Accadde il 10 dicembre: alieno, alienare, alienabile e inalienabile

Alieno, alienare, alienabile e inalienabile (scarica audio)

Trascrizione

Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Questo però non è accaduto in Italia.

Allora prendiamo un altro evento, stavolta accaduto in Italia, sempre il 10 dicembre, come spunto per l’episodio della rubrica “accadde il”.

Parliamo della morte di Luigi Pirandello, avvenuta il 10 dicembre 1936 a Roma, come sapete è stato un grande scrittore italiano, drammaturgo e romanziere, celebre per opere come “Sei personaggi in cerca d’autore”, che contribuirono alla nascita del teatro moderno e del Teatro dell’assurdo.

Con la sua scrittura ha esplorato l’identità, la follia, il confine tra realtà e finzione. E il nucleo di molte delle sue opere ruota attorno a una verità che nessuno può negare o, potremmo dire, che nessuno può “alienare”: la libertà interiore dell’individuo di costruire e raccontare la propria esperienza umana.

Proprio partendo da Pirandello possiamo spiegare, oltre al verbo alienare, anche la parola inalienabile che incontriamo spesso anche nei testi giuridici o filosofici, ma che conserva un significato profondo quando la colleghiamo alla persona e alla sua esperienza umana.

Inalienabile significa qualcosa che non può essere tolto, ceduto, venduto o separato dal suo titolare, proprio perché fa parte essenziale di lui. L’aggettivo nasce dal latino in- (prefisso negativo) e alienabile (cioè “che si può trasferire” o “cedere”). Quindi inalienabile è letteralmente non cedibile, non trasferibile. È un linguaggio giuridico, quindi formale e si usa parlando dì proprietà.

Inalienabile però non si usa solo parlando dì una proprietà che non sì può cedere, ma si usa spesso per i diritti umani (diritto alla dignità, alla libertà), perché sono intrinseci alla persona e non si possono “dare via” come un oggetto. Quindi anche alcuni diritti dell’uomo si dicono inalienabili.

Ecco perché avevo parlato, all’inizio, del Il 10 dicembre 1948, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

I diritti fondamentali dell’uomo vengono definiti proprio così il 10 dicembre 1948, quanto si affermò che tali diritti appartengono all’uomo e non possono essere tolti, ceduti, venduti o rinunciati: sono inalienabili.

Passando a Pirandello, possiamo invece dire che per lui la ricerca dell’identità era qualcosa di inalienabile: ogni persona ha un mondo interiore che nessuno può davvero togliere, nemmeno attraverso regole sociali opprimenti o ruoli fissi. È un uso più “umano” della parola rispetto a quello giuridico formale, ma aiuta voi a capire l’idea profonda: ciò che appartiene all’essere umano nella sua essenza non può essere alienato.

Ora, alienare e la parola alieno (cioè extraterrestre) sono parole strettamente legate perché condividono una radice latina comune: alienus, che significa “di un altro”, “estraneo”, “altro da sé”.

Da qui alienare ha assunto il significato di trasferire qualcosa ad un altro, di cederlo: “alienare un proprio bene”, significa vendere o cedere una proprietà.

Quando usiamo la parola “alieno” in italiano moderno, spesso intendiamo qualcosa di estraneo, come appunto gli extraterrestri, ma non solo. Parliamo anche di qualcosa di diverso che non ci appartiene, come l’idea di sentirsi fuori posto o estraniati in una situazione sociale.

Quando Pirandello scriveva, rifletteva su come le persone a volte si sentono alienate dalla società: non capite, quasi di un altro mondo, come un personaggio che non riconosce più se stesso nello specchio. In questo senso, puoi dire: “in quella festa mi sentivo un alieno”. cioè ero totalmente diverso dagli altri partecipanti.

In questo episodio colleghiamo così una data storica italiana, la morte di un gigante della letteratura, a un termine che tocca identità, libertà e umanità. E proprio come gli altri episodi di Italiano Semplicemente, attraversiamo la storia, la cultura e la lingua per far emergere il cuore delle parole che usiamo ogni giorno.

Adesso voglio rispolverare qualche episodio passato partendo proprio da questi concetti.

