Accadde il 30 ottobre – 1 novembre: il sotterfugio

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Ciao a tutti amici di Italiano Semplicemente!

Non so quanto siate aggiornati sul divertimento in Italia, ma il 30 ottobre, ogni anno, la città di Lucca, in Toscana, si trasforma in un universo fantastico.

Draghi, samurai, streghe, supereroi e maghi affollano le strade: è il Lucca Comics & Games, la più grande fiera italiana dedicata ai fumetti, ai videogiochi e al cosplay.

Il Lucca Comics & Games si svolge ogni anno tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, di solito intorno al ponte di Ognissanti (1º novembre).
In pratica inizia intorno al 29 o 30 ottobre e termina il 1º, 2 o 3 novembre, a seconda di come cadono i giorni della settimana.

E proprio qui, tra maschere e travestimenti, possiamo parlare di una parola interessante: sotterfugio.

Già, perché tra i visitatori, oltre ai veri appassionati, non mancano i furbetti che cercano qualche sotterfugio per evitare le lunghe file o per entrare senza biglietto.

C’è chi dice di “essere con l’organizzazione”, chi mostra il braccialetto dell’anno scorso, chi si infila nel gruppo di un amico con la speranza che nessuno controlli troppo.

Tutti questi sono piccoli sotterfugi.

Ma che cos’è, precisamente, un sotterfugio?

La parola viene dal latino subterfugium, formato da subter che significa “sotto”, e fugere, cioè “fuggire”.

Letteralmente sta per “fuggire sotto”, o meglio “scappare di nascosto”.

Oggi si usa per indicare un espediente nascosto, un trucco, un artifizio con cui si cerca di evitare un problema o un dovere, con un pizzico di furbizia. Non c’è una persona che scappa in realtà, che fugge, ma qualcuno che sfugge ad una regola, ad un dovere.

Per esempio, se un cosplayer si cambia costume e partecipa due volte allo stesso concorso fingendo di essere un’altra persona, ecco: quello è un sotterfugio!

Un cosplayer, per chiarezza, è una persona che interpreta un personaggio, di solito proveniente da fumetti, film, serie TV o videogiochi.

Oppure, se qualcuno dice “non ho sentito la guardia che mi chiedeva il biglietto”, è ancora un sotterfugio, un modo elegante per dire una bugia tattica.

Tra i sinonimi troviamo: espediente, stratagemma, trucco, scappatoia, artifizio.

Ma “sotterfugio” ha qualcosa di più: ci fa immaginare un’azione compiuta “sotto il tavolo”, di nascosto, senza farsi vedere. E infatti, si usa anche in contesti seri:

Il politico ha trovato un sotterfugio per evitare di rispondere alla domanda.
“Basta sotterfugi, serve chiarezza.

A Lucca, invece, i sotterfugi sono quasi parte del divertimento.

In fondo, una maschera serve proprio a nascondere qualcosa, no?

Insomma, la parola sotterfugio si usa quando qualcuno sfugge a un problema o a un obbligo in modo astuto ma non del tutto onesto.

È più forte di espediente e più “furtivo” di stratagemma.

Si usa spesso poi in senso figurato, anche in situazioni quotidiane:

Ha usato un sotterfugio per non pagare la multa.

Non cercare sotterfugi: ammetti l’errore.

Insomma, il sotterfugio è la via nascosta, il trucco “sotto banco”, il piano B che non si dice ad alta voce.

Accadde il 26 ottobre 1860: soffiare

Soffiare (scarica audio)

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Per spiegare il verbo soffiare in tutti i suoi usi, partiamo dal 26 ottobre 1860, quando nei pressi di Teano, in Campania, è precisamente in provincia di Caserta, Giuseppe Garibaldi consegnò idealmente il Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II, riconoscendolo come re d’Italia.

Questo fu un gesto simbolico, come se Garibaldi avesse “soffiato via” le ultime ceneri del vecchio potere borbonico, lasciando spazio a una nuova fiamma: quella dell’Unità d’Italia. L’Unità d’Italia infatti viene ufficialmente proclamata il 17 marzo 1861, quindi pochi mesi dopo l’Incontro di Teano.

Ma passiamo al verbo soffiare.

Nel suo uso più semplice, soffiare significa emettere aria dalla bocca o muoversi come il vento.

