Fare pelo e contropelo

Fare pelo e contropelo (scarica audio)

episodio 1206

Trascrizione

Bentornati nella rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente”.
Oggi parliamo dell’espressione “fare pelo e contropelo

Partiamo dal senso proprio.
Quando ci si fa la barba, noi maschietti, possiamo decidere come passare il rasoio. In quale verso intendo.

Sapete bene che il pelo cresce in una direzione precisa.

Cambia un po’ da persona a persona direi.

Radersi “a pelo” significa passare il rasoio nel verso del pelo, cioè nella stessa direzione in cui crescono i peli. È un modo più delicato e meno irritante per la pelle.

Radersi “a contropelo”, invece, vuol dire passare il rasoio in direzione opposta alla crescita del pelo.

Bisogna andare “contro” la direzione del pelo.

Il risultato è una rasatura più profonda, ma anche più aggressiva. Potrebbe generare irritazioni ed anche piccole ferite se non si sta attenti.

Da questa immagine concreta nasce il senso figurato dell’espressione.

Dire che si fa pelo e contropelo a una persona (o anche a una azienda o organizzazione) significa analizzarla o anche interrogarla a fondo, in tutti i dettagli, senza lasciar correre nulla.

Si può usare, ad esempio, per dire che un giornalista ha messo qualcuno “sotto torchio” , gli ha fatto mille domande, oppure che un investigatore ha esaminato un caso minuziosamente, da ogni angolazione.

Ad esempio:

Il revisore ha passato i conti dell’azienda. Gli ha fatto pelo e contropelo.

L’intervistatore ha fatto pelo e contropelo al politico su tutte le questioni più scomode.

Non è mai molto piacevole quando qualcuno ti fa pelo e contropelo. Proprio come può essere una rasatura a fondo. Può irritare, infastidire, indispettire, far arrabbiare.

In definitiva, usare questa espressione informale vuol dire non accontentarsi della superficie, ma andare a fondo, anche a costo di dare un po’ fastidio.

Adesso spero non vi irritiate se vi chiedo, cari membri, di fare un bel ripasso coi fiocchi.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Julien: Un ripasso vuoi? Reduce da una notte in bianco, non me la sento proprio. Sai che c’è? Adesso mi metto su una sdraio e schiaccio un pisolino pomeridiano. Spero che questo rifiuto non ti faccia prendere i 5 minuti.

Estelle: Non è questione di pudicizia, ma non faccio ripassi da illo tempore. Per mancanza di allenamento temo di cacciarmi inun ginepraio e non vorrei scadere nella vostra stima.

Marcelo: Invece io, dopo la mia passeggiata e l’allenamento in palestra sono completamente Kappaò! Nonostante questo, la sfida di fare un ripasso è sempre un invito da non sprecare, e mi desta la voglia di fare del mio meglio. E fu così che, via via, il ripasso prese forma! Visto?
Detto ciò, vi saluto con un buffetto virtuale!

Accadde il 28 settembre 1911: il senso critico

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Trascrizione

Un buon evento da cui prendere spunto oggi è l’invio dell’ultimatum italiano all’Impero Ottomano (i turchi) il 28 settembre 1911, che fu uno degli atti preparatori della guerra italo-turca per la conquista della Libia. Oggi la Libia ovviamente non è più parte dell’Italia, ma questa è una storia lunga.

In quella data, il governo italiano (guidato da Giolitti) consegnò un ultimatum all’Impero Ottomano con richieste che, se non accettate entro 24 ore, avrebbero portato alla guerra. Per la cronaca, un ultimatum è una comunicazione (in questo caso diplomatica) normalmente scritta con cui uno Stato pone a un altro Stato delle condizioni precise, spesso con un tempo limite per accettarle.

Era un momento delicato: decisioni diplomatiche, valutazioni su rischi e benefici, considerazioni sull’opinione pubblica, su alleanze, su conseguenze internazionali, militari, economiche.

Questo evento è utile per parlare di “senso critico”, perché coinvolge proprio l’uso ragionato del giudizio: il governo non prende una decisione a cuor leggero, ma valuta vari elementi, fa proiezioni, confronta informazioni, decide su basi diplomatiche oltre che politiche. In pratica serviva avere un elevato senso critico.

Cosa significa averesenso critico”?

Senso critico” è un’espressione composta da due parole:

Senso: qui inteso come una capacità. Quella di percepire, giudicare, capire; è l’attitudine, l’uso di facoltà intellettuali. Bisogna usare la testa.

Critico: non nel senso di “criticare sempre e negativamente”, ma nel senso di “analitico”, “riflessivo”, “che non accetta passivamente, che valuta, che confronta”.

Quindi il “senso critico” indica quella capacità di pensare in modo autonomo, di non accettare tutto ciò che viene detto, ma di interrogare, valutare fonti, distinguere fra ciò che è ben fondato e ciò che non lo è; considerare implicazioni, alternative, conseguenze.

Nel caso dell’ultimatum del 1911, i decisori politici dovevano valutare non solo le ragioni (economiche, strategiche, di prestigio nazionale), ma anche i rischi di guerra, le reazioni internazionali, il costo umanitario e finanziario.

Dovevano considerare le conseguenze a breve e a lungo termine: occupazione, gestione della colonia, resistenza locale, rapporti con le potenze europee.

Dovevano usare fonti di informazione diverse: diplomatici, servizi segreti, pubblica opinione, militari.

Questo è senso critico applicato: non reagire d’impulso, ma con analisi, confronto e prudenza.

Altri esempi:

A scuola o all’università, uno studente che non accetta semplicemente ciò che il libro di testo o il professore dice, ma controlla le fonti, cerca documenti originali, mette a confronto opinioni diverse, verifica dati. Questo studente ha uno spiccato senso critico. Si usa spessissimo l’aggettivo spiccato in questi casi. Vuol dire elevato, evidente.

Quando si legge una notizia online, è sano chiedersi: chi è la fonte? È affidabile? Ci sono conflitti d’interesse? C’è conferma da più parti? Chi condivide tutto senza pensarci non ha senso critico.

Un manager che decide una strategia non solo su intuizione, ma analizzando dati, rischi, costi, alternative. Decisamente è dotato di senso critico.

Chi non ha per niente senso critico accetta passivamente quello che viene detto o proposto, senza porsi domande.

Questa persona senza senso critico non fa analisi né alcuna valutazione.
Potrei dire anche che è un credulone, perché crede a tutto senza verificare.

Meno informalmente direi che parliamo di
Conformismo.

Un conformista si adegua all’opinione comune senza riflettere.

Oppure è superficiale. Si ferma all’apparenza senza approfondire.