Accadde il 9 ottobre 2021: malcapitato

Malcapitato (scarica audio)

Trascrizione

Il 9 ottobre 2021, a Roma, ci fu un episodio piuttosto acceso: l’assalto alla sede della CGIL (la maggiore organizzazione sindacale per il diritto dei lavoratori) da parte di alcuni manifestanti contrari al Green Pass. I famosi no-vax.

Eravamo in piena era Covid, ricordate?

Ora, tranquilli: non voglio parlare di politica e tantomeno di virus, ma di lingua italiana.

Perché tra la folla di quel giorno c’era sicuramente qualche malcapitato.

Chi è un malcapitato?

Chi sono i malcapitati. Beh, intanto si scrive in una sola parola, anche se è l’unione delle parole “mal” e “capitato”.

Il malcapitato è una persona che capita – ahimè – nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

Quando poteva capitare un altro, è capitato proprio lui o lei, la malcapitata.

Il malcapitato, infatti, non ha colpe: è solo la vittima del caso.

Immaginate un passante qualunque, magari un povero turista tedesco in vacanza a Roma.

Magari stava fotografando una bella scritta “CGIL” pensando fosse un monumento… e zac! Si ritrova in mezzo ai manifestanti, ai giornalisti, e magari finisce pure in TV, accusato di essere uno dei capi.

Ecco, quello è un malcapitato.

Un altro esempio più comune:

«Il professore se la prese col malcapitato studente».

Cosa significa? Che il povero studente, senza sapere perché, finisce nel mirino del professore.

Forse ha sbadigliato, forse era semplicemente il primo della fila.

Insomma, la sfortuna ha voluto che toccasse proprio a lui.

Il bello è che il malcapitato non fa nulla per meritarselo.
È il destino, o meglio, il caso, a decidere.

È capitato male, appunto.

I sinonimi?
Puoi dire sventurato, disgraziato, sfortunato.

Ma “malcapitato” è più delicato, meno drammatico.
Un disgraziato può essere anche una brutta persona, mentre un malcapitato è quasi sempre una vittima innocente.

Il contrario, naturalmente, è un fortunato. Non esiste infatti la parola “bencapitato”.

Quello che si trova al posto giusto nel momento giusto.

Insomma: il malcapitato e il fortunato sono due facce della stessa medaglia, due modi diversi di “capitare”.

E chissà, forse anche quel 9 ottobre Dario Fo, se fosse stato vivo, ci avrebbe scritto sopra una bella commedia, piena di equivoci e malintesi.

Perché, in fondo, il “malcapitato” è un personaggio tipico della vita e del teatro: quello che paga per tutti, senza aver fatto niente.

Per la cronaca,Dario Fo è stato insignito del premio nobel per la letteratura nell’anno 1997, sempre il 9 ottobre.

Fare attenzione, fare caso e prestare attenzione (ep. 931)

Fare attenzione, fare caso e prestare attenzione (scarica audio)

Giovanni: Mi è stato richiesto di spiegare la differenza tra “fare attenzione” e “fare caso”.

Sono due locuzioni che hanno delle somiglianze ma anche delle differenze alle quali vi prego di prestare attenzione.

In estrema sintesi, possiamo dire che entrambe si riferiscono alla consapevolezza di un evento o di una situazione, ma “fare attenzione” si concentra sull’essere concentrati e vigili, mentre “fare caso” si riferisce a notare qualcosa.

Si possono usare in sostituzione in alcuni casi, ma ci sono alcune sfumature che le distinguono.

Ad esempio, se qualcuno ti dice di “fare attenzione” (o di stare attento/a) a una strada trafficata, si sta concentrando sulla necessità di essere vigili, di stare attenti, che occorre consapevolezza per evitare un incidente, mentre se ti dice di “fare caso” a qualcosa, si sta chiedendo di notare un particolare dettaglio.

