Accadde il 19 settembre 1799: tornare in auge

Tornare in auge (scarica audio)

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tornare in auge

Siamo al 19 settembre 1799. Ci troviamo a Roma.

In questa giornata avviene il ritiro delle truppe francesi da Roma, evento che segna la fine di un periodo di profondo sconvolgimento per la città e offre un esempio perfetto del concetto di tornare in auge.
L’espressione “Tornare in auge” significa che qualcosa o qualcuno, dopo un periodo di declino o dimenticanza, riacquista popolarità, successo o importanza. Per questo si usa il verbo tornare.
Il termine auge deriva dal latino e indica il punto più alto o il massimo splendore.

Nel caso di Roma, la città era stata strappata al dominio temporale di papa Pio VI il 10 febbraio 1798 dal generale francese Louis Alexandre Berthier. Pochi giorni dopo, il 15 febbraio 1798, era stata proclamata la Repubblica Romana, una repubblica sorella della Prima Repubblica francese, che aveva interrotto secoli di governo papale e aveva instaurato un nuovo ordine politico e sociale.

La ritirata delle truppe francesi non fu solo un evento militare, ma simboleggiò la restaurazione del potere papale, riportando Roma a un ruolo di stabilità e all’identità che le apparteneva da secoli. Questo ritorno in auge non fu un semplice ripristino – parola interessante anche questa – ma una rinascita che segnò un passo fondamentale per la riconquista del suo ruolo politico e religioso.

L’espressione viene usata in molti ambiti:

Nel mondo della moda potrei dire che un capo di abbigliamento, come un vecchio modello di pantaloni, dopo anni di oblio torna in auge grazie a un designer che lo reinterpreta in chiave moderna.
Nel mondo dello spettacolo invece un attore che ha avuto un periodo di successo e poi è stato dimenticato può tornare in auge (o anche alla ribalta, un’espressione simile che abbiamo già incontrato) con una performance eccezionale in un nuovo film.

Nel settore tecnologico, il vinile, dato per morto con l’avvento dei CD e della musica digitale, recentemente è tornato in auge, diventando un oggetto da collezione e un simbolo di qualità sonora.
Espressioni simili.

Altre espressioni che hanno un significato simile includono:

Tornare alla ribalta: Indica un ritorno sotto i riflettori, l’attenzione pubblica.
Risorgere dalle ceneri, che suggerisce un ritorno alla vita dopo una distruzione o un fallimento totale.

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Accadde il 9 luglio: il plebiscito

9 luglio 1978 (scarica audio)

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plebiscito 9 luglio Sandro Pertini

Il 9 luglio del 1978, l’Italia viveva un momento difficile. Erano anni di tensione, di piombo, di terrorismo e di profonda sfiducia verso le istituzioni. Ne abbiamo parlato varie volte in questa rubrica.
Soltanto due mesi prima, il 9 maggio, era stato ritrovato il corpo di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse, proprio nel cuore della Capitale.

Un evento che come abiamo visto aveva scioccato il Paese.

Fu proprio in questo contesto drammatico che, il giorno successivo all’ottava votazione, il Parlamento elesse un uomo che riuscì a riavvicinare le istituzioni ai cittadini, a ridare fiducia a un’Italia ferita. Quell’uomo si chiamava Sandro Pertini, e venne eletto con 832 voti su 995, un plebiscito.
Chi era Sandro Pertini?

Nato nel 1896, Pertini era un uomo schietto, antifascista della prima ora, partigiano, esiliato, più volte incarcerato durante il regime di Mussolini, e poi protagonista della Resistenza. Dopo la guerra, aveva ricoperto vari ruoli istituzionali, ma fu soprattutto come Presidente della Repubblica (dal 1978 al 1985) che lasciò un segno indelebile nel cuore degli italiani.

Pertini non era il classico presidente “di rappresentanza”. Parlava alla gente, visitava le carceri, incontrava gli operai, andava dove nessun presidente era mai andato prima. E lo faceva con un tono diretto, semplice, empatico.

Forse l’immagine più viva che molti italiani conservano di lui è quella di Sandro Pertini in tribuna, l’11 luglio 1982, allo stadio Santiago Bernabéu di Madrid, mentre l’Italia vinceva i Mondiali battendo la Germania per 3 a 1. Il presidente, con la pipa in mano, saltava in piedi, esultava come un tifoso qualunque.

Ad ogni modo, mettiamo le emozioni da parte per un attimo e focalizziamo l’attenzione sulla parola plebiscito.