Esempio:

Il vento soffiava forte tra i vessilli dei garibaldini.

Garibaldi soffiò via la polvere dal suo cappello.

Ma come accade spesso in italiano, il verbo ha sviluppato molti usi figurati, vivaci e spesso ironici.

Soffiare qualcosa a qualcuno ad esempio vuol dire sottrarre o rubare questa cosa.

Tipo:

Marco mi ha soffiato l’idea del progetto.

Il difensore ha soffiato il pallone all’attaccante.

Giovanni ha soffiato la fidanzata a Giuseppe.

In tutti questi casi, si “porta via” qualcosa con astuzia o rapidità, potremmo dire come fa il vento.

Ci si può soffiare anche il naso. Soffiarsi il naso è un’operazione che si fa quando si ha il raffreddore. Serve un fazzoletto per soffiarsi il naso.

Poi c’è l’espressione “Soffiare sul fuoco” che ha un senso proprio e uno figurato.

Letteralmente significa emettere aria per ravvivare una fiamma.

Potrei dire ad esempio che Garibaldi, accampato con i suoi uomini, soffiava sul fuoco per riaccendere la brace.

Un gesto antico, concreto, che serve a riaccendere ciò che sta per spegnersi.

In senso figurato, invece, vuol dire alimentare un sentimento o una tensione, spesso negativa:

I giornali soffiavano sul fuoco dell’entusiasmo patriottico.

Con le sue parole ha soffiato sul fuoco della rabbia popolare.

Chi “soffia sul fuoco” non sempre vuole bruciare qualcosa: può incoraggiare o esasperare una situazione già accesa, proprio come il vento che fa divampare la fiamma.

Ricollegando il verbo all’evento di Teano, quel 26 ottobre 1860, Garibaldi “soffiò via” le ultime resistenze al nuovo regno, ma allo stesso tempo soffiò sul fuoco dell’unità nazionale, alimentando la passione e l’orgoglio di un popolo che si scopriva, per la prima volta, italiano.

Accadde il 4 agosto 1983: marciarci

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marciarci

Il 4 agosto 1983 è una data che ha segnato un momento storico per la politica italiana: Bettino Craxi, segretario del Partito Socialista Italiano, viene nominato Presidente del Consiglio. È la prima volta, nella storia della Repubblica, che un esponente socialista raggiunge la carica più alta del governo. Un evento simbolico, politico e anche culturale.
Craxi era un uomo deciso, autorevole, con una visione forte dell’Italia, dell’Europa e del ruolo del suo partito. Era considerato da molti un modernizzatore, uno che non aveva paura di mettersi in discussione e di sfidare le vecchie logiche. Ma, come spesso accade in politica, tra il dire e il fare… ci passa il mare.
Ecco che, negli anni successivi, proprio quel potere conquistato con fatica diventa anche una leva per ottenere favori, consensi, vantaggi personali e di partito. Il Partito Socialista cresce, ma insieme a lui crescono i sospetti, i privilegi, le spese pazze, gli appalti pilotati. E più avanti, con Tangentopoli, verrà fuori un sistema diffuso di corruzione di cui Craxi era uno degli ingranaggi principali. era un sistema diffuso e ne abbiamo gia’ parlato in questa rubrica. Non è stata solamente tutta opera sua.
Insomma, lui, come gran parte della classe politica del tempo, ci marciavano.
Ma che significa “ci marciavano”?
L’espressione “marciarci”, in italiano colloquiale, significa approfittare di una situazione in modo furbo, spesso esagerando o calcando la mano per ottenere qualcosa.
Quando diciamo:

Craxi ci ha marciato

intendiamo dire che ha sfruttato la sua posizione, ha tirato un po’ troppo la corda, si è approfittato del sistema, magari oltre ciò che era moralmente accettabile.
Vediamo altri esempi per capirlo meglio:
Un collega si prende una settimana di malattia per un semplice raffreddore?

Mah, secondo me ci sta marciando!

Un bambino cade, si fa un graffietto, e inizia a piangere per un’ora solo per farsi coccolare?

Dai, non ci marciare troppo, che non è niente!

Un amico riceve un piccolo rimborso per un disservizio… e ne approfitta per lamentarsi ancora, sperando in uno sconto extra?

