Vaffancina (ep. 987)

Vaffancina (scarica audio)

Trascrizione

Le parolacce italiane hanno sempre un certo fascino.

Oggi voglio parlarvi di alcune parolacce, ma voglio farlo sia usando un modo più o meno informale, sia un linguaggio più formale. Così, tanto per divertirci.

Cominciamo con il mio consueto linguaggio.

Una delle parolacce più note, neanche a dirlo, è “Vaffanculo“, che letteralmente è un invito, una esortazione ad avere un rapporto anale (immagino in modo passivo). In teoria si invita ad andare in un luogo (anche detto “quel paese”).

Infatti si usa, che ve lo dico a fare, come un’esortazione ad andarsene genericamente e a non disturbare.

Molto maleducata e sgarbata, chiaramente, come esortazione. È, possiamo dire, una formula finale, perché dopo un “vaffa” può esserci solo un altro “vaffa” o termini equivalenti.

Non tutti però hanno voglia di dire parolacce, e tantomeno di impararle.

Vi propongo un’escamotage, perché ci sono alcune varianti interessanti che possono usarsi se non si desidera scadere nella volgarità.

L’utilità sta nel fatto che, anche se non li usiamo noi, almeno saremo in grado di capire se li usa qualcun altro.

Tra l’altro queste varianti, allegerendo il tono dell’invito, si possono usare anche in situazioni diverse da quella dal termine da cui derivano.

A volte non è neanche un invito ma solo un’espressione che manifesta malumore.

Intendo situazioni meno gravi, dove non si arriva necessariamente ai ferri corti con qualcuno, ma si può esprimere un semplice dissenso “colorato” o al limite una incredulità.

Sempre di linguaggio informale parliamo però. Beninteso.

Una delle varianti è “vaffancina“, un’altra è “vaffanbagno” (che sarebbe vai a fare il bagno).

Queste sono le più usate, poi vale la pena ci citare anche “Vaffanl’ovo” e “Vaffanbrodo” che sarebbe come dire “vai a fare l’uovo” e “vai a fare il brodo”.

Che fantasia eh?

Vi potete sbizzarrire comunque a inventarne altre.

C’entra qualcosa la CINA quando si dice vaffancina?

Voglio tranquillizzare i cinesi. Non c’entra nulla la Cina. A noi italiani ci piace solo fare varianti divertenti e curiose.

Vediamo qualche esempio.

Mi sto lamentando con un collega perché la posta elettronica non mi funziona da due giorni.

Questa posta elettronica non vuole proprio funzionare Vaffancina, chissà che problemi ci sono!

Vedete che la mia è solo un’esclamazione per manifestare in modo colorito il mio malumore. Abbastanza simile, sarebbe qualcosa come “porca miseria” o “porca miseriaccia”, “accidenti“, “accidentaccio”. Eccetera.

Oppure:

Sto a dieta da una settimana, quella che mi hai consigliato tu, e… indovina un po’? Ho perso solo 25 grammi! Vaffancina a te e alla dieta miracolosa!

Stavolta ci sono andato un po’ più pesante, perché l’invito è rivolto direttamente a te, seppure in compagnia dalla dieta 🙂

Ultimo esempio:

Domanda: Allora? Che ha fatto la Roma ieri? Ha vinto?

Risposta: ma vaffancina va! Lo sai bene che ha perso!

Bene, spero solo che adesso non userete queste nuove parole con me.

Vedremo…

Adesso ripassiamo qualche episodio passato ma prima ecco il testo riscritto in un linguaggio formale. Laddove possibile userò parole più consone ad un linguaggio forbito.

Le espressioni linguistiche italiane dal contenuto inappropriato esibiscono invariabilmente una sorta di affascino.

Tra le più riconoscibili, senza necessità di ulteriori precisazioni, si annovera l’invito a andare a farsi benedire nel modo più volgare possibile, che, in senso letterale, rappresenta un invito o una sollecitazione a intraprendere un atto sessuale di natura anale, implicitamente di natura passiva.

In linea teorica, questo invito allude ad una direzione geografica, spesso identificata come “quel paese.

In pratica, tuttavia, si fa un uso comune di questa espressione per invitare una persona a allontanarsi genericamente o a cessare di disturbare.

Si tratta, inequivocabilmente, di una modalità di espressione profondamente maleducata e sgarbata. È inoltre incontestabilmente una formula di chiusura, in quanto solo un “Vaffa” segue ad un altro “vaffa” o, al limite, altri termini di pari volgarità.

Purtuttavia, non tutti condividono il desiderio di fare uso di termini scurrili, né di impararli. Tantomeno da parte mia c’è quello di insegnarlo a voi.

Propongo tuttavia un artificio, poiché esistono alcune varianti interessanti, che consentono di evitare l’uso di volgarità.

La loro utilità risiede nel fatto che, sebbene non si adoperino personalmente, si è in grado di comprenderle qualora siano impiegate da altri.

Inoltre, queste varianti possono essere utilizzate in situazioni differenti rispetto all’originale.

In alcuni casi, tali termini sostitutivi non costituiscono nemmeno un invito, ma rappresentano semplicemente un’espressione di malcontento.

Possono usarsi anche in situazioni meno gravi, in cui non è necessario intraprendere un conflitto diretto con chicchessia, ma in cui è possibile esprimere un dissenso “colorato” o un senso di incredulità.

Va comunque precisato che si tratta sempre di un linguaggio informale.

Una delle suddette varianti è “vaffancina“, un’altra è “vaffanbagno” (un invito a fare il bagno). Queste due sono le varianti più comuni, ma è possibile inventarne di ulteriori a proprio piacimento.

Per quanto riguarda la domanda se “vaffancina” abbia qualche legame con la Cina, è opportuno rassicurare che non esiste alcuna correlazione tra la parola e il paese asiatico. Gli italiani spesso creano queste varianti in modo creativo e giocoso.

Ecco alcuni esempi:

Mi sto lamentando con un collega riguardo al fatto che la mia posta elettronica sembra fare le bizze da due giorni:

Questo servizio di posta elettronica sembra completamente inattivo, chissà dove risiede la causa. Vaffancina!

In questo contesto, la mia espressione rappresenta semplicemente un modo colorito per esprimere il mio disagio, in modo simile a espressioni come “per l’amor del cielo” o “non ci posso credere”.

Un altro esempio:

Ho seguito una dieta raccomandatami da te per una settimana, e prova a supporre un po’ cosa può essere accaduto? Ho perso solo 25 grammi!

La tua dieta che definivi miracolosa si è rivelata un vero flop. Vaffancina!

In questo caso, l’invito colorito è rivolto a te, anche se coinvolge parimenti la dieta.

Un altro esempio:

Domanda: “Allora, com’è andata ieri la Roma? Hanno vinto?”

Risposta: “Ma figurati! Sai benissimo che hanno perso!” Vaffancina va!

Spero sinceramente che in futuro non si faccia uso di queste nuove parole rivolgendole contro il sottoscritto. Sarebbe quantomeno irriconocscente nei miei confronti!

Per favore, adesso procediamo con il consueto ripasso.

Marcelo: Guarda, io non faccio uso di parolacce. Al massimo potrebbe scapparmene una senza volerlo. Che so, avete presente quando sbattete il mignolo del piede in uno spigolo?

Come offendere in italiano: insulti, offese, ingiurie ed oltraggi

Audio

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Video e Trascrizione

Buongiorno amici di Italianosemplicemente.com, oggi sono di nuovo qui con Said, professore di Italiano In Marocco, che mi ha aiutato a realizzare questo episodio,

Said: ciao, piacere Gianni, sono Said, sono marocchino, ho 34 anni ed insegno italiano in Marocco.

Offendere in lingua italiana: offese, ingiurie, insulti e oltraggi
Offendere in lingua italiana: offese, ingiurie, insulti e oltraggi

E con Chloè, che è un’insegnante di Italiano sul sito mordusditalie.com e e anche parlaritaliano.com. Ciao ad entrambi. Dobbiamo essere almeno in due oggi anche perché il podcast odierno è abbastanza impegnativo. Ci spetta infatti il compito di parlare di insulti.

Cosa sono gli insulti?

L’insulto è, possiamo dire, un’espressione negativa rivolta verso un’altra persona. Se questa persona ha avuto un comportamento considerato negativo, offensivo verso di me op verso qualcosa a cui tengo, qualcosa che per me è importante, allora io mi rivolgo verso di lui con un insulto. Un insulto è quindi solitamente una singola parola, ma qualche volta è composto da più parole insieme.

Si tratta di un argomento scottante e pericoloso, naturalmente, per un motivo fondamentale: il motivo è che c’è il rischio di essere volgari parlando di insulti, e questo, come sa bene chi ci segue, non rientra tra le caratteristiche di Italiano semplicemente.

L’avevamo già detto, preannunciato su Facebook che avremmo fatto questo episodio dedicato agli insulti, e qualche reazione è stata, a dire il vero, piuttosto negativa:

– io non dico parolacce

– a me non piace insultare le persone

– non c’è bisogno di conoscere queste parole

E frasi di questo tipo. Ed invece credo personalmente sia importante conoscere anche queste parole. Primo perché potrebbe capitare di ascoltarle, secondo perché potrebbe capitare anche a voi di esprimere un sentimento negativo verso una persona e non sapete come fare. In questi casi è bene sapere quali parole usare, sia se si vuole offendere, sia se non si vuole offendere

Il nostro compito quindi si preannuncia piuttosto arduo. Cominciamo dall’inizio. Cosa sono gli insulti?

Gli insulti sono le offese, e il verbo insultare significa quindi offendere, offendere personalmente. Si dice anche “Recare offesa”. Quando si reca un’offesa a qualcuno, o verso qualcuno, si sta offendendo questa persona. Insultare è quindi offendere con parole ingiuriose, con atti di scherno o anche con un contegno provocatorio.