Il verbo “notare” si può usare in luogo di “fare caso” perché si tratta di qualcosa che potrebbe sfuggire. Si tratta spesso di un dettaglio e di solito niente di pericoloso.

In entrambi i casi si può usare la preposizione “a”.

Hai fatto caso al colore del cielo che c’è in Italia? È molto più blu rispetto al mio paese!

Bisogna fare attenzione alle buche sulla strada.

Hai fatto caso che Giovanni è un po’ triste?

Hai notato che Giovanni oggi è u po’ triste?

Fate attenzione ragazzi, perché questo è un argomento importate e sicuramente lo chiederò all’esame.

Le locuzionu “fare caso” e “fare attenzione” si possono entrambe sostituire con “prestare attenzione”, che è, tra l’altro, meno informale.

Prestare attenzione si può usare sia per notare un dettaglio che potrebbe sfuggire, ma si usa in particolar modo nel senso di restare concentrati durante una spiegazione:

Presta attenzione ai suoi occhi e noterai che sono lucidi. Segno che ha appena pianto.

Qui è più vicino a “fare caso” .

Oppure si può usare per segnalare un pericolo o per far notare una cosa importante, proprio come “fare attenzione”:

Presta attenzione alla guida sennò vai fuori strada

Devi prestare più attenzione quando spiego, perché altrimenti poi impieghi il triplo del tempo per imparare la lezione.

È tutto per oggi. Prestate attenzione al ripasso però. Sono sicuro che sarà utile per voi.

Oggi ripassiamo alcuni episodi passati tra cui alcuni verbi che si utilizzano in contesti lavorativi. Avete fatto caso al fatto che non ripassiamo molto spesso questi verbi?

Lejla: Ciao a tutti, oggi vorrei discutere di ciò che è più importante nella vita. Per me tutto dipende dalla felicità e dal raggiungimento di un equilibrio stabile tra i vari aspetti della vita. Questo mi permette di essere soddisfatta e serena. Ne convenite?

Karin: si fa presto a dire ne convenite.
Diciamo che sono d’accordo con te, la felicità è sicuramente importante. Ma c’è anche la realizzazione personale, il raggiungimento dei propri obiettivi. Parlo dell’auto-realizzazione. C’è qualcuno che non presta attenzione però, o sbaglio?

Marcelo: sto ascoltando, non fare la spiritosa. Io penso che la cosa che più conta, dopo aver vagliato tutta la vita tra le varie possibili risposte, sia la ricerca della verità. Come affermava Socrate, “la vita senza verità non vale la pena di essere vissuta”.

Estelle: che fai, ti inventi le frasi di Socrate? Ma io non lo so! Concordo con te comunque: la verità e la conoscenza sono fondamentali nella vita. Ma vorrei suggerire l’importanza delle relazioni interpersonali, come sosteneva Martin Buber.

Danielle: Ma come possiamo valutare quale di questi aspetti abbia più importanza per pervenire a una soluzione?

Marcelo: Possiamo disaminare le motivazioni che ci spingono e capire quale di esse ci rende più appagati e soddisfatti? Sennò non ne usciamo! Non mi equivocate però. L’argomento è interessantissimo.

Karin: caldeggio la tua idea, ma non dobbiamo limitarci solo alla nostra personale prospettiva. Possiamo guardare anche alle esigenze della società in cui viviamo.

Estelle: a sto punto disdico al ristorante! Ci vuole una vita qui a esaurire questo discorso. Comunque per far prima potremmo attenerci alle teorie di pensatori importanti come Aristotele, che sosteneva l’importanza dell’equilibrio tra i vari aspetti della vita.

Khaled: Quindi potremmo dire che l’importanza dipende dalle circostanze e dalle necessità di ognuno di noi. Ma come possiamo ristabilire l’equilibrio tra i vari aspetti quando l’equilibrio viene perso?

Karin: Possiamo cercare una via di mezzo, come sosteneva Aristotele, riconoscendo l’importanza di tutti i fattori della vita. Non ho una risposta personalmente, e poi lungi da me la volontà di impartire lezioni agli altri.

