Protetto: Italiano professionale per principianti. Lezione n. 4 – Attenti alle differenze

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Due minuti con italiano semplicemente (RIPASSO 1-30): la piazza del Gesù a Roma.

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Trascrizione

Gianni: questo è un episodio di ripasso delle espressioni imparate ultimamente all’interno della quale rubrica 2 minuti con Italiano semplicemente.

Ci aiuta Bogusia, membro dell’associazione Italiano Semplicemente. Lascio la parola a lei.

Bogusia: Buongiorno cari ascoltatori (visitatori) del sito italiano semplicemente. Per chi non mi conosce ancora, mi chiamo Bogusia, sono polacca.

Sono un membro dell’associazione italiano semplicemente e ne sono molto fiera. Vi ringrazio calorosamente per aver scelto di ascoltarci ancora una volta.

Vi ricordate dell’ultimo episodio della rubrica “meraviglie di Roma“, dove abbiamo detto che le scopriremo man mano (adagio adagio) tutti.

Tener fede alle promesse è uno dei principi dell’associazione.

Si da il caso che io sia non solo fiera ma anche talmente affascinata dalla lingua e cultura italiana che non vedo come possa riuscire a tenere a bada la mia voglia di condividere con voi questo racconto.

Forse a causa delle emozioni mi capiterà di sforare un po’ e per questo mi scuso in anticipo.

Allora bando alle ciance Bogusia, inizia!

Vorrei esordire in questo racconto con una domandina non retorica al nostro caro professore Gianni che, a prescindere dal fatto che sia il nostro professore, abita anche a Roma, non casualmente.

Allora, caro Gianni, sapresti per caso dove a Roma tira sempre il vento?
Non intendo dei rovesci di vento improvvisi, magari dovuti alle condizioni atmosferiche, ma il vento perenne.

Gianni: no Bogusia, non ne ho la più pallida idea!

Bogusia: No? Oggettivamente , Gianni ha un fare molto gentile e generoso. Non è mai indisposto , però riguardo alla sua città a volte, come tutti i romani è un po’ ignorante. No?

Qualcuno potrebbe dirmi: dai Bogusia, il tuo commento credo sia un po’ azzardato.

Però io so che Gianni sa reggermi:il gioco. Vero Gianni?

Gianni: si, come no, te lo reggo, te lo reggo! Ma parlaci di questo posto, dai!

Bogusia: Ił posto di cui vorrei parlare si chiama “La piazza del Gesù” . Il nome deriva dal nome della chiesa che, analogamente, viene comunemente chiamata “la chiesa del Gesù” però, in effetti si chiama “Chiesa del santissimo nome di Gesù” .

Come di consueto, non mi fermo né sulla storia, né sui capolavori d’arte, perché casomai vi interessasse trovereste tutti i dettagli sulla rete. Il mio obiettivo è attirare la vostra attenzione alla leggenda, poiché pare che sia molto ventosa

A quanto pare è addirittura lo scrittore francese Stendhal a raccontarcela. Devo dire che la storia ha un certo non so che di interessante, ed allora andiamo subito al sodo.
Ił diavolo e il vento, un giorno, passeggiando per la città, si incontrano e si fermano dinnanzi alla chiesa del Gesù.

Il diavolo disse al compagno che avrebbe avuto da fare in chiesa e gli chiese di aspettarlo fuori.

Ma da lì non uscì mai più e il vento da allora, pare sia rimasto nella piazza ad attendere il suo ritorno e da qui le correnti di vento che caratterizzano la piazza.

Due sono le possibili interpretazioni di questo racconto di STENDHAL.

C’è chi ritiene che lui l’abbia raccontato per alludere alle capacità di conversione dei Gesuiti, i titolari della chiesa, che sarebbero riusciti a convertire persino il diavolo.

Altri invece pensano che la storia fosse raccontata per denigrare l’ordine dei Gesuiti accusandolo di essere tanto corrotto da riuscire a trattenere addirittura il diavolo. C’è anche chi dice però che entrando nella chiesa il diavolo fosse rimasto di stucco di fronte a tutta la ricchezza dei suoi affreschi, stucchi , delle illusioni all’interno.

Eppure, per i pragmatici questo fenomeno è oltremodo semplice.