Ho utilizzato alcune parole che potrebbero essere complicate.

Le parole ingiuriose sono le parole che contengono un’ingiuria. L’ingiuria quindi è un altro termine per indicare l’offesa e l’insulto.

L’ingiuria è quindi offensiva, è oltraggiosa. Un’ingiuria è un oltraggio, un insulto, un’offesa.

Come vedete ci sono molti termini per chiamare le offese e gli insulti. Dipende un po’ dal contesto in cui ci troviamo.

L’insulto è la parola più diffusa ed utilizzata quando si parla di utilizzo delle parole. L’insulto quindi prevalentemente si pronuncia con la propria voce, con l’utilizzo della parola, sebbene non solamente con quella, e colpisce la persona con un’opinione personale su di essa.

L’offesa invece è più un atto, un comportamento che colpisce la dignità della persona.

Se ti dico che sei uno stupido ti ho insultato, mentre se dico che sei disonesto, questo è più un’offesa, perché colpisce la dignità della persona, la sua integrità, una sua qualità morale: la sua onestà in questo caso. Lo stesso se dicessi che sei maleducato eccetera.

L’oltraggio, è una offesa molto grave e consapevole contro l’onore o la dignità di qualcuno. L’oltraggio però è spesso usato in senso figurato per indicare un danno che si fa; e questo danno implica, cioè comporta la violazione di una norma, anche di una norma nell’ambito della vita sociale: si parla spesso di un oltraggio alla giustizia, oltraggio al buon gusto; oltraggio ad un pubblico ufficiale, oltraggio al pudore. Quando si fa un oltraggio, generalmente, si è superato un limite, si è fatto un eccesso. L’oltraggio è una cosa che va oltre la giusta misura: OLTRE la giusta misura e quindi OLTRAGGIO. L’oltraggio comunque non è molto usato in famiglia e tra amici se non in modo scherzoso.

L’ingiuria infine è un termine molto usato nella giustizia, come anche oltraggio. Viene da ingiustizia, cioè cosa non giusta. Una ingiuria è un’offesa che viola le norme giuridiche. Quindi è un’offesa all’onore di una persona recata mediante parole, atti, comportamenti come ad esempio l’invio di disegni o di lettere ad una persona. Quindi con una ingiuria si fa violenza ad una persona, si colpisce una persona con una comunicazione postale, con una telefonata o con degli insulti inviati per email. Sono tutti i modi di offendere perseguibili penalmente da parte della persona offesa.

Bene, vediamo ora quale offesa, qualche insulto, qualche oltraggio e qualche ingiuria.

Cominciamo con gli insulti meno offensivi e passiamo gradualmente a quelli peggiori.

Cominciamo con IGNORANTE.

Ignorante è colui che ignora, cioè colui che non sa. Ignorare una cosa significa non sapere una cosa. Apparentemente è una parola innocua perché posso usarla anche verso me stesso: io ad esempio in materia di medicina sono abbastanza ignorante.

Ma sono ignorante anche in altri campi: letteratura, giurisprudenza, latino, greco, solo per fare alcuni esempi.

Ignorante quindi è una persona più o meno colpevolmente sfornita delle capacità e delle nozioni richieste, quindi è una persona incompetente, una persona inesperta. Non c’è niente di male nell’essere ignoranti in qualcosa.

Spesso però possiamo usarlo anche come un insulto.

– Sei proprio un ignorante!

Se dicono questa frase rivolta a te significa che sei una persona priva di istruzione o di cultura in generale, una persona incolta, illetterata. C’è chiaramente la volontà di insultare in questa frase: sei proprio un ignorante. Il tono qui è molto importante.

Ci si può riferire anche all’educazione, quindi “sei un ignorante” è una frase che si può rivolgere a qualcuno se questa persona è stata maleducata, se si è comportata in modo maleducato, senza rispetto per gli altri. Se gli dici così è come se gli dicessi che lui o lei ignora le regole della buona educazione: è un ignorante!

Si usa anche verso gruppi di persone, per indicare o semplicemente che queste persone nella loro vita non hanno mai studiato a scuola, e quindi ignorano molte cose, o anche perché si vogliono colpire, offendere con una offesa:

Quella è gente ignorante, che non sa neanche scrivere una email!

Ignorante, tra tutti gli insulti, credo comunque sia uno dei più leggeri, sebbene abbastanza offensivo.

Passiamo ad ANTIPATICO.

Anche questo termine rientra certamente tra gli insulti. Abbastanza “leggero” anche questo, possiamo dire.

Antipatico equivale a non simpatico. Quindi una persona antipatica suscita antipatia. Il sentimento si chiama antipatia, analogo (ma contrario) alla simpatia. Una persona antipatica è una persona con cui è impossibile, diciamo, affiatarsi, andare d’accordo.

Non si usa però solamente verso le persone. Magari si sta parlando di una situazione fastidiosa, una situazione che suscita fastidio o provoca qualche disagio o qualche malumore.

Ad esempio:

– Ho un lavoro antipatico da finire entro domani;

– Mi trovo in una situazione veramente antipatica

Quindi l’antipatia è un sentimento che si può provare verso qualcuno o qualcosa; è una avversione istintiva più o meno motivata. A volte non sappiamo perché qualcuno ci sta antipatico. Lo sentiamo, lo avvertiamo, non sappiamo perché:

Posso dire che:

– A pelle, Giovanni mi sta antipatico

A pelle mi sta antipatico: cioè avverto qualcosa di negativo, lo avverto sulla pelle – per modo di dire – la mia pelle mi dice che Giovanni non è una persona positiva.

Antipatico è abbastanza simile a ODIOSO. È vero infatti che odioso viene da odio, quindi odioso in teoria significa “che merita odio”, “meritevole di odio”, ma spesso si usa un po’come antipatico per le persone e le situazioni:

ad esempio:

– Francesca è una persona odiosa

Se Francesca è odiosa, è molto simile ad antipatica, ma è anche peggiore a dire il vero.

Se una persona merita questo appellativo, vuol dire che stai nutrendo un sentimento simile e anche peggiore dell’antipatia, ma non è l’odio comunque. Non si tratta di odio. Odio è peggio.

– Io odio Francesca

Non è esattamente come dire che Francesca è una persona odiosa, perché odiosa significa che ha degli atteggiamenti fastidiosi, molto fastidiosi, che si comporta male, ma non così male da meritare odio.

Posso usare questo aggettivo anche verso situazioni, analogamente all’antipatia, indicando quindi un lavoro come odioso, una circostanza, una situazione personale. Si tratta di situazioni dalle quali si vorrebbe uscire il più presto possibile in generale.

Dunque siamo ancora ad un livello di insulti abbastanza leggero.

Vogliamo aumentare il livello?

Aumentiamolo.

Aumentare il livello significa aumentare il senso di fastidio che suscita una persona, ma se vogliamo significa anche puntare a delle caratteristiche specifiche, non generiche come abbiamo fatto finora: l’antipatia, l’odio, l’ignoranza, intesa come maleducazione, sono infatti adatte a una vasta gamma di persone e situazioni.

Dobbiamo quindi specificare, selezionare bene il bersaglio da colpire.

Vediamo allora “SUPPONENTE” (con doppia “P”). La parola supponente è adatta a tutte le persone che dimostrano, o che rivelano una certa superiorità. Le persone che si credono superiori e che lo mostrano con i loro comportamenti ed atteggiamenti provocatori sono supponenti. Si usa molto dire “PRESUNTUOSO” in questi casi, o anche ALTEZZOSO, SACCENTE, STRAFOTTENTE. Supponente è più sofisticato, e contiene “su”. Il supponente si pone infatti al di sopra degli altri: è un supponente, è colui che si pone su, cioè al di sopra degli altri. E questo dà sicuramente molto fastidio.

Anche un atteggiamento può essere supponente, un sorriso, delle singole parole. In ogni caso c’è molto fastidio dietro a questa parola. A tutti dà fastidio la supponenza. D’altronde come non avere fastidio da chi crede di essere più importante di te e che oltretutto vuole fartelo vedere, senza nascondersi.

Supponente quindi non è un insulto generale ma si riferisce alla saccenza, alla superiosità.

Ti credi superiore? Ti credi più importante degli altri? Allora sei una persona supponente se questo lo lasci trasparire.

Vediamo adesso invece come indicare, come descrivere le persone che non dicono la verità. Anche qui identifichiamo bene una caratteristica da colpire.

La parola più usata in questi casi, quando non si dice la verità è BUGIARDO.

– Sei un bugiardo! Non dici sempre la verità!

Questo è un classico insulto molto usato in famiglia, soprattutto tra marito e moglie e dai genitori verso i figli e tra amici.

Non è certamente un bel complimento, perché le bugie sono le cose non vere e le bugie le dicono i bugiardi. Però il termine è abbastanza infantile; è offensivo, sicuramente, dare del bugiardo a qualcuno, ma ci sono termini peggiori in questi casi.

Uno dei peggiori è “CAZZARO” (con doppia “Z”). Un termie abbastanza recente, infatti esiste dai primi anni ’60.

Il cazzaro è una persona che dice cazzate, cioè bugie, frottole. Uno che racconta frottole è una persona che dice bugie, ma che spesso sono sotto forma di storie:

– Ti giuro, una volta ho trovato un portafogli con 1 milione di euro!

– Credimi, ho un amico che si è laureato in un solo anno in medicina!

– Sai che io ho avuto 1000 donne nella mia vita! Forse anche di più.

