E’ possibile ascoltare il file audio e leggere la trascrizione di questo episodio tramite l’audiolibro (Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 42 espressioni italiane.
Eccoci qua, amici di Italiano Semplicemente, ad un nuovo episodio dedicato alla lingua italiana. L’espressione di oggi è VATTELAPPESCA. E’ stato RAUNO, che saluto, (Ciao Rauno) a proporre la spiegazione di questa parola.
VATTELAPPESCA, badate bene, è infatti una sola parola, tutta attaccata.
Rauno nella sua email mi chiede: mi interessa l’espressione VATTELAPESCA, lo so, dice Rauno, che significa “chi lo sa?” ma perché si usa dire questo?
Bene Rauno, allora spieghiamo a tutti il significato di questa espressione, come l’hai chiamata tu, anche se è un’espressione composta da una sola parola: VATTELAPPESCA.
In realtà però vattelappesca sembra una frase di più parole: VATTELAPPESCA infatti viene dalla frase VATTELA A PESCARE, cioè VALLO A PESCATE DA TE, VAI TU A PESCARE QUESTA COSA.
E’ una esclamazione dunque, che deriva da tre parole che sono state unite in una sola parola: VATTELAPPESCA= VATTELA A PESCARE.
Vai è la forma imperativa del verbo andare. Vai! cioè tu vai, vai a pescare. Pescare invece è quell’attività che compiono i pescatori, cioè pescare significa estrarre dall’acqua, tirar fuori dall’acqua. Solitamente si pescano i pesci, gli animali che si trovano in acqua, ma si può in realtà pescare qualsiasi cosa, l’importante è che si trovi in acqua. Quindi VATTELAPPESCA significa letteralmente: “vai a estrailo dall’acqua”, “vallo a paescare”.
Rauno dice che conosce questa espressione, il suo significato figurato e che sa che significa “chi lo sa!”, cioè sa che significa “non lo so!”, “chissà!”, “non so!”.
La persona che parla, e che usa questa parola quindi sta semplicemente dicendo che non sa qualcosa, e si usa spesso in questi casi, ma in realtà nella maggior parte dei casi non si usa quando non si sa qualcosa, quando non si conosce qualcosa in generale, ma si usa quando non si sa più dove si trova qualcosa. Prima si conosceva il luogo, ora invece non si sa più.
Quindi anche se sul dizionario della lingua italiana trovate che questa è una locuzione familiare che si usa frequentemente in espressioni d’incertezza, di dubbio, di ignoranzaassoluta, quando non sapete qualcosa, la verità è che si usa quasi sempre quando questa ignoranza è relativa a qualcosa, o qualcuno, di cui non si conosce più il luogo in cui si trova.
E’ familiare come espressione, ma è utilizzatissima nel linguaggio di tutti i giorni.
Se ad esempio due miei amici che non mi vedono da molto tempo, parlando tra loro di me, potrebbero dire:
Hei, ti ricordi di Giovanni? Chissà che fine ha fatto ora! Sai per caso dove abita adesso Giovanni?
L’altro amico potrebbe rispondere:
“Chi lo sa, vallo a sapere dove abita! Abita vattelappesca dove”
Quindi vattelappesca equivale a chissà, chi lo sa ed espressioni analoghe, ma vattelappesca è più adatto a descrivere l’incertezza di un luogo:
Dove si trova Giovanni?Vattelappesca dove si trova!
Cioè vallo a pescare dove si trova. Vattelo a pescare, vallo tu a pescare Questa sarebbe la traduzione letterale, ma cosa c’entra la pesca?
Rauno infatti nella sua email mi domanda: Gli italiani vanno spesso a pescare quando sono all’oscuro di qualcosa?
Quando sono all’oscuro di qualcosa, cioè quando non sanno qualcosa (Rauno ha utilizzato un’altra espressione idiomatica!), in questi casi gli italiani non vanno a pesca, assolutamente no, ma dove si pesca? Nel mare, oppure in un fiume, o in un lago, e se provate a gettare una cosa nel mare, una qualunque cosa, come una bottiglia ad esempio, e la lasciate lì, poi se provate ad andare a riprendere la bottiglia dopo 10 anni, o dopo 20 anni, riuscite a ritrovarla? Il mare è grande!
Vai a pescare dove è andata a finire quella bottiglia!
Vai, vai, vattela a pescare e vediamo se la ritrovi!
Te lo dico io, non la ritroverai mai quella bottiglia, vattelappesca quella bottiglia dove può essere oggi!
In questo esempio ho utilizzato una bottiglia, per farvi capire da dove viene questa espressione, ma ogni volta che non sapete assolutamente dove possa essere una cosa o anche una persona, potete usare questa parola, senza che la pesca c’entri qualcosa. La pesca quindi, caro Rauno, è usata solamente per indicare la difficoltà nel trovare qualcosa, come se la dovessimo cercare in mare, che è grande, molto grande.
Quindi ad esempio se non trovate più una vostra amica su Facebook con cui parlavate qualche tempo fa, potete dire:
Vattelappesca dove sarà adesso!
Allo stesso modo, se non trovate gli occhiali:
Dove sono i miei occhiali accidenti? Vattelapesca!
Posso usare vattelappesca al posto, o anche insieme ad un’altra espressione più conosciuta, “andarsi a cacciare” o “andare a cacciarsi”.
Ad esempio:
Vattelappesca dove si saranno cacciati i miei occhiali!
Dove si sarà cacciato quel mio amico di Facebook? Vattelappesca!
Cacciarsi quindi si usa nella forma interrogativa:
Dove ti sei cacciato? Non riesco a trovarti!
Dove si sarà cacciato il mio amico? Vattelappesca!
Dove si saranno cacciati i miei occhiali? Vattelappesca!
Quindi oggi amici volevo spiegarvi una espressione ed invece alla fine ne ho spiegate due.
Allora: andare è un verbo, lo conoscete tutti, mentre cacciarsi è anch’esso un verbo che viene da cacciare, deriva dal verbo cacciare; ma cacciare significa uccidere gli animali, ucciderli o catturarli per sport, ed invece cacciarsi non è uccidere o catturare se stessi per sport… perché solitamente i verbi pronominali riflessivi, che finiscono per “si” hanno questo significato. Lo abbiamo già visto sull’episodio dedicato ai verbi pronominali.
Cacciarsi vuol dire invece “andare in qualche posto nascosto”, “andare a finire da qualche parte”, “infilarsi”. Quando non trovate qualcosa si usa frequentemente proprio come vattelappesca.
Se un oggetto come ad esempio una forchetta vi cade dal tavolo mentre state mangiando e questa forchetta va a finire nell’angolo più lontano della stanza, e voi non la vedete più potete dire:
dove si sarà cacciata la forchetta? vattelappesca dove si è cacciata!
E se poi la trovate:
guarda dove si era cacciata la forchetta!
guarda dove si era andata a cacciare la forchetta !
Prima dell’esercizio di ripetizione devo dirvi che a volte vattelappesca si usa anche genericamente quando non si conosce qualcosa, non solo dove è qualcosa, ma in tutti i caso di incertezza. Ad esempio:
Mentre sto parlando, in quanti siete all’ascolto di questo podcast? boh, chissà, vattelappesca.
Un piccolo esercizio di ripetizione ora, che vi invito a fare prima di terminare l’ascolto. Ripetete dopo di me:
VATTELAPPESCA!
—
VATTELAPPESCA!
—
VATTELAPPESCA dove sarà la penna!
—
VATTELAPPESCA dove sarà Maria oggi!
—
Dove si sono cacciati gli occhiali?
—
Dove sei? Dove ti sei cacciato?
—
Dov’eri? Dove ti eri cacciato?
—
Vattelappesca dove ti sei cacciato!
—
Un saluto affettuoso a tutta la famiglia di Italiano Semplicemente e non usate questa espressione col professore di italiano, mi raccomando! E’ pur sempre una espressione familiare, si usa quindi tra amici e in famiglia.
Un’altra raccomandazione: ripetete l’ascolto più volte per ricordare meglio. Saluto infine tutti i brasiliani, che oggi sono stati coloro che hanno più ascoltato più degli altri i podcast di Italiano Semplicemente. Chissà dove sono adesso tutti i brasiliani che son stati su Italiano Semplicemente: Chi, lo sa, vattelappesca!
E’ possibile ascoltare il file audio e leggere la trascrizione di questo episodio tramite l’audiolibro (Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 42 espressioni italiane.
Buongiorno amici di italiano semplicemente, oggi è il 26 dicembre 2016, cioè santo Stefano, il giorno dopo di Natale.
Mentre vi parlo sto facendo una piccola passeggiata in un piccolo paese in provincia di Campobasso nel Molise, una zona abbastanza deserta, non c’è praticamente nessuno qua e ho quindi pensato che questo fosse il luogo ideale per registrare un episodio di italiano semplicemente e spiegare a tutti i membri una bella espressione italiana di uso molto comune, utilizzata un po’ ovunque sia in ambito familiare sia in ambito professionale, ma soprattutto utilizzata all’orale.
Si tratta quindi di un’espressione che non troverete sui libri di grammatica, sui libri dell’università. Ma potrete ascoltare questa espressione soltanto parlando con degli italiani o più probabilmente mentre degli italiani parlano tra loro. L’espressione è saltare di palo in frasca. Questa è un’espressione composta da cinque parole: saltare, di, palo, in, frasca.