Cioè la piazza difatti sorge al centro di ben 5 strade di notevole grandezza e le correnti ventose di queste vie si uniscono proprio sulla piazza dando vita al fenomeno del vento eterno.
Ce ne sono ancora altri che raccontano una seconda leggenda, meno conosciuta ma ancora più misteriosa.

La storia di Lucifero e il carro trascinato dal vento. Secondo questa leggenda Lucifero è per davvero entrato nella chiesa ed è stato talmente affascinato dalla bellezza che sì ingelosì così tanto che la volle tutta per sé.

Non poteva appropriarsi di una chiesa però, così, cattivo com’era e dritto come si credeva, decise di distruggerla.

Attese quindi la notte e tornò sulla piazza sul suo carro trascinato dal vento stesso.

Una volta dentro la chiesa, la sua bellezza lo conquistò, così, osservando le meraviglie del luogo, si dimenticò persino di doverla distruggere prima dell’arrivo dell’alba.

A questo punto capì di dover alzare i tacchi e fuggire, per non restare sorpreso dalle primi luci.

Facendo così, in men che non si dica si dimenticò che alle sue spalle che c’era il vento tirandogli così *un tiro mancino*.

Poverino il vento, che è stato così condannato a rimanere in piazza, almeno fino ad oggi.

Boh, tutto qua. Sono riuscita a destare la vostra curiosità? Spero di sì.

Si da il caso che la chiesa del Gesù sia davvero incredibile, iniziando dall’illusionario affresco del trionfo nel nome del Gesù dipinto da Giovanni battista Gaulli, però non vorrei prendervi la possibilità di scoprirla da soli.

Sono forse anche riuscita a destare la vostra curiosità riguardo all’associazione italiano semplicemente con tutti i suoi annessi e connessi tra quagli il gruppo whatsapp che forma con la stessa un binomio inscindibile e dove tutti si aiutano a vicenda a destreggiarsi in ambito linguistico e non solo. Dai, unitevi a noi, aderite all’associazione, non ve ne pentirete ed io di sicuro non sarò l’oggetto delle vostre risate .

Grazie mille per la vostra attenzione e alla prossima.

Ne vedremo delle belle? Chissà? Ciao.

Ps: Non abbiamo osato usare osé perché ci si è impallato il PC

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Il diritto allo studio in Italia (ripasso primi 36 verbi professionali)

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Descrizione

Questo episodio è un ripasso dei primi 36 verbi del corso di ITALIANO PROFESSIONALE.

I verbi da usare al lavoro

Trascrizione

Buongiorno a tutti. Oggi parliamo del diritto allo studio in Italia e in questo episodio saranno utilizzati i primi 36 verbi che fanno parte del corso di Italiano Professionale.

Comunque ho dimenticato di qualificarmi: sono Giovanni, italianosemplicemente.com, vi scrivo e vi parlo da Roma.

Oggi ci occupiamo del diritto allo studio dunque. Strana parola il “diritto” parlando dello studio. Gli studenti italiani lo vedono piuttosto come un dovere! Ma iniziamo dal principio.

Dopo l’unità d’Italia, ed in particolare dal 1932 sono iniziate le attività di supporto economico (cioè aiuto economico) verso gli studenti in Italia.

Aiutare gli italiani a studiare, quindi sostenerli economicamente per garantire loro il diritto di studiare, anche se non hanno abbastanza denaro: questo è l’obiettivo fondamentale del “diritto allo studio”: rendere il diritto indipendente dalle condizioni economiche e sociali del singolo.

Tutto iniziò con la nascita della Repubblica Italiana e con l’entrata in vigore della Costituzione, che detta così le regole generali, i principi del diritto allo studio, esattamente negli articoli 33 e 34, che parlano di “scuola aperta a tutti” e di istruzione inferiore gratuita da impartirsi per almeno otto anni.

L’obbligo di frequenza e la gratuità, non riguardano invece l’istruzione superiore e quella di livello universitario.

A quei tempi si decise che l’istruzione era da considerare un servizio pubblico necessario da erogare, per poter assicurare il pieno sviluppo intellettivo della persona anche rispetto alla condizione di partenza, potenzialmente sfavorevole, di qualcuno con insufficienti risorse finanziarie.

