoria, la sconfitta o il pareggio.

Nel calcio, come anche in altri sport, quando si chiede:

Come finirà la partita secondo te?

Prova a indovinare quale sarà l’esito della partita!

Come alternativa possiamo dire:

Prova a fare un pronostico sulla partita.

Oppure si può anche dire:

Fai una previsione sulla partita.

Fai una previsione sul risultato della partita

Una previsione può essere poi una valutazione più ampia basata su modelli o analisi scientifiche. Invece un pronostico generalmente nel calcio si esprime semplicemente. Così:

Vincerà il Barcellona!

Vincerà l’Italia 2-1

Eccetera.

Tra l’altro una previsione, oltre ad essere spesso qualcosa di più complesso, non è detto riguardi il risultato finale di una partita.

Si potrebbe dire ad esempio che si prevede che una partita finirà ai calci di rigore, senza indicare il vincitore. Questa è più una previsione che un pronostico.

Infine esiste un’espressione molto diffusa, in cui si può usare solamente il termine “pronostico“:

godere il favore del pronostico

Oppure:

godere del favore del pronostico

Oppure:

godere del favore dei pronostici

Es:

per la finale di Champions league, l’Inter non gode del favore dei pronostici

Significa che la squadra dell’Inter non è, secondo gli esperti, la squadra favorita, quella che probabilmente vincerà.

L’Inter non è data come probabile vincitrice alla vigilia di una gara.

Si dice anche così.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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Il verdetto – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 14)

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Benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del verdetto.

Nel linguaggio calcistico, il termine “verdetto” può essere utilizzato per descrivere il risultato finale di una partita o di una competizione, come un campionato di calcio.

Di solito, viene usato per indicare l’esito di una partita o di un torneo. Ad esempio, si potrebbe dire:

Il verdetto della partita è stato un pareggio 1-1.

Bisogna aspettare il verdetto del campo prima di dire che una squadra è più forte di un’altra

In questo contesto, il termine “verdetto” viene impiegato in modo metaforico, per richiamare il concetto di una sentenza o di una decisione finale simile a quella pronunciata in un processo legale.

Infatti il termine “verdetto” rappresenta una dichiarazione o un giudizio pronunciato dal tribunale.

Il termine “verdetto” ha quindi origine nel contesto legale e si riferisce a una decisione o a una sentenza pronunciata da un giudice o da una giuria in un processo. Il verdetto rappresenta la conclusione del processo e stabilisce se l’imputato è colpevole o innocente.

Qual è stato il verdetto del giudice? Colpevole o  innocente?

La metafora del verdetto del campo, come se il campo da gioco fosse un giudice, era troppo affascinante per non essere usata!

I termini “risultato” e “esito” sono molto simili:

il risultato di una partita

l’esito del campionato

l’esito della coppa

Si parla sempre di come termina una gara, di come finisce una partita, ma il “verdetto del campo” si preferisce usare quando si vuole evidenziare il confronto delle forze in campo. Il campo ha “detto” questo. Il campo dice il “vero”. Il verdetto del campo non si può pertanto discutere.

Anche il “verdetto dell’arbitro“, cioè il giudice di gara, è chiaramente molto usato ugualmente.

Il verdetto dell’arbitro non si discute.

Parliamo della sua decisione, qualunque essa sia. Anche quando l’arbitro fischia un calcio di rigore o di punizione, ha appena preso una decisione, cioè ha emesso un verdetto.

Si usa spesso il verbo “emettere” quando c’è di mezzo il verdetto, proprio come si fa con le sentenze, quindi con le condanne o le assoluzioni del giudice.

L’espressione “emettere un verdetto” si usa per indicare l’azione di pronunciare formalmente la decisione finale da parte di un giudice o di una giuria in un processo.

Ad esempio:

Il giudice ha emesso il verdetto di colpevolezza.

La giuria ha emesso il verdetto di non colpevolezza.

In questo modo, il verbo “emettere” sottolinea l’atto formale di dichiarare e rendere ufficiale il verdetto da parte dell’autorità giudiziaria competente.

Nel calcio chiaramente ad emettere un verdetto può essere l’arbitro, nel momento in cui prende una decisione, o, in senso metaforico, il campo, che quando emette un verdetto, dichiara il vincitore di una gara o di un torneo.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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Lo sfottò – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 13)

Lo sfottò (scarica audio)

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Trascrizione

Giovanni: benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo dello sfottò. Sfottò si scrive con l’accento sull’ultima lettera. Chiaramente deriva dal verbo sfottere che significa “prendere in giro“.

Si usa spesso parlando di calcio, in quanto, essendo uno sport, vede contrapposte due tifoserie, e le tifoserie amano prendersi in giro, amano sfottersi.

Ogni tifoseria desidera che la propria squadra vinca e quando una squadra vince, i sostenitori (i tifosi) di questa squadra possono sfottere quelli della squadra perdente.