Guarda che ci stai marciando… approfittatore!

Approfittarsi di qualcosa [ un modo alterntivo che spesso pu; sostituire marciarci, ma non funziona sempre. Dipende dal contesto.
es. “Te ne stai approfittando!”

Sfruttare la situazione è una seconda alternativa, ma siamo sempre nell’ambito dell’italiano standard, a differenza del verbo marciarci, che fa parte della lingua informale.
“Calcare la mano” può essere un’altra possibilità.
“Fare la vittima”, quando si esagera per ottenere compassione, è ancora un-altra alternativa.
“Fare il furbo” e molto piu adatta. Possiamo dire che funziona sempre come alternativa.
oppure “tirarla per le lunghe”, quando si prolunga una situazione comoda per non tornare alla normalità
In fondo, “marciarci” non ha sempre un valore gravissimo, ma implica sempre una certa furbizia e una mancanza di onestà. Si può usare per cose serie, come la politica e la corruzione, ma anche per episodi quotidiani e un po’ buffi.

Nel caso di Craxi, però, non si trattava di un raffreddore o di una lamentela in più. Era il potere stesso, gestito e sfruttato come un bene personale.

E quando si esagera, si sa, prima o poi la verità viene a galla.

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759 Accorgimenti e precauzioni

Accorgimenti e precauzioni (scarica audio)

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Un paio di episodi fa abbiamo accennato al termine accorgimento.

Se ricordate il significato di espediente, siamo abbastanza vicini come significato.

Però l’espediente è più legato al concetto di soluzione di ripiego, ad una soluzione alternativa, qualcosa che ci permette di trovare comunque una soluzione quando siamo alle prese con un problema.

L’accorgimento invece è maggiormente legato alla sicurezza, all utilità che ne deriva e alla capacità di fare qualcosa di opportuno, a volte di sagace, di sottile, cose che possono sfuggire a tante persone, altre volte semplicemente si tratta cose intelligenti e pensate. Sagace significa che mostra, denota intelligenza pronta e perspicace.

Esprime anche la capacità di saper individuare il da farsi (ciò che va fatto).

Questa è una qualità che viene chiamata “avvedutezza” o anche “accortezza” . Le persone avvedute sono persone attente, accorte, che riflettono, che non dimenticano di fare le cose importanti.

Vediamo qualche esempio:

Quando si va in bicicletta in città bisogna usare ogni accorgimento perché è molto pericoloso

Ieri sono entrati i ladri in casa. Sfortunatamente per loro, non hanno avuto l’accorgimento di coprirsi il viso e così la polizia li ha riconosciuti grazie alle telecamere.

Nonostante tutti gli accorgimenti adottati, alla fine anch’io ho preso il Covid.

Molto cibo conservato in frigo spesso finisce poi nella spazzatura. Ma ci sono alcuni accorgimenti utili che possono essere presi per ridurre lo spreco.

Ecco i possibili accorgimenti da adottare per prevenire il contagio: mascherina, distanza di sicurezza, lavare le mani eccetera. Questi sono tutti accorgimenti utili.

Il verbo adottare si usa spesso con gli accorgimenti:

Adottare un accorgimento

Adottare tutti gli accorgimenti possibili

Nonostante gli accorgimenti adottati

Adottare si può quindi usare al posto del verbo avere, senza alcun problema (avere è meno formale). Altre volte, sebbene sia meno adatto, si usa anche prendere, così come si prende una decisione, o come si prende un provvedimento, o anche come si prende una precauzione, termine quest’utimo che è legato esclusivamente alla sicurezza, specie quella legata alla salute e alla vita.

Quindi la precauzione (pre = prima) ha più a che fare con la prudenza, la cautela, i rischi e i pericoli possibili. Bisogna agire prima per prevenire i rischi.

Spesso precauzione e accorgimento si usano con lo stesso significato ma nell’accorgimento c’è più il senso della sagacia e di saper individuare le cose opportune da fare, che non è detto abbiano a che fare col pericolo, il rischio e la sicurezza personale.

L’accorgimento e la precauzione in comune hanno che danno sicurezza, evitano che un problema si presenti o almeno sono qualcosa che se si dimentica di adottare può costare molto caro.

Avrete sicuramente pensato al legame col verbo accorgersi.