Vi spiegherò di conseguenza le parole più difficili di questa espressione, dopodiché farò degli esempi pratici di utilizzo. E vi dirò ovviamente il significato della frase, che è un’espressione idiomatica, quindi non ha soltanto un senso proprio, ma anche un senso figurato. Spero nel frattempo che voi stiate passando delle belle festività natalizie. Le festività natalizie sono le feste di Natale, quindi “natalizie”.
Molti di voi ascoltatori non siete neanche di religione cattolica, molti siete musulmani ma evidentemente saprete che il 25 dicembre è il giorno di Natale, è il giorno in cui è nato Gesù e di conseguenza sapranno che il 25 dicembre si festeggia come ogni anno la festa cristiana più importante, festa cattolica più importante che è la festa del Natale.
Spero che siate contenti dei regali che avete ricevuto. Non voglio passare (o saltare) di palo in frasca comunque, mentre sto parlando perché vi stavo spiegando appunto l’espressione: saltare di palo in frasca.
Probabilmente avete già intuito qual è il significato dell’espressione, cominciamo comunque a spiegare le parole. Che cosa è il palo? Anzi cominciamo con il verbo saltare.
Scusate se ho un po’ di fiatone. Il fiatone è un “grande” fiato e ho un po’ di fiatone perché sto facendo attività sportiva, sto camminando, quindi il mio fiato, cioè il mio respiro è grande, cioè è affannato perché sto camminando.
Scusate per l’inconveniente. Dunque, che cosa è il palo? Il palo è un oggetto, un oggetto di cui il materiale molto spesso è il legno, il materiale di cui sono composti gli alberi. Normalmente il palo può avere una lunghezza che va da un metro circa fino anche alle cinque o sei metri di altezza.
Ha una larghezza dai cinque ai venti centimetri di diametro circa, quindi va dai cinque ai venti centimetri, ed è molto pesante. Solitamente un palo è molto pesante, è fatto di legno ed è utilizzato per essere piantato nel terreno.
Normalmente è questo che si intende per palo. Quindi ha una forma appuntita, ha una punta, almeno in una delle estremità.
Questa punta si pianta, si inserisce nel terreno e quello è il palo. Il palo ha la funzione di essere piantato nel terreno per stare dritto, per stare in piedi e ci sono diversi tipi di palo.
C’è il palo della luce ad esempio che serve a sostenere i fili dell’elettricità che consentono alle abitazioni di avere la luce all’interno.
Quindi consentono di avere corrente elettrica. Ma esistono anche altri tipi di palo. Esistono anche i pali per le recinzioni cioè per suddividere il territorio nel caso in cui ci sono diversi proprietari, quindi nelle recinzione dei terreni agricoli. I territori agricoli sono molto spesso suddivisi tra di loro con dei pali, dove molto spesso sono attaccati dei fili di ferro o delle sbarre di legno.
Poi ci sono anche altri tipi di palo. Ma il palo ha anche un senso figurato. Non solo in questa espressione ma il palo può anche essere un’altra cosa perché quando ad esempio c’è una rapina in banca cioè quando ci sono dei ladri che decidono di rapinare una banca o di rapinare una gioielleria, ebbene solitamente quando si rapina una banca i ladri sono almeno due.
Uno di loro fa la rapina, quindi entra all’interno della gioielleria o della banca e rapina la gioielleria, rapina la banca.
L’altra persona, l’altro ladro fa il palo. Vale a dire sta fuori e controlla; controlla che non arrivino le forze dell’ordine, che non arrivi la polizia o i carabinieri e che quindi il ladro che sta nel negozio possa tranquillamente rapinare il negozio, la gioielleria o la banca.
Quello è il palo in senso figurato. Perché sta fermo come un palo. Come se fosse piantato come un palo. E invece saltare come vi stavo spiegando è ciò che si fa quando si fa un salto.
Io adesso sto facendo una passeggiata, sto camminando ma volendo posso fare un salto. Ho fatto un salto, ho staccato le gambe dal terreno e ho fatto un salto.
Ovviamente saltare è un verbo che si utilizza fondamentalmente negli sport.
Quindi ci sono anche delle discipline in cui c’è il nome “salto”: c’è il salto con l’asta, c’è il salto in lungo, in alto, e c’è il salto triplo: tutte discipline sportive in cui si fanno dei salti, in cui si salta. E quindi si utilizza il verbo saltare.
Coloro che saltano sono gli atleti. Io non sono un atleta, ma tutti noi possiamo saltare, basta che stacchiamo entrambi i piedi dal suolo e facciamo un salto.
Si può fare un salto in lungo, un salto in alto eccetera.
Quindi: abbiamo spiegato saltare, abbiamo spiegato palo e spieghiamo adesso il significato della parola frasca.
Metterò una foto sull’articolo sul sito italianosemplicemente.com per farvi capire cosa esattamente è una frasca, così come metterò anche una foto di un palo che ho fatto durante questa mia passeggiata.
Che cosa è una frasca? La Frasca è un insieme di piccoli bastoncini secchi, che quindi possono essere utilizzati per accendere il fuoco, perché è un materiale infiammabile perché composto di legno e le foglie secche che sono facilmente incendiabili.
Questa è una frasca. Quando toccate una frasca, fa anche un certo rumore che adesso vi faccio sentire. Ecco😃.
Ho appena calpestato una frasca cioè un insieme di rami secchi, di bastoncini di legno che si rompono anche con le mani, che potete mettere sul fuoco per accendere con facilità il fuoco. Questa è la frasca. Le frasche vengono utilizzate anche dagli uccelli ad esempio, per fare , per costruire il nido, cioè la loro abitazione.
L’abitazione degli uccelli, la casa degli uccelli è fatta e composta di frasche , di pezzettini di legno secchi.
Quindi credo che sia la cosa più facilmente incendiabile, che ci sia al mondo. Perché gli uccelli prendono con il loro piccolo becco dei pezzettini di legno, li trasportano uno ad uno finché compongono il loro nido.
Quindi il nido è fatto di frasche. Ma cosa significa la frase saltare di palo in frasca?
È un ‘espressione all’interno della quale non dovete ricercare delle regole grammaticali perché il palo è un nome che richiede l’articolo “il”, si dice: il palo. Quindi quando utilizzate la preposizione articolata si usa dire: dal palo, ad esempio: saltare dal palo. Se voi salite su un palo e saltate a terra si dice saltare dal palo. Prima eravate sul palo, poi, dopo, arrivate fino a terra, quindi state saltando da un palo oppure saltare dal palo.
Invece l’espressione qui è saltare di palo, si dice soltanto nel l’espressione: saltare di palo in frasca. Perché è un’espressione idiomatica. E spesso Le espressioni idiomatiche non rispettano le regole grammaticali.
L’unica regola che rispettano e la regola del l’udito, dell’ascolto, quindi deve essere piacevole e deve essere subito riconoscibile la frase. Anche perché ha una sua musicalità.
Ovviamente è un’espressione che viene coniugata, quindi potete mettere un soggetto, ad esempio: io salto di palo in frasca, tu salti di palo in frasca, lui o lei salta di palo in frasca, noi saltiamo di palo in frasca, voi saltate di palo in frasca, essi o loro saltano di palo in frasca, il che non significa nulla diciamo in senso proprio.
Infatti devo ancora spiegarvi il significato dell’espressione, che significa semplicemente: passare da un argomento all’altro.
Cioè parlare di un argomento poi interrompersi e iniziare parlare di un ‘altro argomento, di un’altra cosa. L’espressione probabilmente viene proprio dagli uccelli, è un’espressione che deriva dagli uccelli che nel momento in cui devono costruire un nido, saltano da un palo all’altro perché gli uccelli volano e quindi, è loro abitudine saltare da un palo all’altro, si appoggiano un po’ ovunque e saltano anche da una frasca all’altra perché devono costruire un nido.
Devono staccare dei piccoli pezzi di legno per costruire il nido. Quindi saltano di palo in frasca senza capire, senza essere prevedibili. Quindi possono saltare su un palo, possono saltare su una frasca , poi saltare su un altro palo poi saltare su un’altra frasca. Decidono loro.
Nessuno gli impone una sequenza logica e quindi saltare di palo in frasca, quello che fanno gli uccelli ma in senso figurato, come vi dicevo, che significa passare da un argomento all’altro.
Se io ad esempio adesso vi incomincio a parlare di mia figlia e dico: mia figlia ha undici anni e fa le scuole elementari, fa la quinta elementare e poi vi dico che per andare al lavoro ogni giorno impiego circa trenta minuti, poi mia figlia ha un fratello di otto anni, si chiama Emanuele e poi vi dico anche che vado in ufficio tutti i giorni utilizzando una moto, uno scuoter.
Quello che ho fatto è saltare di palo in frasca, cioè passare da un argomento all’altro.
Prima vi parlavo di mia figlia, poi vi parlavo del mio lavoro, del viaggio per andare in ufficio. Quindi sono saltato di palo in frasca.
Quando si utilizza questa espressione lo si fa per indicare il passaggio improvviso da un argomento all’altro; passaggio improvviso e non prevedibile.
Quindi se una persona passa di palo in frasca o salta di palo in frasca, vuol dire che sta facendo un discorso poco organizzato, poco logico, un discorso poco comprensibile perché non si capisce per quale motivo salta da un argomento all’altro; passa da un argomento all’altro senza un criterio logico, senza una vera motivazione. Un po’ come fanno gli uccelli quando scelgono di saltare da un palo della luce ad una frasca.