Lo sfottò è quindi un termine analogo allo scherzo.

Non si usa solo parlando di calcio, ma più in generale viene utilizzato per descrivere un tipo di scherzo o burla che ha un tono leggermente beffardo o sarcastico.

È una forma di umorismo che sta per “prendere in giro” o deridere in modo amichevole qualcuno.

Lo sfottò è spesso usato anche tra amici o compagni di lavoro per scherzare, quindi in un contesto amichevole ma senza intenzioni offensive.

Questa è la caratteristica più importante dello sfottò.

L’obiettivo non è umiliare ma ridere, scherzare.

Può anche riguardare caratteristiche personali, azioni o situazioni divertenti, ma è importante mantenere un tono leggero e giocoso per evitare di ferire i sentimenti delle persone coinvolte.

Ecco alcuni esempi concreti di sfottò, nel calcio e fuori del calcio:

1. Supponiamo che uno dei tuoi colleghi di lavoro abbia la tendenza a dimenticare appuntamenti o scadenze importanti. Potresti fare uno sfottò simpatico dicendogli: “Ecco il nostro campione del mondo della dimenticanza! Mi sa che un promemoria appiccicato sulla fronte potrebbe aiutarti!”

2. La tua squadra del cuore (la Roma) ha vinto il derby e il tuo amico che è un tifoso della Lazio è affranto. La sconfitta per 6-0 lo ha distrutto. Come sfottò potresti dirgli: come è andato il derby? Se non ti bastano le dita di una mano, posso prestarti un dito per mostrarmi il risultato!

4. I tifosi della Juventus, dopo aver perso una partita contro il Torino, sono talmente arrabbiati che non hanno digerito gli sfottò dei tifosi del Torino.

Ricorda sempre che l’obiettivo dello sfottò è quello di creare un ambiente divertente e amichevole, quindi assicurati sempre di avere un rapporto di confidenza con la persona coinvolta e di valutare il contesto appropriato per evitare di risultare offensivi.

Vi può aiutare conoscere alcuni sinonimi di “sfottò“:

1. Beffa
2. Scherno
3. Derisione
4. Ironia
5. Presa in giro
6. Scherzo beffardo
7. Sarcasmo
8. Canzonatura
9. Burla

Tutti questi termini sono in qualche modo correlati al concetto di sfottò, ma possono variare leggermente nell’uso e nell’intensità.

La derisione, ad esempio, ha un senso simile a “sfottò“, ma può avere una connotazione leggermente più negativa.

Deridere e sfottere non sono esattamente la stessa cosa.

Mentre lo sfottò può essere inteso come un’ironica presa in giro amichevole, la derisione tende ad essere più aperta e spietata, con l’intenzione di umiliare o sminuire qualcuno o qualcosa.

La derisione implica un atteggiamento di scherno o disprezzo nei confronti dell’oggetto della burla, ed è spesso considerata più offensiva rispetto allo sfottò.

Mentre lo sfottò può essere scambiato tra amici o colleghi in modo amichevole, la derisione può essere vista come un’azione cattiva o intenzionalmente offensiva.

Nel calcio non è proprio il caso di deridere l’avversario, e ad esempio un calciatore che deride un calciatore avversario può anche essere ammonito dall’arbitro. La derisione nel calcio è un atteggiamento antisportivo.

Pertanto, sebbene “derisione” possa essere considerato un sinonimo di “sfottò” nel senso generale, è importante notare la sottile (neanche tanto sottile in fondo) differenza nel tono e soprattutto nell’intenzione tra i due termini.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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La bandiera – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 12)

La bandiera (scarica audio)

Indice episodi del linguaggio del calcio

Giovanni: benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo della bandiera.

Tutti probabilmente conoscete la bandiera dell’Italia, che è di colore bianco rosso verde. Ogni squadra, nazionale o di club, ha una propria bandiera.

Ma poche squadre hanno un altro tipo di bandiera.

Parliamo di un calciatore simbolo di quella squadra: un “calciatore bandiera” .

Una calciatore bandiera, o semplicemente una bandiera, nel mondo del calcio è un calciatore che rappresenta simbolicamente l’identità di una squadra. Può essere il portiere, un difensore, un centrocampista o un attaccante.

Non solo nel calcio, tra l’altro, esistono le bandiere, ma in generale nello sport.

Generalmente si tratta di un atleta di grande carisma e personalità, che si distingue per il suo attaccamento al club e per la dedizione alla maglia.

Per attaccamento s’intende l’amore per la squadra e per la città. La dedizione invece rappresenta l’impegno continuo nel sostenere un obiettivo, e in questo caso quindi l’impegno nel sostenere la squadra, il dedicarsi completamente alla squadra.

In questo contesto, un calciatore può essere definito una bandiera quando ha giocato per molti anni nella stessa squadra, mostrando continuità e fedeltà.