Per non dare adito a dubbi, meglio allora precisare che non è casuale perché solo dopo che si è pensato, che si è riflettuto, ci si accorge di qualcosa di importante che altrimenti sarebbe potuto sfuggire.

Ma quando vi accorgete di qualcosa, non è quello l’accorgimento, che invece si manifesta quando c’è l’azione conseguente. E infatti adottare significa, tra le altre cose, mettere in atto per uno scopo, simile a attuare. Quindi adottare un accorgimento è mettere in atto ciò che è stato deciso.

Ulrike: però l’accorgimento non permette di sentirsi a cavallo.

Irina: no, non è detto che vada tutto per il meglio, ma se adotti tutti gli accorgimenti possibili puoi dirti soddisfatto, per il resto, non possiamo farci nulla.

Albèric: non vogliamo tediarvi ulteriormente. Ci vediamo al prossimo episodio.

Segue una spiegazione del ripasso

698 Il paravento

Il paravento (scarica audio)

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Irina: Se un italiano mi dice che sono una paravento, io cosa dovrei rispondere?

Giovanni: beh, non è detto che tu debba preoccuparti Irina, perché magari questa persona stava solo scherzando. Poi comunque non è così grave.

Questo termine infatti, se utilizzato per qualificare una persona, è abbastanza simile a furbo.

Il termine in realtà ha diversi significati e vale la pena di vederli insieme.

Quello di indicare un particolare tipo di furbizia è sicuramente l’uso più familiare, ma dobbiamo dire che con questo utilizzo l’aggettivo più usato è in realtà un altro: paraculo o paracula.

Paravento ne è un forma un pochino più gentile. Inoltre non cambia al maschile e femminile.

Infatti paraculo si dice di una persona scaltra e opportunista. Quindi è un mix tra furbizia e egoismo.

La persona paracula (o paraculo, anche la femminile) si “para” il sedere (culo) cioè si ripara, cioè si protegge il sedere. Naturalmente il proprio sedere è la parte del corpo che simboleggia il punto debole, dove puoi essere colpito.

Quindi chi si para il culo si sta proteggendo, sta facendo il suo interesse, infischiandosene degli interessi degli altri, spesso nascondendo le proprie azioni con furbizia.

Pararsi il culo/sedere è in realtà anche un’altra espressione, con un uso leggermente diverso che vedremo in uno dei prossimi episodi.

Per descrivere un bambino furbetto è più adatto comunque paravento piuttosto che paraculo, proprio perché non vogliamo offenderlo, ma solo evidenziare una sua caratteristica di furbizia e magari anche un po’ di malizia.

Che paravento che sei! Riesci a cavartela sempre con l’astuzia!

Tuo figlio è proprio un paravento! Trova sempre una scusa per giustificare le sue marachelle!

Paravento può sostituire paraculo ogni volta che vogliamo attenuare il senso di egoismo o non offendere.

Ma il paravento è anche una specie di mobile che serve ad esempio a ripararsi dal vento. Parare è simile a riparare, ma parare si usa più spesso in senso figurato.

Il paravento è dunque una sorta di parete flessibile, adattabile e orientabile, a seconda delle esigenze, che può anche servire per nascondersi dalla vista degli altri.

Ancora, il termine paravento si utilizza anche per indicare una complicità nei confronti di comportamenti poco ortodossi o illeciti.

Quindi una persona si dice che può fare o servire da paravento a qualcuno.

La funzione di questa persona è proteggerne un’altra in qualche modo, ma si tratta di nascondere un’attività illecita, irregolare, facendola sembrare regolare.

In questi caso si ripara non dal vento ma dalla legge, e se una persona funge da paravento a/per qualcuno, è suo complice. Quindi ne copre le malefatte, le irregolarità, magari agevolandole, quindi aiutando questa persona.

Quindi esiste il paravento come mobile, come persona furba e opportunista, in sostituzione di paraculo, e esiste l’espressione fare/servire/fungere da paravento a/per qualcuno quando si “coprono” (il verbo non è casuale) le irregolarità di un’altra persona.

Adesso ripassiamo.

Irina: ho il beneplacito del gruppo per abbozzare un ripasso?

Anne France: assolutamente sì ma vedi di non farla troppo lunga. Sono personalmente per le lezioni che non sforino i tempi a loro dedicati.