Ecco, cose di questo tipo non sono bugie, ma sono “cazzate”. Le cazzate sono storie false. Ed uno che dice cazzate è appunto un “cazzaro”. Appunto. Una persona simile, detto meno volgarmente, è uno che ostenta, uno che “te le conta”, si dice anche così, cioè una persona che “te le racconta” (te le conta). Si dà per scontato che si sta parlando di cose false: “te le conta”, dove “le” sta per “le storie”, o “le fandonie”, “le bugie”, “le frottole”.

È molto usato l’aggettivo (o sostantivo) “cazzaro” nel linguaggio giovanile, sia rivolgendosi alla persona interessata:

– sei proprio un cazzaro!

sia se si parla di qualcun altro:

– non ti fidare di quello! E’ un cazzaro!

Detto in modo educato il cazzaro è un millantatore di presunte capacità, un millantatore di virtù e di successi; un FANFARONE, uno SPACCONE.

Il “MILLANTATORE”: chi è il milantatore?

Il millantatore è colui che millanta (verbo millantare): parliamo sempre di storie e di persone che, per vantarsi, dicono cose non vere: le dicono per sembrare migliori agli occhi degli altri.

– Cosa stai millantando? Stai millantando di essere il più grande professore al mondo?

Il verbo millantare quindi significa “dire bugie”, o più volgarmente “dire cazzate” ma si tratta di bugie su se stessi, bugie sul proprio conto. Millantare è come vantarsi con molta esagerazione e senza alcuna prova.

Se volete dire educatamente a qualcuno che, secondo voi non sta dicendo la verità su se stesso, potete dirgli che lui è un millantatore.

– Non è vero che sei il più bravo scienziato al mondo: sei un millantatore!

Va bene anche fanfarone o spaccone, però questi sono due termini più innocui, sono più termini da bar e quindi meno gravi di millantatore. Sicuramente cazzaro e millantatore hanno lo stesso livello di offesa. Quello che cambia è il livello di volgarità. Cazzaro è più volgare.

Si parla sempre di bugie se parliamo di “CIARLATANO”.

La parola ciarlatano è adatta quando si parla di persone che diffondono false notizie. Persone che si approfittano della buona fede delle persone allo scopo di ottenere denaro o vantaggi di altro tipo, grazie a delle false promesse.

Solitamente il ciarlatano è un venditore, colui che vende qualcosa. Quindi I ciarlatano cerca di convincerti ad acquistare qualcosa, facendoti credere chissà quali proprietà.

– Compra questo corso di inglese e vedrai che in 15 giorni nessuno crederà che sei italiano!

– Ma non fare il ciarlatano! Vai via, non voglio nessun corso di inglese. Che ciarlatano!

Come insulto è abbastanza grave perché il ciarlatano guadagna dalle proprie bugie.

Chi invece non ci guadagna ma semplicemente non è credibile, si può appellare come “INATTENDIBILE”.

Diciamo che è sicuramente meglio essere chiamati inattendibili che ciarlatani!

Non c’è dubbio, infatti se sono inattendibile significa che non merito di essere tenuto in considerazione (NON devo essere TENUTO in considerazione = sono inattendibile, che è il contrario di attendibile). La persona inattendibile è inaffidabile, non le si può dare fiducia.

Se quindi non vi fidate di una persona, non perché credete che sia disonesta ma perché solitamente le cose che dice non sono vere, allora questa persona è inattendibile, o anche INAFFIDABILE. Non si può fare affidamento su di lei.

Sul lavoro si usa spesso questo aggettivo.

– Mi ha detto che finirà il lavoro entro domani

– Sì, dice sempre così, ma poi lo consegna sempre dopo una settimana. È completamente inattendibile!

In molto molto cortese, le persone inattendibili sono persone a cui non si può dare credito.

– non posso dare credito a Giovanni, non si è mai dimostrato attendibile.

C’è poi un insulto molto particolare, sempre collegato alle bugie.

Sto parlando di “SALTIMBANCO”. Insulto molto pesante. Il saltimbanco è colui che può dire le bugie, e le dice se gli conviene. Il saltimbanco è quindi un opportunista, un egoista, ed è un insulto usato nel lavoro. Chi esercita una professione, un’attività, cercando soprattutto di soddisfare i proprî interessi, cercando di mettersi in mostra, di raggiungere il successo personale, con assoluta mancanza di serietà e credibilità è un saltimbanco (tutto attaccato: saltimbanco). Saltimbanco viene da “saltare i banchi”: una specie di giocoliere, un artista, un acrobata, uno che si esibisce in pubblico. Uno che fa ridere insomma. Ma se usiamo il termie per insultare, allora è molto negativo. Si usa molto nella politica: il saltimbanco nella politica è chi passa da un partito politico all’altro, senza avere una idea politica precisa: lui salta da un banco all’altro a seconda della convenienza. Insomma, proprio un brutto insulto. L’Italia purtroppo è piena, pienissima di saltimbanchi della politica.

Sempre nell’ambito delle relazioni sociali, esiste un altro tipo di insulto: “PETTEGOLO”.

Pettegolo è un sinonimo di CHIACCHIERONE. Si può usare sia in senso amichevole sia se ci rivolgiamo a dei bambini:

– è veramente una ragazzina pettegola! (con due “T”)

Insulti sempre tutti… sei davvero strafottente!

Questo significa che la bambina parla molto, è molto loquace, quindi non si tratta di un insulto in questi casi.

Invece se ci rivolgiamo ad un adulto la cosa cambia. Un pettegolo è una persona che critica gli altri, che parla sempre degli altri senza porsi problemi di privacy, di riservatezza e di discrezione. Quindi parlare di pettegolezzi equivale a parlare di indiscrezione. L’indiscrezione è la mancanza di discrezione.

La persona pettegola fa quindi i pettegolezzi. Ecco, i pettegolezzi sono le chiacchiere, le cose raccontate che riguardano altre persone. Spesso poi si tratta di cose non vere, o parzialmente vere.

– Hai visto quella ragazza? Lo sai che prima era sposata, poi si è divorziata, poi si è risposata con un altro, ed adesso ha almeno tre fidanzati! Dico tre!

– Che pettegola! Non è vero, dai, questi sono solamente pettegolezzi!

Bene ragazzi, andiamo ora ad un’altra categoria di insulti. Una categoria molto, ma veramente molto diffusa di insulti riguarda i comportamenti scorretti.

Abbiamo parlato di ignoranza, di antipatia, di supponenza, di bugie, di millanterie e di pettegolezzi. Ora parliamo di vere offese.

La più diffusa offesa sul comportamento scorretto è sicuramente “STRONZO”!

Non c’è italiano che non abbia mai usato questo insulto: giovane, anziano, colto, ignorante, cristiano o ortodosso: lo stronzo è una insulto diffusissimo, sulla bocca di tutti, e la stronzaggine è sicuramente una delle caratteristiche più disprezzate e criticate.
Perché questo?

Perché la parola stronzo si adatta ad una gamma impressionante di persone e comportamenti.

L’origine è abbastanza spregevole diciamo… infatti: uno stronzo è un escremento umano o animale, si tratta quindi di un materiale di scarto, per dirla nel modo meno volgare possibile. Escremento è come dire cacca, o anche merda. Come immagine quindi si capisce bene che se la parola viene usata contro qualcuno non è per fargli un complimento!

Uno stronzo, detto in poche parole, è una persona odiosa, una persona spregevole, che merita di essere paragonata ad un escremento.

– Sei uno stronzo!

Questo è un vero insulto, uno sfogo contro una persona che ha fatto qualcosa di veramente grave.

Naturalmente esiste anche la versione femminile: stronza!

– Ti ha lasciato la fidanzata? Che stronza!

– Un tuo collega ti ha rubato il posto in ufficio? Che stronzo!

– Un tuo amico non ti invita più alle feste? Proprio un atteggiamento da stronzo!

Potrei continuare all’infinito con esempi di ogni tipo.

Sappiate che il termine è molto usato soprattutto dai giovani ma come dicevo prima lo usano un po’ tutti.

Esiste anche il diminutivo “stronzetto” che si usa in caso di sgarbi meno gravi o come presa in giro, ed esistono varie varianti tipo “PEZZO DI CACCA” e “PEZZO DI MERDA” o anche “RIFIUTO UMANO”, “ESCREMENTO AMBULANTE” e chi ne ha più ne metta.

– MI sa che sei proprio un pezzo di merda! Mi hai lasciato senza niente ed ora mi ritrovo fuori casa e te ne freghi!

La cosa importante da capire è che si usa quando c’è da sfogarsi contro una persona che ci ha fatto un torto, uno sgarbo, un dispetto che non possiamo proprio sopportare. Hai tradito la mia fiducia quindi sei uno stronzo!

Scemo, stupido, senza cervello! Semplice.

Nel caso di comportamenti scorretti è molto usato anche “BASTARDO”.

Il termine bastardo in realtà è un termine che indica un ibrido tra due razze. Se quindi ho ad esempio due cani, uno di una razza e uno di un’altra razza (ad esempio un cane bassotto ed un cane labrador); sono due cani appartenenti a due razze diverse. Quindi se questi due cani si incrociano, fanno dei figli, questi cagnolini che nascono sono bastardi. Cioè non appartengono né alla razza bassotto, né alla razza labrador, quindi sono una via di mezzo, sono un ibrido. Quindi sono bastardi, si tratta di cani bastardi.

In realtà però il termine bastardo è stato da sempre utilizzato anche per indicare una persona che nasce al di fuori di un matrimonio. Se un uomo e una donna si sposano e fanno dei figli, questi sono figli sia dell’uomo che della donna che si sono sposati. Ma se invece la donna fa un figlio con un altro uomo, questo figlio è detto, in modo dispregiativo, un figlio bastardo. Quindi il bastardo è un figlio illegittimo.

Ok, ma l’insulto “bastardo” non significa certamente figlio illegittimo.