Esistono diverse bandiere in ogni squadra di calcio, e talvolta più giocatori sono considerati bandiere della stessa squadra, ognuno per ragioni diverse.

Un esempio è l’FC Barcelona, che ha avuto al suo interno diverse bandiere, come Puyol, Iniesta o Xavi.

Altri esempi famosi di bandiere nel calcio, tra le tante, sono:

Paolo Maldini del Milan
Francesco Totti della Roma
Steven Gerrard del Liverpool
Ryan Giggs del Manchester United
Lionel Messi del Barcellona

Perché un atleta di questo tipo si chiama proprio bandiera? Perché questo nome?

Perché in qualche modo rappresenta la squadra, ne è il simbolo, proprio come la bandiera che sventola è che riporta i colori e il simbolo della squadra.

Anche al di fuori dello sport comunque si usa il termine bandiera per indicare simbolicamente qualcosa.

Esiste infatti l’espressione “fare una bandiera” di qualcosa, oppure fare di qualcosa una bandiera.

Significa mostrare un grande attaccamento ad una causa, un’idea, un’istituzione, facendone il proprio simbolo o, appunto, la propria bandiera.

Quindi se da una parte un calciatore che ha giocato per molti anni nella stessa squadra diventa una “bandiera” del club, dall’altra si può dire che un tifoso che segue la propria squadra del cuore, ovunque essa giochi, fa della squadra stessa la propria “bandiera”.

È la squadra che diventa la bandiera del tifoso, perché la squadra lo rappresenta.

Fuori dello sport posso dire che un uomo politico ha fatto della lotta alle discriminazioni la propria bandiera.

Significa che questa persona si è impegnata fortemente nella lotta contro le discriminazioni, facendone il proprio simbolo di lotta. Ha mostrato dedizione e attaccamento a questa causa.

Un’azienda ha fatto una bandiera dell’ecosostenibilità, oppure ha fatto dell’ecosostenibilità una (sua) bandiera, o la propria bandiera.

Si può dire in modi diversi.

Significa che l’azienda si è impegnata a ridurre l’impatto ambientale delle sue attività, facendo dell’ecosostenibilità un valore cardine della sua strategia.

Se una persona “Ha fatto una bandiera della giustizia sociale”: significa che una persona si è battuta con grande passione per un mondo più giusto e solidale, facendo della giustizia sociale il proprio punto di riferimento, la propria bandiera, il proprio simbolo.

Ognuno di noi potrebbe avere una propria bandiera o fare di questa cosa la propria bandiera.

Io ho fatto della coerenza la mia bandiera.

Mia madre ha fatto dell’onestà la sua bandiera.

Se faccio di qualcosa la mia bandiera, parlo di qualcosa che mi caratterizza, che mi identifica, ma di cui vado anche orgoglioso.

Essere orgogliosi di qualcosa, o andare orgogliosi di qualcosa (si può dire in entrambi i modi) è molto importante, altrimenti non è possibile parlare di “bandiera”, a meno che non si stia parlando male di qualcuno, tipo:

I miei avversari hanno fatto della disonestà la loro bandiera.

Apriamo una breve parentesi grammaticale (sapete bene che italiano semplicemente non ha fatto della grammatica la propria bandiera): avrete notato sicuramente questo uso particolare della preposizione di:

Fare di qualcosa la propria bandiera

“Fare di qualcosa” ha il senso di trasformare qualcosa in qualcos’altro, o usare qualcosa in qualche modo, farne un uso specifico. Pensate alla frase:

Che ne hai fatto del mio regalo di compleanno?

Cosa ne farai del libro che ti ho regalato?

Cioè: che ne farai? Che uso ne farai? Lo leggerai, lo metterai in una libreria, lo regalerai o lo butterai via?

Notiamo anche l’espressione:

Fare di tutta l’erba un fascio

A parte il senso figurato di questa espressione, ha esattamente la stessa costruzione di:

Fare di un ideale la propria bandiera

Fare di un calciatore la bandiera di una squadra

Fare di una squadra la bandiera dei tifosi

Chiaramente il verbo “fare” trasmette il senso di un’azione, quindi c’è sempre qualcuno che la compie:

Fai di me ciò che vuoi!

Quindi ciò che segue a “di” è ciò che viene trasformato o adottato o utilizzato.

Un ultimo esempio per chiudere la parentesi su questo episodio:

La squadra della Roma ha fatto polpette del suo avversario

Cosa è stato “trasformato” in polpette? L’avversario della Roma.

Cosa ne ha fatto la Roma del suo avversario? Ne ha fatto polpette!

Quest’ultimo esempio è un’espressione che si usa talvolta nello sport: fare polpette di un avversario significa distruggerlo, batterlo senza alcuno sforzo. L’avversario che si trasforma o si rappresenta come una “polpetta” per essere mangiato in un solo boccone!

Con questo è tutto per oggi. Fate di questo episodio ciò che volete.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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