Perché evidentemente loro scrutano un territorio e cercano di capire quale pezzettino di legno è più adatto per costruire il loro nido e facendo così saltano di palo in frasca. Vi posso fare un altro esempio.
All’inizio della passeggiata, all’inizio del podcast, vi parlavo delle vacanze di Natale, poi vi ho parlato all’improvviso dell’espressione di oggi e l’ho fatto apposta per farvi capire cosa significa saltare di palo in frasca, senza che voi ve lo aspettavate. Senza che la cosa fosse prevedibile sono saltato di palo in frasca.
Dicevo che saltare di palo in frasca è un’espressione utilizzata per lo più all’orale quindi non si usa nella forma scritta ma soltanto nei dialoghi informali.
La potete utilizzare fra amici, o anche fra colleghi ma soltanto nel linguaggio parlato. È spesso sotto forma di esclamazione, quindi quando si dice saltare di palo in frasca molto spesso si fanno delle esclamazioni.
Se io sto ad una conferenza ad un meeting, ad una riunione e sento una persona, ascolto una persona che parla, che passa da un argomento all’altro posso rivolgermi ad un mio collega che sta accanto a me e dirgli: non capisco nulla di quello che sta dicendo perché salta continuamente di palo in frasca.
Cambia continuamente argomento, salta sempre di palo in frasca e non capisco la logica.
Non capisco ciò che voglia dire. Quindi in questo caso è una esclamazione: sta saltando di palo in frasca.
Oppure posso dire: perché salti di palo in frasca, fati capire, spiega ti meglio, non saltare di palo in frasca.
Quindi, anche in questo caso si tratta di un’esclamazione , qualcosa che si dice direttamente alla persona col la quale si sta parlando.
Non saltare di palo in frasca. Altrimenti non capisco nulla.
Questa è un’espressione che quindi potete utilizzare tranquillamente con chiunque anche volendo con i vostri amici, ovviamente se lo fate su Facebook siete costretti a scriverlo ma comunque è utilizzabile nelle Chat, perché le chat sono appunto un discorso informale, un discorso che si fa con gli amici.
Potete scrivere tranquillamente “saltare di palo in frasca”.
Bene amici, scusate ancora per il fiatone di oggi. Allora, quale sono le novità di italiano semplicemente?
Oltre a spiegare le espressioni idiomatiche, come sapete su italiano semplicemente ci sono anche molte lezioni per principianti. Quella invece che state ascoltando in questo momento è una lezione per le persone che sanno già un po’ italiano e hanno problemi con la comunicazione perché non riescono ad esprimersi bene, perché non sono molto abituate a parlare in italiano , la lingua di Dante Alighieri. Quindi, il livello di questo podcast è un livello intermedio.
Perché solo coloro che già conoscono un po’ l’italiano sono in grado di capire ciò che sto dicendo e una cosa molto importante che consiglio a tutti di fare è di imparare esercitarsi anche a parlare.
Allora, all’interno di un podcast come questo, l’unico modo per farlo è di ripetere le espressioni o ripetere delle intere frasi dopo che le ho pronunciate io.
Di conseguenza potreste ad esempio decidere di fare delle pause, di tanto in tanto, quando ascoltate delle parole che sono un po’ più difficili o che avete desiderio di imparare o delle intere frasi più complicate potete fermare il vostro lettore mp3 e potreste ripetere la frase che avete appena ascoltato.
Questo è uno dei miei consigli , altrimenti potete fare l’esercizio di ripetizione che faccio solitamente alla fine di ogni podcast.
Facciamo proprio quello adesso quindi è un esercizio che vi consiglio di fare è in questo caso ripetiamo appunto la frase idiomatica cercando di coniugarla sotto forma di espressioni in vari modi, al presente e al passato.
Ripetete quindi dopo di me, non pensate alla grammatica perché in questo caso non è importante.
Ciò che dovete imparare è proprio l’espressione che contiene la preposizione semplice di: saltare di palo in frasca, quindi ci sono due preposizioni semplici: di e in, che non c’entrerebbero nulla con il palo e con la frasca, perché sono preposizioni semplici che normalmente vengono utilizzate in altro modo, quindi saltare di palo in frasca è un’espressione idiomatica che si deve utilizzare soltanto in questo modo. Non potete cambiare le preposizioni semplici, altrimenti si potrebbe anche non comprendere bene il senso della frase. Ripetete dopo di me, imitate la mia pronuncia.
Adesso mi fermerò un ‘attimo, cosicché il fiatone si interrompa. Ripetete dopo di me senza pensare alla grammatica.
Io salto di palo in frasca
Tu salti di palo in frasca
Lui salta di palo in frasca
Noi saltiamo di palo in frasca
Voi saltate di palo in frasca
Essi , saltano di palo in frasca
Vediamo adesso al passato
Io sono saltato di palo in frasca
Tu sei saltato di palo in frasca
Lui è saltato di palo in frasca
Lei è saltata di palo in frasca
Noi siamo saltati di palo in frasca
Voi siete saltati di palo in frasca
Loro sono saltati di palo in frasca
Bene amici, grazie di aver dedicato del vostro tempo ed aver ascoltato questo episodio di italiano semplicemente e scusate se salto di palo in frasca nel ricordarvi che mancano quattro giorni alla fine dell’anno ed è ancora attiva la promozione del corso di italiano professionale che sarà completato alla fine del 2017 quindi disponibile per chi vuole acquistarlo dall’inizio 2018 ma è possibile prenotarlo a prezzi molto scontati con uno sconto del 60% se lo prenotate entro la fine del 2017. Potete quindi usufruire dell’offerta di uno sconto del 60%. Il corso è arrivato alla undicesima lezione, adesso, in questi giorni sto cercando di terminare la lezione dodici e tutte le undici lezioni terminate fino ad oggi sono state inserite su Google drive quindi all’interno del mio spazio del mio account italiano semplicemente e il corso è stato reso disponibile a tutti coloro che l’hanno per il momento prenotato e hanno deciso di iniziare subito il corso per avvantaggiarsi, per ascoltare le lezioni che sono già disponibili.
In questo modo nel 2018, quando il corso sarà completo avranno avuto modo di ascoltare molte lezioni di italiano professionale che ricordo è un corso dove il focus è sul lavoro. Quindi tutti coloro che hanno un’attività lavorativa e che sono in contatto con gli italiani. Questo corso è fatto proprio per loro perché vengono studiate tutte le situazioni che in ogni tipo di lavoro sono più frequenti. Quindi dalle riunioni ai dialoghi informali, alle presentazioni, al colloquio di lavoro eccetera.
Ovviamente all’interno del corso verranno affrontati moltissimi argomenti che sono utili non soltanto a chi cerca di imparare l’italiano per lavorare con gli italiani ma anche per chi vuole approfondire la lingua. Perché moltissime espressioni che si usano all’interno del lavoro si usano anche nella vita di tutti i giorni. All’interno del corso di questa prima parte si affrontano le questioni relative alle frasi idiomatiche più utilizzate nel lavoro che sono comunque delle frasi, delle espressioni che vengono utilizzate anche al di fuori dell’ambito del lavoro. Il corso è adatto a tutti coloro che semplicemente vogliono approfondire la loro lingua, approfondire la conoscenza della lingua italiana. Ogni lezione è composta da un file pdf e da un file audio.
Poi c’è un file sempre in pdf composto dagli esercizi sulla lezione. Che quindi vanno svolti nella forma scritta e ascoltati in forma orale. Grazie a tutti ancora una volta, buone feste e al prossimo episodio di italiano semplicemente.
E’ possibile leggere ed ascoltare e/o scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.
Ciao a tutti da Giovanni e grazie per essere qui ad ascoltare questo nuovo episodio di Italiano Semplicemente.
Oggi spieghiamo il significato di una espressione molto usata in tutta Italia che sicuramente non troverete in un libro di italiano per studenti.
L’espressione di cui sto parlando è una domanda, e la domanda è: “che aria tira? ” .
È una domanda, ed è una domanda che si fa a voce, cioè è una espressione colloquiale che non si usa nella forma scritta, ma solo all’orale.
Prima di iniziare la spiegazione vi ricordo brevemente che entro il 31 dicembre potrete prenotare, se siete interessati, il corso di italiano professionale, che è stato studiato per chi vuole lavorare in Italia. Entro il 31 dicembre si può avere con uno sconto del 60%, un prezzo promozionale considerato che il corso sarà disponibile per gennaio 2018, quindi manca ancora un anno, e chi prenota pagherà quindi solamente 79 euro e non 200 euro. Chi prenota potrà però ricevere per ora le prime 11 lezioni che sono già pronte, e che comunque sono già molte poiché si tratta già di circa 10 ore di ascolto e circa 200 pagine da leggere. Potrebbe essere anche un bel regalo per il nuovo anno. Poi non appena saranno pronte le altre lezioni saranno immediatamente inviate. Ovviamente vi garantisco che se cambiate idea perché non siete soddisfatti vi sarà rimborsata la spesa.
Passiamo dunque a “che aria tira“.
L’aria, come sapete, è ciò che respirate e ciò che vi permette semplicemente di vivere. L’aria è composta da ossigeno ed anidride carbonica e senza l’aria nessun essere vivente può sopravvivere. L’aria entra nella nostra bocca ed esce sempre dalla nostra bocca: entra ossigeno ed esce anidride carbonica. Bene, ma cosa significa che aria tira? Spieghiamo allora il verbo tirare.