Pensiamo ad esempio alla dignità umana. Sarebbe impensabile “venderla” o rinunciarvi, anche se qualcuno, come visto in altri episodi, tentasse di “prevaricare” o “sopraffare” l’individuo, o di “mettere a tacere” la sua libertà di parola o se tentasse addirittura di “epurarlo”. Ecco un uso corretto del termine: “La libertà di pensiero è un diritto inalienabile”. Ovviamente questo accade nelle società democratiche…

Alienare, a differenza di inalienabile, si usa spesso in contesti patrimoniali: “Ho alienato la mia proprietà”. Se ricordate l’episodio del 6 febbraio, dedicato a “mandare a carte 48”, alienare un bene può essere necessario per evitare un fallimento o un collasso finanziario. Se non volete mandare un affare a carte 48, può servire alienare una vostra proprietà.

L’alienazione è dunque un trasferimento volontario oppure imposto. Alieno invece si incontra anche nella lingua comune: “mi sento alieno nel tuo ambiente, tra tuoi amici”, ovvero mi sento estraneo, fuori posto. È la stessa distanza che, nel linguaggio politico, può portare a definirsi “euroscettici” o “europeisti”, cioè in sintonia o in contrasto con una comunità.

Per rinforzare il significato, posso usare esempi diversi dal contesto dei diritti. In una relazione sentimentale, si può essere gelosi del proprio tempo libero, ma non sarebbe corretto chiamarlo un diritto inalienabile, perché la parola porta con sé un peso formale che non si adatta allo sfogo colloquiale. Nello sport, invece, la dignità dell’atleta può essere considerata un valore inalienabile, soprattutto quando prima viene “idolatrato” o “messo su un piedistallo” e poi scaricato.

Accadde il 25 luglio 1956: cedere il passo

Cedere il passo (scarica audio)

Trascrizione

Era la notte del 25 luglio 1956, nell’Atlantico, avvolto dalla nebbia.

Due navi gigantesche si stavano avvicinando: una era la Stockholm, battente bandiera svedese: significa semplicemente che la nave è registrata in Svezia e quindi sottoposta alle leggi e alla giurisdizione svedese. La nave, infatti, batte la bandiera del paese in cui è immatricolata.

L’altra era il fiore all’occhiello della navigazione italiana, l’elegante e maestosa Andrea Doria.

Nessuna delle due navi cedette il passo all’altra.

Il risultato? Una collisione tragica, che portò all’affondamento dell’Andrea Doria il giorno seguente.

Ed è proprio da questo evento che possiamo capire bene cosa significa “cedere il passo”.

L’espressione “cedere il passo” ha un significato letterale e uno figurato.

Letteralmente, vuol dire fermarsi o spostarsi per lasciare passare qualcun altro, proprio come si fa sulle strisce pedonali o su una strada a senso unico alternato.

In senso figurato, significa rinunciare a una posizione di vantaggio, arretrare, lasciare spazio a qualcun altro o a qualcos’altro, per prudenza, rispetto o necessità.

Torniamo a quella notte di nebbia.

Le due navi, secondo alcune ricostruzioni, avrebbero dovuto coordinarsi meglio per evitare la collisione.

Ma per vari motivi – tecnici, umani, forse anche culturali – nessuna delle due “cedette il passo”.

E quando si va dritti senza fermarsi mai, a volte si finisce per scontrarsi.

Nel traffico, molti incidenti accadono perché nessuno vuole cedere il passo.

Ma vediamo il senso figurato:

Quando arriva una nuova generazione, spesso quella precedente deve cedere il passo, anche se a malincuore.

Cedere il passo” non è sempre un segno di debolezza.

A volte è intelligenza, diplomazia, buon senso.

Capire quando è il momento di fermarsi, lasciare spazio, evitare lo scontro, è una forma di maturità – sia nella vita, sia tra le navi, sia nelle parole.

Ecco perché quell’espressione ci accompagna in molte situazioni quotidiane. Non solo in mare.

Dopo vent’anni di governo, il premier ha deciso di cedere il passo a una nuova generazione di leader.

In questo caso, figurato, significa fare un passo indietro per lasciare spazio ad altri.

Oppure:

Il fax ha ormai ceduto il passo all’email e ai servizi di messaggistica digitale.

Qui “cedere il passo” vuol dire essere superato, lasciare spazio a qualcosa di più moderno o efficace.

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Giovanni

Cedere – VERBI PROFESSIONALI (n.72)

Cedere

Descrizione

Cedere è il verbo numero 72 della speciale sezione verbi professionali.

Durata: 20 minuti

Con esercizio finale di ripetizione

File audio e trascrizione disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

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