il verbo “agitare”

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Associazione Italiano Semplicemente

Indice degli episodi della rubrica

Trascrizione

il verbo agitare

Buongiorno amici di Italianosemplicemente.com e benvenuti in questa nuova puntata dedicata alle espressioni italiane. Io sono Giovanni, il presidente dell’associazione Italiano Semplicemente, e oggi vi vorrei parlare di un verbo molto usato nella lingua italiana: agitare.

Agitare è un verbo molto interessante perché ha un significato concreto, legato al movimento, ma si usa anche in senso figurato in molte espressioni.

Partiamo dal significato più semplice e diretto: agitare significa muovere con energia, scuotere qualcosa.

Pensate a una bottiglia d’acqua o a una bibita gassata: se la agitate troppo e poi la aprite, l’acqua uscirà fuori con forza!

Lo stesso vale per una bottiglia di vino o per un barattolo di vernice: prima di usarlo bisogna agitarlo bene per mescolare il contenuto.

Ma agitare non si usa solo per gli oggetti.

Possiamo dire che una persona si agita quando è nervosa, ansiosa o preoccupata. Se qualcuno riceve una notizia inaspettata e inizia a mostrare segni di nervosismo possiamo dire che si è agitato oppure che è agitato.

Sei agitato?

Ti sei agitato?

Potete scegliere una delle due modalità per fare la stessa domanda.

In questi casi accade anche che questa persona inizi a muoversi velocemente, a parlare velocemente o a gesticolare troppo. Questo rende l’uso del verbo più vicino al senso concreto, materiale.

Ad esempio:

  • Quando ha saputo del ritardo dell’aereo, Marco si è molto agitato.
  • Non ti agitare, è solo un esame! Andrà tutto bene.
  • Ti vedo molto agitato, tranquillo, questo è un semplice controllo fiscale…
  • Sentimenti contrastanti si agitano nel mio animo!

Ci sono poi altri usi figurati del verbo agitare, soprattutto nelle espressioni politiche e giornalistiche. Avete mai sentito dire “agitare lo spettro di qualcosa”?

Questo significa evocare una paura, un pericolo o una minaccia, spesso per influenzare l’opinione pubblica o per spaventare qualcuno. D’altronde lo spettro è un fantasma, e si sa che i fantasmi fanno paura a tutti!

Potremmo parlare anche del “bau bau”, come direbbe Umberto Eco. Spesso si parla anche di “spauracchio” per indicare qualcosa che viene agitato per provocare paura.

  • Alcuni politici agitano lo spettro della crisi economica per giustificare nuove tasse.
  • I giornali agitano lo spettro della guerra quando la situazione internazionale è tesa.
  • I miei genitori agitano sempre lo spettro della disoccupazione per convincermi a studiare di più!

In questi casi, agitare significa “portare all’attenzione in modo allarmante“, proprio come si scuote un oggetto per farlo notare di più.

Un’altra espressione molto usata è “agitare le acque”, che significa creare problemi, rendere una situazione più difficile o più complicata del necessario. Se una discussione sta per calmarsi, ma qualcuno continua a fare domande o a provocare gli altri, si potrebbe dire:

  • Basta, non agitare le acque! La situazione è già abbastanza complicata.
  • Le acque sono molto agitate all’interno del partito dopo che si è saputo della vicenda della corruzione.

Questo senso è abbastanza simile a alzare un polverone.

Si possono anche agitare le masse.

“Agitare le masse” significa influenzare o incitare un gran numero di persone, spesso suscitando emozioni forti, indignazione o entusiasmo su un determinato tema. Questa espressione è spesso usata in ambito politico o sociale per descrivere chi cerca di mobilitare l’opinione pubblica, generando proteste, sostegno o opposizione a una causa.

Ad esempio, un leader carismatico può agitare le masse con discorsi infiammati, mentre un’informazione scioccante può creare un’ondata di reazioni nella popolazione. L’obiettivo può essere positivo (per esempio, sensibilizzare su un problema) o manipolatorio (come nel caso della propaganda).

