754 L’ammonimento e l’ammonizione

L’ammonimento e l’ammonizione

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Trascrizione

Dopo aver visto il monito, cioè il serio avvertimento lanciato da chi paventa serie conseguenze, vediamo oggi l’ammonimento.

Ma se parliamo dell’ammonimento non possiamo non parlare dell’ammonizione.

Entrambi i termini derivano dal verbo ammonire.

L’ ammonimento è sempre un avvertimento, proprio come il monito, ma è meno grave e poi è vicino anche al concetto di rimprovero.

L’ammonimento serve a mettere in guardia una persona contro eventuali manchevolezze, cose sbagliate, errori che si potrebbero fare o che si sono già fatti ma non si devono ripetere.

In realtà un ammonimento è anche simile a un consiglio o un preavviso, perché se dico ad esempio:

Gli ammonimenti del padre di Marco hanno giovato al ragazzo

Marco ha forse fatto qualcosa di sbagliato?

È probabile ma non è detto. Il padre però deve dirgli quali secondo lui sono gli errori da evitare e consigliagli delle strade da seguire. Ci può anche essere affetto in un ammonimento. Meno nel monito.

Non perdere troppo tempo a divertirti, pensa soprattutto a studiare

Non bere troppo, soprattutto se devi guidare

Non fare più come l’ultima volta che sei uscito senza soldi

Questi sono tutti ammonimenti. In genere le conseguenze nel non seguire questo “consiglio” sono meno gravi rispetto al monito.

Poi non c’è bisogno di essere un presidente o un uomo troppo importante per dare un ammonimento. Questo accade prevalentemente col monito, come abbiamo visto. L’ammonimento è più paterno, più vicino, c’è più preoccupazione piuttosto che minaccia ed è più adatto ad un genitore, un professore o il presidente di un’associazione (ogni riferimento è puramente casuale).

L’ammonimento dunque viene sempre dall’alto verso il basso ma l’obiettivo è, potremmo dire, quello di mettere in guardia una persona.

Se invece voglio solo rimproverare o punire una persona, e farle capire che ha sbagliato, non gli do un ammonimento ma una ammonizione.

Ti devo ammonire per il tuo errore.

Direi che ammonire è simile a sgridare che però è molto colloquiale. Dall’altra parte c’è il verbo redarguire, che ha un uso più formale e professionale. Questo verbo lo vediamo meglio in un episodio della sezione verbi professionali.

Per capire meglio la differenza tra l’ammonizione e l’ammonimento pensate a un arbitro che mostra il cartellino giallo ad un calciatore dopo che questo ha fatto un brutto fallo ad un avversario.

L’arbitro, mostrandogli il cartellino giallo, gli dà un’ammonizione, cioè lo ammonisce, che è si un avvertimento ma è anche una punizione.

Infatti se da una parte l’ammonizione significa che il prossimo fallo potrebbe costargli l’espulsione (questo è l’avvertimento: attento, che il cartellino rosso, cioè l’esplulsione, si avvicina!) dall’altra lo sta punendo e per questo è stato ammonito cioè ha ricevuto un’ammonizione.

Se invece l’arbitro, anziché dargli l’ammonizione gli dicesse:

Stai attento che al prossimo fallo ti ammonisco!

Questo è un ammonimento.

Viene dall’alto, diciamo così, da una autorità come un arbitro, paragonabile ad un padre di famiglia, e per questo l’ammonimento è un termine adatto in questo caso.

Potremmo chiamarlo al limite anche monito, però appare un po’ esagerato e più distante.

Analogamente al monito, anche l’ammonimento può consistere in un fatto, senza il bisogno che venga da una persona.

La sconfitta della Juventus contro la Roma fu un ammonimento per tutte le squadre che ancora dovevamo affrontare la squadra romanista.

In questo caso monito è ammonimento sono intercambiabili.