Marcelo: E come sottolineava Kant, dovremmo fare ricorso alla ragione e al buonsenso per risolvere i conflitti e trovare un equilibrio.

Estelle: Ma dobbiamo anche valutare l’ammontare delle risorse che abbiamo a disposizione e fare attenzione a non cedere troppo su un aspetto a discapito degli altri.

Edita: la Risorsa più importante per ora è il tempo e io ho fame. Scusate se sembro venale, ma bisogna constatare che si è fatta una certa ora. Aristotele può aspettare e io pertanto mi esento dal proseguire la discussione.

Hartmut: vabbè taglio corto allora. Liquidiamo la questione dicendo che alla fine siamo d’accordo sul fatto che l’importanza nella vita dipende dalle esigenze e dalle necessità di ognuno di noi e che dobbiamo cercare un equilibrio tra i vari aspetti per essere appagati e realizzati. E sia! Per me melanzane alla parmigiana!

Karin: ben detto! Adesso mangiare bene è la cosa più importante e appagante.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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790 Quando si dice

Quando si dice

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Trascrizione

Gianni: oggi voglio spiegarvi una curiosa espressione: “quando si dice”.

Un’espressione che si usa per fare una esclamazione.

Il nostro obiettivo è porre all’attenzione dell’ascoltatore una cosa curiosa che è accaduta, o inattesa, o incredibile, o evidenziare, anche ironicamente una caratteristica.

Il modo più frequente di utilizzo è:

Quando si dice il caso!

Con questa esclamazione si vuole far notare che è successo qualcosa di casuale ma è veramente strano che sia accaduto per caso.

Es:

Ieri ho sognato di incontrare una attrice famosa e proprio oggi ho incontrato Monica Bellucci. Quando si dice il caso!

Come dire: che coincidenza, veramente strana questa cosa che mi è successa. Una strana casualità questa.

Vi devo dire però che “quando si dice il caso” spessissimo viene utilizzata in senso ironico, ed allora è simile all’espressione “guarda caso” che abbiamo già trattato. La differenza è che “guarda caso” generalmente è seguita dalla frase sulla quale si sta ironizzando.

Come singola esclamazione invece sono equivalenti ma solo quando il senso è ironico.

Es: a casa mia non abbiamo mai mangiato pane. Però da qualche tempo ho il sospetto che mia moglie mi tradisca con il panettiere, perché guarda caso ogni giorno a casa c’è sempre il pane fresco. Quando si dice il caso!

Il senso è sempre ironico, e si vuole dire che non è affatto un caso che c’è sempre il pane fresco. Il sospetto sembra essere confermato. Non credo alle casualità.

Quando si dice”, più in generale, si usa in molti altri modi, nel senso che può essere seguito da parole diverse, generalmente termini singoli come qualità, caratteristiche delle persone.

Es: oggi sono uscito di casa e sono caduto proprio su una cacca! Quando si dice la sfortuna!

Qui voglio sottolineare quanto sono stato sfortunato, perché sarei potuto cadere semplicemente in terra, o su un prato o sul marciapiede. Invece sono stato proprio sfortunato.

Si vuole sottolineare, enfatizzare ciò che è accaduto perché rappresenta un episodio veramente sfortunato.

Posso fare lo stesso con la fortuna:

Giovanni ha partecipato alle olimpiadi e durante la gara finale, tutti i suoi migliori avversari, che erano i favoriti, hanno dovuto ritirarsi dalla gara per problemi fisici. Quando si dice la fortuna!

Vale a dire: quanto accaduto rappresenta una manifestazione eclatante della fortuna. Si tratta di vera fortuna, mai visto un caso simile prima d’ora.

Il tono con cui si pronuncia questa esclamazione è molto importante, anche perché si deve capire che non si tratta di una domanda, anche se questa espressione potrebbe anche sembrare, a chi non la conosce, proprio una domanda.