Vedete quanti usi ha questo verbo? Può essere fisico, emotivo o anche simbolico! Adesso facciamo un piccolo esercizio di ripetizione per aiutarvi a memorizzarlo meglio.

Ripetete dopo aver ascoltato la mia voce e quella di alcuni membri dell’associazione Italiano Semplicemente:

Christophe: Non ti agitare, cerca di stare calmo!

Natalia: I politici agitano sempre lo spettro della crisi.

Camille: Agitare bene prima dell’uso.

Marcelo: Non agitare troppo le acque!

Giovanni: Durante la tempesta, il vento iniziò ad agitare violentemente le foglie degli alberi.

Camille: Durante il temporale, le raffiche di vento hanno iniziato ad agitare le acque del lago, creando onde che si infrangevano rumorosamente sulla riva.

Ulrike: Poeti a destra e a manca. Amici, mi agitate proprio l’anima. 😘.

Camille: La notizia improvvisa ha iniziato ad agitare la sua mente, riempiendola di dubbi e preoccupazioni difficile da scacciare.

Marcelo: Mentre facevo l’odierna passeggiata, ho fatto una sosta di fronte al mare, e lì contemplavo come le acque si agitavano tra le rocce e come disegnavano figure incomprensibili.

Vi ringrazio per l’ascolto e vi ricordo che potete sostenere Italiano Semplicemente con una donazione o diventando membri dell’associazione. Trovate tutte le informazioni sul sito. Non agitatevi troppo, non è obbligatorio. L’italiano è e deve restare un piacere. 🙂

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Acclarare – VERBI PROFESSIONALI (n. 99)

Acclarare (scarica audio)

Trascrizione

Acclarare è il verbo professionale n. 99.

Nel corso della spiegazione di questo verbo citerò anche alcuni verbi già spiegati, in modo che questo vi aiuti a ripassarli.

Il verbo acclarare si presenta come un altro interessante esempio di linguaggio professionale, particolarmente utile nei contesti formali, tecnici o giuridici.

A differenza del più comune “chiarire“, che si usa in situazioni colloquiali per spiegare o rendere comprensibile un concetto, acclarare si distingue per la sua specificità e il suo tono più solenne.

Vi faccio notare che acclarare infatti è come dire “rendere chiaro”, “rendere evidente” quindi è simile a verificare, confermare. Si tratta di rendere evidente un fatto, spesso dopo un’analisi o un’indagine.

La logica è la stessa che troviamo in altri verbi, che esprimono l’idea di “rendere” o “far diventare” qualcosa, proprio come acclarare (rendere chiaro o certo).

Es:
Abbellire significa rendere qualcosa più bello o attraente.

Esempio: “Ha abbellito la casa con fiori freschi.”

Accecare significa rendere cieco, far perdere la vista.

Esempio: “Il riflesso del sole ha accecato il guidatore.”

Addolcire indica l’atto di rendere qualcosa più dolce o piacevole, sia in senso letterale che figurato.

Esempio: “L’aggiunta di zucchero ha addolcito il caffè.”

C’è ne sono altri, come:

Affievolire – Significa rendere qualcosa meno forte o intenso.

Annullare, cioè rendere nullo o annullato qualcosa, far perdere validità o effetto.

Poi c’è “ammorbidire”, ed altri verbi ancora.
Torniamo ad acclarare, che è un verbo che richiama la dimensione del rigore e della dimostrazione oggettiva, quasi a voler “illuminare” la verità attraverso prove o ragionamenti.

Per questo motivo, si collega bene a verbi già spiegati di questa stessa rubrica, come VALUTARE (quando avviene l’analisi preliminare), CONSTATARE (il rilevamento di un fatto), EVINCERE (trarre una conclusione) e DELIBERARE (decidere su una base oggettiva).

Acclarare non è un verbo riflessivo e si coniuga normalmente (io acclaro, tu acclari, egli acclara, ecc.) ma si trova spesso anche “un fatto acclarato” o “una verità acclarata” e “una responsabilità acclarata”.