Riguardo al verbo da usare, dare va benissimo, ma si può usare anche lanciare, come per il monito. Direi che usare il verbo lanciare però aumenta la distanza, quindi diminuisce la componente affettuosa.

Non è un caso che i lanci avvengano da lontano, no? Per dare qualcosa invece basta stare molto vicini, come dare un bacio.

Adesso vi lancio una provocazione (sapete che anche le provocazioni possono essere lanciate?). La provocazione è questa: ripassiamo qualche episodio precedente usando la parola “espediente“, che spieghiamo la prossima volta. Anzi facciamo che la spieghiamo tra due episodi.

Karin: questo mi sembra un bell’espediente per aumentare l’interesse verso i prossimi episodi.

Komi: sì, una bella trovata da parte tua. Non che noi abbiamo bisogno di stimoli aggiuntivi, ma comunque apprezziamo il tuo tentativo Gianni, tant’è che abbiamo subito raccolto la tua provocazione.

Segue una spiegazione del ripasso

736 La fai facile

La fai facile (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: “farla facile” è la locuzione che voglio spiegarvi oggi.

Capita molto spesso di dare consigli o suggerimenti, e capita molto spesso anche che altre persone ci diano dei consigli, non è vero?

Il fatto è che molto spesso, quando c’è un problema, chi dà consigli sul come risolverlo non ha ben chiara la situazione, non ha ben capito tutte le variabili coinvolte e tende a semplificare. Non sempre le cose sono semplici come sembra. Vero?

Proprio in queste situazioni possiamo usare questa espressione: “farla facile”.

Es:

Giovanni: Mi hanno licenziato. Adesso come faccio?

Risposta: Beh, con le tue competenze puoi trovare un altro lavoro.

Giovanni: la fai facile tu!

Questa risposta è come dire:

Non è facile come pensi tu

Non presentarla come qualcosa di semplice, perché non lo è affatto!

Non farla facile, perché non è così facile trovare un altro lavoro in poco tempo.

Normalmente si dà sempre del tu, perché è una espressione colloquiale che si fa solamente con persone con le quali si ha confidenza. Infatti in qualche modo si tratta di una risposta spesso piccata, che esprime un certo fastidio.

Chi la fa facile infatti normalmente è stato superficiale nella sua analisi.

Non c’è stata una attenta riflessione su tutte le cose che comporta la sua conclusione, e spesso questo avviene perché la cosa non riguarda la persona che esprime questa opinione.

C’è stata una certa faciloneria in questa valutazione e per questo solitamente si risponde:

La fai facile!

Non farla facile!

Non farla così facile

Se volessi essere meno piccato dovrei dire ad esempio:

Purtroppo le cose non sono così semplici

eh, Magari fosse così semplice

Forse non hai considerato che…

A volte si aggiunge “tu”:

La fai facile tu!

Ma il senso non cambia.

Può anche diventare:

Facile a dirsi! Difficile a farsi!

A parole è facile!

Facile a parole!

Sono abbastanza simili, anche come livello di confidenza richiesto con la persona a cui vi rivolgete.

L’espressione “farla facile è dunque una considerazione, potrei dire un giudizio che riguarda un’opinione appena espressa da una persona che, secondo chi parla, pecca di superficialità. Probabilmente questa superficialità deriva da un’analisi poco approfondita di una situazione, probabilmente dovuta a mancanza di un vero interesse, o per non aver riflettuto abbastanza, o anche per incapacità di elaborare un problema al fine di trovare una soluzione. Può anche derivare da una mancanza di informazioni importanti a disposizione, la cui analisi avrebbe portato ad una conclusione meno superficiale.

Considerato il grado di confidenza richiesto (mi rivolgo ovviamente ai non madrelingua), state attenti quindi a usare questa espressione perché la potete usare con un amico/a o un parente e lui/lei non si offenderà, ma non usatela con una persona che non conoscete perché in fondo con questa risposta la state giudicando superficiale. Non è piacevole…

Notate che l’espressione di oggi è simile a una che abbiamo già visto: “si fa presto a“.

potrei infatti dire:

Si fa presto a dire che subito troverò un altro lavoro!