Infatti il termine bastardo si usa, proprio come stronzo, come una ingiuria.

– Bastardo! Sei un bastardo!

Attenzione perché questo è un insulto molto grave, molto peggiore di stronzo.

Infatti in questo termine c’è soprattutto il tradimento, ma non solo.

In questo insulto c’è tutto il rammarico, tutto il risentimento che si prova quando si viene traditi o si riceve un grave torto.

Un bastardo è molto di più che un semplice stronzo. Un bastardo è un traditore, un vigliacco, una persona che ha preso accordi e poi non li ha rispettati, una persona senza valori, senza dignità, che quindi non merita il nostro rispetto.

– Non ti fidare di loro, sono tutti bastardi!

Sentite quanto odio c’è dentro questa frase: sono tutti bastardi significa che sono esseri umani della peggiore specie, persone di cui non ci si deve fidare.

Cosa fanno i bastardi? I bastardi fanno le bastardate. Gli atti, i comportamenti di una persona che noi chiamiamo bastardo possiamo tranquillamente chiamarli bastardate.

– Ieri mi hanno fatto una bastardata: mi hanno rigato la macchina. Che bastardata!

In questo secondo esempio non sono stato esattamente tradito, ma qualcuno mi ha rigato la macchina, mi ha rotto la macchina facendo un segno evidente con una punta metallica sulla macchina, sulla carrozzeria. Me l’hanno rigata, appunto: una vera bastardata!

Bastardo comunque è abbastanza simile ad un altro insulto abbastanza diffuso e utilizzato: sto parlando di “FIGLIO DI PUTTANA”. Figlio di puttana significa che si sta dicendo a qualcuno, che questa persona è figlio di una puttana. Sua madre è una puttana, è cioè donna che si prostituisce, cioè che vende il proprio corpo per denaro. Questa è una puttana.

Normalmente si chiamano PROSTITUTE, e non puttane, che è la versione volgare. Figlio di puttana però non è un insulto in cui si dice alla persona che sua madre si prostituisce, ma è semplicemente un grave insulto per indicare che una persona ha fatto qualcosa causando un grave danno.

Un po’ come il bastardo, insomma. Un figlio di puttana è come un bastardo, ci ha fatto un danno e noi lo insultiamo, dicendogli che sua madre è una prostituta e che di conseguenza suo padre non è certo, non è sicuro. Un grave insulto che chiama in causa la famiglia, che è evidentemente molto importante in Italia.

Insultare la propria famiglia è fare un grave insulto. Da qui l’utilizzo di bastardo e figlio di puttana.

PUTTANA, poi, di per se, è ovviamente un altro tipo di insulto adatto solamente per le donne, invece “figlio di puttana” è adatto agli uomini. “FIGLIO DI BUONA DONNA”, è la versione meno volgare. La “buona donna” è un modo più gentile di indicare una prostituta.

Puttana, prostituta ed anche MIGNOTTA (e ZOCCOLA): sono tre modi equivalenti per indicare una “buona donna”.

– Si è vestita come una zoccola! Mette sempre la minigonna! Poi c’è anche TROIA.

Il modo più gentile è sicuramente “figlio di buona donna”.

Lo si può usare tra l’altro parlando di una persona che ci ha fatto un torto e non vogliamo esprimere troppo rammarico, oppure anche solo per scherzo:

– Quel figlio di buona donna se n’è andato!

Oppure:

– Mio figlio? È proprio un figlio di buona donna! Mi fa sempre tanti dispetti!

In questo caso mi sto rivolgendo proprio a mio figlio, quindi “figlio di buona donna”, detto a mio figlio, è un modo come un altro per dire “furbo” o quel furbetto di mio figlio, quel MALANDRINO, quel DISPETTOSO.

– Dai, basta con queste cose, sei davvero dispettoso con me!

Malandrino e dispettoso sono più o meno equivalenti, sono modi simpatici per indicare comportamenti giovanili scorretti, quindi non molto gravi perché è abbastanza normale che un giovane a volte si comporti un po’ così, in modo non sempre corretto, come vorrebbero i genitori almeno.

Invece figlio di puttana e FIGLIO DI MIGNOTTA sono insulti ben più gravi, riservati a persone che ci hanno veramente fatto un torto grave.

Possiamo ora tranquillamente abbandonare ora gli insulti sui comportamenti scorretti e passare alla categoria degli insulti sull’istruzione.

Abbiamo già detto che l’appellativo ignorante si può dire sia a chi si non conosce le cose che ignora, sia a coloro che non hanno una buona educazione. Quindi ignorante è sicuramente un insulto che riguarda l’istruzione.

L’istruzione, come la famiglia, è un altro punto debole sui cui colpire.

Bene, allora vediamo un po’.

C’è anche “CAFONE”, che è più o meno come ignorante, ma cafone fa solamente riferimento alla maleducazione. I cafoni sono coloro che usano un linguaggio volgare, coloro che insultano tutti apertamente, anche alzando la voce, senza farsi problemi.

Deriva da “cavare”, nel senso di “cavare la terra”, cioè scavare. Quindi cafone, l’insulto cafone, indica una persona come un contadino, una persona che quindi ha solamente fatto il contadino nella sua vita e che di conseguenza non ha mai studiato, non ha mai aperto un libro.

Del tutto simile è l’insulto “MONTANARO”, dove si parla escplitamente di montagne, per indicare il luogo dove la persona è cresciuta: la montagna.

– Sei proprio un cafone montanaro!

Questo è un insulto che potete dire a chi si rivolge a voi con tono sgarbato ed ignorante, uno che alza la voce e non vi rispetta.

Un cafone, un montanaro, è anche indicato come una persona “ZOTICA”.

Questo è un modo più gentile ed aristocratico di chiamare un cafone. Uno zotico, o anche uno ZOTICONE.

Si tratta in ogni caso di persone, diciamo così… grossolane, ignoranti, senza istruzione.

Grossolane significa semplici, non molto sofisticate, che sono rimaste così come la natura le ha fatte: sono grossolane.

Quante persone, nella vita si incontrano che hanno queste caratteristiche? Tantissime!

Ma cafone si può anche dire di persone prive di buon gusto, o prive di tatto, oltre che di rispetto.

Si parla spessissimo di comportamento cafone, di gente cafona. Anche una cosa però, un oggetto, un oggetto di arredamento o lo stesso arredamento di una casa anche può essere cafone e grossolano.

Una cravatta può essere cafona, e l’abbigliamento in generale può esserlo.

Zotico invece è più indicato per una persona, come zoticone. Cafone è più generico e adatto a tutto, zoticone è più specifico per le persone, come montanaro ed ignorante.

Il modo forse più elegante, o uno dei più eleganti, di insultare una persona che manca di istruzione credo però sia TROGLODITA. Il troglodita, parola abbastanza difficile da pronunciare, è colui che abitava nelle caverne, come nell’epoca preistorica, quando c’erano i dinosauri.

(Verso dinosauro)

Proprio per questo, con questo termine si indicano le persone che vengono giudicate come persone ROZZE o PRIMITIVE, persone INCIVILI. Una persona rozza è come una grossolana, quindi diciamo poco lavorata, poco raffinata. Le persone primitive sono invece i primi abitanti della terra, questi sono i primitivi. I primi abitanti, quindi primitivi.

Anche INCIVILE è un insulto abbastanza delicato ma nello stesso tempo molto offensivo. L’incivile è una persona che non ama la civiltà, non ama vivere con gli altri, perché manca di rispetto e di umanità sostanzialmente.

Se vedete una persona che getta a terra una bottiglietta di plastica, potete dargli del primitivo, sicuramente.

Anche “TERRONE” è un insulto abbastanza diciamo pesante che chiama in causa l’istruzione ed in particolare la provenienza dal sud Italia. Il terrone lavora la terra, ma sicuramente è solamente un grave insulto che gli Italiani del nord, ma solamente alcuni, quelli più cafoni appunto, usano verso gli italiani del sud. Questo è terrone.

Quindi qui entriamo nella categoria degli insulti territoriali, per identificare le persone che abitano in certe zone d’Italia.

– Sei un terrone, ritorna da dove sei venuto, ritorna al sud!

Naturalmente terrone significa anche ignorante e persona poco istruita, altrimenti non sarebbe un grave insulto.

Al centro Italia invece si usa molto l’insulto “BURINO”, che serve ad insultare le persone che non sono cresciute in una grande città ma in campagna. Quindi i cittadini romani insultano dicendo burini alle persone cresciute fuori Roma.

A burino!!!

Ma gli stessi romani sono chiamati burini dalli italiani del nord, sempre alcuni degli italiani del nord.

Appena si sente una persona parlare con l’accento romano, questa potrebbe essere identificata e etichettata come un burino.

– Ecco, sono arrivati i burini di Roma…

Anche gli abitanti del nord Italia comunque possono essere etichettati con un insulto creato appositamente per loro. Mi riferisco a “POLENTONE”.

– Sei proprio un polentone, ritorna da dove sei venuto! Ritorna al nord!

Il termine polentone è quindi un insulto anch’esso, lo possiamo chiamare anche epiteto, parola questa che in generale indica una connotazione, una caratteristica. Polentone è quindi un epiteto negativo, ha cioè una connotazione negativa.

Un polentone è quindi utilizzato dagli abitanti dell’Italia meridionale (cioè del sud Italia) e centrale per indicare gli abitanti dell’Italia settentrionale, cioè del nord Italia.

Polentone deriva da polenta. Cos’è la polenta?

La polenta è un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di cereali. È un piatto tipico del nord Italia, di colore giallo, e si mangia solitamente in bianco oppure col pomodoro, (è buonissima tra l’altro) ed anche volendo con la carne.

