Accadde il 25 maggio: alla fine, finalmente, alla fin fine, in definitiva, infine, in fondo, da ultimo (scarica audio)
Trascrizione
C’è una data che, forse, oggi pochi ricordano, ma che segna una tappa importante nella storia della democrazia italiana: il 25 maggio 1958. Quel giorno si tennero le elezioni politiche in Italia, le prime elezioni della Repubblica Italiana a suffragio universale dopo la firma della Costituzione.
Erano passati solo dieci anni dall’entrata in vigore della Costituzione del 1948, e l’Italia era ancora un Paese giovane, alle prese con i grandi cambiamenti del dopoguerra. La Seconda guerra mondiale aveva lasciato macerie, ma anche voglia di ricostruire, di scegliere, di partecipare.
Queste elezioni furono particolarmente importanti per due motivi. Primo, perché vi parteciparono finalmente, con pienezza di diritti, anche le donne, non solo come elettrici, ma anche come candidate. Certo, le donne avevano già votato nel 1946 per la scelta tra monarchia e repubblica, ma nel 1958, finalmente, cominciarono ad essere presenti in modo più significativo anche in Parlamento.
Ecco: finalmente è una parola molto italiana. Non si usa per concludere un discorso, ma per esprimere sollievo, gioia, liberazione.
Es:
– Finalmente le donne al Parlamento!
– Finalmente si comincia a vedere un cambiamento!
“Finalmente” non si usa mai per tragedie o eventi negativi, attenzione: dire “finalmente finì la guerra” può essere corretto anche nel senso di “alla fine”, ma in realtà si vuole trasmettere il senso di sollievo, gioia, per la fine della guerra. Invece una frase come “finalmente ci fu un attentato” suonerebbe orribile, a meno che non lo dica un criminale!
Torniamo alla nostra storia. Le elezioni del 1958 videro una grande affluenza alle urne: oltre il 92% degli italiani andò a votare. Un dato che oggi fa impressione, dopotutto (ecco un’altra parola interessante), all’epoca votare era vissuto quasi come un dovere sacro.
Dopotutto è una parola che introduce una riflessione benevola, indulgente.
Es:
– Dopotutto, gli italiani avevano ancora viva la memoria del fascismo, e volevano partecipare.
– Dopotutto, anche chi era scettico andò comunque a votare.
Le elezioni premiarono ancora una volta la Democrazia Cristiana, che ottenne il 42% dei voti. Alla fine, dunque, il sistema politico restò stabile, con un equilibrio centrato sui grandi partiti di massa.
“Alla fine” è un modo più colloquiale per concludere un discorso, per raccontare l’esito di una storia, spesso con una sfumatura emotiva. Questo non è banale.
Es:
– Alla fine, la DC vinse di nuovo.
– Alla fine, i partiti minori rimasero fuori dai giochi.
Ma c’erano anche novità. Il Partito Comunista crebbe, e con lui anche il dibattito sociale. In fondo, si stava cercando un equilibrio tra modernità e tradizione, tra crescita economica e giustizia sociale.
“In fondo” non chiude un discorso, ma svela un pensiero più intimo, quasi personale.
Es:
– In fondo, anche chi votava per la sinistra voleva un’Italia migliore.
– In fondo, non era facile scegliere, in quegli anni.
Spesso funge da giustificazione:
In fondo non è così cattivo
In fondo voleva solo farti un regalo, non lo disprezzare.
Passiamo ad “Infine”
“Infine” è una parola neutra: serve per chiudere una sequenza, per dire “e per ultimo”.
Es:
– Si votarono i deputati, i senatori e, infine, fu formato il nuovo governo.
– Si contarono le schede, si fecero i calcoli e, infine, si proclamarono i risultati.
“Da ultimo” è più formale, adatta alla scrittura, e significa semplicemente “per ultimo”. Simile a “Per finire”, ma più formale.
“Per finire” si usa spesso nel linguaggio parlato, e introduce l’ultima osservazione.
Ma cosa possiamo dire, a conti fatti, di quel 25 maggio 1958?
Ecco, “A conti fatti” è come dire: “se consideriamo tutto”, “se tiriamo le somme”, un po’ come alla fine di un bilancio.
Es:
– A conti fatti, le elezioni del 1958 furono un successo organizzativo.
– A conti fatti, la democrazia si rafforzò.
In definitiva, si può dire che quel giorno segnò una tappa di consolidamento: il popolo italiano confermò la fiducia nelle istituzioni, aprì le porte alla partecipazione femminile, e accettò di convivere con un sistema politico complesso ma aperto.
“In definitiva” è molto razionale, perfetta per chiudere un’analisi o un ragionamento.
E per finire, passiamo a “alla fin fine”.
Questa locuzione – alla fin fine – suggerisce una riflessione profonda, una sintesi dopo aver osservato da tutti i punti di vista.
“Alla fin fine” è simile a “in definitiva”, ma ha un tono più riflessivo, più meditato. È come dire: se ci pensiamo bene, se andiamo al nocciolo della questione. È più letteraria, più pensata. Fa capire che si è scavato nella vicenda.
Dopotutto, è grazie a scelte come quella del 25 maggio 1958 che oggi possiamo raccontare la nostra storia democratica.
In fondo, anche la lingua aiuta a capire il senso di ciò che è accaduto.
Infine, queste espressioni ci aiutano a concludere, ma anche a riflettere.