Tant’è

Tant’è

episodio 1212

Audio in preparazione

Trascrizione

Bentornati nella rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente”.

Ricordate l’espressione “tant’è vero che”?

Ne abbiamo parlato in un episodio e vi ho spiegato che “tant’è vero che”, come ricorderete, introduce una prova o una conferma di ciò che si è appena affermato.

Serve a rafforzare un’idea, mostrando un fatto concreto che la dimostra. È simile a “a riprova del fatto che”, “lo dimostra il fatto che”, “infatti“.

Esempio:

Era un artista apprezzato, tant’è vero che le sue opere sono esposte nei maggiori musei.

In realtà, non ricordo se ve l’avevo detto, possiamo omettere la parola “vero” e il senso non cambia. È solamente più colloquiale.

Es.

Ho preso troppo sole, tant’è che mi è venuto un bel mal di testa.

Quindi: prima si fa un’affermazione, poi si aggiunge “tant’è vero che” oppure “tant’è che” per presentare un elemento che la convalida.

Oggi vediamo un’espressione apparentemente simil: “tant’è“, decisamente più breve.

Tant’è vero che” però è diverso da “ma tant’è“, prima di tutto perché stavolta c’è un”ma” davanti, secondo perché “ma tant’è” si usa per concludere un ragionamento mentre “tant’è vero che” va fatto seguire da qualcosa che rende più vera l’affermazione iniziale.

Il fatto dì mettere quel “ma” all’inizio serve proprio a presentare un problema che bisogna accettare, qualcosa di cui prendere atto e basta.

Questa espressione quindi, detto in altre parole, nasce dall’esigenza di commentare ciò che non si può cambiare, con un misto di realismo e rassegnazione.

Attenzione perché non c’è ribellione né disperazione: c’è una constatazione, quasi fatalistica, accompagnata spesso da un gesto delle mani che sembra dire “e che possiamo farci?”.

Ma tant’è” , come detto, si colloca alla fine di una frase, o comunque a conclusione di un ragionamento, proprio per chiuderlo: serve ad accettare una situazione, anche sgradevole, riconoscendola come inevitabile, magari perché è già accaduta.

Se dico:

Ho studiato per giorni, ma l’esame è andato male. Probabilmente ho studiato poco, ma tant’è.

Sto implicitamente riconoscendo lo sforzo, l’amarezza, ma anche l’impossibilità di cambiare l’esito.

Nel linguaggio quotidiano, “ma tant’è” assume, potremmo dire, il ruolo di una valvola di sfogo attenuata: non urla, non si lamenta. È una resa senza dramma. Diversamente da un’espressione come “pazienza”, che può apparire più neutra, o da “che disastro!”, che veicola un’emozione forte, “ma tant’è” contiene una riflessione se vogliamo dolorosa (non sempre) ma composta.

Somiglia molto a “c’è poco da fare”, “le cose stanno così”,dobbiamo accettarlo”, e il tono è al massimo dimesso e rassegnato, ma non arrabbiato.

Facciamo qualche esempio per comprenderne l’uso nelle conversazioni:

Quando un caro amico racconta:

Avevo un sogno nel cassetto, poi però non avevo i mezzi per realizzarlo, ma tant’è.

Emerge la consapevolezza dell’impossibilità, la rassegnazione.

Oppure nella vita lavorativa:

Il progetto era valido. Alla fine non è stato finanziato, ma tant’è”.

In politica, nel commentare un provvedimento controverso:

La legge è passata per via dell’assenza di molti senatori in aula. Non è una bella notizia, ma tant’è”.

C’è il sottinteso è che ormai non resta altro che prenderne atto.

Eppure, dietro questa formula linguistica, c’è anche un tratto culturale italiano: la capacità di convivere con il limite, con l’imprevisto, persino con l’ingiustizia, senza necessariamente ribellarsi apertamente. Da questo punto di vista mi pare che siamo molto diversi dai francesi.

È una rassegnazione che può essere criticata o compresa, ma che appartiene alla nostra quotidianità e al nostro modo di raccontare le cose quando non resta nulla da discutere.

In definitiva, “ma tant’è” è un sigillo finale: non cambia il mondo, ma lo riconosce per quello che è. È un’estrema sintesi di accettazione, pronunciata quando ogni tentativo di replica è ormai vano e resta soltanto la realtà dei fatti.

C’è da dire che non sempre si tratta di cose molto negative o tragiche. Spesso parliamo di piccole cose.

Un’ultima nota: “tant’è” non può diventate “tanto è”. Un Italiano non capirebbe in quel caso.

Questo lo potete fare con ‘tanto è vero che”, ma non con”tant’è”.

L’episodio finisce qui, magari avrei potuto essere più breve, come al solito, ma tant’è.