È spesso usato in contesti in cui è necessario verificare ufficialmente la fondatezza di una situazione.

Esempi:

Il perito ha acclarato la conformità del progetto alle norme vigenti.
(Il perito ha verificato ufficialmente che il progetto rispetta le norme.)

Si è acclarato che i fondi erano stati utilizzati in modo improprio.
(È stato confermato, dopo un’analisi, che i fondi sono stati usati male.)

Prima di procedere, occorre acclarare la validità di questi documenti.
(È necessario verificare e confermare che i documenti siano validi.)

A differenza di chiarire, che si concentra sul rendere comprensibile una questione, acclarare punta a una conferma oggettiva e dimostrabile.

Rispetto a DISAMINARE (che sta per analizzare un caso nei dettagli) o VAGLIARE (esaminare attentamente per VALUTARNE il valore o la validità), acclarare è il passo successivo: implica che l’analisi ha portato a una certezza o a una conclusione verificata.

Acclarare è decisamente un verbo formale e non si usa in contesti quotidiani. Difficilmente si sentirà qualcuno dire “Acclaro che è tutto chiaro!” in una conversazione informale; più probabile è trovarlo in un rapporto tecnico, un contesto giuridico o un documento ufficiale.

Similmente a come abbiamo visto per PRONUNCIARSI, acclarare può sottendere un’attitudine prudente e riflessiva: non si tratta di “saltare a conclusioni”, ma di attendere che i fatti siano verificati e confermati. In questo senso, richiama anche SUFFRAGARE (fornire prove a sostegno di qualcosa) o AVVALORARE (rafforzare un’idea con evidenze).

Esempio di diplomazia:

Prima di esprimere un’opinione, è necessario acclarare i fatti.
(La prudenza richiede una verifica accurata prima di trarre conclusioni o PRONUNCIARSI.)

In definitiva, acclarare è un verbo da usare con precisione e consapevolezza, adatto a chi vuole comunicare con rigore e autorevolezza.

Come sempre, meglio evitare un uso eccessivo per non appesantire il discorso; ma in determinati contesti, è davvero insostituibile.

Come dicevo inizialmente, nella spiegazione del verbo acclarare, ho richiamato alcuni verbi già spiegati. Meglio ribadirli ancora:

1. Valutare – perché acclarare spesso segue un’analisi o una valutazione preliminare.

2. Constatare – perché entrambi si riferiscono a una verifica di fatti, con acclarare che aggiunge una sfumatura di ufficialità.

3. Evincere – perché implica trarre conclusioni da una serie di prove o indizi, passaggio simile al processo che porta ad acclarare.

4. Deliberare – perché dopo aver acclarato i fatti, si può giungere a una decisione ufficiale.

5. Disaminare – perché acclarare può derivare da un’attenta analisi di un caso o una situazione.

6. Vagliare – perché l’esame accurato di validità o rilevanza spesso precede l’acclaramento.

7. Suffragare – perché il processo di acclarare può includere la ricerca di prove a supporto di un fatto.

8. Avvalorare – perché acclarare consolida o conferma una verità o una posizione precedentemente analizzata.

Questi verbi sottolineano il percorso logico e formale che porta dal dubbio alla certezza, un elemento centrale nell’uso di acclarare.

Ci vediamo al prossimo verbo professionale!

61 – Il collo – ITALIANO COMMERCIALE

Il collo e i colli – Italiano Commerciale

Durata mp3: 10 minuti

Il termine “collo” nel commercio indica un’unità di carico per spedizioni, mentre “colli” è il plurale.

Vediamo alcuni esempi di utilizzo.

Episodio riservato ai membri dell’Associazione Italiano Semplicemente

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60 – L’F24: a cosa serve? – ITALIANO COMMERCIALE

L’F24: a cosa serve?

F24Vediamo a cosa serve e come usare lo strumento “F24” anche quando non si è cittadini italiani.