La sua elezione, benché avvenuta all’ottava votazione, avvenne con un plebiscito: 832 voti su 995.
Plebiscito è un termine che, anche se nato in un contesto politico, oggi si usa in senso più ampio per descrivere qualunque scelta acclamata da una larghissima maggioranza.

Ma per capire bene di cosa stiamo parlando, dobbiamo fare un passo indietro… di qualche millennio.
La parola plebiscito deriva dal latino “plebiscitum”, che significa deliberazione della plebe.
Era una decisione votata dai concilia plebis, cioè le assemblee popolari della plebe romana, il ceto più basso della Roma antica. All’inizio queste decisioni non avevano valore vincolante per i patrizi, cioè per la nobiltà, ma con la legge Hortensia del 287 a.C. i plebisciti ottennero valore di legge per tutti i cittadini.
Quindi, in origine, il plebiscitum era letteralmente una legge decisa dal popolo. Una manifestazione di democrazia diretta, in cui non c’erano intermediari: la volontà collettiva diventava legge.

La parola plebe quindi, che dà origine a plebiscito, indica in questo contesto il popolo in generale, ma si tratta di quella parte del popolo di Roma antica dedita un tempo ad attività commerciali, che nei primi secoli della Repubblica non godeva dei diritti dei cittadini, riservati invece ai patrizi (proprietari terrieri). Anche oggi si usa per indicare la parte peggiore del popolo, la più arretrata o abbrutita.
Oggi la parola plebiscito indica quindi una maggioranza schiacciante, un voto del popolo quasi all’unanimità, non più semplicemente il voto da parte dei cittadini.

Col tempo, il significato si è allargato. Oggi “plebiscito” si usa anche in contesti non politici, per indicare una scelta o un consenso quasi unanime.
Esempi:

La nuova presidente ha ricevuto un plebiscito di consensi: 50 voti a favore e una scheda bianca, la propria.
L’iniziativa ha ottenuto un plebiscito di consensi sui social.
Tra tutti i candidati, il preside ha scelto Marco con un plebiscito da parte della commissione.

In tutti questi casi, non c’è nessun voto ufficiale, ma il termine serve a rendere l’idea della forza e dell’unità del consenso.

Modalità simili?
Potremmo parlare di “acclamazione” cioè una approvazione corale, spesso spontanea, senza voto (es. “eletto per acclamazione”).
Anche “quasi unanimità” è simile, ma in questo caso c’è sempre un voto, l’espressione di una preferenza e questa, se è unanime è senza alcuna eccezione. Se invece è quasi unanime possiamo dire che è un plebiscito.
Possiamo anche dire “maggioranza schiacciante“, simile a plebiscito, ma più neutro e più numerico.
Volendo vanno bene anche “Successo travolgente/ trionfo/ trionfo popolare“, termini più enfatici, che suggeriscono entusiasmo, ma non sempre indicano una votazione.

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ESSERE A CAVALLO (ep. 183)

Essere a cavallo

Trascrizione

Siete mai stati a cavallo?

Molti di voi probabilmente si, avranno fatto una passeggiata a cavallo almeno una volta nella vita, altri saranno solamente saliti su un cavallo, per provare, ma ad ogni modo oggi vorrei parlarvi dell’espressione idiomatica *essere a cavallo“, che usano tutti gli italiani in contesti informali quando credono di aver trovato la soluzione di un problema.

Per risolvere un problema ci può voler tempo, ma una volta capito come risolverlo i tempi saranno molto veloci. Andare a cavallo non è forse un modo per andare più velocemente? Non è forse un vantaggio essere su un cavallo anziché a piedi?

E allora quando siamo in una situazione di questo tipo, quando crediamo di aver trovato la soluzione ad un problema o anche quando ipotizziamo che questo accada. Attenzione, non abbiamo ancora risolto il problema, ma siamo vicini o almeno lo crediamo.

Usare il verbo essere è fondamentale per dare questa idea, perché andare a cavallo o recarsi a cavallo si usa quando materialmente andiamo da qualche parte in groppa ad un cavallo.

Che bella che è quella ragazza. Se accetta di venire a cena con me sono a cavallo!

Dai, ormai con due gol di vantaggio siamo a cavallo!

Credevo di essere a cavallo ma all’improvviso ho incontrato un ostacolo ancora più grande.

Si usa quasi sempre all’indicativo presente ma può capitare ad esempio:

Peccato, sembrava che ieri fossi a cavallo, invece devo ricominciare daccapo.

