Distinguersi per

Distinguersi per (ep. 1162)

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Trascrizione

Continuiamo a parlare di cose che separano o, se vogliamo, distinguono una cosa dall’altra, sulla scia dell’ultimo episodio in cui abbiamo visto il discrimine e la discriminante.

Il verbo distinguere lo conoscete tutti vero?

Distinguere è, prima di tutto, un atto di osservazione e di giudizio. Quando distinguiamo, separiamo mentalmente o fisicamente due o più cose, basandoci sulle loro peculiarità. È un esercizio dell’intelletto, una capacità di distinguere, di discernere (questo verbo lo dobbiamo ancora spiegare ma si capisce vero?), di vedere oltre l’apparenza, di riconoscere ciò che rende unico ogni elemento rispetto agli altri.

Ad esempio, distinguere un suono da un altro richiede attenzione, un ascolto che sa cogliere le note sottili e le variazioni impercettibili. Distinguere tra il bene e il male, invece, richiama un giudizio morale, una capacità di valutare non solo ciò che appare, ma ciò che è intrinsecamente giusto o sbagliato.

Il termine si estende anche a situazioni più concrete: distinguere un oggetto in lontananza significa percepirlo con chiarezza nonostante la distanza o le condizioni difficili. In questo senso, distinguere non è solo un atto mentale, ma anche fisico, legato ai nostri sensi.

Esiste anche la forma riflessiva: distinguersi. Quando diciamo che una persona “si distingue”, intendiamo che possiede una qualità o una caratteristica che la rende diversa, migliore, o semplicemente unica rispetto agli altri. Chiaramente non solo le persone possono distinguersi. Basta avere una caratteristica che fa la differenza rispetto al resto per distinguersi.

E’ interessante che per richiamare questa caratteristica si utilizzi la preposizione “per“: distinguersi per una caratteristica.

Distinguersi per” è una modalità che porta un individuo o qualcosa a emergere dal contesto circostante, a differenziarsi, appunto, per una qualità o un comportamento specifico. Tale locuzione porta con sé un’eco di “contraddistinguere“, un verbo che segna una linea di demarcazione, un marchio, una peculiarità che rende qualcosa o qualcuno unico rispetto al resto. Abbiamo già incontrato in episodi passati sia il verbo contraddistinguere, sia le peculiarità e le prerogative, quindi sapete di cosa parlo.

La peculiarità è esattamente la caratteristica di cui si parla, la cosa per cui una persona o una cosa si distingue rispetto al resto. Quindi una persona, ad esempio, di può distinguere per la sua educazione. In pratica si nota la differenza rispetto agli altri perché questa persona è più educata. E’ la sua educazione la caratteristica che emerge prima delle altre. Parliamo di un cosiddetto “tratto distintivo“, una caratteristica che emerge e si evidenzia.

Nell’audiolibro dei segni zodiacali, se ricordate, abbiamo visto i vari tratti distintivi delle persone a seconda del loro segno zodiacale (ovviamente lo abbiamo fatto per scopi esclusivamente legati alla lingua italiana). Abbiamo visto che ogni segno si distingue per una caratteristica particolare.

I pesci ad esempio si distinguono per la loro capacità di sognare e connettersi con le emozioni più profonde, invece il capricorno si distingue per la sua ambizione e dedizione.

Parliamo di ciò che definisce un individuo come speciale, ciò che gli conferisce una prerogativa, un diritto o una qualità esclusiva, che diventa il motivo per cui viene ricordato o riconosciuto.

Questa nozione si collega anche all’idea di “fare un distinguo“, un’espressione che abbiamo non a caso già incontrato e che richiama l’arte sottile della differenziazione, del tracciare confini. “Fare un distinguo” implica il mettere in luce le sfumature, le discrepanze, i punti di discrimine, una parola che indica ciò che separa nettamente una cosa dall’altra, ciò che definisce i limiti tra categorie apparentemente simili ma profondamente diverse.

Il discrimine, infatti, come abbiamo visto, è il confine, il segno che separa ciò che appartiene da ciò che è escluso. È la radice anche di “discriminante“, che si riferisce a un criterio di valutazione, un elemento decisivo che permette di stabilire una differenza significativa.

Così, quando qualcuno “si distingue per”, una caratteristica, emerge come elemento discriminante nel suo contesto, portando con sé una qualità che funge da simbolo, da marchio della sua identità. È il momento in cui la differenza si fa valore, in cui il tratto distintivo non è solo una linea di confine, ma diventa il motore di un’identità e di una visione. Questo è il contesto in cui si preferisce usare “distinguersi per”.