In realtà a volte il tono potrebbe anche essere quello fi una domanda perché può capitare che ci si rivolge all’interlocutore con tono interrigativo, quasi a chiedere una conferma:

Quando si dice la fortuna, vero?

Quando si dice una combinazione, no?

Altre volte invece il tono non è quello di una domanda ma quello di una esclamazione con cui si può esprimere sconforto, sconsolazione, rammarico o sollievo o stupore o ilarità.

Oltre al caso (o la combinazione), la paura, la sfortuna e la fortuna, possiamo usare anche altri termini o intere frasi volendo, ma queste sono le modalità più frequenti. Se si prova a usare frasi più lunghe c’è anche il rischio di non essere compresi quindi vi consiglio di non osare troppo.

Potete comunque provare a usare altri termini, tipo la puntualità, la sincerità, la compostezza, la comodità e altro:

Appena sposato, un uomo ha tradito la moglie ancora prima di partire per il viaggio di nozze. Quando si dice la fedeltà!

Anche qui il senso è chiaramente ironico. Accade di frequente con questa espressione.

Oppure posso anche usare brevi frasi:

Il capo del partito aveva sempre detto che la famiglia è la cosa più importante, poi però lui si è sposato tre volte. Quando si dice che la coerenza in politica è tutto!

Avete notato che a volte c’è una somiglianza con l’espressione “della serie”? Questo accade soprattutto con le frasi più lunghe.

Pensateci.

Adesso ripassiamo:

Anthony: Manca ancora un ripasso? Vienici un po’ incontro Gianni, ci servirebbe un bell’assist per poter produrre qualcosa consono alle aspettative degli ascoltatori e per evitare che ci scappino castronerie.

633 E’ Il caso o non è il caso?

E’ Il caso o non è il caso?

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Trascrizione

Giovanni: dopo aver visto l’episodio si dà il caso che“, forse è il caso di approfondire maggiormente il senso della parola “caso”.

Ma non è proprio il caso di occuparci di tutti i suoi utilizzi, considerando che ce ne sono parecchi.

Allora mi limiterò alle espressioni “è il caso” e “non è il caso“, che ho già utilizzato pochi secondi fa, non a caso.

Bisogna dire infatti che il termine “caso” può indicare, tra le altre cose, una situazione particolare, una situazione da affrontare, una situazione di fronte alla quale bisogna agire, per capire cosa fare. È come se dividessimo tutte le diverse situazioni in categorie, chiamate “casi”.

Cosa fare?

Oppure:

Cosa è il caso di fare?

Come a dire: in quale situazione siamo, in quale caso siamo?

Si può anche dire così, se vogliamo sottolineare la delicatezza della questione, o il fatto che stiamo valutando attentamente cosa fare.

Ciò che intendo dire è: è una di quelle situazioni in cui bisogna comportarsi in un certo modo? Siamo in uno di quei casi?

Ad esempio, se mi bocciano all’esame di italiano, posso dire:

E adesso?

E’ una di quelle situazioni in cui bisogna insistere e rifare l’esame? Oppure mi devo arrendere? Qual è il caso?

È una situazione nella quale insistere oppure no?

Oppure posso dire:

È il caso di insistere secondo te?

Sarebbe il caso di rifare l’esame?

Secondo te è il caso di riprovare a dare l’esame? Oppure non credi sia il caso?

Quindi si sta chiedendo, in fondo, se sia meglio fare un’azione oppure farne un’altra.

È meglio la scelta A o la scelta B ?

Ma c’è qualcosa di più rispetto alla scelta migliore.

Generalmente quando è il caso o meno di fare qualcosa, c’è una situazione delicata, quindi la scelta migliore deve tener conto spesso, ma non sempre, di qualcosa di delicato, di opportuno.

Vedete che torniamo sempre, recentemente almeno, alle cose opportune da fare.