Ma come non hai risolto il problema? Avevi detto che eri a cavallo!

A volte si dice anche: “abbiamo svoltato“, frase che può essere usata al posto di “siamo a cavallo”. Ma il verbo svoltare lo vediamo domani.

Ora una frase di ripasso:

Elettra: Mio fratello ha la zeppola. Ve ne accorgete non appena pronuncia la lettera esse.

Doris: mai ho notato che Emanuele ha la zeppola Elettra, anzi ha la voce molto chiara.

Ulrike: Emanuele ha la zeppola? Non mi torna… Elettra, mi pare che gli stia tirando un tiro mancino!

Giovanni: Come la vedete se lo Mettiamo alla prova con una frase?

Emanuele: due minuti con italiano semplicemente!

Giovanni: appunto. Niente zeppola.

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Rauno (Finlandia 🇫🇮):

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182 – UN POSTO “IN”- 2 minuti con Italiano semplicemente

Audio

Giovanni: Siete mai stati in un posto in? O in un locale in?
No? Io credo di sì, ma forse non sapete cosa sia un locale “in”.
E’ sicuramente uno strano modo di indicare un locale, uno strano modo di descrivere le sue caratteristiche.
Un locale “in“, che si scrive semplicemente con le due lettere i ed n, è un locale particolare, con delle caratteristiche particolari.
Quali sono queste caratteristiche?
Si tratta di un locale che alcuni chiamerebbero chic (qualcuno preferisce usare questo termine francese), altri direbbero “un locale cool“, o “trendy” preferendo l’inglese, altri ancora definirebbero questi locali “esclusivi“, o “alla moda“, oppure “di tendenza“, o “che vanno per la maggiore“, o anche “i più frequentati“.
Ci sono differenze però tra queste modalità.
Chic indica un locale “di un’eleganza raffinata“, come può essere un vestito chic, una donna molto chic; quindi in generale indica eleganza, finezza, distinzione.
Questo locale si distingue dagli altri perché è più fine, più elegante, e probabilmente più costoso degli altri.
Esclusivo è un po’ diverso. Significa riservato a un numero ristretto e qualificato di persone. Queste persone devono avere una certa caratteristica: più ricche delle altre? Spesso è così. Ad ogni modo esclusivo significa che in questo locale non possono entrare tutti, ma si trovano persone che appartengono ad una cerchia ristretta selezionata da qualche criterio. Criterio che spesso è economico.
Cool indica invece un ambiente giovanile sicuramente, dove la moda ed il divertimento hanno il loro spazio. Si potrebbe dire anche un locale “trendy“. Italianizzando si direbbe “un locale alla moda“, ma in questo caso ci si riferisce alla popolarità del locale, a quante persone lo frequentano, a quanto se ne parla, alla popolarità insomma.
Un locale “in”, un posto o un luogo “in” è di solito una discoteca, o un club privato, anche un club sportivo. Non si parla quindi generalmente di un ristorante, dove in genere la popolarità dipende dalla qualità del cibo. Al limite può essere una enoteca o una sala da tè. Se si mangia all’interno probabilmente il locale “in” viene descritto usando termini francesi: un “salon de gastronomie“, dove troverete un bistrot, una patisserie, una boulangerie eccetera.
Ma perché “in”? Probabilmente sta per “in voga” cioè che “va di moda” che è “in crescita di popolarità“, quindi si indica il successo, una popolarità crescente. Si tratta quindi sicuramente di un locale che è molto conosciuto, con un certo successo, ma io direi che c’è anche una componente diciamo “selettiva”, un qualcosa che fa pensare anche ad un locale solo per certe persone, quindi selezionate secondo certi criteri.
Diciamo quindi che un locale “in” è un modo spesso usato per indicare sia il successo e la popolarità, sia anche che non è un posto per tutti. Attenti quindi perché se un locale è in, allora dovete stare attenti a come vestirvi.
Adesso una frase di ripasso:

andre

Andrè: Buongiorno a tutti! Una notizia a coloro a cui piace il calcio! Una bellissima partita è stata disputata la settimana scorsa all’Olimpico nella quale la squadra Roma è stata battuta dalla Juventus. Come di consueto Cristiano Ronaldo è stato preso di mira dai tifosi romanisti. A prescindere dal fatto che l’attaccante della squadra bianconera sia uno dei più grandi di tutti i tempi tantissimi tifosi sono insofferenti a lui. Ovviamente però CR7 se ne frega!

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