7 luglio 1960 (scarica audio)
Trascrizione
Prima di cominciare, vale la pena ricordare brevemente un episodio chiave della storia politica italiana: il governo Tambroni, nato nel 1960 come esecutivo di transizione, ma che suscitò un’enorme crisi istituzionale. Tambroni, esponente della Democrazia Cristiana, ottenne la fiducia in Parlamento con il decisivo sostegno del Movimento Sociale Italiano, un fatto senza precedenti che fece esplodere proteste in tutto il Paese. In fondo erano solo 15 anni che era terminata la Seconda guerra mondiale.
Ci furono delle manifestazioni represse nel sangue in città come Genova e Reggio Emilia, che segnarono profondamente la coscienza democratica nazionale.
Il governo comunque cadde dopo poco più di tre mesi, ma la ferita lasciata da quell’alleanza innaturale restò aperta a lungo.
Eccoci allora all’episodio del 7 luglio del 1960, quello di Reggio Emilia, quando cinque operai furono uccisi dalla polizia durante una manifestazione sindacale contro il governo Tambroni.
La repressione fu brutale, e la giornata passò alla storia come la Strage di Reggio Emilia.
Gli operai scesero in piazza per protestare contro il governo che come detto era appoggiato dal Movimento Sociale Italiano, il partito erede del fascismo. Non dimentichiamolo.
La tensione era altissima. E quello che avvenne fu – a detta di molti – un vero regolamento di conti di tipo politico.
Siamo arrivati all’espressione del giorno.
Cos’è un regolamento di conti? Attenzione, “di” conti e non “dei” conti, altrimenti sembrerebbe che l’oggetto siano dei numeri.
Qui però parliamo dei conti in senso figurato. Parliamo dei conti da regolare, da saldare.
“Regolamento di conti” si usa quando due o più parti — spesso in contrasto da tempo — decidono di chiudere (di regolare) una questione in modo violento o definitivo.
È un’espressione che si sente spesso nei contesti di mafia o criminalità organizzata, ma può essere usata anche in senso figurato o politico.
Nel caso della strage di Reggio Emilia, si può dire che lo Stato e le forze dell’ordine “regolarono i conti” con i manifestanti, punendo duramente chi metteva in discussione l’ordine costituito, specialmente in un periodo turbolento della Repubblica.
Es:
Dopo anni di silenzi e sospetti, quel congresso di partito è stato un regolamento di conti tra le due anime storiche della sinistra.
Si può usare anche così, ma certamente l’espressione è forte e fa subito pensare a omicidi e criminalità organizzata.
Esempio concreto e molto più comune:
Quel delitto sembrava proprio un regolamento di conti tra clan rivali.
L’espressione contiene il verbo regolare, che in questo caso indica il mettere in ordine i conti, una sorta di “fare giustizia” o “chiudere una questione rimasta in sospeso”, ma materialmente anche “vendicarsi di qualcosa”.
I conti in che senso? Come ho detto, in questo caso non si tratta di calcolatrice e ricevute: i conti si chiudono a colpi di pistola, o di manganello, o di repressione.
Quindi, quando ascoltate questa espressione, fate attenzione: non si parla mai di pace, ma quasi sempre di vendette, ritorsioni o atti punitivi.
Il termine regolamento, è bene chiarirlo, non indica una norma, una regola da seguire, tipo il regolamento di condominio.
L’espressione è infatti simile anche a “fare i conti“, che però è molto più ingenua in genere. Fare i conti si può usare in matematica ma anche ad esempio con i propri figli.
Es:
Quando rientri a casa facciamo i conti!
Ora, definire questo specifico esempio un “regolamento di conti” appare effettivamente esagerato…
Fate attenzione quindi quando usate questa espressione.
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