Tirare è un verbo, e tirare significa prendere qualcosa, prenderlo con le mani, afferrare questo oggetto e portarlo verso di voi. Se lo portate verso di voi lo state tirando, altrimenti se lo allontanate da voi lo state spingendo.
OK, ma questo non si può fare con l’aria, infatti l’aria non si può afferrare con le mani. Non posso tirare l’aria.
Al limite l’aria si aspira, o si inspira. Si aspira con l’aspirapolvere, che in realtà è nata per aspirare la polvere e non l’aria, mentre quando si fa entrare l’aria in bocca si dice che l’aria si inspira, viene inspirata, mentre quando esce si espira. Quindi l’aria non si tira come se fosse un oggetto.
Il verbo tirare si usa, in questo caso, cioè nella frase “che aria tira” in senso figurato. Iniziamo a dire che tirare si usa col vento: anziché dire “oggi c’è un vento molto forte”, posso dire “oggi tira un vento molto forte”, il vento tira quindi vuol dire che c’è vento, e si può anche sentire il rumore del vento quando tira.
Il vento è il movimento dell’aria, ma una cosa è che “tira vento“, che significa che c’è vento, un’altra cosa è che tira l’aria , anzi che “tira un’aria in particolare, un’aria con certe caratteristiche”.
Quando è l’aria che tira vuol dire che il senso èfigurato.
Quando si chiede “che aria tira?” si vogliono conoscere delle notizie sul futuro, come se l’aria trasportasse qualcosa, come se nell’aria ci fosse qualcosa che ci fa prevedere il futuro. Se dico che oggi tira un’aria di pioggia, voglio dire che forse fra un po’ pioverà, perché l’aria mi fa pensare che pioverà, magari perché è più umida del solito.
Allo stesso modo se mi riferisco non alle previsioni del tempo, ma ad altre previsioni, ad altre tipologie di previsioni.
In generale quindi la domanda “che aria tira? ” significa semplicemente “come pensi che andrà?”, “quali sono le tue previsioni? “e ci si riferisce ad una situazione precisa, al lavoro ad esempio, o all’università, o in qualunque altro luogo in cui potrebbe essere successo qualcosa, o potrebbe accadere qualcosa. Quando si chiede ad esempio “che aria tira nella tua università?”
Chi fa questa domanda sta semplicemente chiedendo com’è la situazione all’università? Cosa sta accadendo all’università? La persona che deve rispondere potrebbe dire ad esempio:”niente di particolare”, oppure “non tira nessun’aria in particolare “, il che significa che non sembra debba accadere nulla in un prossimo futuro. Oppure potrei dire che le cose vanno male all’università, per qualsiasi motivo.
Che aria tira in Italia?Se qualcuno mi fa questa domanda io risponderei che in Italia tira un’aria di cambiamento, perché è appena caduto il governo e tra poco ci saranno nuove elezioni.
Un altro esempio: Ammettiamo che ci sia una ragazza che ha un fidanzato di nome Andrea, un fidanzato col quale però spesso litiga, con cui questa ragazza discute spesso. Lei e Andrea non vanno molto d’accordo.
Se a questa ragazza capita di incontrate una sua amica che le chiede: “ciao, è un po’ di tempo che non ci vediamo, che aria tira con Andrea?
La ragazza potrebbe rispondere: insomma, ultimamente non va molto bene perché discutiamo spesso io ed Andrea e forse ci lasceremo.
In questo caso possiamo dire che tira una brutta aria tra questa ragazza e Andrea. Analogamente, facciamo un esempio nel campo del lavoro: se una azienda sta per fallire, sta per chiudere perché non riesce a vendere molti prodotti, ma non è ancora fallita, possiamo dire che per questa azienda tira sicuramente una brutta aria, perché forse accadrà qualcosa di negativo nel futuro, forse l’azienda chiuderà, quindi tira proprio una brutta aria per l’azienda.
Spero che col vostro italiano invece non tiri affatto una brutta aria, perché, se tirasse una brutta aria vorrebbe dire che le cose vanno male e non state facendo progressi.
Bene, spero di essere riuscito ad aiutarvi a capire questa espressione così tanto diffusa nel linguaggio informale, se non fosse così fatemi sapere. In ogni caso provate a utilizzare questa frase con degli amici per memorizzarla velocemente; potete farlo anche su Facebook.
Ora facciamo un po’di pratica della lingua.
Rispondete alle mie domande usando l’espressione che aria tira se pensate sia il caso. Poi io vi farò ascoltare una risposta che voi potete ripetere,cercando di imitare la mia voce ed il mio tono.
Che aria tira nel tuo paese?
—-
Nel mio paese tira una brutta aria!
—-
Come va con la tua fidanzata? Hai ancora problemi ?
—-
Si, purtroppo non tira una bella aria tra noi. Oppure un’altra risposta può essere “Non ha mai tirato una bella aria tra noi”.
—-
Che aria tira in America ultimamente?
—-
Secondo me in America non tira un’aria positiva recentemente.
—-
Grazie ragazzi, ascoltate il podcast più volte per memorizzare.
Un saluto ai miei più fedeli ascoltatori, ed in particolare un saluto oggi ai serbi, agli abitanti della Serbia, infatti la Serbia è il paese che in questa giornata ha visitato di più italianosemplicemente.com
Tanti modi diversi per dire la stessa cosa. Agli amici, ai colleghi, in famiglia.
– fatti gli affari tuoi
– non ficcare il naso
– la cosa non la riguarda
– non ti inpicciare
– non ti immischiare
– fatti i fatti tuoi
– non amo le interferenze
– non sia inopportuno
Trascizione
Buongiorno a tutti, e benvenuti su un nuovo episodio di Italiano Semplicemente.
Oggi siamo qui per spiegare il significato di alcune espressioni molto usate in Italia. In particolare spiegheremo a tutti cos’è l’undicesimo comandamento.
Il comandamento, o meglio, i comandamenti, sono le regole, scritte sulle tavole della legge che, secondo la Bibbia, furono date da Dio a Mosè sul monte Sinai.
Ci sarebbe molto da dire in proposito, ma qui mi limito a dire che per chi non conosce molto bene la religione cattolica, i dieci comandamenti sono le dieci fondamentali regole che ogni cattolico deve rispettare. Ci sono varie versioni dei dieci comandamenti, e nella versione cattolica questi comandamenti sono ben noti a tutti gli italiani.
Questi comandamenti, sono appunto dieci. Il loro numero è dieci:
Non avrai altro Dio all’infuori di me.
Non nominare il nome di Dio invano.
Ricordati di santificare le feste.
Onora il padre e la madre.
Non uccidere.
Non commettere atti impuri.
Non rubare.
Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la donna d’altri.
Non desiderare la roba d’altri.
Questi sono i dieci comandamenti che ci insegnano a tutti da piccoli, diciamo dai 6 ai 10 anni, quando si frequentano le scuole elementari e durante l’attività di formazione, diciamo così, durante il catechismo (o catechesi) che si fa ai bambini prima di fare la prima comunione, uno dei principali sacramenti cristiani.
Ma prima avevo parlato dell’undicesimo comandamento!
Ebbene, sebbene l’undicesimo comandamento non esista ufficialmente, almeno non esiste nella religione cristiana, ebbene è una usanza nota a tutti gli italiani che l’undicesimo comandamento sia un’altra regola che tutti dovremmo rispettare. La regola che tutti dovremmo rispettare è la seguente: Pensa ai fatti tuoi! “I fatti tuoi”, o in generale “i fatti propri” sono le cose che ci riguardano personalmente, le cose che riguardano noi stessi. Quindi “i fatti miei” sono le cose che mi riguardano, mentre “i fatti tuoi” sono le cose che riguardano te. Allo stesso modo “i fatti suoi” sono le cose che riguardano lui o lei, cioè una terza persona. La stessa cosa vale per “i fatti nostri”, che riguardano noi, “i fatti vostri” che riguardano voi ed infine “i fatti loro”, che riguardano loro, cioè delle terze persone.
“Pensa ai fatti tuoi,” significa quindi non pensare alle cose che non ti riguardano, non entrare, non interessarti delle cose che non ti riguardano, che cioè non riguardante, te stesso, ma invece riguardano qualcun altro, un’altra persona. Questo è quello che scherzosamente è indicato come l’undicesimo comandamento.
Ovviamente non si tratta di una regola religiosa, ma semplicemente di un modo di dire italiano.
Quando vogliamo dire a qualcuno che non deve pensare alle cose che riguardano gli altri, possiamo farlo appellandoci all’undicesimo comandamento, che recita appunto: pensa ai fatti tuoi!
Appellandoci vuol dire “fare appello”, cioè “richiamando”, “ricordare che esiste”, e dicendo “mi appello all’undicesimo comandamento” si vuole dire, scherzosamente, che esiste una regola, una legge, un comandamento (quindi una legge divina), esiste una legge alla quale mi appello, cioè una legge che va rispettata e quindi te la ricordo, come se fosse una vera legge; e questa legge alla quale mi appello dice che non devi pensare alle mie cose, ma devi pensare alle tue cose e basta: “mi appello all’undicesimo comandamento significa semplicemente: “fatti i fatti tuoi”
Ci sono però altri modi di dirlo. Ci sono altri modi simili per dire la stessa frase, per dire questa semplice frase. Ed è proprio questo l’argomento di oggi.