Insomma la polenta è diffusa soprattutto al nord, quindi gli abitanti del nord Italia mangiano la polenta, quindi sono chiamati “polentoni”. Molto semplice.

È come se gli italiani li chiamaste “spaghettari” o cose del genere.

Infine vediamo una categoria simile a quella dell’istruzione, che è la categoria dei soldi e della ricchezza.

Se hai pochi soldi per vivere sei semplicemente povero, che è il contrario di ricco; ma questi non sono insulti ma classi sociali diciamo.

Invece se vogliamo insultare una persona che ha difficoltà a spendere i soldi, pur avendone molti da spendere, ci sono vari modi per farlo. Il modo più comune è “TIRCHIO”.

Un tirchio è una persona avara. Tirchio ed avaro sono termini equivalenti, solo che tirchio è molto più offensivo.

– Il mio collega è un vero tirchio! Non mi offre mai il caffè in ufficio. Che tirchio!

Ecco, questo è un modo di insultare un avaro, una persona che spende con difficoltà. Il tirchio ha difficoltà a spendere in generale, è, si può dire, RESTIO NELLO SPENDERE; è grettamente attaccato al denaro.

Se non volete parlare in modo popolare potete indicare queste persone come delle persone parsimoniose, o restie nello spendere, oculate nella spesa. Questi sono tutti modi più delicati e se vogliamo neanche offensivi.

Una persona, se è oculata nella spesa, vuol dire che ha occhio, ha una qualità: sta attento a spendere. Se invece dico che è un tirchio dico che sta attento inutilmente, che non c’è bisogno, perché è troppo attaccato ai soldi, ha una specie di malattia.

Si dice anche che questa persona “HA IL BRACCINO CORTO” per indicare la difficoltà ad allungare la mano, il braccio, per prendere il portafogli, per pagare. Anche questo è un insulto anche se più scherzoso. È un modo diciamo abbastanza simpatico per indicare questo tipo di persone: i tirchi, gli avari.

C’è da dire che a volte avere il braccino corto è anche usato per indicare una persona che ha poca voglia di lavorare. Dipende dalle zone d’Italia.

Vale la pena di ricordare anche qualche insulto legato al sesso.

Abbiamo già detto che prostituta, puttana mignotta, così come anche altri termini analoghi sono usati solamente per le donne.

Per gli uomini si usa spesso DEPRAVATO, PORCO, MAIALE, tre insulti che indicano una eccessiva attenzione verso il sesso. Il porco e il maiale rappresentano lo stesso animale, quell’animale che grugnisce (verso maiale) : pig in inglese, mentre invece depravato è più grave. Depravato Indica sia un comportamento immorale, quindi una persona immorale, priva d’ogni senso morale, ma anche una persona viziosa.

In senso legato al sesso posso anche dire PERVERTITO, il depravato è un pervertito che è evidentemente una persona che ha delle perversioni sessuali, una persona che ha comportamenti sessuali devianti. Insomma un vero DEGENERATO, se vogliamo dirla in modo più elegante. Il degenerato si chiama così perché degenera. Degenerare significa in generale cambiare, ma cambiare in peggio, scadere.

Si dice spesso: “la situazione sta degenerando“. Ok? Nel senso che la situazione sta peggiorando, è quasi fuori controllo e non riusciremo più a fermare questo peggioramento. Questo significa degenerare se a degenerare è una situazione.

Se a degenerare invece è una persona, questa persona la posso chiamare un DEGENERATO, ma con questo termine indico una persona che si comporta in modo molto immorale, è quindi come un pervertito, è la stessa cosa.

Bene ragazzi credo che per oggi possa bastare. Spero non vi venga voglia di iniziare a insultare i vostri amici per non dimenticare la lezione.

Grazie di averci ascoltato, di aver preso il tempo di prendere questi 20 minuti o trenta per ascoltare Italiano Semplicemente, vi sono riconoscente di questo, come lo sono verso i donatori di Italiano Semplicemente. Finora sono molti che hanno aiutato il sito con un loro piccolo contributo, singolo o mensile. Un contributo perdiodico. È un aiuto finanziario a Italiano Semplicemente.

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È la nostra missione quindi ringrazio tutti i donatori per avermi hanno aiutato a farlo, e vi ringrazio se anche voi considerate di unirvi a noi. Metto un link in basso su questo episodio purché possiate aiutarci. Così potete anche vedere quali sono le nazioni più generose. Se la vostra nazione, il vostro paese non c’è, siete ancora in tempo ad unirvi a noi.

Grazie amici e alla prossima… e niente parolacce.

Le espressioni sulle figuracce

Audio

E’ possibile leggere ed ascoltare e/o scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

Mohamed: Ciao Giovanni, come stai? In classe i miei studenti mi chiedono le frasi idiomatiche che si usano in caso di figuracce. Se puoi aiutarmi a fare questa cosa sarebbe una cosa molto bella. Grazie in anticipo. ciao

Bene, ciao a  tutti e grazie a Mohamed a cui voglio rispondere col podcast di oggi. Mohamed è un professore di italiano ad Alessandria d’Egitto e fa parte della redazione di Italiano Semplicemente infatti mi aiuta spesso a realizzare dei bei podcast come questo. Per rendere il podcast più interessante ci aiuterà stavolta anche Jessica, una ragazza brasiliana, ed Ulrike, una ragazza tedesca.

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L’argomento del giorno sono quindi le figuracce. Cos’è una figuraccia? La figuraccia è una impressione negativa suscitata in qualcuno col proprio comportamento.

Se non avete capito ve la spiego meglio: quando fate qualcosa di sbagliato, qualcosa che invece avreste dovuto fare bene, meglio o che altre persone si aspettavano che voi faceste bene, queste  altre persone potrebbero avere dei pensieri negativi su di voi, potrebbero pensar male di voi,  e voi quindi avete fatto una figuraccia.

Una figuraccia è la conseguenza di un comportamento, di un vostro comportamento, in conseguenza del quale qualche altra persona ha una impressione negativa su di voi. In questi casi si dice che chi ha avuto questo comportamento fa una figuraccia. Fare è il verbo che si usa con la parola figuraccia: “fare una figuraccia“.

Io ad esempio posso fare una figuraccia col mio professore di italiano se vengo bocciato all’esame. Magari non riesco a rispondere a delle domande facili e il mio professore di italiano si aspettava invece una persona preparata,  che aveva studiato, ed invece no, il professore mi boccia, cioè mi dice che l’esame è andato male, mi boccia perché crede che io non sia affatto preparato: posso dire di aver fatto una figuraccia col mio professore e la cosa può darmi fastidio oppure no; in entrambi i casi il professore di italiano non avrà un bel ricordo di me dopo questo esame,  dopo questa figuraccia che ho fatto.

La parola figuraccia finisce con il suffisso “ACCIA” è questo è ciò che normalmente viene fatto nella lingua italiana quando si qualifica negativamente una qualsiasi cosa. Quindi una cosa brutta diventa una “cosaccia” , una brutta bicicletta diventa una biciclettaccia. Eccetera.

In questo caso è una figura ad essere accia, cioè ad essere brutta: una figuraccia è appunto una brutta figura. La figura rappresenta in questo caso come appariamo agli occhi degli altri, cioè l’impressione che facciamo. Si può fare una bella figura, o anche un “figurone“, termine spesso usato ma solo all’orale, cioè una bella figura, una bella impressione.  Si usa dire anche “fare una porca figura”  in certi casi. All’opposto si può fare una brutta figura, cioè una figuraccia, appunto, ed anche figuraccia è un termine colloquiale, che non si usa nello scritto.

Ci sono in realtà molti modi per chiamare una brutta impressione che facciamo agli occhi di altre persone. Dipende un po’ dal tipo di brutta figura e dalle persone con cui parliamo: ci sono quindi modi formali ed informali, perché come sapete la lingua italiana ci dà molte diverse possibilità.

Nella forma scritta ad esempio le modalità più diffuse sono “fare una pessima figura” e “fare una pessima impressione”. Pessima equivale a brutta o cattiva, ma è un termine equivalente a negativa o negativo se dico pessimo al maschile. Infatti brutto e brutta sono più relative a cose tangibili, che si toccano, come oggetti e persone, cattivo invece  è più usato come carattetistica umana (cattivo è il contrario di buono).  Per cose intangible cioè che non si toccano, come la figura, come una impressione possiamo usare quindi pessima figura, cioè una impressione negativa.

Fino a qui niente di particolarmente difficile quindi.

Ascoltiamo un esempio di brutta figura,  di figuraccia che ha fatto Ulrike.

Ulrike: io ho chiesto ad una cliente se fosse in cinta ed ho fatto gli auguri, ma non era così. Lei era solo ingrassata,  causa una separazione da suo marito. 

Divertente come figuraccia, quella di Ulrike, avete ascoltato, Ulrike ha visto una sua cliente e le ha fatto gli auguri perché credeva fosse in cinta, credeva aspettasse un bambino, questo sembrava agli occhi di Ulrike ed invece no, invece la cliente di Ulrike era solamente ingrassata, aveva messo su qualche chilo per motivi personali.  Ma fortunatamente pet Ulrike la donna è rimasta sua cliente e l’ha perdonata.

Allora: adesso vi spiego bene la differenza tra pessima impressione e brutta figura: si può fare una pessima impressione, ad esempio, ad un esame universitario, o ad un qualsiasi esame del mondo se l’esame va male ovviamente, ed  è sicuramente la forma più utilizzata in ambito accademico e nei colloqui di lavoro anche. La parola figura e la frase fare una brutta figura o figuraccia sono invece più usate nelle relazioni umane, non accademiche e istituzionali dunque, ma tra amici e familiari  o anche al lavoro con i colleghi. Invece pessima è più formale diciamo. Quindi  se ad un colloquio di lavoro non ci si presenta, oppure se si arriva in ritardo ad una riunione si fa una pessima figura.