Oddio, ho fatto due starnuti. Avrò il Covid?

No, tranquillo, non è il caso di preoccuparsi per così poco.

Vedete quindi che non si tratta semplicemente della scelta migliore.

In questa occasione è come se dicessi: non vale la pena preoccuparsi, non bisogna preoccuparsi, non siamo in una situazione in cui bisogna preoccuparsi. Non siamo in quel caso.

Occorre preoccuparsi o no, per due starnuti?

È il caso di preoccuparsi?

Non credo sia il caso. Almeno in questo caso.

Oppure, un altro esempio:

Vuoi andare a parlare col professore vestito così?

Non credo sia assolutamente il caso di presentarsi con la tuta da ginnastica!

Questa sicuramente è una situazione delicata.

Il tuo abbigliamento non è adatto. Secondo me non è il caso.

Molto simile (in questo esempio) a “non è opportuno” e potremmo parlare anche di “discrezione” perché siamo nell’ambito dei comportamenti adatti o non adatti, opportuni o non opportuni.

Vi faccio notare che “non è il caso” ha qualcosa in comune con “non è cosa“, di cui abbiamo già parlato. “Non è cosa”, si potrebbe tradurre, volendo con “non è assolutamente il caso“, ma si usa anche quando qualcosa non riesce proprio, nonostante molti tentativi. “Non è cosa” è anche molto più informale e netta come espressione, quando si usa per escludere categoricamente che qualcosa vada fatto.

Non è il caso somiglia invece più ad un consiglio.

E adesso credete sia il caso di fare un bel ripasso degli episodi precedenti?

Direi di sì, visto che i due minuti sono già passati.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Ulrike: cos’hai Irina? Perché sei così nervosa? Sembri un’anima in pena!

Irina: hai ragione, questa mia preoccupazione si deve al fatto che sono stato/a invitata a pranzo in ambasciata oggi e non vorrei prestarmi a brutte figure. Sono preoccupata perché non conosco bene il galateo a tavola, ma la forma è sostanza in posti così! Sono preoccupata soprattutto perche dovrò sbucciare la frutta. Ci saranno qualcosa come 10 ambasciatori a questo pranzo. Non vi dico che ansia!

Marcelo: Senza contare che dovrete prendere anche il caffè!

Mary: dovrai imparare a prendere il caffè per bene allora.
Avete presente quello che dice il galateo in merito?

Rafaela: Secondo me si tratta di indicazioni che lasciano il tempo che trovano. Predicano un comportamento piuttosto lezioso, roba di tempi passati. Come la vedete voi?

Anthony e Rauno: ma quando mai? Ti aiuto io. Sempre che tu voglia essere aiutata. Innanzitutto non approfittare, cioè non fare incetta di cibo.

Irina: ci mancherebbe! Altrimenti verrà a galla la mia mancanza di stile.

Peggy: anch’io ne so qualcosa di galateo. Ad esempio, riguardo al caffè, la tazzina va sollevata con pollice e indice, e quindi portata verso le labbra (non è il contrario, cioè non è la bocca che va verso la tazzina).

Sofie: poi, sempre stando al galateo, il cucchiaino va usato solo per mescolare lo zucchero, non per pulirlo dal caffè con la bocca. Mi raccomando!

Harjit: non è segno di classe neanche soffiare sul caffè se è troppo caldo, e sarebbe fuori luogo anche appoggiare il cucchiaino nella tazzina. Bisogna infatti appoggiarla sul piattino, sul lato destro.

Flora: E non fare strani versi dopo averlo bevuto qualora il caffè fosse una ciofeca. Forte dei nostri consigli adesso farai un figurone!

Mary: e con l’ammazza caffè come la mettiamo? Ma forse non è il caso di prendere anche quello…

Irina: infatti, vabbè grazie dei consigli ragazzi. Adesso bando alle ciance. Vado a prepararmi! Ma credo che le mie possibilità di cavarmela siano remote!