Esiste ovviamente anche “farla difficile“, ma questa va interpretata al contrario, come una tendenza a complicare le cose quando non ce n’è bisogno.

Infine, non si deve confondere la locuzione “farla facile” con “dici bene tu“, perché questa è un’espressione con tutt’altro significato (si fa per dire) che vediamo domani.

Adesso facciamo un ripassino veloce, senza pensarci troppo.

Albèric: eh, la fai facile tu, ché sei italiano! Non mi voglio lamentare, per carità, però, benedetto Giovanni, a volte pretendi troppo da noi!

Ulrike: Infatti! Chi ha studiato con attenzione tutte le espressioni che sono state spiegate finora avrà sicuramente pochi problemi a farlo. Io invece sono ancora a carissimo amico con gli episodi!

Hartmut: però ragazzi, vi lamentate sempre, invece di ringraziare! Se vi costa così tanto studiare l’italiano, lasciate stare! Io prendo le distanze dalle vostre lamentele.

Karin: Io sono con te! Tra l’altro, se queste lezioni sono difficili, vi consiglio di ripiegare sulle lezioni per principianti! C’è anche un bell’audiolibro che vi può essere da ausilio!

722 Bene

Bene (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: È da parecchio tempo che pensavo di fare un bell’episodio dedicato al termine “bene”.

Ci sarebbero tante cose da dire a riguardo, ma questa rubrica si chiama, come sapete, due minuti con Italiano Semplicemente, e voglio avvicinarmi il più possibile a questa durata. Cerco sempre di farlo, a dire il vero, per poi accorgermi quasi sempre che l’obiettivo è troppo ambizioso per essere portarlo a termine così brevemente.

Allora meglio concentrarmi su un singolo uso di “bene“, così ché possiate usarlo facilmente durante i nostri tanto amati ripassi.

L’uso a cui sto facendo riferimento è quando l’avverbio “bene” si utilizza in un tipo particolare di consigli. Dei consigli direi “condizionati”. Vediamo cosa intendo con degli esempi:

Es:

Se fai come dico io, bene, altrimenti ci saranno conseguenze molto negative.

Si fa una pausa prima e dopo l’avverbio. Per questo metto una virgola prima e una dopo.

Questo sembra più una via di mezzo tra un consiglio e una minaccia. Però c’è una condizione iniziale come dicevo: se…

Un altro esempio:

Se volete imparare l’italiano e siete convinti nel seguire i miei consigli, bene, altrimenti sarete destinati a non fare troppi passi in avanti.

Vedete che quando uso bene in questo modo, c’è sempre una condizione iniziale:

se accade A, bene, altrimenti succede B

La prima condizione, che ho chiamato A, è sempre quella più gradita, mentre B è in genere una conseguenza di non aver scelto A:

Se vieni con me, bene, altrimenti mi trovo un’altra compagnia.

Notate come le frasi di cui parliamo appaiono sempre un tantino cariche di nervosismo. Una sfumatura che si coglie solamente se qualcuno ve la spiega, non potendo ascoltare la giusta intonazione. Naturalmente chi sta ascoltando e non leggendo l’episodio può intuire questo senso di nervosismo o irritazione.

L’uso di bene, in questo modo può denotare insofferenza, o anche indifferenza, un atteggiamento di superiorità a volte, o una minaccia velata, o al limite un consiglio ma dato con un certo distacco, indifferenza appunto, oppure qualcosa di detto in modo sbrigativo, come a dire: vedi tu, decidi tu, poi comunque una soluzione alternativa si trova lo stesso, oppure per me è la stessa cosa, basta che decidi:

Dimmi che devo fare. Se vuoi che ti accompagni bene, altrimenti torno a studiare.

Se vuoi studiare ed essere uno dei più bravi, bene, altrimenti meglio che vai a lavorare!