Se lavori in Italia o hai acquistato una casa in Italia è molto importante per riuscire a pagare tributi come l’IMU e la TARI.

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Ascrivere – VERBI PROFESSIONALI (n. 98)

Il verbo “Ascrivere”

Descrizione

Il verbo “ascrivere” attribuisce meriti o colpe in modo formale, distinguendosi da “attribuire” e “imputare” per il suo uso accademico e ufficiale. Vediamo insieme le somiglianze rispetto ai verbi simili, compresi “includere” e “annoverare

Il file audio e il testo sono riservati ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Durata audio mp3: 12:00 minuti

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Dare da pensare

Dare da pensare (ep. 1123) – scarica audio

Trascrizione

Trovo interessante fare un approfondimento su alcune espressioni comuni nella lingua italiana, che condividono la struttura “dare + da + verbo all’infinito”, dove l’azione espressa dal verbo provoca un effetto su chi la riceve.

In particolare vorrei soffermarmi su: dare da pensare, una espressione informale di uso comune.

“Dare da pensare” significa suscitare riflessione o preoccupazione in qualcuno. In questo caso è questo l’effetto provocato.

Quando qualcosa o qualcuno “dà da pensare”, induce una persona a riflettere, a porsi delle domande, a considerare un problema o una situazione con maggiore attenzione.

Ad esempio, se una persona nota un comportamento strano in un amico, potrebbe dire che quel comportamento “gli dà da pensare”, nel senso che lo spinge a riflettere sul motivo o sulle possibili cause di quel comportamento. Il primo dà è con l’accento (verbo dare) mentre il secondo è la preposizione da, quindi senza accento.

Il verbo dare si usa, in questa locuzione, in modo figurato, non in senso materiale. La stessa cosa accade, ad esempio, con “dare preoccupazioni“.

Con “dare da pensare” spesso c’è del sospetto, ma può anche esserci preoccupazione. In alcuni casi la linea tra le due sensazioni è sottile, poiché entrambe portano a riflettere più a fondo su una situazione.

Un certo comportamento o situazione fa sorgere dubbi o sospetti, inducendo a riflettere su possibili cause nascoste o intenzioni poco chiare.

Ad esempio, “Il suo comportamento evasivo mi dà da pensare” suggerisce che potrebbe esserci qualcosa di sospetto dietro quel comportamento.

In altri contesti, “dare da pensare” può indicare preoccupazione o anche inquietudine. Ad esempio, “Questi sintomi insoliti mi danno da pensare”: significa che la persona è preoccupata e riflette su cosa potrebbero significare quei sintomi.

Altri modi alternativi per esprimere lo stesso concetto sono:

Far pensare“, che probabilmente è quella più usata. Se usiamo questa forma spesso c’è un “che” a seguire.

Es

La tua faccia mi fa pensare che tu sia arrabbiato

Normalmente invece, se usiamo “dare da pensare”, la frase finisce lì.

Oppure, a seconda dell’occasione:

Far riflettere.

Sollevare dubbi.

Destare preoccupazioni.

Indurre a riflettere.

Stimolare la riflessione.

Suscitare interrogativi.

Spingere a pensare.

Ognuna di queste modalità può essere usata a seconda del contesto per trasmettere l’idea di un concetto o di un fatto che induce a pensare più profondamente.

Ad ogni modo, “dare da pensare” non è l’unico esempio della costruzione “dare da” seguita da un verbo all’infinito.

“Dare da fare” ad esempio, significa impegnare qualcuno in un’attività o in un lavoro, spesso in modo intenso. Ad esempio, “Questo progetto mi dà molto da fare” significa che il progetto richiede molto impegno e lavoro.

Molto più usato è “dare da mangiare/bere” che utilizza il verbo dare in modo più materiale, ma si può usare anche in senso più ampio.

Innanzitutto infatti si può usare quando si offre cibo o bevande a qualcuno. Ad esempio, “Devo dare da mangiare al cane” significa che bisogna nutrire il cane.