In questi casi potete scusarvi, ad esempio potete fare come Jessica:

“ti chiedo mille scuse, io ero…  avevo una visita di una mia amica”. 

Ecco sicuramente Jessica ha fatto una pessima figura,  e con questo tipo di scusa ha persino peggiorato la situazione ha reso la situazione persino peggiore.

Invece la parola “impressione” si usa di più quindi quando c’è una valutazione da dare, e quindi come detto prima in caso vada male un esame o un colloquio di lavoro.

Ma non finisce qui. La parola “gaffe” è conosciuta credo da tutti, ma una gaffe è una azione o una espressione inopportuna, cioè un atto commesso o una parola pronunciata che rivelino una inesperienza ad esempio, o goffaggine.

Se ad esempio un ragazzo esce con la sua fidanzata e la chiama per sbaglio con un altro nome, allora quella che avete fatto è una gaffe, almeno è questa la parola, il termine più usato in questi casi. La parola gaffe deriva dal francese e significa quindi commettere un’indelicatezza, dire o fare una cosa indelicata. Di usa molto in Italia, soprattutto in ambito televisivo: ci sono personaggi televisivi divenuti famosi per le gaffe che hanno fatto: Mike Bongiorno ad esempio, il famoso presentatore televisivo morto qualche anno fa, ne ha fatte più di una in TV. Lui presentava un programma famosissimo in cui Mike bongiorno faceva alcune domande ai partecipanti che erano preparati ognuno du un singolo argomento (il titolo della trasmissione era “Lascia o raddoppia”) e una volta c’era una signora, la signora Longari, (Longari era il cognome della signora) e la domanda era sugli uccelli: era una domanda che riguardava un uccello.

Ebbene la signora Longari sbaglia la domanda e Mike bongiorno commenta l’errore dicendo:

Ahi ahi ahi, signora Longari: mi è caduta sull’uccello“.

Questa è sicuramente la gaffe, la figuraccia più famosa di Mike Bongiorno.

La gaffe consiste nel fatto che  la signora Longari ha sbagliato una domanda, cioè è caduta su una domanda – si dice anche così quando si sbaglia: “cadere su” ed in modo colloquiale, parlando direttamente si dice anche “mi è caduta”, rivolgendosi direttamente alla persona che sbaglia; quindi Mike dice “Ahi ahi ahi, signora Longari: mi è caduta sull’uccello”, cioè ha sbagliato la domanda sull’uccello!

Sembra un commento normale, ma purtroppo per lei, suo malgrado, l’uccello è anche un modo di chiamare l’organo sessuale maschile. Dunque Mike Bongiorno dice una cosa che ha anche un secondo significato, una frase con un doppio senso quindi.

Un’altra famosa gaffe è di un’altra presentatrice italiana che dice in diretta TV “voglio salutare l’Istituto dei ciechi di Milano, so che mi stanno guardando“. Anche questa è una gaffe, infatti i ciechi sono coloro che non hanno il dono della vista, quindi non vedono, quindi evidentemente anche questa è una gaffe, una figuraccia. La parola italiana più simile a gaffe è papera,  quindi fare una papera è come fare una gaffe. Papera, o papero è il nome di un uccello che normalmente si trova nei parchi e nei laghi. Il Papero (il nome dell’ucello è al maschile) è una giovane oca non ancora in fase riproduttiva, quindi il papero è un’oca giovane. Chissà perché “la papera” invece, inteso come figuraccia, si pronuncia al femminile: forse per via del fatto che indica una brutta figura, che è appunto una parola femminile. Comunque le papere, o i paperi, camminano in modo buffo, lo averet sicuramente notato: e la goffaggine del modo di camminare è all’origine dell’utilizzo di questa parola per indicare una brutta figura.

Un altro modo di dire simile, anzi si tratta di una sola parola, è “svarione” ed anche svarione si usa col verbo fare: fare uno svarione. Ma svarione è più semplicemente un grosso errore, un errore inaspettato, più che una figuraccia. Comunque non è una parola molto usata; a parte nel calcio, dove si parla spesso di svarione difensivo, di uno svarione, cioè di un grosso errore, commesso da un difensore se causa un gol degli avversari. Allo stesso modo posso usare la parola “sproposito“, ma sproposito si usa col verbo dire: dire uno sproposito: “ha detto uno sproposito”, vuol dire “ha detto una sciocchezza, una grossa sciocchezza”. e quando si dice uno sproposito si fa sicuramente una figuraccia.

La parola sproposito si usa anche in altra circostanze però, tutte hanno a che fare con le figuracce: ad esempio “parlare a sproposito“. In questa frase significa parlare inutilmente e in modo controproducente. Quando qualcuno parla a sproposito dice cose fuori luogo, cose inopportune, fa ad esempio delle affermazioni imbarazzanti, e quando qualcuno parla a sproposito sarebbe meglio stesse zitto, perché più parla, peggio è. Attenzione perché  sproposito è usato anche come sinonimo di “molto”. Ad esempio se acquistate qualcosa e lo pagate una cifra alta, molto soldi, potete dire che avete pagato “uno sproposito”, ed in questo caso significa appunto molto.

Un modo molto elegante per dire figuraccia è “fare una figura barbina“, ma attenzione perché chi fa una figura barbina è una persona che fa una figuraccia per un motivo preciso: un motivo legato ai soldi o per un grave motivo morale: la persona che fa una misura barbina è solitamente una persona gretta, meschina, avara, cioè attaccata ai soldi: se ad esempio un uomo invita a cena una donna per la prima volta, al loro primo appuntamento, se l’uomo non paga la cena ma la fa pagare alla donna,  allora l’uomo fa una misura barbina. Barbina si scrive come barba, ed infatti deriva proprio dalla parola barba ma sinceramente non c’entra nulla con la barba. Una figura barbina si potrebbe tradurre con “una figura misera” ed infatti spesso si dice anche così. Misera viene da miseria, cioè la mancanza di qualcosa. Questo qualcosa che manca, in questo caso è una qualità importante. Quando la modalità è interessata quindi usate barbina, ma se è molto grave potete anche usare “figura meschina“, che sono equivalenti ma barbina è meno grave, e potete usarlo anche ironicamente, per ridere, volendo anche su voi stessi.  La figura meschina invece è grave, più seria come espressione perché la persona meschina è una persona spiritualmente limitata, ed anche intellettualmente limitata, che non ha principi morali, una persona meschina vi fa pena, è moralmente povera e non vale la pena di frequentarla.

Vediamo adesso altri due modi abbastanza eleganti che vi consiglio di usare: le parole sono “lapsus” e “magra“. Con la parola lapsus si indica un errore di distrazione, uno sbaglio, come la parola gaffe, ma con lapsus si usa il verbo avere: “ho avuto un lapsus“. Quando qualcuno ha un lapsus fa un l’errore ed in particolare l’errore può consistere in una sostituzione di una parola con un’altra, mentre scrive o mentre parla, o anche la dimenticanza di un nome.

In particolare c’è il Lapsus freudiano, che viene da Freud, il famoso psicologo tedesco dovuto a motivi inconsci. Se ad esempio una signora anziana, una nonna chiama il proprio nipote col nome del proprio figlio,  esprimerà inconsciamente il desiderio di essere ancora giovane. Anche con i lapsus quindi possiamo fare delle brutte figure. Nell’esempio che ho fatto prima, di chiamare la fidanzata con il nome di un’altra ragazza, posso quindi parlare di lapsus, di laspus froidiano in particolare, perché il motivo della figuraccia è legato all’inconscio, alla mente umana.

Oltre a lapsus, dicevamo prima, esiste la parola “magra“.

Sapete tutti che magra e grassa, sono due aggettivi che indicano una corporatura opposta: una persona magra è una persona che è il contrario di una persona grassa: il magro ha un fisico asciutto, non mangia molto e il grasso invece è più pesante ed è in sovrappeso, cioè ha un peso maggiore della norma. Il magro è il contrario.

Ebbene, le parole grasso o grassa e magro o magra si associano spesso ai rapporti sociali. La magrezza, come la miseria nell’espressione “una figura misera” sta ad indicare la mancanza di qualcosa, e quindi si usa la mancanza peso, di grasso, o un peso insufficiente, ad immagine, diciamo come immagine figurata. Quindi una “magra figura” è una figuraccia, una brutta figura che si fa con qualcuno, e sicuramente è un’immagine molto negativa, ma non ha una connotazione negativa come “figura barbina”, che è più collegata alla moralità. Una magra figura invece è più usata quando l’effetto che si fa è ironico. Se la figuraccia genera delle risate da parte di altre persone e viene voglia di nascondersi dalla vergogna, possiamo dire che si tratta di una magra figura, o semplicemente di una magra. Magra quindi può essere sia sostantivo che aggettivo.

Notate che se una persona fa una magra figura, qualcuno potrebbe farsi una “grassa risata“, che è una grande risata, una risata fatta con gusto e soddisfazione per la figuraccia fatta da qualcuno.

Vedete quindi come a volte la magrezza e la grassezza si usano nelle situazioni sociali in cui si fanno delle figuracce.

Terminiamo questo episodio con una espressione idiomatica molto comune: “fare una figura di merda” che è molto usata dagli italiani di ogni ceto sociale, religione, età e ambiente diverso. La merda, cioè la cacca, è un dispregiativo, e si usa in questa espressione per indicare proprio la gravità della figura, la brutta figura fatta. Chi di noi non ha mai fatto una figura di merda nella vita? Se voglio esagerare e scendere bel volgare posso anche dire fare una figura del cazzo , è bene sapere che esiste anche questa forma, più utilizzata di quanto  uno straniero possa immaginare.

