Fatti non foste a viver come bruti

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Trascrizione

Buongiorno, un caro saluto a tutti. Chi vi parla è Gianni, o Giovanni, cioè il creatore di Italiano Semplicemente. Oggi cercherò di spiegarvi una frase italiana famosissima.

Non si tratta, a dire il vero, di una frase idiomatica italiana, non è una espressione tipica italiana, ma si tratta di una citazione. Una citazione è quello che si fa quando si ricorda, si cita, appunto, ciò che ha detto oppure scritto qualcun altro. Una citazione quindi è il dire o lo scrivere una cosa che ha già scritto o detto qualcun altro. Questo qualcun altro, in questo caso, è Dante Alighieri.

Parleremo di Dante Alighieri in modo un po’ più approfondito in un prossimo podcast, per la rubrica “grandi personaggi italiani” (abbiamo già visto Umberto Eco e Roberto Benigni) per ora mi accontenterò di citare Dante. Oggi quindi citerò Dante Alighieri. La citazione che farò di Dante Alighieri è relativa ad una terzina del canto numero ventisei dell’Inferno. Stiamo quindi parlando della Divina Commedia.

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La Divina Commedia è, come tutti saprete, l’opera più importante composta da Dante Alighieri, e probabilmente è anche l’opera più importante della letteratura italiana e mondiale. La Divina Commedia è suddivisa in Inferno, Paradiso e Purgatorio e ognuna di queste tre parti è a sua volta divisa in “canti“. Ogni canto è diviso in parti più piccole che si chiamano “terzine“.

La terzina è detta anche “terza rima” o anche “dantesca” (dantesca perché relativa a Dante Alighieri), e si chiama anche “terzina incatenata”, è la strofa usata da Dante nella composizione della Divina Commedia.
Si chiama terzina perché è composta da tre parti, da tre versi: se fosse stata composta da due sole parti, da due soli versi, si sarebbe chiamata “distico“, un nome che conoscono solamente coloro che si occupano di queste cose, ed invece questa si chiama terzina, poiché le parti sono tre, i versi sono tre.
Ho parlato di strofa, ed infatti la terzina è una strofa, che nella letteratura è un gruppo di versi, dove ogni verso è composto da parole. Il numero dei versi di una strofa può variare, ed in questo caso abbiamo appunto una strofa composta da tre versi: una terzina.

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Dopo questa breve introduzione sulla struttura della Divina Commedia, che magari può interessare a qualcuno e comunque è interessante per coloro che studiano Dante nelle scuole di Italiano, passiamo alla celebre terzina di cui voglio parlarvi oggi.

Questa terzina, del canto numero ventisei dell’Inferno, contiene due versi famosissimi:

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza

è una terzina molto famosa, soprattutto il secondo ed il terzo verso. Questa terzina ci dà un quadro abbastanza chiaro, a quanto pare, della personalità di Dante Alighieri, che considerava la conoscenza il presupposto per la valutazione di una persona.

Se una persona è una persona colta, cioè conosce molte cose, allora è una persona di valore, altrimenti questa persona non vale nulla, o meglio, la sua vita equivale alla vita di un bruto, quello che lui chiama bruto.

Vediamo bene questa terzina.

Il primo verso è: “Considerate la vostra semenza“. Considerate, cioè pensate, prendete in valutazione la vostra semenza, cioè da dove venite, considerate la vostra natura, considerate il fatto che siete esseri umani, esseri intelligenti, e non bestie, non animali. Semenza viene da “seme”, da cui nascono le piante. La semenza quindi rappresenta l’origine, la razza umana in questo caso.

Ebbene, se considerate la vostra semenza, arriverete facilmente a capire, dice Dante, che non siete fatti per vivere come bruti – “fatti non foste“, cioè “non siete fatti”.

“Fatti non foste” significa che voi, voi esseri umani, non foste fatti per vivere come bruti. Foste è il passato remoto del verbo essere.

io fui
tu fosti
egli fu
noi fummo
voi foste
essi furono

Se faccio la negazione posso dire:

Voi non foste.

Quindi “voi non foste fatti” lo posso anche dire “fatti non foste”. Il voi è sottinteso.

Quindi voi, esseri umani, non foste fatti per vivere come dei bruti – “a viver come bruti“, cioè per vivere come delle bestie, come animali. La parola bruto, al singolare (bruti al plurale) rappresenta una persona che non usa la ragione, che non usa l’intelligenza, una persona che è incapace di dominare i propri istinti, e che quindi è anche violenta, feroce. La parola bruto nel linguaggio parlato è usata fondamentalmente per indicare una persona di questo tipo, soprattutto nella sfera familiare: un bruto è colui che picchia la moglie, che fa del male ai propri familiari, bruto è colui che usa violenza contro gli altri, ma soprattutto nei confronti delle donne e dei bambini.