In senso più ampio posso dire che: “il mio lavoro dà da mangiare a tutta la mia famiglia”.

Per “dare da lavorare” vale un discorso simile a “dare da fare”:

Il mio capo mi ha dato da lavorare fino a tardi

L’industria tessile ha dato da lavorare a 100 operai.

Non si usa molto ma anche “dare da dire” è un altro esempio.

Informalmente significa suscitare critiche o pettegolezzi. Ad esempio, “Quel vestito stravagante dà da dire alla gente” significa che quel vestito fa parlare le persone, spesso in modo critico.

Adesso ripassiamo. Vi do un po’ da fare.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

– – –

Marcelo: Il conflitto tra Russia e Ucraina ha preso una piega che non mi piace.

Cristophe: infatti! Sulle prime si pensava che il conflitto finisse presto.

Julien: ora però, riflettendo sull’evolversi della situazione, dà molto da pensare e darà da fare ai leader europei e americani per come evitare che il conflitto degeneri in una contesa globale.

Ulrike: Ricordando le parole del poeta Omero, “lieve è l’oprar se in molti è condiviso”. I leader mondiali dovrebbero cooperare per trovare una soluzione pacifica, altrimenti ognuno dovrà fare il proprio mea colpa!

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Visto e considerato

Visto e considerato (ep. 1122) (scarica audio)

Trascrizione

I termini “visto” e “considerato” possiamo molto spesso utilizzarli l’uno al posto dell’altro.

Posso ad esempio dire:

Visto che sono a Roma, vado a trovare Giovanni

Ma anche:

Considerato che sono a Roma, vado a trovare Giovanni

Usando “visto” la frase appare un pochino più colloquiale.

Come sappiamo, “visto” è il participio passato del verbo “vedere”.

Chiaramente il verbo vedere si usa per indicare che qualcosa è stato percepito visivamente, cioè visto, ma in senso figurato, come nel nostro caso, significa che qualcosa è stato compreso o notato e in base a questo si prende una decisione o si desume una conseguenza.

Ad esempio:

Visto il tuo comportamento, non posso fidarmi di te.

“Considerato” invece è il participio passato del verbo “considerare”. Indica che qualcosa è stato valutato, preso in esame o ponderato. Molto simile a “visto”.

Ad esempio:

Ho considerato tutte le opzioni prima di decidere.

Ma a noi interessa di più il seguente esempio:

Considerato il contesto, la tua reazione è comprensibile.

Un uso particolare dei due termini riguarda poi alcune tipologie di testo.

All’interno di un decreto legge, una circolare amministrativa o altri documenti ufficiali, i termini “visto” e “considerato” hanno significati specifici e distinti, utilizzati in diverse sezioni del documento per scopi diversi.

Visto” è utilizzato per richiamare normative, disposizioni legali, decreti precedenti, o altri documenti che sono rilevanti per la materia trattata nel decreto o nella circolare.

Di solito, la sezione “Visto” appare all’inizio del documento, prima di entrare nel merito delle disposizioni specifiche.

Es

Visto l’articolo 32 della Costituzione…

Visto il Decreto Legislativo n. 165/2001…

In pratica, si fa riferimento a norme o atti già esistenti che costituiscono la base giuridica per il nuovo provvedimento.

Considerato” viene utilizzato invece per introdurre le motivazioni, le circostanze o le valutazioni che giustificano l’adozione del provvedimento. È una sorta di premessa che spiega il contesto e le ragioni per cui si rende necessaria l’emanazione del documento.

Es.

Considerato che è necessario garantire la tutela della salute pubblica…

Considerato che le attuali circostanze richiedono un intervento urgente…

Serve quindi a esporre le ragioni o gli obiettivi che giustificano il provvedimento.

Usciamo dal contesto normativo e torniamo alla vita quotidiana.

Esiste un’espressione in cui sono presenti entrambi i termini.

L’espressione è “visto e considerato”.