Attenti quindi perché queste due ultime sono espressioni  volgari  ed ovviamente si usano solo all’orale.

Bene Mohamed, spero che i tuoi studenti abbiano materiale a sufficienza per essere soddisfatti ora.

Concludo ringraziando tutti coloro che sostengono Italiano Semplicemente economicamente. Grazie a loro ho acquistato un nuovo microfono per registrare i file audio, e questo nuovo microfono è in grado di eliminare i rumori di fondo, che possono a volte essere molto fastidiosi; quindi ora la qualità audio sarà sicuramente migliore di prima. Il prossimo acquisto sarà una telecamera che vorrei utilizzare per registrare alcun video in giro per Roma da utilizzare su Youtube.

Bene per finire esercitatevi anche voi a parlare un po’ adesso con un esercizio di ripetizione:

Figuraccia

Fare una figuraccia

Fare una brutta figura

Io ho fatto una brutta figura

Tu hai fatto ha figura barbina

Mio  fratello ha fatto una gaffe

La mia amica ha avuto un lapsus

Noi abbiamo fatto veramente una magra figura,

Voi avete fatto una figura di merda

I miei fratelli fanno spesso delle pessime figure.

Continuate pure a fare le vostre richieste su Facebook sui futuri episodi di Italiano Semplicemente, cercherò di venirvi incontro più che posso, compatibilmente con gli orari di lavoro e con la famiglia.

Ascoltate più volte il podcast per memorizzare bene e fatemi conoscere le vostre impressioni,  nella speranza di non aver fatto una figuraccia avendo detto e scritto anche alcune parolacce. Non le usate mi raccomando,  potreste fare una figura di merda.

Ciao.

PS: Ascolta la figuraccia di Jessica

Andare a quel paese

Audio

Video con sottotitoli

video a cura di Yasemin Arkun

Trascrizione

Buongiorno a tutti e bentrovati sulle pagine di italianosemplicemente.com, sito adatto per aiutare ad apprendere l’italiano tutti coloro che hanno poco tempo a disposizione per studiare la grammatica.
Grazie di essere ancora qui, e per chi non conosce ancora Italiano Semplicemente, vi invito ad andare sul sito e dare un’occhiata alla sezione “livello intermedio”, dove ci sono molti episodi da leggere e file audio mp3 da ascoltare. Per i principianti, benvenuti e a voi consiglio di andare alla pagina a voi dedicata. Anche coloro che non sanno nulla di italiano, potranno trovare, nella pagina “principianti”, delle storie da ascoltare. Lì troverete sia i file audio che le trascrizioni.

Bene, oggi ci occupiamo di una frase idiomatica, e in particolare di una frase molto delicata.

Dico delicata perché avrò alcune difficoltà a trovare le parole più idonee per spiegare questa frase idiomatica. Vado subito al dunque (via il dente, via il dolore) e vi dico che la frase in questione è “andare a quel paese”. Andare a quel paese è una frase idiomatica, sicuramente, perché il senso proprio di questa frase è sicuramente fuorviante. Fuorviante significa che vi porta fuori dalla via, vi porta fuoristrada, questo significa che voi potreste pensare di leggere la frase parola per parola ed interpretare la frase in questo modo, ed invece la frase ha un senso figurato; un senso diverso dal significato proprio.

Chi di voi già consce questa espressione già avrà capito per quale motivo sono preoccupato oggi, nell’affrontare questa spiegazione. Gli altri invece saranno incuriositi, e quindi cercherò di cavarmela affrontando la frase senza indugiare. Cercherò di cavarmela significa cercherò di uscirne fuori, cercherò di risolvere il problema.

Dunque “andare a quel paese”, o meglio, l’esclamazione “vai a quel paese”, rivolta a qualcuno, è l’equivalente di… “fuck you” in inglese. La differenza è che mentre la frase inglese è molto volgare (ed ovviamente esiste l’equivalente italiano di fuck you, che non sto qui a ricordarvi poiché sicuramente tutti voi già conoscete; mentre la frase inglese è volgare, come dicevo, “vai a quel paese” è, per quel che si può, la versione delicata, informale, gentile se vogliamo.

Andare a quel paese quindi è un invito, è un invito che si fa, che si rivolge ad una persona, ed è un invito che si rivolge generalmente a persone con le quali non si va molto d’accordo. In genere “vai a quel paese” conclude sempre una discussione, è cioè l’ultima frase che si dice, generalmente, in una discussione animata, in cui si litiga con qualcuno. Se si discute, se si litiga con qualcuno, ed in particolare se si discute animatamente si alzano i toni, si alza la voce, e spesso può accadere che una delle persone insulti un’altra persona, e pronunci appunto questa frase: “vai a quel paese”.

Discutere animatamente significa discutere con l’anima, e si usa frequentemente per indicare una discussione accesa, che non si svolge con toni pacati, tranquilli, ma ad un certo punto ci si lascia andare, si comincia ad alzare la voce, e si perde il controllo. Ed alla fine uno dei due, e spesso entrambi, mandano a quel paese l’altra persona.

Mandare a quel paese quindi vuol dire manifestare un grande dissenso verso l’altra persona, nel senso che queste due persone hanno una idea totalmente diversa a proposito di un certo argomento, e mandando a quel paese si dice all’altro:

ok, è chiaro che non la pensiamo nello stesso modo, è chiaro che abbiamo una idea diversa, quindi tu resti con la tua opinione, che io non approvo, ed io resto con la mia, che tu non approvi.

Questa lunga frase, evidentemente, è  troppo lunga per essere pronunciata, e soprattutto non vale la pena di sprecare fiato per una persona che vogliamo liquidare. In queste circostanze quindi “vai a quel paese” è un sistema sbrigativo per liquidare una persona.

Liquidare una persona vuol dire, non renderla liquida, non farla diventare liquida, ma vuol dire sbarazzarsi di questa persona, farla allontanare, oppure smettere di parlarci perché le abbiamo già dedicato molto tempo.

Entrambe le persone, evidentemente, per mandare a quel paese l’altra persona, manifestano la volontà di sbarazzarsi l’una dell’altra. L’una dell’altra vuol dire che ognuna delle due persone si vuole sbarazzare dell’altra persona. E sbarazzare, come detto, ha lo stesso significato, più o meno, di liquidare. Posso quindi dire “ho liquidato Giovanni” oppure posso dire “mi sono sbarazzato di Giovanni”.

E’ la stessa cosa. Quindi ragazzi spero non vogliate liquidarmi dopo questa spiegazione. Soprattutto spero non vogliate mandarmi a quel paese, perché mi offenderei.

Un’ultima annotazione: “quel paese” indica un luogo, un paese, appunto, che non si nomina. Si indica quindi un paese senza nome che indica quindi un luogo lontano, che non viene nominato, perché se lo facessi, direi una parolaccia…

Vi lascio sulle note di questa bella canzone italiana di Alberto Sordi, un comico italiano tra i più famosi, ormai passato a miglior vita purtroppo (cioè ormai deceduto) che si chiama appunto:  “te c’hanno mai mannato a quel paese”, che in dialetto romano significa “ti ci hanno mai mandato a quel paese?, cioè: “a te ti hanno mai detto vai quel paese”?

Un saluto a tutti.

Il verbo “cazzeggiare”

Adriana dalla Colombia: io ho cazzeggiato tutto il giorno e non ho fatto i miei compiti per domani!

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Buonasera amici. Chi vi parla è Gianni, di italianosemplicemente.com

Sono le 17.38 del giorno 29 ottobre 2015, sono all’interno della mia macchina e sto tornando a casa. Approfittavo… volevo approfittare di questo tempo, di questo tempo morto, appunto,  per registrare un file audio, in cui spiegarvi una delle frasi idiomatiche italiane.

Ho già avuto modo di introdurvi la questione su Facebook, sul gruppo Facebook di Italiano Semplicemente. Il verbo, la frase che voglio spiegarvi oggi è in realtà un verbo, un verbo particolare, un verbo che non troverete mai su un libro di grammatica, perché un verbo derivato da una parolaccia, una parolaccia italiana, e il verbo in questione è CAZZEGGIARE.

È un verbo particolare, è un verbo che si usa in contesti più familiari che professionali. E’ praticamente impossibile che durante una riunione di lavoro, soprattutto se molto importante, possiate ascoltare qualcuno che usi, utilizzi questo verbo: cazzeggiare.

Ancora non vi ho spiegato il significato ma avete capito che cazzeggiare contiene la parola.. comincia con le quattro lettere CAZZ, quindi cazzeggiare viene, (deriva) da una parolaccia italiana molto conosciuta. Sicuramente la conoscete già tutti, perché le parolacce sono solitamente la prima cosa che si impara di una lingua straniera, anche se i libri di grammatica solitamente non le riportano; non riportano le parolacce, quindi cazzeggiare è un verbo appunto, ed è un verbo che si usa in famiglia, si usa tra amici. Ed è utilizzatissimo.

Non c’è giornata che passi senza ascoltare almeno una  persona che pronunci questo verbo. Cosa significa cazzeggiare?

image001Cazzeggiare significa, in parole povere, avere un atteggiamento diciamo non professionale, un atteggiamento da perditempo. Chi cazzeggia praticamente non è una persona seria, non si sta comportando da persona seria. Voglio fare più esempi per far capire a tutti quando e come si usa il verbo cazzeggiare nelle frasi.

Non esistono quindi frasi idiomatiche in cui si trova il verbo cazzeggiare, quindi è semplicemente un verbo. Un verbo che potete utilizzare in contesti soltanto famigliari o amichevoli e che però diciamo, ha un significato ben preciso. Cazzeggiare come ho detto significa perdere tempo, comportarsi in modo poco serio ma nello stesso tempo divertente, quindi quando una persona cazzeggia, vuol dire che questa persona sta facendo… si sta comportando in modo scherzoso, magari sta prendendo in giro qualche suo amico, qualche suo famigliare quindi non parla seriamente.

