L’aggettivo “atavico” (ep. 1071)

audio mp3

Trascrizione

Sapete qual è il male atavico degli italiani? C’è chi dice sia l’individualismo.

Altri dicono che il male atavico degli italiani sia l’incoerenza.

Altri ancora dicono che sia il camaleontismo. Per altri ancora è l’indifferenza. Per alcuni siamo persino ondivaghi, cioè vaghi, imprecisi, che cambiano spesso opinione, quindi siamo mutevoli, instabili. Questi sarebbero tutti mali atavici di noi italiani.

Ma, prima di tutto, cosa significa male atavico?

Atavico è un aggettivo che non si usa per descrivere solo un male. Dentro alla parola atavico c’è “avi” che significa antenati, progenitori.

In generale atavico o atavica descrive una caratteristica, un tratto, un elemento, una radice. Qualcosa che dipende o è legato alla cultura e alla vita dei nostri progenitori, i nostri avi.

Insomma, atavico è qualcosa che è nel sangue, nel dna di un popolo, qualcosa che è stato trasmesso dalla cultura, dagli usi e dai costumi di un popolo.

Se qualcosa è atavico, vuol dire che risale agli antenati, che deriva dagli avi.

Quindi l’aggettivo viene associato a caratteristiche o comportamenti che sembrano risalire a tempi antichi, ereditati dai progenitori o dalle origini ancestrali di una persona o di una cultura.

Ho detto origini “ancestrali”. In effetti ancestrale è un sinonimo di atavico. Possiamo usarlo senza problemi al suo posto. In più la forma femminile è uguale a quella maschile.

Vediamo qualche esempio con atavico:

In Grecia, la pratica del teatro tragico ha radici ataviche che risalgono all’antica tragedia greca.

In Italia, la passione per il cibo e la convivialità sono tratti atavici che si riflettono nella cultura culinaria e nelle riunioni familiari.

In Francia, la tradizione del vino e della gastronomia è un elemento atavico che ha radici profonde nella cultura nazionale.

In Germania, la tradizione della birra e dei mercatini natalizi è un tratto atavico che riflette l’importanza della convivialità e delle festività nella cultura tedesca.

In Inghilterra, il folklore e le leggende antiche sono parte integrante della cultura, con origini ataviche, che risalgono ai tempi dei miti e delle leggende medievali.

In Norvegia, il legame con la natura e le tradizioni vichinghe sono elementi atavici che influenzano la cultura lo stile di vita norvegesi.

In generale, la pratica della superstizione è un tratto atavico che può essere riscontrato in molte culture, manifestandosi attraverso credenze e rituali che hanno radici antiche.

L’aggettivo “atavico” inevitabilmente si usa parlando di popoli e culture. Volendo si può usare anche per descrivere caratteristiche biologiche o comportamenti che sembrano avere radici profonde nella storia evolutiva di una specie.

Vi ricordo poi il termine “retaggio” che è chiaramente legato all’aggettivo “atavico”. Direi che atavico però viene da più lontano, è più radicato nel passato e si usa di più parlando di popoli.

Adesso parlatemi di un tratto atavico della vostra cultura usando qualche episodio passato.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Estelle: La chiave di volta per capire il mio retaggio familiale risiede probabilmente nel valore che diamo al lavoro. Da sempre i miei genitori mi hanno trasmesso l’importanza dello sforzo per raggiungere gli obiettivi da prefiggersi.

Marcelo: Io, cari amici, come argentino, direi che la nostra eredità è senz’altro influenzata dalla cultura spagnola fin dalle origini. Così, tutto è stato tramandato per secoli. Ma nel secolo XIX e alle porte del secolo XX, i governi argentini hanno promosso una corrente migratoria molto importante. A quel tempo, l’Argentina era un paese ricco e promettente, e questo portò all’arrivo di tanti italiani, francesi, tedeschi, russi, britannici e di altri paesi. Questo ha implicato che l’Argentina si è trasformata in un crogiolo di culture e quindi è difficile individuare un unico retaggio.

595 A tratti

A tratti (scarica l’audio)

Trascrizione

Giovanni: proseguiamo con la trattazione, scusate il gioco di parole, del termine “tratto“, stavolta al plurale, nella locuzione “a tratti“.

Vediamo qualche esempio di utilizzo:

La strada presenta interruzioni a tratti

Mi sento molto bene, anche se a tratti avverto un senso di vertigine

Il ragazzo, a tratti, durante la lezione, si distrae.

Pronto? Tu mi senti? La linea non è buona, ti sento a tratti!

A tratti indica qualcosa che si presenta non in forma continua, ma alternandosi con delle pause. Pensate ad una linea che presenta delle interruzioni.

I tratti indicano quindi, ancora una volta, delle parti di qualcosa, cioè di tempo, di strada, di voce, eccetera. Il fatto di usare il plurale (tratti) segnala la ripetizione, in forma discontinua, cioè alternata, con delle interruzioni tra un tratto e l’altro.

Se la strada presenta delle interruzioni per via di lavori in corso, posso dire che ci sono tratti di strada interrotti, oppure che ci sono interruzioni stradali a tratti.

Se non mi sento molto bene perché ci sono alcuni momenti in cui avverto un senso di vertigine, posso dire che a tratti avverto questa sensazione.

Se un ragazzo durante la lezione ci sono dei momenti in cui si distrae e non mi ascolta, posso dire che il ragazzo a tratti presenta delle distrazioni.

Si usa molto spesso al telefono quando la linea è disturbata e riusciamo ad ascoltare solo a tratti cioè solo con interruzioni.