Il contesto è sempre informale. Ancora più informale se uso sennò al posto di altrimenti:

Senti, lo sai come la penso. Se vuoi ascoltarmi, bene, sennò saranno problemi per te e io a quel punto non vorrò saperne niente.

Posso anche usare “in caso contrario”:

Se mi vuoi ancora, bene, in caso contrario me ne farò una ragione!

Anche “se” è sostituibile con altro:

Qualora decidessi di venire con me, bene, altrimenti mi cerco un’altra fidanzata

Se volete conoscere tutti i modi per esprimere questo concetto di condizione, vi raccomando l’episodio dedicato. Vi metto un link all’episodio intitolato: “putacaso ti tradissi?” che tra l’altro è molto divertente.

Anche l’avverbio “bene” non è in realtà insostituibile, perché può essere rimpiazzato (cioè sostituito) da forme più raffinate:

Se ti piace questo lavoro, buon per te, sennò te ne dovrai trovare un altro.

Quindi “buon per te” al posto di bene. È una specifica ma il senso è lo stesso.

Se sarò assunto, ne sarò felice, in caso contrario, pazienza, proverò da un’altra parte.

Ricordate comunque che, qualunque sia la forma che scegliate, può non essere molto carino usare questo tipo di frase che abbiamo visto oggi.

Se volete essere più delicati e educati, magari cercate di preferire altre forme, tipo:

Se vuoi venire con me sarà un grande piacere, altrimenti ti auguro un buon viaggio.

In questo modo, anziché usare “bene” (che potrebbe sembrare sbrigativo e anche un po’ offensivo) usate “sarà un grande piacere” che toglie ogni dubbio.

Analogamente se volete dare a qualcuno la vostra disponibilità all’aiuto, potete dire:

Se non avrai bisogno di aiuto, questa potrebbe essere un’ottima notizia, in caso contrario sarei ben felice di aiutarti.

Anche questo è un modo più cortese e meno ambiguo di comunicare lo stesso concetto, rafforzato da “ben felice”. L’uso di ben, come si è visto nell’episodio dedicato, rafforza, sottolinea un concetto.

Bene, adesso passiamo al ripasso. Chi parlerà è credo Irina, membro dell’associazone Italiano Semplicemente che spero sarà ben contenta di partecipare a questo episodio. Detto tra noi Irina: se parteciperai, bene, sennò mi trovo un altro membro.

Scherzo naturalmente, ma mi piace subito mettervi alla prova!

Irina: Sembrava non mi venisse niente in mente, mentre d’emblée, dai meandri dei miei pensieri è sbucato un ripasso.

Oggi dopo la colazione mi sono spaparanzata sul divano ricordando il mio ultimo pasto italiano. Prima di partire dalla Calabria mi sono recata in un ristorante all’insegna del lusso, in quanto era l’ultima spiaggia per me per assaggiare vero cibo italiano. Va aggiunto che pur essendo un ristorante nuovo per me, la qualità del cibo ha avvalorato le mie speranze. È stata una bella scorpacciata. Cos’ho mangiato? Si fa prima a dire cosa NON ho mangiato. Mi sono abbuffata come si deve. Ho sforato col cibo, senza contare il dolce, ma alla fine tutto è andato per il meglio. Meno male che non ho accusato il colpo è non ci sono stati risvolti inaspettati.

491 Vedi di

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Quando diamo un consiglio ad Vedi di (scarica audio)

Quando diamo un consiglio ad una persona, come possiamo iniziare? Soprattutto se vogliamo spingere una persona, magari un amico, a fare qualcosa, ci sono diversi modi. Dipende un po’ da ciò di cui stiamo parlando e anche se questa cosa influisce su chi parla. E come facciamo a seconda che si tratti di qualcosa di simile a una richiesta, un favore, e meno di un consiglio?

Cerca di smettere di fumare!