Allora cercherò di fare qualche esempio in modo che tutti comprendiate bene quando e come si usa questo verbo.

Ad esempio se c’è mio figlio. Mio figlio si chiama Emanuele. Sette anni, lui è un ragazzo molto serio, fa sempre il suo dovere di studente, fa sempre i compiti, quindi arriva a casa, fa sempre i compiti, fa tutti i lavoretti che il maestro o la maestra gli dicono di fare. Qualche volta succede invece che non ha molta voglia, diciamo, di fare i compiti. In quel caso preferisce cazzeggiare un po’. Preferisce perdere tempo, preferisce anche CINCISCHIARE in questi casi. Preferisce cincischiare; cioè… magari sta col libro aperto della scuola, però non sta facendo nulla, sta appunto cazzaggiando.

Non necessariamente significa giocare, o significa prender in giro qualcuno. Cazzeggiare può essere il semplice atto di non far nulla. Lora posso dire a mio figlio (non glie lo dico perché è una parolaccia) se fosse un mio amico avrei potuto dirgli: scommetto che stai cazzeggiando. A quest’ora di solito stai cazzeggiando. Quindi mio figlio ogni tanto cazzeggia, ma molto raramente. Non è un tipo che ama cazzeggiare. Evidentemente è un… ha un senso del dovere molto alto, molto spiccato, quindi la prima cosa che pensa, appena arriva a casa è fare i compiti, e farli bene, stare concentrato e non cazzeggiare quindi mai.

Ovviamente qualche volta un sabato, una domenica che non ha voglia di fare i compiti e però magari noi genitori gli diciamo: Emanuele dai fai i compiti, apri quel libro, è ora di fare i compiti, è il momento di fare i compiti.

Lui dice: va bene papà, adesso apro il libro, allora per farci un favore, apre il libro, lo mette sul tavolo, ma non fa nulla, cazzeggia un po’ con la penna, con la matita, cazzeggia un po’ col temperino, con tutti gli strumenti che vengono utilizzati dai bambini di quell’età, dell scuole elementari, e quindi fa finta di lavorare e invece sta cazzeggiando alla grande!

E Questo è soltanto un esempio. Anche in un contesto lavorativo può essere utilizzato questo verbo. Si può pensare ad esempio che un proprio collega, un collega del vostro ufficio, ami molto cazzeggiare in ufficio, non ami molto lavorare, non sia una persona che abbia un senso del dovere molto alto, molto spiccato, e quindi ama molto cazzeggiare con internet, cazzeggiare con gli amici su Facebook, prender in giro magari i suoi amici su Facebook, scrivendo delle frasi scherzose, simpatiche, quindi dal punto  di vista del suo dovere in ufficio sta cazzeggiando.

Cioè non sta facendo cose importanti, sono meno importanti; scherzare è ugualmente importante perché aiuta a rilassarsi, ma se si esagera e si scherza troppo e li lavora poco, è facile che il vostro collega diciamo… vi dia che state cazzeggiando. Dunque avrete sicuramente capito adesso il significato di cazzeggiare.

E’ una parolaccia ma ormai è entrata nel gergo comune italiano: si usa a nord, al centro, al sud, in ogni regione d’Italia potrete ascoltare delle persone che usano questa parola. Di solito si usa, si pronuncia con il sorriso sulle labbra, proprio per far vedere che una persona sta scherzando. Quindi è una difficile che una persona, anche parlando di un’altra persona, parlando di un collega si è arrabbiato, e nello stesso tempo utilizzi la parola cazzeggiare. Perché cazzeggiare è appunto un verbo che si usa con il sorriso sulle labbra. In Italia è molto facile incontrare persone con il sorriso sulle labbra, di conseguenza non vi stupote se alla stazione, alla fermata dell’autobus eccetera, in tutti questi posti pubblici, possiate incontrare qualcuno che sta cazzeggiando o che sta utilizzando la parola cazzeggiare. Ecco. Non c’è niente di male quindi ad utilizzare la parola cazzeggiare tra amici.

Non è come la parolaccia dalla quale deriva la parola cazzeggiare, che in effetti è un po’ più “parolaccia”. Quindi chi la pronuncia, chi pronuncia il verbo cazzeggiare, chi costruisce le frasi utilizzando “cazzeggiare”, diciamo non può essere spacciato per una persona maleducata. Semplicemente sta scherzando, si è in un contesto famigliare, o amichevole, diciamo si è con degli amici, quindi non c’è nessun problema, potete usarlo normalmente. E’ una di quelle parole normalmente utilizzate tra amici, soprattutto quando si esce la sera, si va al bar, o in un Pub, a bere una birra. La parola cazzeggiare la potete sentire anche centinaia di volte in una giornata.

Si può cazzeggiare quindi come ho detto a casa, si può cazzeggiare in ufficio, e diciamo si può cazzeggiare anche in un contesto sportivo. Perché se un giocatore, mettiamo un calciatore, un calciatore professionista non prende una partita seriamente, si può dire tranquillamente che quel giocatore sta un po’ cazzeggiando. Durante quella partita, sta cazzeggiando, magari se comincia a fare colpi di tacco, se comincia a passare la palla facendo giochi di prestigio, eccetera, possiamo dire tranquillamente che quel giocatore sta cazzeggiando, cioè non sta prendendo la partita seriamente, non sta giocando come solitamente lui gioca, concentrato, avendo un obiettivo in testa, ma si sta divertendo, sta cercando di alzare magari il morale della squadra, e quindi sta semplicemente cazzeggiando.

Dunque: volendo potremmo fare anche un esercizio di coniugazione, giusto per cercare di farvi adoperare un po’ la parola anche a voi, per allenare un po’ i muscoli della bocca, che… i vostri almeno non sono abituati a parlare italiano come posso esserlo io, di conseguenza è giusto anche utilizzare un po’ anche la vostra lingua., la vostra bocca, e cominciare a parlare oltre che ad ascoltare.

Di conseguenza io dirò delle frasi adesso, e se voi volete, vi darà il tempo per rispondere, dovete semplicemente ripetere dopo di me quello che dirò, in maniera tale che riusciate anche a esercitare la vostra pronuncia e per passare dallo stato della comprensione a quello dell’espressione.

Quindi adesso costruirò delle frasi col verbo cazzeggiare, cercherò di farlo utilizzando tempi diversi, quindi non solo al presente, ma anche al passato ad esempio, a al condizionale, in modo che esercitiate anche un po’ i tempi diversi dell’italiano, ovviamente coniugando il verbo cazzeggiare. Quindi cominciamo. Allora la prima frase è.. ripetete dopo di me, mi raccomando:

  • Ogni volta che vado al lavoro, mi piace cazzeggiare almeno mezzora. Ripeto: Ogni volta che vado al lavoro, mi piace cazzeggiare almeno mezzora.

Ecco la seconda frase:

  • Se cazzeggiassi meno a scuola avrei dei risultati migliori. Ripeto: Se cazzeggiassi meno a scuola avrei dei risultati migliori

Vediamo la terza frase, al passato:

  • Ultimamente hai cazzeggiato un po’ troppo, è ora che tu cominci a fare la persona seria. Ripeto: Ultimamente hai cazzeggiato un po’ troppo, è ora che tu cominci a fare la persona seria.

Vediamol adesso, potrei usare l’imperativo. Ripetete dopo di me quindi:

  • Cazzeggia meno, o ti licenzio. Cazzeggia meno, o ti licenzio.

Bene amici, spero che questo podcast vi sia piaciuto. Abbiamo imparato il verbo cazzeggiare, l’abbiamo coniugato. Vi ho fatto più di qualche esempio, credo che sia adesso abbastanza chiaro. Ci sono diciamo anche altre parolacce in Italia, utilizzate per costruire dei verbi. Man mano che mi verranno in mente cercherò di spiegarveli attraverso altri podcast, altri file audio che registrerò durante i miei tempi morti.

Utilizzate anche voi i vostri tempi morti. Utilizzate la terza regola d’oro di Italiano Semplicemente, perché per imparare una lingua occorre innanzitutto ascoltare, e ascoltare è bene farlo durante i tempi morti; prima di tutto perché così trovate il tempo per ascoltare, senza dovervi ritagliare del tempo aggiuntivo, perché tutte le persone che lavorano hanno solitamente molto poco tempo, soprattutto se avete una famiglia, dei figli eccetera.

Quindi andate a lavorare con l’autobus? Ebbene mettete le vostre cuffie, ascoltate  ascoltate le registrazioni italiano che faccio e che metto online.

Salvate i podcast sul telefonino ed ascoltateli. Io personalmente faccio lo stesso con l’inglese e col francese.

Ogni giorno riesco a farmi un’ora e mezza di ascolto: mezzora di francese, mezzora di inglese e mezzora di tedesco. Ovviamente lo faccio solamente per il gusto di farlo e perché mi piace confrontare le varie lingue tra loro, per capire anche la cultura, la mentalità, delle altre persone che abitano in paesi diversi.

Dunque vi ringrazio dell’ascolto, ci sentiamo su Facebook, e buona serata a tutti.

Ramona dal Libano: ciao Giovanni. Ho trovato il significato del verbo cazzeggiare, ma non sono sicura se sia corretto o no. Comunque cazzeggiare significa parlare di un argomento o di un soggetto, in una maniera superficiale, senza approfondimento, per esempio, la mia amica Laura non è una persona seria, cazzeggia sempre, e questo la rende meno rispettata dagli altri, giusto?

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