Come hai detto? Ti sento a tratti! Ti richiamo!

Siete attratti dalla lingua italiana?

Attenzione ⚠ perché in questo caso si tratta del verbo attrarre. La pronuncia però è la stessa. Anche “a tratti” si legge così, come se ci fosse una doppia t. Questa si chiama rafforzamento o anche raddoppiamento fonosintattico. È il raddoppiamento di una consonante all’inizio di una parola che dipende dalla parola precedente. Abbiamo dedicato un bell’episodio al rafforzamento in passato.

Si pensi alla differenza nella pronuncia tra:

I piedi

Tre piedi

Mi appresto a terminare l’episodio adesso.

A presto!

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Bogusia: Giovanni, immagino che adesso tocchi a noi.

Rauno (Finlandia): bisognerebbe trovare un argomento attinente all’episodio di oggi per fare un ripasso degno di nota.

Rafaela (Spagna): che ne dite degli “sprazzi?” che po’ po’ di parola vero?

Anthony (Stati Uniti): adesso Giovanni si vedrà costretto a spiegarla nel prossimo episodio!

Irina (Stati Uniti): costretto mi pare un parolone! Diciamo che a tempo debito e quando gli girerà potrà decidere di farlo. Ma non è il caso di incalzarlo.

Marta (Argentina): una volta lanciata la sfida staremo a vedere se questa richiesta sarà stata fatta invano.

594 A un tratto

A un tratto (scarica l’audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi ci occupiamo del tratto, termine che ha un sacco di utilizzi diversi.

Uno di questi è molto utile e proprio adatto alla nostra rubrica dei dei due minuti perché si può usare abbastanza facilmente.

Basta inserirla in un racconto quando si descrive un fatto accaduto.

Si tratta della locuzione “a un tratto” , che in realtà può diventare “in un tratto, “d’un tratto” , “tutto a un tratto“, espressioni che indicano un cambiamento improvviso. Cosa un po’ diversa dal più discorsivo “a un certo punto”.

Vediamo qualche esempio:

Ero a casa e a un tratto ho sentito un forte rumore venire dalla finestra

Stavo percorrendo la strada e dopo una curva, tutto a un tratto è sbucato un gatto in mezzo alla strada

Quindi è simile a all’improvviso, o anche a “in un attimo“, perché questo cambiamento avviene in un tempo brevissimo. Aggiungere “tutto” aumenta la brevità del momento.

Era una bella giornata, quando all’improvviso, il vento cambia. Il cielo, un momento prima sereno, si addensa, assumendo d’un tratto il colore della cenere.

Quindi in un tratto, d’un tratto, tutto in un tratto, il cielo diventa grigio.

In pochissimo tempo il colore del cielo è cambiato. Tutto è successo in un attimo, all’improvviso o il più poetico “d’improvviso”.

Marianna era molto serena ma tutto a un tratto la sua espressione è cambiata.

Si descrive quindi soprattutto un cambiamento, un veloce cambiamento. Questo è l’utilizzo più frequente.

L’Italia aveva sbagliato il rigore decisivo, ma d’un tratto tutto cambiò quando il nostro portiere ricacciò in gola l’urlo degli inglesi.

Apriamo una parentesi sul termine “tratto“, che indica in questo caso una porzione di tempo molto ristretta.

Altre volte lo stesso termine può indicare un tratto di strada, cioè una porzione di strada, di una certa lunghezza.

Non dimentichiamo però che si può trattare di porzione di spazio (un tratto di mare) o anche della parte del carattere di una persona: un tratto del carattere. Poi ci sono i tratti del viso e quelli fatti con la penna.

Ma nell’episodio di oggi si parla solamente di tempo, ed è sempre così quando si usano le locuzioni che abbiamo visto, e raramente può accadere il contrario:

L’incidente è avvenuto in un tratto di strada con poca visibilità.

Per questo si preferisce usare “tutto in un tratto” e “d’un tratto” con l’accortezza in quest’ultimo caso di usare l’apostrofo: d’un tratto.

Così siete sicuri che si tratta di qualcosa accaduto in pochissimo tempo.

Abbiamo già visto “in men che non si dica“, ricordate? La usiamo spesso nei nostri ripassi e il senso è lo stesso, ma l’uso delle locuzioni di oggi sono meno informali e anche più frequenti, anche nei testi letterari, romanzi eccetera.

È il momento del ripasso.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Albéric: pensavo alle caratteristiche che un piatto deve avere per piacermi. Per me per essere come si deve va messo colore e armonia. Fermo restando che anche il tipo di piatto che si utilizza ritengo sia importante.

Bogusia: a me interessa più la sostanza che la forma. Poi però, mi piace quando c’è qualcosa di croccante nel piatto. La croccantezza dà un certo non so che al piatto.

Ulrike: ma la forma è sostanza! Comunque il gusto dove lo mettiamo? Questo è importante, altro che storie!

Irina: io sono per le cose semplici. Sono le più buone e anche le più insidiose se vogliamo, sempre che si vogliano preparare piatti coi fiocchi. Gli ingredienti! Sono gli ingredienti da che mondo è mondo che fanno la differenza. È risaputo, soprattutto tra gli addetti ai lavori, ivi inclusi i cuochi di tutto il mondo.

Natalia: mi avete fatto venire un languorino! Però, mio malgrado, sono a dieta. Me ne farò una ragione!

M6: per una volta non puoi sgarrare? Vabbé, io preparo due spaghetti aglio, olio e peperoncino. Poi vedi tu