Secondo me dovresti andare più piano con la macchina

Posso dirti una cosa? Perché non smetti di lamentarti?

Mi permetto di dirti che, secondo me, dovresti chiedere scusa a tua madre.

In queste frasi prevale a volte la cortesia, altre volte la stanchezza di vedere una situazione negativa che non cambia, o anche la curiosità.

Se questa cosa ci dà fastidio, possiamo decidere di essere gentili, oppure no, e allora il consiglio diventa un rimprovero:

Ma perché non smetti di fumare? Mi dà fastidio che ti fai del male così!

Che aspetti a rallentare? Vai troppo forte!

E piantala di lamentarti!!

Dai, che pizza che sei, smettila!

Chiedi scusa a tua madre e basta! Non ti sopporto.

Se vogliamo essere brevi, sintetici, categorici (cioè che non vogliamo una replica, una risposta a ciò che diciamo) e nello stesso tempo irritati perché la cosa riguarda anche noi, uno dei modi è usare il verbo “vedere” in questo modo:

Vedi di smetterla di parlare, mi dai fastidio!

Ehi, vedi di star zitto!

Vedi di rallentare, se non vuoi che io alzi la voce.

Vedete di fare silenzio mentre dormo, ok?

Vedete di finire il lavoro entro domani! Mi raccomando!

Vedi di toglierti da davanti alla TV!

Avevo fatto un accenno a questo uso di vedere in un episodio passato in cui si parlava di “vedi un po’ e vediamo un po’. Ma in questo caso c’è la preposizione “di”.

Il modo più corretto per chiamare una frase di questo tipo è “esortazione” . In effetti esiste il verbo esortare, che non è offensivo.

Esortare significa indurre a un certo comportamento, spingere a fare qualcosa facendo leva sugli affetti o sulla ragione; incitare, spronare.

Vedi di andare piano!

Equivale a:

Ti esorto alla prudenza (o a essere prudente).

Una prima differenza è che esortare vuole la preposizione “a”.

La differenza più importante è che usare “vedere di” è molto colloquiale come modalità, e chi la usa in qualche modo è in una condizione di superiorità, come un genitore o un datore di lavoro. C’è irritazione sicuramente.

Se non siete in una condizione simile non è consigliabile usare il verbo vedere in questo modo. Infatti sarebbe come dire che se non segui il mio consiglio puoi immaginare cosa potrebbe succedere. Suona come una minaccia!

Anche un po’ sgarbato e maleducato come “consiglio”. Senza dubbio. Dipende anche dal tono.

Spesso si usa proprio sotto forma di minaccia. Attenti al tono e alla differenza tra una minaccia e una frase arrabbiata:

Vedi di star zitto…

Vedi di andartene…

In casi estremi può anche sostituire o integrare la parolaccia italiana più famosa:

Vedi di toglierti dalla mia vista!

Vedi di andare a quel paese!

E adesso, non dovrei dirlo, ma vedete di fare un bel ripasso!!

Anthony: Questa mattina AVEVO proprio SENTORE che SAREBBE TOCCATO A ME scrivere un ripasso. Allora non ELUDO alle mie responsabilità IN QUALITÀ DI membro del gruppo e VEDO DI SFODERARNE uno CON I FIOCCHI. Era nessun altro che la capa Ulrike ad esortarmi a darmi da fare. PAVENTANDOMI la sua reazione se sono VENUTO MENO a questa sua esortazione, mi sono messo all’opera DI BUONA LENA.

Ulrike: apprezzo il tuo entusiasmo IN QUANTO mio collaboratore. Però molte volte nel passato, erano sia la scarsa qualità del tuo lavoro sia la tua inclinazione ad usare le parolacce davanti ai clienti a farmi CADERE LE BRACCIA. Non voglio che esca di nuovo un OBBROBRIO come il tuo ultimo tentativo.

