Il discrimine e la discriminante
(ep. 1162) (scarica audio)

Trascrizione

Un paio di episodi fa avevo promesso di parlare del discrimine, quindi eccomi qui.
Parliamo anche del verbo discriminare e del sostantivo discriminante.
“Discrimine” è un termine interessante e non sempre di immediata comprensione.
Questo sostantivo indica una specie di linea di separazione o un criterio distintivo tra due o più cose.
È usato spesso in contesti formali, filosofici, giuridici o accademici, per indicare ciò che distingue un concetto da un altro, o ciò che divide due categorie.
Ad esempio:
Il discrimine tra il bene e il male non è sempre chiaro.
In questo caso, il discrimine è il confine, il criterio che permette di separare il bene dal male. Non si parla di qualcosa di materiale, ma di una linea concettuale, spesso soggettiva o contestuale.
In senso più generale, “discrimine” si utilizza quando si vuole evidenziare un elemento che fa la differenza. Ad esempio:
L’età è il discrimine per accedere a questo concorso.
In questa frase, il discrimine è il criterio che stabilisce chi può partecipare e chi no.
Col verbo “discriminare” non siamo molto lontani.
“Discriminare” significa letteralmente “distinguere” o “fare una distinzione”, tuttavia, nel linguaggio comune, è usato prevalentemente con una connotazione negativa, riferendosi a un trattamento ingiusto o sfavorevole basato su differenze come razza, sesso, religione, ecc.
Ad esempio:
Non si può discriminare una persona per il colore della sua pelle.
Qui “discriminare” significa trattare in modo ingiusto sulla base di un criterio arbitrario o sbagliato.
In contesti più tecnici, come nella logica o nella statistica, “discriminare” può anche essere usato in modo neutro per indicare l’atto di distinguere tra due o più opzioni. Ad esempio:
Il test serve a discriminare tra due ipotesi.
In questo caso, il termine mantiene un significato strettamente descrittivo.
Notare che il discrimine può sembrare simile alla discriminazione, perché entrambi distinguono, ma il discrimine è neutro e non implica un giudizio e un’azione concreta.
Invece la discriminazione è un’azione: si tratta di trattare in modo diverso, spesso ingiusto, una persona o un gruppo, sulla base di criteri come razza, genere, religione, ecc.
Ha quasi sempre una connotazione negativa nel linguaggio comune, anche se tecnicamente significa semplicemente “distinguere”.
Infine, abbiamo “discriminante“, aggettivo legato al verbo discriminare. Infatti è proprio ciò che discrimina, che opera una discriminazione.
una legge discriminante nei confronti delle donne
Questa legge evidentemente discrimina le donne nei confronti degli uomini.
Ok, così lo usiamo come aggettivo, ma esiste anche la discriminante.
La discriminante è qualcosa che discrimina, cioè è un fattore o un aspetto che risulta determinante per esprimere un giudizio o fare una scelta tra cose analoghe..
Es:
tra i due modelli di automobile la discriminante è il prezzo.
Quindi la discriminante è ciò che guida la scelta, ciò che fa la differenza nella scelta, ciò che rende un modello diverso dall’altro. Torniamo al concetto di linea di separazione, di criterio distintivo tra due o più cose.
Allora quale è la differenza tra il discrimine e la discriminante?
Se parliamo di scelte, la discriminante è ciò che si usa per decidere, mentre il discrimine è ciò che distingue.
Se non parliamo di scelte, la discriminante è un elemento che distingue o che caratterizza qualcosa rispetto ad altro, quindi è un elemento distintivo che può servire a fare una scelta o a spiegare una differenza.
In altre parole, il termine discrimine è simile proprio a “differenza”, “linea di separazione” tra due cose, mentre la discriminante è simile al concetto di “fattore decisivo” alla base della scelta o il criterio che determina o che distingue.
Vediamo altri esempi con discrimine e discriminante.
Il discrimine tra il lavoro serio e il dilettantismo è l’impegno.
Cosa distingue il lavoro serio dal dilettantismo? Qual è il discrimine? È l’impegno.
È la linea di separazione tra due approcci diversi al lavoro. È ciò che fa la differenza.
Il discrimine tra verità e bugia può essere difficile da individuare.
Parliamo di un confine concettuale tra due opposti.
Il discrimine tra una critica costruttiva e un insulto sta nel rispetto.
Se c’è rispetto è una critica costruttiva, altrimenti è solo un insulto.
La capacità di assumersi responsabilità è il discrimine tra maturità e immaturità.
Il discrimine tra giustizia e vendetta è spesso l’intenzione che guida l’azione.
Parliamo di un confine morale. È l’intenzione a fare la differenza.
Passiamo alla discriminante.
Il coraggio è stata la discriminante che ha permesso di vincere la sfida.
Stavolta parliamo di un elemento decisivo, un fattore determinante.
Nel decidere chi invitare alla festa, la discriminante è stata la vicinanza.

Perché Paolo è stato invitato e io no? Quale è stata la discriminante?
Qual è stato il fattore determinante per la scelta? La vicinanza, la distanza tra le abitazioni. Coloro che abitano vicino sono stati invitati, gli altri no.
La preparazione è stata la discriminante nel successo di quel progetto.
È evidentemente la preparazione l’elemento decisivo che ha fatto la differenza.
L’onestà è stata la discriminante tra i candidati al premio.
Parliamo del criterio principale di valutazione. I candidati sono stati scelti in base alla loro onestà.
La rapidità nella risposta è stata la discriminante per scegliere l’azienda migliore.
Anche stavolta parliamo del fattore concreto che ha determinato una decisione.
Adesso facciamo un ripasso degli episodi precedenti. Qual è la discriminante che guida la scelta degli episodi da ripassare?
Ripasso in preparazione a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Christophe: Secondo me, il discrimine dovrebbe essere quanto ci servono nella vita quotidiana. Ad esempio, quando uso il “non pleonastico”, non sempre mi accorgo se è necessario o no, ma non appena mi sentirò più sicuro, stai sicuro che lo userò tantissimo.
Anne Marie: Già! Anche io mi confondo con questo “non”, pleonastico o meno, soprattutto quando dico cose tipo: Non è che non lo so, è che, vuoi o non vuoi, mi sbaglio spesso.
Irina: io prediligo frasi più colloquiali, tipo: Come ti dona! L’altro giorno l’ho detto a un’amica che aveva un vestito nuovo, e sembrava felice.
Khaled: E’ una frase che fa molto italiano! La stessa cosa vale per “sui generis“: Il tuo stile, ad esempio, è davvero sui generis, mi piace!.
Sofie: E come la vedete se chiudiamo il nostro ripasso con qualcosa di elegante, tipo: Dulcis in fundo, possiamo rivedere le espressioni più utili per scrivere messaggi formali. Non vorrei mettere in difficoltà il prossimo però!
Membro 6: Raccolgo la sfida! È nelle cose che, ripassando insieme, riusciamo a conseguire una maggiore sicurezza con l’italiano. Mica male eh?