Il modo più diffuso è: “fatti i fatti tuoi“. Fatti i fatti tuoi significa “pensa ai fatti tuoi”, ed anche a “occupati dei fatti tuoi”, il verbo quindi può variare: fare, pensare, occuparsi.
Ma perché si dice “i fatti”?
I fatti sono le cose che accadono. I fatti, cioè: ciò che accade, ciò che succede. Quindi i fatti tuoi sono le cose che accadono a te, le tue vicende: i fatti tuoi.
Comunque non solo può cambiare il verbo: fare, pensare, occuparsi: A cambiare può anche essere la seconda parte della frase. “I fatti” possono diventare “gli affari”.
Quindi la frase diventa:
Fatti gli affari tuoi, pensa agli affari tuoi, occupati degli affari tuoi.
Di queste versioni viste finora la meno offensiva è “occupati degli affari tuoi”, semplicemente perché “occuparsi” è un verbo un po’ più formale, meno usato di fare o pensare.
Se invece non vogliamo essere affatto delicati con la persona cui ci rivolgiamo, e quindi vogliamo proprio offendere questa persona, colpevole di non essersi occupata degli affari propri, possiamo essere decisamente più offensivi.
Quindi possiamo dirgli di “farsi i cazzi suoi“.
“Fatti i cazzi tuoi” è la versione più offensiva, sicuramente. Può capitare a tutti di ascoltarla molto spesso, e quando la ascolterete la persona che parla, e che dice questa frase a qualcun altro, avrà probabilmente un tono di voce molto alto, perché la frase è una frase di sfogo, una frase con la quale ci si sfoga, si urla quasi, una frase con la quale si accusa la persona con la quale si parla di non aver rispettato l’altra persona. Se lo dico a mia sorella, le sto dicendo che mi ha mancato di rispetto.
Si usa molto in ambito familiare, o con gli amici, con le persone alle quali si vuole più bene quindi… essendo le persone più importanti per noi, sono quelle con le quali le nostre emozioni sono più forti, e quindi ci dispiace di più litigare con familiari e amici che con sconosciuti.
Infatti è molto offensivo anche
Con uno sconosciuto basta dire: “non sono cose che la riguardano“, oppure “non sono cose che ti riguardano“, a seconda che state dando del lei o del tu a questa persona.
Ci sono però anche altri modi di dire questa cosa. Ad esempio c’è: “non ti immischiare” oppure “non ti impicciare” e anche “non ti intromettere”
Immischiarsi, impicciarsi ed intromettersi sono i tre verbi utilizzati in questo caso. Questi tre verbi hanno lo stesso identico significato. Quello che cambia è il contesto: intromettersi è più educato. Impicciarsi è il più familiare dei tre.
Ad esempio: “non ti intromettere in ciò che non ti riguarda”. intromettersi significa mettersi in, cioè entrare, quindi “non entrare in ciò che non ti riguarda”: è la stessa cosa. Volendo si può usare anche il verbo entrare.
La stessa cosa vale per immischiarsi e impicciarsi. immischiarsi viene da “mischia”, e la mischia indica se vogliamo un gruppo di persone coinvolte in una attività. Chi si immischia (doppia m) si sta facendo gli affari di qualcun altro, non si sta facendo i fatti suoi. Il verbo immischiarsi si usa solamente in questo modo in italiano, cioè per indicare che qualcuno si sta occupando di affari che non lo riguardano, sta entrando in una mischia che non gli compete.
Il verbo impicciarsi è uguale? Ha lo stesso significato di immischiarsi?
La risposta è sì, ha lo stesso significato, ma diciamo che impicciarsi è indicato maggiormente per sottolineare che questa persona sta dando fastidio, sta entrando in questioni che non la riguardano e facendo questo crea fastidio, crea intralcio: “Non ti impicciare!” è come dire: “fatti gli affari tuoi, sei fastidioso!”.
Quindi voglio sottolineare questo aspetto, quello del fastidio, del disturbo creato, dell’intralcio. Ma più o meno il verbo è equivalente a immischiarsi.
Quello che si deve ricordare è che esistono situazioni diverse in cui usare espressioni diverse, e quindi se non conoscete la persona è meglio che al massimo diciamo qualcosa come “non ti intromettere”. Non possiamo esagerare con la confidenza, ed evitate di dire “fatti i fatti tuoi”, o ancora peggio “non ti impicciare” o “non ti immischiare” che sono più familiari.
“Fatti i cazzi tuoi” è invece da evitare sempre, ma è bene sapere cosa significhi perché capita spesso di ascoltare questa frase, anche in film polizieschi o commedie italiane.
Se vogliamo poi essere ancora più formali possiamo usare varie forme, dando però del lei (questo è importante se non conoscete la persona). Posso dire ad esempio:
“La cosa non credo che la riguardi!”
oppure
“non credo che la cosa debba essere di suo interesse!”
o anche
“non vedo, non capisco come l’argomento possa interessarle!”
In tutti questi casi si sta dando del lei all’interlocutore, e non del tu. In alternativa, sempre in modo formale, potete esprimere i vostri sentimenti, ciò che provate e quindi potete manifestare che i vostri sentimenti sono stati offesi: come farlo?
“Gradirei moltissimo se lei non si interessasse della questione!“: In questo modo state comunicando un vostro disagio. Ma lo state facendo in modo formale, distaccato.
Si può anche dire: “non amo le interferenze!“, o, ancora più deciso, potete dire: “la cosa non la deve interessare!” o ancora più forte: “non sia inopportuno!“.
Inopportuno significa non opportuno. Ed opportuno significa appropriato, adatto, adatto ad una certa circostanza. Quindi voi non siete opportuni, cioè se siete inopportuni, allora vuol dire che non state nel posto giusto, quindi è come dire, è come invitare la persona ad andare in un luogo più opportuno, ad occuparsi di cose più opportune.
“Non sia inopportuno” quindi è un invito a non essere inopportuno: “non sia” cioè “non essere”, ma non dimenticate che state dando del lei alla persona, quindi “tu non essere” diventa “lei non sia” inopportuno.
Inopportuno è molto usato nella lingua italiana ma ha più utilizzi diversi: una persona può essere inopportuna, ma anche un intervento, cioè ciò che viene fatto o detto da qualcuno può essere inopportuno. Se qualcosa o qualcuno è inopportuno, in poche parole, c’è qualcosa che non va, e la cosa a cui ci si riferisce sarebbe stato meglio non fosse accaduta, perché ha creato disagio, ha creato dei problemi.
Se quindi vi siete chiesti il significato della parola inopportuno, la vostra domanda non è stata inopportuna!
L’ultima espressione di oggi è “ficcare il naso“. Ficcare vuol dire mettere, inserire, mentre il naso come sapete è la parte del corpo che serve per odorare. “Ficcare il naso” è lo stesso che impicciarsi, immischiarsi: è al stessa cosa. “Ficcare il naso” dà più l’idea di chi si sporge, di chi si intromette, come se una persona dovesse entrare in una stanza e inserisce la testa di nascosto nella stanza con la porta appena aperta. Quindi mette la testa, ficca la testa dentro, ma la prima cosa che entra è in realtà il naso, come per annusare, o per vedere cose che non dovrebbe vedere. Quindi l’espressione “non ficcare il naso in queste cose” ad esempio, vuol dire “non immischiarti”, “non impicciarti. Il naso è utilizzato in molte espressioni italiane.
Bene ragazzi, possiamo dire che è opportuno fare un esercizio di ripetizione ora? Ebbene sì, possiamo dirlo! È molto opportuno, ed infatti lo facciamo subito.
Ripetete dopo di me e, state attenti alla vostra pronuncia. Non saltate questo esercizio, mi raccomando, sarebbe veramente inopportuno.
Io mi faccio i fatti miei!
—
Tu ti fai gli affari tuoi!
—
Lui si fa i fatti suoi
—
Lei si fa i fatti suoi.
—
Noi ci facciamo gli affari nostri.
—
Voi fatevi i fatti vostri!
—
Loro si fanno i fatti loro!
—
La cosa non ti riguarda!
—
Pensa ai fatti tuoi!
—
Occupati degli affari tuoi!
—
La cosa non ti riguarda!
—
Non ti immischiare!
—
Noi non ci impicciamo!
—
Non ficcare il naso nelle mie cose!
Credo sia abbastanza per oggi. Se volete ascoltate questo episodio più volte e venite a trovarci su italianosemplicemente.com.
Fatevi pure i fatti nostri, noi non ci offendiamo!
Buongiorno amici. La frase idiomatica che di oggi è “fare buon viso a cattivo gioco”.
La frase di oggi, “fare buon viso a cattivo gioco” è una frase non molto facile da spiegare. Cercherò di fare quindi molti esempi e di spiegare tutte le parole.
Questa espressione è utilizzata non molto di frequente nel linguaggio di tutti i giorni. Tuttavia il suo utilizzo è molto frequente in ambito lavorativo e professionale.
Vi potrebbe capitare di ascoltarla in Italia in molte occasioni ed in qualsiasi attività lavorativa.
Come sa chi ci segue solitamente, in Italiano Semplicemente cerchiamo di spiegare ogni settimana almeno una frase idiomatica, e spesso vengono spiegate espressioni molto utilizzate nel lavoro.