Poi la parola al femminile “bruta” è associata spesso alla forza. La forza bruta è una forza molto grande. Se dico che io ho una forza bruta non significa che sono un bruto, un violento, ma che ho una grande forza, talmente grande che sembra quasi non essere una forza umana. Dante quindi usa il termine bruti per dire che l’essere umano è fatto per pensare e per conoscere, per leggere e apprendere, e non per usare la violenza, non per essere vittima dell’istinto, come un animale.

Infatti l’ultimo verso recita: “ma per seguir virtute e canoscenza“.

Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza, cioè per seguir, cioè per seguire, cioè conseguire, per inseguire la conoscenza, che Dante chiama canoscenza: il nostro obiettivo, come esseri umani, è cercare di perseguire la conoscenza.

Dante usa “seguir”, che sta per seguire, ma è da intendere come conseguire, cioè cercare di raggiungere, cercare di raggiungere l’obiettivo della conoscenza. Questo è la cosa per cui siamo fatti. Questa è la cosa per cui l’essere umano è fatto. “E’ fatto per” significa che “serve a”, che “è nato per”. Se noi siamo fatti per la conoscenza, quindi, vuol dire che siamo nati, siamo predisposti per aumentare la nostra conoscenza.

Quindi “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza“.

La “virtute” è la virtù. Se provate a cercare sul dizionario la parola virtute molto probabilmente non la troverete, dipende un po’ da quello che utilizzate, ma la virtute è la virtù, e la virtù è ogni buona qualità, ogni caratteristica positiva dell’essere umano.

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Ognuno di noi ha almeno una virtù: una persona può essere buona, un’altra sensibile, un’altra ancora ha la virtù del fascino, oppure la virtù della pazienza. Questa potrebbe essere la mia virtù, ad esempio: io mi reputo una persona molto paziente, che sa aspettare.

La virtù è più una caratteristica dell’animo umano, ma la parola virtù ha moltissimi significati in realtà.

Quindi l’essere umano, dice Dante, è fatto per inseguire le virtù, è fatto per migliorarsi di giorno in giorno, per assumere un valore sempre maggiore, “e conoscenza”: “seguir virtute e canoscenza“, cioè per conseguire le virtù e per imparare cose. Se l’uomo non impara non ha valore.

Beh credo che il messaggio di Dante sia abbastanza condivisibile da tutti. Non sono entrato nel dettaglio di tutte le spiegazioni perché in questo episodio volevo solamente farvi capire che questa frase è molto famosa, molto utilizzata in Italia, soprattutto negli ambienti intellettuali, o comunque da persone che hanno una alta cultura.

Dante spesso fa omaggio alla conoscenza ed all’importanza per l’uomo: “Tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere“, dice all’interno del Convivio, che è un’altra opera di Dante Alighieri.

Immagino che anche voi, che state ascoltando e leggendo questo episodio, avete voglia di sapere, di conoscere. Vi lascio allora ascoltare, non con la mia voce, ma con la voce di Benigni, famoso attore e comico italiano, la famosa terzina del canto numero ventisei dell’Inferno, così da farvi innamorare della melodia della lingua italiana.

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Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza

Bene, spero che l’episodio vi sia piaciuto e in futuro, come vi dicevo, è in programma un podcast interamente dedicato a Dante Alighieri, dove non racconterò ovviamente tutta la sua vita né farò l’elenco delle sue opere, ma parlerò come al solito di un aspetto di interesse relativo alla lingua italiana, all’apprendimento della lingua italiana.

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Quello di oggi è sicuramente un aspetto legato all’apprendimento, perché l’apprendimento di una lingua significa voglia di conoscenza di una lingua e di una cultura in generale, quella italiana nella fattispecie, quindi oggi abbiamo anche scoperto che non siamo fatti per vivere come bruti ma per conseguire le virtù e la conoscenza.

Abbiamo anche visto da vicino una frase molto famosa in Italia, i due versi finali delle terzina descritta sopra, e quindi è come aver imparato una espressione tipica italiana.

Se venite in Italia e vi capita di andare in un ristorante molto affollato o di andare in un autobus molto affollato, dove in entrambi i casi ci possono essere persone che alzano la voce, che strillano, che sono nervose, ebbene, potete dire a queste persone: ”

fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza

Buona giornata e continuate a seguire Italiano Semplicemente, perché il prossimo podacst sarà dedicato ai verbi prenominali, e spiegherò in particolare una frase idiomatica italiana che contiene appunto un verbo prenominale. In realtà lo ho già fatto in passato, perché mi è capitato di spiegare ad esempio la frase “farsene una ragione“, la cui spiegazione la potete trovare sul sito italianosemplicemente.com, che contiene proprio un verbo prenominale, anche se non è stato detto all’interno del podcast perché, come sapete, non è buona cosa concentrarsi sulla grammatica ma sulla comunicazione, ben più importante della grammatica, soprattutto per chi ama ascoltare.

Ma un ragazzo di nome Renato mi ha chiesto di dedicare un podacst ai verbi pronominali ed io lo farò perché mi piace andare incontro alle esigenze dei membri della famiglia di Italiano Semplicemente. Ovviamente lo farò nel modo consueto, senza annoiare possibilmente, e facendo esempi divertenti.

Alla prossima amici.