Questa frase viene spesso utilizzata per introdurre una conclusione o una sintesi dopo aver esaminato i fatti o le circostanze. Ad esempio:

Visto e considerato tutto quello che è successo, penso che dovremmo cambiare strategia.

In frasi come questa, potrei usare anche solamente uno dei due termini e il senso sarebbe lo stesso. Non si tratta però di una inutile ripetizione.

Analizzando infatti più accuratamente la frase, potremmo dire “visto” implica che si è preso atto di qualcosa, mentre “considerato” implica che ci si è riflettuto sopra. C’è stata una riflessione.

Questa dunque è una locuzione che prepara il terreno per una conclusione, che introduce una decisione basata su una riflessione.

Usare semplicemente “Visto” è un modo più semplice e diretto e può andar bene lo stesso anche se non usiamo “considerato” quando introduciamo una causa o una motivazione.

È spesso usata nel linguaggio quotidiano e in contesti meno formali.

Non sono venuto alla festa visto che ero stanco.

Non sono venuto alla festa vista la stanchezza che avevo.

In fondo possiamo usare “visto” al posto di perché, poiché o “in quanto”.

Visto e considerato che” spesso è più formale, ma in contesti normali rinforza la giustificazione.

Può essere usata per sottolineare che una decisione o un’azione è stata attentamente valutata sulla base di più considerazioni.

Spesso si trova in testi legali, amministrativi o in contesti formali.

Es:

Visto e considerato che il contratto non è stato rispettato, abbiamo deciso di recedere dall’accordo.

Possiamo quindi usare “visto” in modo più colloquiale e diretto, mentre “visto e considerato” aggiunge un livello di formalità o si usa per enfatizzare in contesti informali, per sottolineare qualcosa.

Si presta ad esempio per usata anche nel corso di un litigio o una discussione accesa per far valere le proprie ragioni, specialmente quando qualcuno vuole rafforzare il proprio argomento o dimostrare che la propria posizione è ben ponderata.

In un contesto di questo tipo, questa espressione può servire a sottolineare che l’altra persona non ha tenuto conto di determinate circostanze o che le proprie decisioni sono basate su una valutazione attenta e ragionata.

Ad esempio, in un litigio potresti sentire frasi come:

Visto e considerato che tu non hai mai rispettato i nostri accordi, non vedo perché dovrei fidarmi ancora di te.

Qui, l’uso di “visto e considerato” serve a dare peso all’argomento, quasi a formalizzare la lamentela e a mettere l’accento sulla valutazione dei fatti precedenti.

Quindi, “visto e considerato” può essere utilizzato per rendere il discorso più perentorio e per sottolineare che una certa decisione o reazione è stata presa dopo un’attenta riflessione su quanto accaduto.

Adesso, visto e considerato che sono stato un po’ prolisso, facciamo un breve ripasso dedicato agli episodi precedenti.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

– – –
Marcelo: Sono un fervente sostenitore dell’iniziativa privata! Conosco molte persone di successo che si sono fatte da sé.
Trovo una caratteristica che accomuna coloro che hanno ottenuto il successo da soli: protrarre le azioni per raggiungere il loro scopo con tenacia e senza mai mollare, nonostante i possibili fallimenti che possono ostacolare questo percorso.
Credo che il loro proverbio sia: chi la dura, la vince!

Ulrike: Ciao Giovanni, non riesco a mostrarmi restia nei confronti della tua richiesta di un ripasso. Anzi, a mio parere sarebbe un atto ingeneroso, visto e considerato che da par tuo te ne sei appena uscito con un episodio con la È maiuscola, vale a dire un lavoro coi fiocchi che merita il nostro riconoscimento. E come la vedete voialtri? Per la cronaca amici: guai se qualcuno mi desse della ruffiana.

Anthony: Ti do, cara Ulrike, della ruffiana tranquillamente e senza remore poi Giovanni mi risponderà in malo modo con un cazziatone bell’e buono. Riesco addirittura a presagire le sue parole: ce ne fossero di membri come lei e meno coatti come te, Antò.

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