Nella pagina frasi idiomatiche troverete molte espressioni di uso comune in tutta Italia e alcune delle espressioni più utilizzate, come quella di oggi, in ambito professionale. In generale però tutti gli altri contenuti, cioè tutte le frasi idiomatiche più utilizzate nel lavoro, specifiche del lavoro, così come tutti i verbi e tutte le situazioni più frequenti in ambito professionale che familiare sono inserite all’interno del corso di Italiano Professionale, che sarà disponibile per chi volesse acquistarlo, a partire dal 2018.
Ogni giorno siamo impegnati, con gli altri membri della redazione a sviluppare i contenuti di ogni lezione di questo speciale corso, e mettiamo a disposizione sempre la prima parte di ogni lezione, in modo che tutti possano capire di cosa si parli nel corso e possano decidere con sicurezza e tranquillità se acquistare il corso o meno quando sarà disponibile.
La frase di oggi, “fare buon viso a cattivo gioco” è un podcast completo, interamente gratuito, un episodio accessibile a tutti, e spero di riuscire oggi a spiegarvi il significato della frase senza troppe difficoltà.
Allora, vediamo parola per parola. Fare è un verbo, molto usato nelle frasi e espressioni idiomatiche italiane. Il viso è la parte del corpo in cui si trovano gli occhi, il naso e la bocca. “Il viso”. Si dice anche “la faccia”, ma il viso è più indicato e più usato per indicare la parte del corpo, invece la faccia è usato di più per rappresentare le espressioni e le emozioni del viso, anche per quelle che si provano guardando questa faccia, questo viso. Ad esempio: “ha una faccia curiosa“, oppure “ha una faccia da schiaffi“, ed altre espressioni simili.
“Fare buon viso” contiene la parola “buon”, cioè “buono”. Un “buon viso” è un “viso buono” un viso che esprime tranquillità, che non esprime preoccupazione. La bontà del viso non è da intendere come la bontà d’animo. o la bontà delle persone, ma come un viso che esprime tranquillità.
Vediamo che in questo caso “viso” è utilizzato per indicare un’emozione, cosa che come detto prima si usa fare di più con la parola “faccia” e non con la parola viso. Non è così in questo caso.
Le due parole “buon viso” stanno insieme solamente in questa espressione: non esistono altre espressioni e modi di dire italiani che contengono queste due parole in fila: è chiaro quindi che appena voi dite “fare buon viso”, un italiano che ascolta subito intuisce, capisce subito qual è la fine della frase che state dicendo: “a cattivo gioco”
“A cattivo gioco”: cosa vuol dire?
Il senso proprio di questo pezzo di frase non ci aiuta.
Il gioco solitamente è divertimento, è una attività che dà gioia, che fa piacere fare. Quindi un “cattivo gioco” non esiste. Al massimo un cattivo gioco può essere un gioco il cui fine è cattivo, crudele. Uccidere per gioco può essere giudicato un “cattivo gioco”. Cattivo infatti si usa per le persone: una persona cattiva è una persona non buona, che non fa del bene ma fa del male agli altri. Un cattivo gioco può anche essere un gioco non istruttivo, che non istruisce, cioè che non insegna nulla ai bambini. Ma non è neanche questo il significato nella frase di oggi.
La parola “Cattivo”, l’aggettivo “cattivo”, si usa anche in molte altre circostanze, in molte altri contesti e situazioni e non solo per le persone. Si usa per, ad esempio, il tempo, ma in questo caso la cattiveria non c’entra col “cattivo tempo“. In questo caso il tempo si dice cattivo quando piove, ad esempio o quando fa freddo e c’è vento, insomma quando non è un tempo, da un punto di vista meteorologico, buono. “Fa cattivo tempo”, si dice per dire che non è un bel tempo.
“che tempo fa oggi a Roma?”. Se piove potete dire “fa cattivo tempo”.
Poi c’è anche “cattivo sangue” e “cattivo profeta”.
Questo per dirvi che la frase “fare buon viso a cattivo gioco” va letta tutta insieme, e non un pezzo alla volta. Il senso della frase è cercare di adattarsi il meglio possibile, nel miglior modo possibile, a situazioni sgradevoli che non si ha possibilità di evitare o modificare.
Se abbiamo una situazione sgradevole, cioè non gradevole, cioè che non ci piace, ma è necessario sopportare, allora possiamo dire che dobbiamo “fare buon viso a cattivo gioco”, cioè dobbiamo mostrarci tranquilli, far finta che non sia un problema, dobbiamo sopportare e mostrare, far sembrare che tutto vada bene, dobbiamo fare “buon viso”, cioè mostrare un viso sereno, senza mostrare preoccupazioni, “a cattivo gioco”, cioè ad una situazione che non ci piace, sgradevole, che vorremmo evitare, ma che conviene affrontare in questo modo, facendo “buon viso a cattivo gioco”, perché quello che è successo è inevitabile, non si può evitare.
Attenzione perché è importante usare la preposizione “a”. Non sembra corretto dal punto di vista grammaticale, ma nelle espressioni idiomatiche non dovete badare alla grammatica: queste infatti sono un modo per sintetizzare una situazione frequente che può capitare. Al lavoro capita spesso di fare buon viso a cattivo gioco.
Se ad esempio state lavorando, state lavorando e siete molto concentrati, e ad un certo punto una persona vi interrompe e vi dice “scusa disturbo? posso farti una domanda?”.
Voi a questo punto perdete la concentrazione e questo vi fa arrabbiare. A questo punto avete due scelte, potete fare due cose: la prima cosa che potete fare è rispondere: “no, ho da fare!“, oppure “non ora, più tardi!“. Questa è la prima scelta, e potrebbe essere giudicata poco gentile da parte vostra una risposta di questo tipo. Ormai avete perso la concentrazione, quindi potrebbe convenirvi una risposta più diplomatica.
La seconda scelta quindi è “fare buon viso a cattivo gioco” e fare finta di niente, cioè far finta che la cosa non vi abbia seccato, non vi abbia dato fastidio, e quindi rispondere gentilmente: “prego, entra pure, non mi disturbi affatto!“. In questo modo avete fatto buon viso a cattivo gioco. La cosa non vi ha fatto buon gioco, perché vi ha fatto perdere la concentrazione, ma pur non avendovi fatto buon gioco, voi fate “buon viso”. Fate buon viso a cattivo gioco.
Si potrebbe discutere sul fatto che sia buona cosa o meno fare buon viso a cattivo gioco. E’ una cosa positiva fare buon viso a cattivo gioco? Qualcuno potrebbe dire che chi fa buon viso a cattivo gioco è una persona ipocrita, e l‘ipocrisiaè il nome del sentimento. Ipocrisia deriva dal greco e significa simulazione. Simulare significa “far finta”, “far sembrare”, far apparire una cosa in un modo quando invece non è così.
Una persona ipocrita è una persona che non dice quello che pensa e che lo fa per ottenere dei vantaggi. L’ipocrita ha imparato a dire ciò che “rende” di più, cioè che gli porta maggiori vantaggi.
In effetti l’ipocrisia non è una cosa affatto positiva nel lavoro e direi anzi che è una delle caratteristiche peggiori. Ma qui bisogna forse anche distinguere tra ipocrisia e diplomazia.
La diplomazia, a differenza dell’ipocrisia, ha una eccezione positiva, ha un significato positivo. Entrambe sono simulazioni però. Con entrambe ci si comporta in modo diverso da ciò che i nostri sentimenti ci consiglierebbero.
Entrambe sono simulazioni di sentimenti e lo scopo è sempre quello di guadagnare la fiducia degli altri, la fiducia altrui. Ma il termine ipocrisia è più collegato all’inganno. Se faccio finta di essere tuo amico e poi parlo male di te con gli altri colleghi sono un ipocrita, mi sto comportando da ipocrita, non sono diplomatico. Il diplomatico è realista, ed il suo fine, quello che vuole ottenere, non è un fine personale, ma è una intesa: l’intesa nel lavoro è il suo obiettivo. Per il diplomatico la cosa importante è come agire nel rispetto della persona altrui. Invece l’ipocrita è egoista, pensa a se stesso. Questa è la differenza. Se ad esempio devo trovare un accordo tra persone diverse, tra opinioni diverse, allora cerco di mantenere una posizione neutrale, cercando di capire le differenze tra le persone e cercando di trovare un accordo, il miglior accordo possibile.
Potete quindi ben capire che la diplomazia è una caratteristica molto apprezzata nel lavoro perché pochi hanno la capacità di mantenere una posizione neutrale e cercare sempre la migliore soluzione ad ogni problema, anche andando a volte contro il proprio pensiero, perché l’obiettivo, il fine ultimo, è l’accordo.
La diplomazia quindi non è ipocrisia, non è manipolazione. Ecco, anche questo termine: “manipolazione” è senza dubbio una parola negativa, come ipocrisia. Chi manipola è quindi un ipocrita, un egoista, uno che vuole fare in modo che gli altri facciano delle cose che gli porteranno dei vantaggi. Manipolare viene da “mani”, cioè lavorare con le mani, quindi manipolare una persona è cercare di cambiarla, come se fosse un oggetto e come se dovesse far assumere una certa forma a questa persona, la forma che vuole lui, la forma che desidera il manipolatore.
In ogni caso si potrebbe discutere molto sui termini diplomazia e ipocrisia, e si potrebbero anche avere opinioni differenti. Infatti ci sono dei mestieri, dei lavori, dove fare buon viso a cattivo gioco è indispensabile, è molto importante: come nel mestiere del diplomatico, o del politico.
