Le specialità italiane: I supplì

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Trascrizione

Giovanni: Oggi parliamo dei supplì, con l’accento sulla i. Difficile trovare una trattoria romana dove non facciano i supplì, dove non cucinino i supplì. Già, perché stiamo parlando di una preparazione tipica della cucina romana. Intorno alla  metà del 1800 pare sia apparso per la prima volta, su una tavola, un supplì, strano nome vero?

Pare che venga dal francese e che voglia dire “sorpresa”. Il nome infatti suona un po’ francese. Infatti in francese “sorpresa” si dice “surprise”, quindi supplì viene da surprise. Ma qual è la sorpresa che si trova sorpresa dentro un supplì?

In effetti guardando un supplì dall’esterno, non si capisce come sia fatto, non si riesce a capire cosa ci sia dentro un supplì. Una cosa è sicura: l’ingrediente principale è il riso. Ma ve lo lascio raccontare da mia madre Giuseppina. Vai mamma!

Giuseppina: Oggi per le nostre specialità italiane voglio farvi assaggiare dei meravigliosi supplì di riso.Prima proviamo a fare un po’ di storia sul riso?

Giovanni: bene, allora adesso vediamo qualche termine un po’ più difficile che ha usato mia madre, e poi potete mettervi alla preparazione dei supplì.

Mia madre vi ha parlato del riso Carnaroli, e vi ha detto che è indicato per fare i supplì. Infatti ha detto che la sua particolarità risiede (cioè consiste, o più semplicemente “è”) nella sua capacità di non scuocere e non disgregarsi.

Non scuocere. Cosa significa? Scuocere significa cuocere troppo un alimento. Nella lingua della cucina italiana si usa spessissimo, soprattutto quando si parla di pasta in generale. La pasta, come gli spaghetti o qualsiasi altro tipo di pasta hanno un tempo preciso di cottura: 10, 11 12 minuti eccetera.

Non bisogna cuocerla più tempo del necessario, altrimenti la pasta si scuoce. Il verbo è scuocere, ed il risultato che si ottiene quando si scuoce la pasta è la pasta scotta. Qualsiasi alimento comunque, anche il riso, quando si cuoce troppo, si dice che si “scuoce”. Si dice anche che questo alimento è “passato di cottura”, cioè si è cotto eccessivamente, si è cotto troppo.

La pasta scotta non è buona, e neanche il riso. Eppure ai palati non italiani spesso piace anche di più la pasta scotta rispetto alla pasta cosiddetta “al dente” che invece è cotta al punto giusto, o meglio, è cotta un pochino meno di quanto è indicato sulla confezione.

Quando la pasta è scotta, diventa troppo morbida, si rompe facilmente, e spesso si incolla, si attacca. La pasta scotta è anche più difficile da digerire.

Ma oggi parlavamo di riso. Il riso Carnaroli non scuoce e non si disgrega. Il riso è formato da chicchi, cioè da semi. Quelle piccole palline bianche si chiamano chicchi: un chicco di riso, chicchi di riso al plurale.

Il riso di questa qualità, si diceva, non scuoce, e questo significa che scuoce con molta difficoltà, nel senso che ci vuole molto tempo per scuocere. Un riso che non scuoce si dice che “tiene la cottura”, cioè resiste alla cottura. Un riso molto resistente dunque, ed i chicchi di riso Carnaroli non si disgregano, cioè non si rompono. Disgregare significa rompere, frantumare, sgretolare, disfare. Tra questi verbi, disfare è, tra le altre cose, un verbo molto usato in cucina.

Il riso Carnaroli non si disfa ( o disfà), non si disgrega, non si rompe facilmente.

Un altro esempio col verbo disfare? Se parliamo delle patate, ad esempio, quando cuociamo le patate in acqua bollente, si devono cuocere in acqua bollente ma non fino a farle disfare: le patate non si devono disfare.

Poi mia madre vi ha parlato anche di un altro ingrediente del supplì: il parmigiano che viene grattugiato.

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La grattugia

Grattugiare è un verbo che si usa praticamente solamente col formaggio (quelli più duri, non quelli morbidi) e al limite col pane secco, raffermo.

Grattugiare significa ridurre in frammenti minutissimi o in poltiglia con la grattugia. Per grattugiare si usa la grattugia. La grattugia riduce in piccolissimi pezzi, minutissimi frammenti, un pezzo di parmigiano o altro tipo di formaggio oppure anche il pane secco, anche detto “pane raffermo”, come dicevo.

Solo il pane raffermo si può grattugiare perché è duro e secco. Quello morbido non si riesce a grattugiare, non ci si riesce molto bene. Allora buon appetito!

Il Riso si diffuse definitivamente in Europa all’inizio del VIII secolo con l’invasione degli arabi, che lo introdussero.

Risultò da subito apprezzatissimo in ambito alimentare.

In occasione delle grosse carestie, guerre ed epidemie, che si verificarono in quegli anni, la necessità di un cereale altamente produttivo in grado di sfamare molte persone divenne indispensabile.

Nel millecinquecento il riso entrò nella schiera dei nuovi alimenti con i quali placare la fame contadina e fu probabilmente a causa di questa immagine di cibo povero, che il riso non trovò particolare attenzione nei ricettari delle corti cinquecentesco.

Non è facile reperire dei dati sulla produzione e sulla superficie dedicata alle risaia nel corso dei secoli, anche per le alterne vicissitudini di questa amata o odiata coltura, (nei secoli passati si credeva che le risaie fossero causa delle epidemie di malaria. In Italia, durante l’occupazione napoleonica però, risulterebbero già coltivati 40.000 ettari in Piemonte e 120.000 ettari in tutta Italia, mentre nel 1860 solo in provincia di Vercelli sarebbero coltivati a riso 30.000 ettari.

Sono ancora queste le zone dove si produce la maggiore quantità di ottimo riso.

Ora ci sono moltissime qualità di riso, tutte pregiate ed ognuna adatta ad un tipo di cottura.

Il primo fra tutti sicuramente è il Carnaroli, ossia il riso più utilizzato e più pregiato nella cucina italiana.

La sua particolarità risiede nella sua capacità di non scuocere e non disgregarsi, ed è per questo che è indicato per la preparazione di risotti, ma non solo.

Adesso che abbiamo fatto un bel risotto e ne è avanzato un po’ cosa ci facciamo? Io ci farei qualche supplì.

Vogliamo provare a farli?

Allora prendiamo il nostro risotto, che può essere sia con verdure che con ragù di carne, o di pisellini, o semplicissimo, lo mettiamo in una ciotola quando è ben freddo.

Ci aggiungiamo del parmigiano grattugiato a piacere, un uovo, giriamo bene, ne prendiamo un po’ sulla mano, mettiamo un pezzettino di mozzarella o altro formaggio e chiudiamo tutto intorno formando una pallina ovale grande come un uovo.

La passiamo nel pane grattugiato e la friggiamo in abbondante olio bollente. Bastano pochi minuti.

Sentirete che bontà! Adatti sia per cena, che per una festa di adulti o dei bambini, andranno a ruba, provate.

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