Farsi interorete (scarica audio)
Trascrizione
Benvenuti a tutti nella rubrica “accadde il“, iniziata 31 giorni fa.
È la rubrica che collega l’Italia del passato alla lingua del presente, unendo storia, cultura e lingua in un viaggio quotidiano attraverso le parole!
Ogni giorno, nel gruppo WhatsApp dell’associazione Italiano Semplicemente, partiamo da un evento storico accaduto in un giorno preciso per rivelare curiosità nascoste e scoprire come il linguaggio si intreccia con la cultura.
Trasformiamo la storia in un’opportunità per capire e usare meglio la nostra lingua.
Oggi parliamo del 31 gennaio e l’episodio è a disposizione di tutti i visiitori di Italiano Semplicemente. Per ascoltare e leggere anche gli altri episodi basta diventare membri della nostra bella famiglia.
Correva l’anno 1951 quando il 31 gennaio, a San Remo, in Liguria, Nilla Pizzi vince la prima edizione del Festival di Sanremo, cantando “Grazie dei fiori”.
Furono in gara 20 canzoni, mentre a concorrere furono solamente tre interpreti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano.
La canzone vincitrice fu composta dal maestro Saverio Seracini poco tempo dopo essere divenuto improvvisamente cieco. Pensate un po’.
Comunque sia, dopo l’episodio vi faccio ascoltare la canzone vincitrice, ma prima voglio parlarvi degli interpreti. Ho detto che ci furono solo tre interpreti in quel festival. Che significa?
Significa che, a differenza delle edizioni successive, nel primo Festival di Sanremo del 1951 le 20 canzoni in gara furono interpretate solo da tre artisti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. Non c’erano più cantanti a eseguire la stessa canzone, come avviene oggi.
In pratica, la competizione si concentrava più sulle canzoni che sugli interpreti, e questi tre artisti si alternavano nell’esecuzione dei vari brani in gara. Alla fine, Nilla Pizzi trionfò con Grazie dei fiori, dando inizio alla storia del Festival della Canzone Italiana.
Il termine interpreti in questo caso indica i cantanti.
In generale però interprete è chi interpreta, cioè chi dà espressione e significato a un’opera, trasmettendola al pubblico. Può riferirsi a un cantante o un musicista che esegue un brano, cioè lo interpreta.
Un attore ugualmente può interpretare un ruolo.
Oppure parliamo di un traduttore simultaneo (è un interprete linguistico).
Nella danza l’interprete può essere un ballerino che esegue una coreografia con espressività.
Sapete che Il verbo “interpretare” può anche significare capire in un certo modo, a volte in modo errato o distorto, volontariamente o meno.
Per esempio:
Hai interpretato male le mie parole, non volevo offenderti! (cioè hai capito in modo sbagliato)
I giornalisti hanno interpretato a loro modo le dichiarazioni del politico. (cioè hanno dato un significato diverso, forse volutamente)
Quindi, oltre a significare dare un’interpretazione artistica (come un attore o un musicista), può anche indicare comprendere soggettivamente, con il rischio di fraintendere o manipolare il significato originale.
Esiste anche la locuzione “farsi interprete” di qualcosa. Molto interessante.
La locuzione “farsi interprete” significa assumersi il compito di rappresentare, esprimere o trasmettere un’idea, un sentimento, un’esigenza o la volontà di qualcun altro.
Per esempio:
Il sindaco si è fatto interprete delle richieste dei cittadini presso il governo.L’artista si è fatto interprete del dolore della sua epoca attraverso le sue opere.
In questo senso, interprete non indica solo chi recita o canta, ma chi dà voce a un pensiero o a una causa, rendendola comprensibile e comunicandola agli altri.
Mai sentito un non madrelingua usare questa locuzione, lo sapete?
Generalmente si usa quando si rappresentano gli interessi di un certo gruppo di persone, anche se queste persone non ti hanno chiesto nulla.
Quando qualcuno si fa portavoce degli interessi di un gruppo di persone, dei loro sentimenti o delle loro esigenze, allora questa persona si fa interprete dei loro interessi.
Per esempio:
Il sindacalista si è fatto interprete delle richieste dei lavoratori.
Lo scrittore si è fatto interprete delle inquietudini della sua generazione.
L’idea è quella di mediare e trasmettere un messaggio o un’esigenza, proprio come un interprete fa con una lingua straniera.