La lingua del sì

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Lo sapevate che la lingua italiana, da Dante Alighieri era chiamata “la lingua del sì” ?

Dante ne parla all’interno de “de vulgari eloquentia” e anche nella divina commedia.

Dante infatti era un sostenitore delle lingue volgari, e una di queste lingue era appunto la lingua italiana.

Questo perché rispetto al latino e al greco, diceva Dante, non è una lingua artificiale.

In particolare Dante parla di tre volgari che si affemnarono nell’Europa meridionale. Oltre al volgare italiano, detto “la lingua del sì” , c’era anche la “lingua d’oc” e la “lingua d’oil“, che si parlavano in Francia.

Il volgare italiano dunque si differenziava dagli altri due per il modo di esprimere l’affermazione.

Infatti, proprio come “” , anche la oïl e oc erano le particelle affermative rispettivamente del Nord della Francia e della Provenza.

Nel canto XXXIII, dell’inferno si legge:

del bel paese là dove ’l sì suona,

Quindi “là dove risuona la lingua del sì”, e questo è appunto un modo per indicare l’Italia.

Anche Il nome dato alla lingua d’oc si deve a Dante Alighieri, sempre all’interno del “De Vulgari Eloquentia”

Dante fu il primo a intuire le potenzialità del volgare e dopo di lui altri grandi lo seguirono, come il Canzoniere di Petrarca e il Decameron di Boccaccio.

Ma oggi l’italiano è ancora la lingua del sì?

C’è chi direbbe piuttosto che è la lingua delle preposizioni e dei congiuntivi.

Scherzi a parte, spero abbiate gradito questa parentesi aperta sulla lingua italiana, visto che recentemente dovete ascoltare un episodio al giorno della rubrica dei due minuti con Italiano Semplicemente.

Tra l’altro è stata un’occasione anche per me che ho approfondito la questione con l’occasione.

Alla prossima.