Ad esempio, si può dire che un artista si distingue per la sua capacità di catturare l’essenza del reale, un leader per la sua visione carismatica, una cultura per la sua ricchezza simbolica. Tutto ciò implica una forma di riconoscimento, un atto di attribuzione che dà significato alla diversità, trasformandola in una prerogativa.

Infine, “distinguersi per” implica sempre un dinamismo: non è una qualità statica, ma un processo continuo, un “farsi notare” che richiede sforzo, dedizione, o talvolta anche una tensione drammatica verso un ideale. Riflette una aspirazione, un desiderio. È un’azione che rivela la profondità di ciò che siamo, nel confronto con ciò che non siamo.

Per cosa si distingue Italiano Semplicemente? Chiediamolo a Chatgpt. Ecco al sua risposta:

Italiano Semplicemente si distingue per la sua capacità di rendere l’apprendimento della lingua italiana accessibile, naturale e piacevole, specialmente per gli stranieri. La sua peculiarità risiede nell’approccio pratico e informale, che combina la spiegazione delle regole grammaticali con l’uso concreto della lingua nella vita quotidiana.

Infine voglio farvi notare che a seconda dei casi, si può sostituire la preposizione “per” con qualcos’altro. Es:

Marco si è distinto in matematica durante gli studi universitari.

In questo caso si vuole evidenziare un ambito o un campo specifico.

Giovanna si distingue grazie alla sua determinazione e costanza.

Qui si vuole attribuire il merito della distinzione a una causa precisa.

Si è distinto per mezzo della sua capacità di leadership.

Questa è una variante più formale che sottolinea il mezzo o la modalità.

Volendo possiamo anche dire:

Si distingue tramite/attraverso il suo approccio innovativo al lavoro.

Questa modalità è più neutra ed è riferita al processo o al metodo

Adesso mi piacerebbe che qualche membro dell’associazione mi parlasse delle proprie caratteristiche. La domanda a cui vi chiedo di rispondere è la seguente: per cosa ti distingui o per cosa ti sei distinto in passato? Nel rispondere cercate di utilizzare il maggior numero di parole o verbi o espressioni affrontate in passato.

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Ripasso in preparazione a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Il discrimine e la discriminante

Il discrimine e la discriminante

(ep. 1162) (scarica audio)

Trascrizione

Un paio di episodi fa avevo promesso di parlare del discrimine, quindi eccomi qui.

Parliamo anche del verbo discriminare e del sostantivo discriminante.

Discrimine” è un termine interessante e non sempre di immediata comprensione.

Questo sostantivo indica una specie di linea di separazione o un criterio distintivo tra due o più cose.

È usato spesso in contesti formali, filosofici, giuridici o accademici, per indicare ciò che distingue un concetto da un altro, o ciò che divide due categorie.

Ad esempio:

Il discrimine tra il bene e il male non è sempre chiaro.

In questo caso, il discrimine è il confine, il criterio che permette di separare il bene dal male. Non si parla di qualcosa di materiale, ma di una linea concettuale, spesso soggettiva o contestuale.

In senso più generale, “discrimine” si utilizza quando si vuole evidenziare un elemento che fa la differenza. Ad esempio:

L’età è il discrimine per accedere a questo concorso.

In questa frase, il discrimine è il criterio che stabilisce chi può partecipare e chi no.

Col verbo “discriminare” non siamo molto lontani.

“Discriminare” significa letteralmente “distinguere” o “fare una distinzione”, tuttavia, nel linguaggio comune, è usato prevalentemente con una connotazione negativa, riferendosi a un trattamento ingiusto o sfavorevole basato su differenze come razza, sesso, religione, ecc.

Ad esempio:

Non si può discriminare una persona per il colore della sua pelle.

Qui “discriminare” significa trattare in modo ingiusto sulla base di un criterio arbitrario o sbagliato.

In contesti più tecnici, come nella logica o nella statistica, “discriminare” può anche essere usato in modo neutro per indicare l’atto di distinguere tra due o più opzioni. Ad esempio:

Il test serve a discriminare tra due ipotesi.

In questo caso, il termine mantiene un significato strettamente descrittivo.

Notare che il discrimine può sembrare simile alla discriminazione, perché entrambi distinguono, ma il discrimine è neutro e non implica un giudizio e un’azione concreta.

Invece la discriminazione è un’azione: si tratta di trattare in modo diverso, spesso ingiusto, una persona o un gruppo, sulla base di criteri come razza, genere, religione, ecc.

Ha quasi sempre una connotazione negativa nel linguaggio comune, anche se tecnicamente significa semplicemente “distinguere”.