Anthony: agli ordini, capo. MI MUNISCO di attenzione e con questo ripasso ambisco a farne uno che piacerà IN TOTO ai nostri clienti (cioè i nostri amici membri del gruppo). persona, come possiamo iniziare? Soprattutto se vogliamo spingere una persona, magari un amico, a fare qualcosa, ci sono diversi modi. Dipende un po’ da ciò di cui stiamo parlando e anche se questa cosa influisce su chi parla. E come facciamo a seconda che si tratti di qualcosa di simile a una richiesta, un favore, e meno di un consiglio?

Cerca di smettere di fumare!

Secondo me dovresti andare più piano con la macchina

Posso dirti una cosa? Perché non smetti di lamentarti?

Mi permetto di dirti che, secondo me, dovresti chiedere scusa a tua madre.

In queste frasi prevale a volte la cortesia, altre volte la stanchezza di vedere una situazione negativa che non cambia, o anche la curiosità.

Se questa cosa ci dà fastidio, possiamo decidere di essere gentili, oppure no, e allora il consiglio diventa un rimprovero:

Ma perché non smetti di fumare? Mi dà fastidio che ti fai del male così!

Che aspetti a rallentare? Vai troppo forte!

E piantala di lamentarti!!

Dai, che pizza che sei, smettila!

Chiedi scusa a tua madre e basta! Non ti sopporto.

Se vogliamo essere brevi, sintetici, categorici (cioè che non vogliamo una replica, una risposta a ciò che diciamo) e nello stesso tempo irritati perché la cosa riguarda anche noi, uno dei modi è usare il verbo “vedere” in questo modo:

Vedi di smetterla di parlare, mi dai fastidio!

Ehi, vedi di star zitto!

Vedi di rallentare, se non vuoi che io alzi la voce.

Vedete di fare silenzio mentre dormo, ok?

Vedete di finire il lavoro entro domani! Mi raccomando!

Vedi di toglierti da davanti alla TV!

Avevo fatto un accenno a questo uso di vedere in un episodio passato in cui si parlava di “vedi un po’ e vediamo un po’. Ma in questo caso c’è la preposizione “di”.

Il modo più corretto per chiamare una frase di questo tipo è “esortazione” . In effetti esiste il verbo esortare, che non è offensivo.

Esortare significa indurre a un certo comportamento, spingere a fare qualcosa facendo leva sugli affetti o sulla ragione; incitare, spronare.

Vedi di andare piano!

Equivale a:

Ti esorto alla prudenza (o a essere prudente).

Una prima differenza è che esortare vuole la preposizione “a”.

La differenza più importante è che usare “vedere di” è molto colloquiale come modalità, e chi la usa in qualche modo è in una condizione di superiorità, come un genitore o un datore di lavoro. C’è irritazione sicuramente.

Se non siete in una condizione simile non è consigliabile usare il verbo vedere in questo modo. Infatti sarebbe come dire che se non segui il mio consiglio puoi immaginare cosa potrebbe succedere. Suona come una minaccia!

Anche un po’ sgarbato e maleducato come “consiglio”. Senza dubbio. Dipende anche dal tono.

Spesso si usa proprio sotto forma di minaccia. Attenti al tono e alla differenza tra una minaccia e una frase arrabbiata:

Vedi di star zitto…

Vedi di andartene…

In casi estremi può anche sostituire o integrare la parolaccia italiana più famosa:

Vedi di toglierti dalla mia vista!

Vedi di andare a quel paese!

E adesso, non dovrei dirlo, ma vedete di fare un bel ripasso!!

Anthony: Questa mattina AVEVO proprio SENTORE che SAREBBE TOCCATO A ME scrivere un ripasso. Allora non ELUDO alle mie responsabilità IN QUALITÀ DI membro del gruppo e VEDO DI SFODERARNE uno CON I FIOCCHI. Era nessun altro che la capa Ulrike ad esortarmi a darmi da fare. PAVENTANDOMI la sua reazione se sono VENUTO MENO a questa sua esortazione, mi sono messo all’opera DI BUONA LENA.