La Costituzione Italiana, all’art. 3 , recita infatti, tra l’altro, che:

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Nel periodo successivo all’obbligo scolastico e anche dopo quello universitario, il cittadino ha la libertà di intraprendere studi a suo piacimento, e lo Stato deve garantirgli parità di accesso, attraverso l’erogazione di borse di studio che possono riscuotere coloro che si dimostrano capaci e meritevoli ma privi di mezzi economici.

C’è sempre la possibilità per gli studenti più facoltosi di spacciarsi per indigenti, ma i controlli sono molto accurati e difficilmente si riesce a farla franca: pena multe molto Salate. Conviene dichiarare il vero, suffragando le proprie dichiarazioni con documenti credibili; scusate se insisto. Benché siano praticabili alcune scappatoie (diciamo furbate) che permettono di risparmiare. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

La normativa comunque cerca sempre di prevenire e impedire che questo accada. Altrimenti poi nascono problemi di giustizia sociale ed anche possibili conflitti sociali che occorre dirimere. Meglio prevenire dunque.

Compito prioritario della Repubblica è occuparsi di istituire scuole statali per tutti gli ordini ed i gradi che possano garantire questo diritto.

Il diritto di accedere e di usufruire delle prestazioni, che l’organizzazione scolastica è chiamata a fornire, parte dagli asili nido e si estende sino alle università.

Lo Stato deve però garantire agli enti di istruzione non statali la piena libertà di istituire scuole ed istituti di educazione, senza però oneri per lo Stato. Ad ogni modo, ai loro alunni deve essere garantito un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

Questo senza però oneri per lo Stato, come è declinato dalla normativa. È bene chiarirlo. Ciò non vuol dire che lo Stato non possa intervenire a favore degli istituti privati; ma che nessun istituto privato potrà esigere di avere aiuti da parte dello Stato.

Questo è quanto prevede la Costituzione italiana, ma successivamente sono seguite una serie di leggi e decreti che resero effettiva l’applicazione dei principi dettati dalla Costituzione.

Si è trattato quindi di adempiere agli obblighi derivanti da tali principi attraverso delle leggi.

Riguardo all’istruzione superiore ed universitaria, come agevolazioni si parla di borse di studio, di alloggi per studenti, mense, sussidi straordinari, ma anche orientamento alla formazione, prestiti agevolati, aule di studio, spazi culturali e ricreativi o anche sportivi a disposizione degli studenti (cioè di cui gli studenti possono disporre), il tutto erogato da particolari enti per garantire il diritto allo studio.

Tali enti competono alle Regioni italiane. Sono di loro competenza.

Normalmente gli studenti che intendono avvalersi di queste e di altre prestazioni sociali agevolate, dovranno fare una dichiarazione dei redditi, con la quale si assumono le responsabilità delle loro dichiarazioni. Naturalmente è compito degli stessi studenti adoperarsi al fine di presentare queste dichiarazioni nei tempi consentiti.

Spesso anche le università comunque erogano questi servizi.

Frequentare l’università comporta il pagamento di una tassa, ma sono previste esenzioni totali o parziali delle tasse universitarie per chi ha bisogno. Persino istituzioni religiose o private possono erogare servizi di questo tipo.

Anche il governo italiano può erogare borse di studio universitarie e fare finanziamenti per l’edilizia universitaria. Vengono, a questo fine, stanziate risorse ad hoc dal governo italiano.

Esiste infatti un “fondo per il diritto allo studio”, che è erogato dal Ministero dell’Università e della Ricerca alle Regioni, le quali possono anche aumentare tale disponibilità economica attraverso dei fondi regionali.

Ad esempio è possibile erogare contributi da liquidare agli studenti più bisognosi per l’acquisto di libri scolatici.

Nelle università italiane (anche dette “atenei”), per poter garantire il diritto allo studio, lo Stato prevede una quota massima di iscrizione, una soglia che non si può superare riguardo alle tasse di iscrizione.

Queste tasse variano a seconda del reddito, quindi a seconda della ricchezza delle famiglie, e i più ricchi pagano poco più di € 2000. Non è tantissimo in fondo e lo Stato non si arricchisce, non sbanca di certo con i soldi delle iscrizioni all’università.

Di sicuro non c’è bisogno di contrarre un mutuo per iscriversi all’università. Chi non è d’accordo con me significa che evade le tasse. Non sei d’accordo? Sei un evasore!