Infine, abbiamo “discriminante“, aggettivo legato al verbo discriminare. Infatti è proprio ciò che discrimina, che opera una discriminazione.

una legge discriminante nei confronti delle donne

Questa legge evidentemente discrimina le donne nei confronti degli uomini.

Ok, così lo usiamo come aggettivo, ma esiste anche la discriminante.

La discriminante è qualcosa che discrimina, cioè è un fattore o un aspetto che risulta determinante per esprimere un giudizio o fare una scelta tra cose analoghe..

Es:

tra i due modelli di automobile la discriminante è il prezzo.

Quindi la discriminante è ciò che guida la scelta, ciò che fa la differenza nella scelta, ciò che rende un modello diverso dall’altro. Torniamo al concetto di linea di separazione, di criterio distintivo tra due o più cose.

Allora quale è la differenza tra il discrimine e la discriminante?

Se parliamo di scelte, la discriminante è ciò che si usa per decidere, mentre il discrimine è ciò che distingue.

Se non parliamo di scelte, la discriminante è un elemento che distingue o che caratterizza qualcosa rispetto ad altro, quindi è un elemento distintivo che può servire a fare una scelta o a spiegare una differenza.

In altre parole, il termine discrimine è simile proprio a “differenza”, “linea di separazione” tra due cose, mentre la discriminante è simile al concetto di “fattore decisivo” alla base della scelta o il criterio che determina o che distingue.

Vediamo altri esempi con discrimine e discriminante.

Il discrimine tra il lavoro serio e il dilettantismo è l’impegno.

Cosa distingue il lavoro serio dal dilettantismo? Qual è il discrimine? È l’impegno.

È la linea di separazione tra due approcci diversi al lavoro. È ciò che fa la differenza.

Il discrimine tra verità e bugia può essere difficile da individuare.

Parliamo di un confine concettuale tra due opposti.

Il discrimine tra una critica costruttiva e un insulto sta nel rispetto.

Se c’è rispetto è una critica costruttiva, altrimenti è solo un insulto.

La capacità di assumersi responsabilità è il discrimine tra maturità e immaturità.

Il discrimine tra giustizia e vendetta è spesso l’intenzione che guida l’azione.

Parliamo di un confine morale. È l’intenzione a fare la differenza.

Passiamo alla discriminante.

Il coraggio è stata la discriminante che ha permesso di vincere la sfida.

Stavolta parliamo di un elemento decisivo, un fattore determinante.

Nel decidere chi invitare alla festa, la discriminante è stata la vicinanza.

Perché Paolo è stato invitato e io no? Quale è stata la discriminante?

Qual è stato il fattore determinante per la scelta? La vicinanza, la distanza tra le abitazioni. Coloro che abitano vicino sono stati invitati, gli altri no.

La preparazione è stata la discriminante nel successo di quel progetto.

È evidentemente la preparazione l’elemento decisivo che ha fatto la differenza.

L’onestà è stata la discriminante tra i candidati al premio.

Parliamo del criterio principale di valutazione. I candidati sono stati scelti in base alla loro onestà.

La rapidità nella risposta è stata la discriminante per scegliere l’azienda migliore.

Anche stavolta parliamo del fattore concreto che ha determinato una decisione.

Adesso facciamo un ripasso degli episodi precedenti. Qual è la discriminante che guida la scelta degli episodi da ripassare?

Ripasso in preparazione a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Christophe: Secondo me, il discrimine dovrebbe essere quanto ci servono nella vita quotidiana. Ad esempio, quando uso il “non pleonastico”, non sempre mi accorgo se è necessario o no, ma non appena mi sentirò più sicuro, stai sicuro che lo userò tantissimo.

Anne Marie: Già! Anche io mi confondo con questo “non”, pleonastico o meno, soprattutto quando dico cose tipo: Non è che non lo so, è che, vuoi o non vuoi, mi sbaglio spesso.

Irina: io prediligo frasi più colloquiali, tipo: Come ti dona! L’altro giorno l’ho detto a un’amica che aveva un vestito nuovo, e sembrava felice.

Khaled: E’ una frase che fa molto italiano! La stessa cosa vale per “sui generis: Il tuo stile, ad esempio, è davvero sui generis, mi piace!.

Sofie: E come la vedete se chiudiamo il nostro ripasso con qualcosa di elegante, tipo: Dulcis in fundo, possiamo rivedere le espressioni più utili per scrivere messaggi formali. Non vorrei mettere in difficoltà il prossimo però!

Membro 6: Raccolgo la sfida! È nelle cose che, ripassando insieme, riusciamo a conseguire una maggiore sicurezza con l’italiano. Mica male eh?iscriviti