Edita: io sono di diverso avviso però. Spero che me lo permettiate. Ma ho veramente una voglia smodata di ascoltare l’italiano perché l’ascolto è proprio l’ausilio che mi serve per portare sempre più in alto il mio italiano. Quindi Giovanni esageri pure con le spiegazioni dei termini.

Hartmut: in ogni caso ragazzi, non c’è bisogno che esprimiamo il nostro parere al riguardo. Tanto lui andrà avanti come gli pare facendo marameo all’idea di sottostare al limite di 120 secondi. Vedete, lui è romano a tutti gli effetti e per via della sua romanità lui non ha niente a che spartire con la puntualità.

Peggy: questo fatto mi giunge nuovo ragazzi. Allora si può concludere che la romanità e la puntualità stanno agli antipodi?

Ulrike: Ma che puntualità d’Egitto? Più che altro è un tipo loquace. E quando si tratta della giornata della voce (cioè il giovedì) non vorrete essere da meno spero. Quindi parlate a ruota libera!

Peggy: avete ascoltato un ripasso degli episodi precedenti a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Giovanni: giusto. Brava Peggy. Ed io non voglio essere da meno!

333 – Saperla lunga

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente  (ENTRA)

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Saperla lunga

Giovanni: eccoci al terzo episodio sul termine “lunga”, sempre al singolare femminile. Saperla lunga è l’espressione di oggi.

Spero che questo termine non vi abbia stancato.

Komi: ma ti pare, Gianni, non siamo stanchi per niente! Mi fa specie che parli così.

Giovanni: Bene. Sono contento. Allora lascio la parola a mia madre.

Giuseppina: Certo, il sapere e la lunghezza sembrano non avere cose in comune, ma questa è un’espressione idiomatica.

Allora mi chiedo: se io la so lunga, cosa significa? Significa che conosco molte cose?

Si, significa anche questo, ma non si usa per le persone colte in generale, le persone che hanno studiato, o anche le persone curiose e sempre infornate su tutto.

Non sono queste le persone che la sanno lunga. Questa categoria di persone è troppo ampia.

Ulrike: E chi sono allora? Ci tieni sulle spine?

Giuseppina: Dunque: se parlo di conoscenza, posso usare questa espressione e posso dire che ad esempio “Giovanni la sa lunga in fatto di insegnamento”.

Questo posso dirlo e significa semplicemente che Giovanni conosce molto bene questo argomento.

Però devo specificare l’argomento, e per fare questo posso usare due forme diverse:

Maria la sa lunga in fatto di cinema

Gli italiani la sanno lunga in termini di cibo.

Questo esprime competenza, e questo è uno dei tanti modi per esprimere le competenze di una persona. Ne abbiamo parlato nella prima lezione del corso di ITALIANO PROFESSIONALE.

Un secondo e più usato modo per usare saperla lunga è per esprimere la furbizia di una persona. E le persone furbe spesso destano sospetti, spesso vengono scoperte, e spesso nascondo delle cose per ottenere un risultato vantaggioso. Allora quando vogliamo indicare proprio queste persone, quando abbiamo sospetti che una persona sappia delle cose ma non dica nulla per furbizia, possiamo dire che questa persona la sa lunga.

Giovanni la sa lunga, ma noi non dobbiamo lasciarci imbrogliare da lui.

Francesco ci nasconde qualcosa. Secondo me la sa lunga su questa storia e non ci dice niente.

È un’espressione che si usa sempre al presente.

Attenzione quindi a volte è un complimento, altre volte è un sospetto. Si può usare anche in modo ironico:

Questo ragazzo è un furbetto.. mi sa che tu la sai lunga eh?

Xiaoheng: io credo di aver capito. Ma se avrò dubbi mi ritaglio del tempo e ascolto nuovamente. D’altronde il metodo di Italiano Semplicemente è comprovato.

Giovanni: Ringrazio i membri Komi, Ulrike e Xiaoheng per averci aiutato a realizzare le frasi di ripasso contenute in questo episodio. Per chi è nuovo ed ascolta questo tipo di episodi per la prima volta, gli consiglio di cliccare sui link che sono stati inseriti nell’episodio per approfondire le espressioni che risultano poco chiare.