Accadde il 9 luglio: il plebiscito

9 luglio 1978 (scarica audio)

Trascrizione

plebiscito 9 luglio Sandro Pertini

Il 9 luglio del 1978, l’Italia viveva un momento difficile. Erano anni di tensione, di piombo, di terrorismo e di profonda sfiducia verso le istituzioni. Ne abbiamo parlato varie volte in questa rubrica.
Soltanto due mesi prima, il 9 maggio, era stato ritrovato il corpo di Aldo Moro, assassinato dalle Brigate Rosse, proprio nel cuore della Capitale.

Un evento che come abiamo visto aveva scioccato il Paese.

Fu proprio in questo contesto drammatico che, il giorno successivo all’ottava votazione, il Parlamento elesse un uomo che riuscì a riavvicinare le istituzioni ai cittadini, a ridare fiducia a un’Italia ferita. Quell’uomo si chiamava Sandro Pertini, e venne eletto con 832 voti su 995, un plebiscito.
Chi era Sandro Pertini?

Nato nel 1896, Pertini era un uomo schietto, antifascista della prima ora, partigiano, esiliato, più volte incarcerato durante il regime di Mussolini, e poi protagonista della Resistenza. Dopo la guerra, aveva ricoperto vari ruoli istituzionali, ma fu soprattutto come Presidente della Repubblica (dal 1978 al 1985) che lasciò un segno indelebile nel cuore degli italiani.

Pertini non era il classico presidente “di rappresentanza”. Parlava alla gente, visitava le carceri, incontrava gli operai, andava dove nessun presidente era mai andato prima. E lo faceva con un tono diretto, semplice, empatico.

Forse l’immagine più viva che molti italiani conservano di lui è quella di Sandro Pertini in tribuna, l’11 luglio 1982, allo stadio Santiago Bernabéu di Madrid, mentre l’Italia vinceva i Mondiali battendo la Germania per 3 a 1. Il presidente, con la pipa in mano, saltava in piedi, esultava come un tifoso qualunque.

Ad ogni modo, mettiamo le emozioni da parte per un attimo e focalizziamo l’attenzione sulla parola plebiscito.

La sua elezione, benché avvenuta all’ottava votazione, avvenne con un plebiscito: 832 voti su 995.
Plebiscito è un termine che, anche se nato in un contesto politico, oggi si usa in senso più ampio per descrivere qualunque scelta acclamata da una larghissima maggioranza.

Ma per capire bene di cosa stiamo parlando, dobbiamo fare un passo indietro… di qualche millennio.
La parola plebiscito deriva dal latino “plebiscitum”, che significa deliberazione della plebe.
Era una decisione votata dai concilia plebis, cioè le assemblee popolari della plebe romana, il ceto più basso della Roma antica. All’inizio queste decisioni non avevano valore vincolante per i patrizi, cioè per la nobiltà, ma con la legge Hortensia del 287 a.C. i plebisciti ottennero valore di legge per tutti i cittadini.
Quindi, in origine, il plebiscitum era letteralmente una legge decisa dal popolo. Una manifestazione di democrazia diretta, in cui non c’erano intermediari: la volontà collettiva diventava legge.

La parola plebe quindi, che dà origine a plebiscito, indica in questo contesto il popolo in generale, ma si tratta di quella parte del popolo di Roma antica dedita un tempo ad attività commerciali, che nei primi secoli della Repubblica non godeva dei diritti dei cittadini, riservati invece ai patrizi (proprietari terrieri). Anche oggi si usa per indicare la parte peggiore del popolo, la più arretrata o abbrutita.
Oggi la parola plebiscito indica quindi una maggioranza schiacciante, un voto del popolo quasi all’unanimità, non più semplicemente il voto da parte dei cittadini.

Col tempo, il significato si è allargato. Oggi “plebiscito” si usa anche in contesti non politici, per indicare una scelta o un consenso quasi unanime.
Esempi:

La nuova presidente ha ricevuto un plebiscito di consensi: 50 voti a favore e una scheda bianca, la propria.
L’iniziativa ha ottenuto un plebiscito di consensi sui social.
Tra tutti i candidati, il preside ha scelto Marco con un plebiscito da parte della commissione.

In tutti questi casi, non c’è nessun voto ufficiale, ma il termine serve a rendere l’idea della forza e dell’unità del consenso.

Modalità simili?
Potremmo parlare di “acclamazione” cioè una approvazione corale, spesso spontanea, senza voto (es. “eletto per acclamazione”).
Anche “quasi unanimità” è simile, ma in questo caso c’è sempre un voto, l’espressione di una preferenza e questa, se è unanime è senza alcuna eccezione. Se invece è quasi unanime possiamo dire che è un plebiscito.
Possiamo anche dire “maggioranza schiacciante“, simile a plebiscito, ma più neutro e più numerico.
Volendo vanno bene anche “Successo travolgente/ trionfo/ trionfo popolare“, termini più enfatici, che suggeriscono entusiasmo, ma non sempre indicano una votazione.

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