5 luglio 2007 – scarica audio
Trascrizione

Il 5 luglio 2007 segna il ritorno di un’icona dell’automobilismo italiano: la nuova Fiat 500. Non si trattava semplicemente di un’auto qualunque, ma della riedizione in chiave moderna di un modello storico, la 500 del 1957. Pensate che in Italia girano ancora alcune vecchie Fiat 500.
Ad ogni modo nel 2007 ne producono una nuova edizione, ma prima di poter essere commercializzata, questa vettura, come tutte le altre, ha dovuto essere omologata.
In Italia, come in molti altri paesi, un’automobile non può circolare liberamente finché non riceve l’omologazione, ovvero il riconoscimento ufficiale da parte di un ente competente – solitamente il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – che quell’auto rispetta le norme tecniche e di sicurezza previste. Senza omologazione, l’auto resta un prototipo e non può circolare.
Omologare, quindi, significa riconoscere ufficialmente che un prodotto, una persona, un titolo o anche una procedura è conforme a un modello o a una normativa comune. Possiamo anche dire che significa dichiarare un prodotto industriale conforme alle disposizioni di legge.
Esisto anche omologo e omologa, che si usano per indicare una persona o una cosa che ha la stessa funzione o lo stesso ruolo rispetto a un’altra, anche se in contesti diversi. Per esempio:
Il ministro dell’economia italiano ha un omologo in Francia, ovvero una persona che svolge lo stesso incarico in un altro Stato.
Un documento tecnico può avere il suo omologo europeo, che certifica gli stessi standard in un’altra lingua o secondo altre norme.
Dunque, omologare è più di un semplice “accettare”: è un riconoscere ufficialmente come conforme, come “in regola”.
E l’omologazione è il processo attraverso cui questo riconoscimento avviene.
Invece
Omologo significa pari funzione o ruolo (es. “il mio omologo tedesco”).
Dovete sapere che l’omologazione però riguarda anche le persone, come avevo appena accennato poco fa. Omologare significa in questo senso conformarsi a un modello sociale o culturale dominante, quindi uniformarsi.
Es:
“il modo di vestire dei giovani si è del tutto omologato”.
I pratica I giovani si vestono tutti allo stesso modo.
Oppure:
“i ragazzi tendono a omologare i propri comportamenti a quelli del gruppo”.
L’omologazione sociale non è mai vista come una qualità piuttosto se ne parla sempre in modo critico.
Si usa la preposizione a: omologare a, omologarsi a.
Un sinonimo di “omologo” può essere analogo (es: l’analogo mio ruolo è ricoperto in Germania da…) ma anche affine, equivalente, simile, somigliante. In alcuni contesti, può essere usato anche corrispondente o identico, a seconda della sfumatura di significato che si vuole dare.
Es: se io sono il ministro dell’economia italiano, il mio corrispondente in Francia è…).
Concludo con una riflessione sull’omologazione sociale.
In un mondo dove l’omologazione sociale è vista come il male assoluto – sinonimo di noia, conformismo e pensiero unico – verrebbe da credere che distinguersi sia un valore. E invece no.
Alle gente non sta bene nulla!
Se ti vesti come tutti, ti dicono che sei banale e omologato.
Se ti vesti diverso, ti chiedono: «Ma dove pensi di andare vestito così?»
Se parli come gli altri, sei prevedibile.
Se usi parole diverse, ti danno del presuntuoso.
Insomma, l’omologato è grigio, l’originale è strano. Distinguersi… ma non troppo, sennò si finisce male: “Eh, quello lì è uno che si crede speciale.”
Dunque, che fare? Forse l’unica via è questa:
essere sé stessi… ma solo dopo aver controllato che piaccia anche agli altri. Che fatica!
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