Ulrike: apprezzo il tuo entusiasmo IN QUANTO mio collaboratore. Però molte volte nel passato, erano sia la scarsa qualità del tuo lavoro sia la tua inclinazione ad usare le parolacce davanti ai clienti a farmi CADERE LE BRACCIA. Non voglio che esca di nuovo un OBBROBRIO come il tuo ultimo tentativo.

Anthony: agli ordini, capo. MI MUNISCO di attenzione e con questo ripasso ambisco a farne uno che piacerà IN TOTO ai nostri clienti (cioè i nostri amici membri del gruppo).

417 – Fare tesoro

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Trascrizione

Giovanni: Oggi vediamo l’ultimo episodio della serie memoria e esperienza.

Abbiamo visto “memore“, poi “reduce” poi “forte” e anche “sulla scorta“.

L’espressione di oggi è “fare tesoro” si qualcosa.

La caratteristica di questa espressione è utilità di un’esperienza vissuta, ma non solo di un’esperienza; anche delle parole che ci ha detto una persona.

Il termine “memore” è più incentrato sulla memoria, “reduce” sull’esperienza vissuta, “forte” si concentra invece su qualcosa che ci rafforza.
Fare tesoro” invece utilizza la parola tesoro, che esprime ricchezza. Un tesoro è qualcosa da custodire perché è molto prezioso. Quando si dice che dobbiamo fare tesoro di qualcosa ci si riferisce all’utilità, alla grande utilità  che ne deriva.

Posso fare tesoro di un’esperienza vissuta cercando di non ripetere gli errori commessi.

Se invece faccio tesoro dei consigli di un amico allora cerco di seguirli, di metterli in pratica

Far tesoro si usa spesso quando si parla di consigli e di esperienze, quando si vuole sottolineare la loro utilità. Si usa anche quando si fanno le promesse: “farò tesoro dei tuoi insegnamenti”.

Tradurre “fare tesoro” come “tener conto” non è del tutto esatto perché “tener conto” è, diciamo, privo di sentimento, una modalità troppo fredda, senza emozione.

Infatti “tener conto” si può usare anche al posto di “non dimenticare“, oppure al posto di “bisogna considerare” quindi non parliamo necessariamente di esperienze vissute che possono tornare utilissime nel futuro.

Un ultimo esempio:

Se siete curiosi della cucina italiana, se venite in Italia e vi capita di assistere alla preparazione di qualche specialità italiana, fate tesoro di ciò che vedete perché potrete provarci anche voi in futuro.

Attenzione poi perché non si deve inserire nulla tra “fare” e “tesoro” in quanto questa è una espressione ormai cristallizzata e va usata in questo modo. Non è la stessa cosa “fare un tesoro” o “fare il tesoro” eccetera.

Adesso che ne dite se facciamo tesoro di quanto imparato negli episodi precedenti? La parola a Bogusia.

Bogusia: Sulla scorta di quanto hai detto poc’anzi sulle pietanze italiane, di punto in bianco mi sono ricordata di una vicenda avvenuta quando, assieme a qualche mio compatriota, viaggiavamo alla volta dell’Italia. Si dà il caso che alcuni di loro siano rimasti sbigottiti del fatto che si mangiasse la pasta come primo piatto. Infatti in Polonia il primo piatto è sempre la zuppa (tra parentesi la facciamo buonissima).
Comunque, visitando un altro paese, bisogna avere contezza delle sue usanze ed accettarle. Forte della flessibilità che contraddistingue il mio carattere (sono del segno dei pesci), appunto per la mancanza della stessa flessibilità ho dovuto cazziarli, e ricordare loro che bisognerebbe badare a non lamentarsi ma accettare la cultura di ogni paese. Sono stata restia di essere accondiscendente. Nonostante la mia cazziata, cercare di cambiare le persone lascia il tempo che trova.
Che volete, la gente è quello che è. Pazienza!