Il diplomatico, lo dice anche il nome, è colui che deve avere diplomazia. Il diplomatico è un lavoratore, detto “funzionario“, attraverso il quale uno Stato (come quello italiano ad esempio) oppure la Santa Sede, la Chiesa, intrattiene relazioni con un altro Stato, con la Santa Sede o con un’organizzazione internazionale: questo è il diplomatico. L’ambasciatore ad esempio è un diplomatico.
Il politico invece è colui che si occupa di politica, colui che è eletto dal popolo per prendere decisioni che riguardano la collettività, il popolo intero. In questi due mestieri, il diplomatico e il politico, fare buon viso a cattivo gioco significa essere diplomatici ma spesso il confine tra diplomazia e ipocrisia è molto, molto stretto.
Comunque fare buon viso a cattivo gioco è una frase utilizzabile anche al di fuori del lavoro in generale se ci troviamo in situazioni difficili, se non vogliamo affrontare apertamente chi ci ha fatto del male, o chi ci ha procurato uno svantaggio, o chi ci ha messo i bastoni tra le ruote, magari preferiamo fare buon viso a cattivo gioco, preferiamo far finta di niente, perché tanto ormai è successo, e pensiamo che è meglio far finta di niente.
Facciamo ora un esercizio di ripetizione come facciamo sempre per rispettare la regola numero setteper imparare a parlare Italiano: parlare.
Ripetete dopo di me, copiate la mia pronuncia.
Fare buon viso a cattivo gioco.
….
Fare buon viso a cattivo gioco.
….
Fare buon viso….. a cattivo gioco… a cattivo gioco…
Meglio fare buon viso a cattivo gioco
….
Non mi piace fare buon viso a cattivo gioco
…..
Ti consiglio di fare buon viso a cattivo gioco
….
Ti sconsiglio di fare buon viso a cattivo gioco
….
Vi ringrazio di aver seguito questo episodio di Italiano Semplicemente. Ascoltate questo episodio più volte se volete usare la tecnica dell’ascolto per imparare l’italiano in modo naturale. Fatelo più volte, durante i vostri tempi morti, e continuate a seguirci anche su Facebook, e se volete visitate la pagina di Italiano Semplicemente.
Oggi ragazzi vediamo il significato della frase “fare cilecca”.
Vi ringrazio di essere all’ascolto di questo episodio di italiano semplicemente. Fare cilecca è una delle tante espressioni italiane che utilizzano il verbo fare.
A memoria mi viene in mente “fare di tutta l’erba un fascio“, poi c’è anche “fare baracca e burattini“, oppure anche “farla franca“, e tante altre espressioni. Nel corso del tempo vedremo tutte queste espressioni di uso quotidiano, basta avere un po’di pazienza.
Fare cilecca credo sia abbastanza semplice da spiegare. Il significato, o meglio uno dei significati dell’espressione fare cilecca è “mancare il bersaglio” .
Quindi fare cilecca si usa ogni volta che qualcuno deve riuscire a centrare un bersaglio ma non ci riesce. Si dice che, in questo caso, questa persona ha fatto cilecca. Il bersaglio è ciò che voi volete colpire, è il vostro obiettivo.
Questo è ovviamente il senso proprio della frase, che si applica alle armi da fuoco. Quando si prova a sparare con una pistola oppure con un fucile, e si cerca di colpire un bersaglio, se si manca il bersaglio, colui che spara ha fatto cilecca.
Fare cilecca è mancare il bersaglio. Si dice così. C’è però un secondo significato: se la pistola o il fucile non spara, non riesce a far partire il colpo, perché l’arma non funziona per qualsiasi motivo, se cioè l’arma da fuoco si inceppa, per cattivo funzionamento, si dice che l’arma ha fatto cilecca. In questo caso è l’arma da fuoco che ha fatto cilecca. Quindi a fare cilecca può essere colui che spara, se manca il bersaglio, o anche la stessa arma da fuoco, se per qualche motivo si inceppa.
Quando l’arma si inceppa, l’arma fa cilecca. Il verbo inceppare, non so quanti di voi lo conoscano, si usa con riferimento all’arma. Quando l’arma si inceppa, fa cilecca.
Ad esempio il grilletto della pistola si incastra, perché magari è poco oleato, perché c’è poco olio, quindi il grilletto è poco lubrificato e quindi si inceppa, si incastra e l’arma non spara.
Questo è il senso proprio della frase, che è abbastanza semplice.
C’è un senso figurato, ovviamente, anche in questa frase idiomatica, ed il senso figurato è molto simile comunque a quello proprio.
Infatti ogniqualvolta che c’è un fallimento, ogniqualvolta qualcosa non funziona come dovrebbe, proprio quando dovrebbe funzionare invece, allora possiamo dire che questa cosa ha fatto cilecca.
Non è detto che si tratti di una pistola quindi, ma anche di un qualsiasi strumento che ad un certo punto non funziona. Attenzione perché non si tratta di un non funzionamento permanente, ma temporaneo: c’è uno strumento che solitamente funziona sempre, ma ad un certo punto non funziona più e poi magari funziona nuovamente. Non si tratta quindi di una rottura, cioè di uno strumento c’è si rompe, ma di un cattivo funzionamento, temporaneo.
Facciamo qualche esempio.
Si dice spesso, in ambito sentimentale, anzi in ambito propriamente sessuale, che un uomo può fare cilecca con una donna. Può capitare. Capita più o meno a tutti gli uomini, prima o poi, di fare cilecca con una donna.
Cosa significa?
Significa che qualcosa non funziona, qualche cosa, che solamente non dà problemi, ogni tanto non funziona. In questo caso lo strumento che non funziona è l’uomo, o meglio, quella parte dell’uomo, che è la più importante nell’attività sessuale.
Può essere per stranezza, può essere per emozione, può essere per eccessivo entusiasmo, o anche per stress. Insomma l’uomo può fare cilecca, e la probabilità di fare cilecca per l’uomo cresce con l’aumentare dell’età.
Più l’era aumenta, più l’uomo invecchia, maggiore è la probabilità che un uomo faccia cilecca con una donna. Questo è probabilmente il modo più comune di usare la parola cilecca nel linguaggio comune.
Naturalmente cilecca è un termine informale, assolutamente sconsigliato in occasioni di lavoro o in ufficio, e il motivo è che come dicevo prima, è un termine utilizzato perlopiù in ambito sessuale. Basta fare una ricerca su internet e vedrete quali saranno i risultati della vostra ricerca.
Ci sono comunque altri ambiti di utilizzo della parola cilecca. Posso dire ad esempio che una gamba ha fatto cilecca. Ad esempio: la gamba mi ha fatto cilecca e sono caduto per le scale. La gamba ha fatto cilecca, cioè non ha funzionato a dovere.
Normalmente la mia gamba non ha problemi, ma in quella occasione mi ha fatto cilecca e sono caduto dalle scale, magari perché ho mancato il gradino, sono scivolato eccetera.
Prima ho detto che la gamba non ha funzionato a dovere. Quando qualcosa non funziona a dovere vuol dire che non funziona bene, che non fa il suo dovere, che non fa ciò che dovrebbe fare, cioè il suo dovere. Quindi quando qualcosa non funziona a dovere e questo è un problema temporaneo, allora questa cosa ha fatto cilecca.
E a voi, amici uomini, è mai capitato di fare cilecca con una donna? Spero che in quell’occasione la vostra donna sia stata comprensiva con voi.
Spesso accade che in quelle circostanze le donne credano che sia colpa loro, credono di essere loro le colpevoli della défaillance del loro partner, ed invece sappiate che non è mai questo il motivo. Sappiate che, mi rivolgo alle donne che ascoltano, non è colpa vostra o del fatto che non siete abbastanza attraenti.
Può capitare.
Certo che se capita molto spesso non si può più parlare di cilecca ma di problema. Un problema da risolvere senza dubbio.
Esercizio di ripetizione ora. Ripetete dopo di me, state attenti alla pronuncia. In particolare state attenti alla doppia c.
Cilecca
…..
Cilecca
…..
Io ho fatto cilecca
…..
Tu hai fatto cilecca
…..
La mia gamba ha fatto cilecca
….
Noi abbiamo fatto cilecca
…..
Vi avete fatto cilecca
…..
Loro hanno fatto cilecca
….
Adesso al futuro.
Spero che domani non farò cilecca
…..
Spero che domani ti non farai cilecca
…..
Spero che la gamba non mi farà cilecca
….
Noi faremo cilecca
….
Voi farete cilecca
….
Essi faranno cilecca
…..
Cari amici anche questo episodio volge al termine, spero vivamente di essere stato chiaro e che ora non abbiate più alcun dubbio sul significato della frase “fare cilecca“.
Gianni: ciao a tutti e benvenuti nel nuovo episodio di italiano semplicemente. Oggi, amici di italianosemplicemente.com non è uno dei giorni migliori a Roma, la giornata non è un granché. infatti il cielo della capitale d’Italia è molto nuvoloso.
Per fortuna il programma di oggi è un argomento molto divertente, ma non solo per la frase che spiegheremo, ma anche perché non lo farò da solo.
Con me infatti c’è Ramona dal Libano, e precisamente da Beirut
Ramona: ciao ragazzi, sono qui!!
Gianni: Ramona è l’antidoto giusto ad una giornata nuvolosa, e col suo spirito allegro ci farà sentire meglio.
Ramona: sì Gianni,. anche perché qui in Libano il cielo è nuvoloso ed il tempo è abbastanza freddo.