Adesso sono persino querelabile. Qualcuno potrebbe farmi una querela. Ma io non ho fatto nomi, quindi nessuno può querelarmi. Poi insomma non è obbligatorio fare l’università. I più ricchi possono anche vagliare l’ipotesi di vivere di rendita senza lavorare. Ma anche pagare duemila euro non cagionerà alle persone più ricche grossi danni. È giusto che la quota di iscrizione sia commisurata con la propria ricchezza. Non è vero? Molti non sono d’accordo però con questa mia affermazione. Pazienza.

Tali pagamenti vanno eseguiti ovviamente entro un certo periodo di tempo, almeno prima che l’anno accademico volga al termine.

Per le fasce meno agiate ci sono esenzioni e riduzioni. Ma per dimostrare di essere poveri bisogna suffragare l’iscrizione con una dichiarazione dei redditi, per dimostrare la propria indigenza. Altrimenti la richiesta di esenzione sarà cassata.

Non tutti i corsi di laurea sono uguali però all’università.

Ci sono dei corsi a numero chiuso e altri a numero aperto. Se il numero è chiuso, questo implica che l’iscrizione a tali corsi è subordinata al superamento di un esame di ammissione, che può essere articolato in prove scritte e/o orali, ma anche della carriera pregressa, cioè degli studi e delle valutazioni conseguite negli anni precedenti all’università.

Il voto complessivo a questi esami può quindi tener conto dell’esito dell’esame di maturità o di qualche altra laurea precedentemente conseguita.

Inoltre i singoli atenei possono stabilire dei requisiti per l’accesso ad un determinato corso, come un punteggio minimo del voto di maturità.

Perché questo? Semplice, per avere corsi di laurea di maggiore qualità perché frequentate da meno studenti e perché gli studenti saranno dei lavoratori in futuro, e potrebbe non esserci abbastanza posti di lavoro rispetto al numero degli studenti.
Si tratta quindi di garantire a tutti la possibilità di avere un lavoro e un reddito abbastanza adeguato. Troppa offerta di lavoro fa infatti abbassare la remunerazione. Logico no? Non c’è bisogno di commissionare un’indagine ad hoc per arrivare a questa conclusione.

Per quanto riguarda il diritto allo studio dei lavoratori, qualche anno fa presso molti comuni italiani esistevano corsi serali di istruzione predisposti proprio per la tipica figura dello studente-lavoratore.

Poi è stato introdotto il cosiddetto “statuto dei lavoratori”, una legge del 1970, che introdusse il diritto per tali persone, a poter studiare e lavorare nello stesso tempo. Questo ha significato l’introduzione di una flessibilità nell’orario di lavoro, in mdo tale che queste persone potevano frequentare corsi scolastici, o anche il diritto a permessi per il giorno dell’esame, o l’esonero dal lavoro straordinario.

Questi permessi erano fruibili anche per corsi non strettamente legati all’attività lavorativa, come il conseguimento di un diploma o di una laurea. Tale legge prevedeva 150 ore all’anno di permessi retribuiti. Questo diritto a fruire di 150 ore, inizialmente previsto solo per il settore privato, venne esteso nel 1988 al pubblico impiego.

Come si determina il contingente dei beneficiari di questo diritto?

In ogni provincia il personale avente diritto alla fruizione dei permessi studio non può superare complessivamente (tra tutti coloro che presentano la domanda) il 3% del personale in servizio all’inizio dell’anno scolastico e l’arrotondamento è previsto all’unità superiore. Quindi il 3,1 per cento diventa il 4%.

Dal 2000 poi è possibile usufruire dei “congedi per la formazione”. Quindi non solo delle ore di permessi retribuiti regolarmente, ma anche la possibilità di un periodo formativo non retribuito, durante il quale il lavoratore può assentarsi dal posto di lavoro, non ricevendo retribuzione e conservando però il posto di lavoro.

Riguardo alle persone con handicap, possiamo certamente dire che per queste persone resta ancora disatteso in Italia il diritto allo studio per gli alunni e studenti che hanno disabilità. Fortunatamente ci sono anche molte associazioni che promuovono tale diritto in modo che sia effettivamente fruibile da tutti, e non solo per alcuni studenti.

Tutti hanno bisogno di investire sul proprio futuro.

La giustizia e l’onestà qualificano una società democratica.