Gianni: Ramona cosa fai nella vita, oltre a collaborare con Italiano semplicemente.
Ramona: io vado all’Università, studio e lavoro anche come professoressa di chimica
Gianni: ah molto bene, quindi ti diverti con gli esperimenti in laboratorio!
Ramona: si ma anche perché devo lavorare, altrimenti non riesco a sbarcare il lunario.
Gianni: ah certo capisco, ed è proprio questa la frase idiomatica di oggi: “sbarcare il lunario”.
Ramona: si proprio questa: sbarcare il lunario.
Gianni: Sembra difficile, ma non lo è molto. È una frase molto usata dagli italiani, ma non dai libanesi come Ramona. Vero Ramona?
Ramona: verissimo Gianni, ma mi piace questa espressione sai? Mi piace anche perché sto partecipando alla spiegazione.
Gianni: quello di oggi infatti è il primo podcast in coppia. Io e Ramona, due voci, due anime a confronto. E’ un esperimento, per rendere il podcast più divertente e più piacevole da ascoltare. Ed è un esperimento che ripeteremo anche con gli altri membri dello staff di Italianosemplicemente.com.
Ramona: è un’ottima idea Gianni, credo sia utile a tutti, per imparare l’italiano, ascoltare più voci contemporaneamente, nello stesso tempo.
Gianni: già, una voce maschile, la mia.
Ramona: ed una femminile. Bene Gianni, cominciamo: “sbarcare il lunario”. Cosa significa Gianni? Io l’ho usata prima ma non lo so, forse ho capito il senso ma non sono molto sicura. Non so neanche se l’ho pronunciata bene a dire il vero.
Gianni: in effetti Ramona, tu l’hai usata in una frase, all’interno di una frase quindi forse hai compreso il significato grazie al contesto. Ricordate la regola numero quattro? Le emozioni ed il contesto vi aiutano a capire il significato delle parole o delle espressioni che non conosciamo. Quindi Ramona adesso spieghiamo il significato di questa espressione idiomatica, cominciando dalle singole parole, poi spieghiamo il senso della frase e poi…
Ramona: poi alla fine facciamo degli esempi e poi vediamo la pronuncia della frase. Allora, le parole sono: “sbarcare” e “lunario” . Due parole difficili Gianni. Cominciamo dal lunario? C’entra qualcosa la luna Gianni?
Gianni: sì in qualche modo c’entra la luna, perché la luna è utilizzata spesso quando si parla del tempo che passa, e infatti “lunario” significa” anno.
Ramona: anno? Ma sei sicuro Gianni? Non ho mai sentito un italiano dire lunario al posto di anno, voglio dire come sinonimo di anno. Mai. Nessuno dice mai: io ho 18 lunari invece che 18 anni, no?
Gianni: beh infatti no, neanche io veramente sapevo che un lunario fosse un anno. Ed infatti ho dovuto cercare il significato di lunario su un vocabolario di internet.
Ho sempre usato questa espressione senza sapere che il lunario è il nome di un almanacco popolare. Un almanacco che riporta i giorni ed i mesi dell’anno, una specie di calendario. Un calendario dove ci sono scritti, dove sono riportati anche proverbi e poesie. È una parola antica, che oggi non si usa più, il lunario.
Ramona: Il lunario! Capisco… E sbarcare? Sbarcare non significa scendere dalla barca? Scendere da una nave ?
Gianni: si infatti! Sbarcare significa, nel suo senso proprio, trasferire a terra delle persone oppure dei materiali trasportati da una barca, insomma in generale da un’imbarcazione o anche da un aereo; è come “scaricare”. Quindi ad esempio posso dire che i passeggeri sbarcano dalla nave, cioè scendono dalla nave.
Ramona: va bene Gianni, ma cosa c’entra sbarcare col lunario? È un calendario, o un almanacco che scende dall’aereo?
Gianni: non c’entra nulla Ramona, proprio nulla. Ma le frasi idiomatiche sono così, del resto come ti ho detto neanche io sapevo cosa fosse il lunario prima, e come me nessun italiano probabilmente, a meno che è un esperto del settore.
Ramona: ho capito, allora spiegaci meglio Gianni.
Gianni: infatti Ramona, in questo caso “sbarcare”, in questa frase, vuol dire “sopravvivere”.
Ramona: sopravvivere? Ah quindi sbarcare nel senso di… riuscire ad arrivare a destinazione, riuscire a fare qualcosa di importante.
Gianni: sopravvivere… infatti, quando ci sono le navi ed i porti, nella lingua italiana, c’è sempre di mezzo un obiettivo da raggiungere. Posso dire ad esempio la frase “andare in porto” che vuol dire riuscire a raggiungere un obiettivo, quindi il porto rappresenta un punto di arrivo dove arriva la nave. Allora quando si scende da una nave, cioè si sbarca dalla nave, vuol dire che si è arrivati a destinazione. In questo caso sbarcare il lunario è raggiungere l’obiettivo.
Ramona: l’obiettivo? Qualsiasi obiettivo?
Gianni: in questo caso l’obiettivo della sopravvivenza. Infatti il lunario è un calendario, quindi rappresenta il tempo che passa. Sbarcare quindi è raggiungere un obiettivo e il lunario è il tempo che passa, quindi sbarcare il lunario è raggiungere l’obiettivo di far passare il tempo, cioè semplicemente di sopravvivere! Di non morire. Riuscire a non morire di fame.
Però Ramona significa sì riuscire a sopravvivere, ma niente di più. Sopravvivere senza chiedere aiuto ad altri, ma senza guadagnare molto soldi.
Ramona : quindi un uomo ricco, con molti soldi non può dire che sbarca il lunario col suo lavoro perché tutti si metterebbero a ridere. Giusto?
Gianni: si esatto è invece posso invece dire ad esempio che con la rendita di un orto si può sbarcare il lunario, cioè che se hai un orto, cioè un giardino dove coltivare delle verdure, riesci Facilmente a sbarcare il lunario.
Ramona : Si ma non è un lavoro questo. No?
Gianni: si però puoi riuscire a sopravvivere se mangi le verdure.
Ramona : ah si vero, è poi puoi anche venderle no? Così guadagni qualche euro giusto?
Gianni: si giusto, pochi soldi ma qualcosa sì. Insomma riesci a sbarcare il lunario, a sopravvivere con le verdure dell’orto.
Ramona: ma scusa Gianni non è che gli italiani si mettono a ridere se dico che con la mia palestra riesco a sbarcare il lunario?
Gianni: stai scherzando? Farai un figurone invece, tutti penseranno che sai benissimo l’italiano. Se ad esempio un tuo professore di italiano all’Università ti chiede cosa fai nella vita ti consiglio di usare questa espressione, sarai promossa sicuramente.
Ramona: wow Gianni al prossimo esame allora, non vedo l’ora di usare questa frase.
Ma scusa Gianni è l’unico modo questo che posso usare per dire che riesco a sopravvivere?
Gianni: no fortunatamente in italiano ci sono molte espressioni di questo tipo, ci sono molti modi per dire questa cosa.
Posso ad esempio dire: “Tirare avanti la baracca” oppure “tirare a campare“, oppure ma è più grave, si può dire “vivere di stenti“, riuscire a “sopravvivere a stento“. Si può dire anche “vivere stentatamente“, ma ognuna di queste espressioni ha delle piccole differenze, e non sempre puoi sostituire ed usare una espressione al posto di un’altra. Dipende da con chi stai parlando ad esempio.
Lo “sbarco” in Normandia del 6 giugno 1944
Al tuo professore ad esempio non potrai dire che vivi di stenti o che sopravvivi a stento grazie al tuo lavoro perché è esagerato, non è così grave, non stai quasi morendo di fame, e il tuo professore probabilmente penserà che non conosci bene l’italiano.
Ramona: bene allora facciamo l’esercizio di ripetizione? Credo sia tutto chiaro.
Gianni: ok, allora ripetete dopo di me e dopo Ramona, se volete mettete in pausa il vostro smartphone. Mi raccomando non pensate alla grammatica.
Gianni: io sbarco il lunario
Ramona : io sbarco il lunario
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Gianni: tu sbarchi il lunario
Ramona : tu sbarchi il lunario
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Gianni: Ramona sbarca il lunario
Ramona : Gianni sbarca il lunario
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Gianni: noi sbarchiamo il lunario
Ramona : noi sbarchiamo il lunario
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Gianni: voi sbarcate il lunario
Ramona: voi sbarcate il lunario
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Gianni: loro sbarcano il lunario
Ramona: loro sbarcano il lunario
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Ramona : ragazzi allora voi cosa fate per sbarcare il lunario?
Gianni: siete invitati a commentare, a dire la vostra opinione, così potete esercitarvi con la frase di oggi. Per chi vuole conoscere anche altre espressioni di questo tipo, che riguardano il lavoro, siete invitati al corso di Italiano Professionale che inizierà nel 2018. Per chi vuole conoscere tutte le espressioni italiane che riguardano le professioni e il lavoro e chi non si accontenta di conoscere l’italiano di base ma vuole approfondire la lingua in profondità. Chi vuole può prenotare anche oggi il corso cliccando sul linkche inserisco sull’articolo.
Gianni: vi consiglio di ripetere l’ascolto del podcast più volte,come al solito.
Ramona: e poi un salutone dal libano
Gianni: e uno dall’Italia.
Ramona : non mi prendere in giro Gianni… Me ne sono accorta sai!!