In italiano si dice “essere in un vicolo cieco” quando non ci sono più soluzioni, quando in una situazione non c’è via d’uscita.
Un vicolo è una strada molto stretta, spesso tra due file di case.
Un vicolo cieco, invece, è una strada che finisce contro un muro: non si può andare avanti, si può solo tornare indietro.
Metaforicamente, rappresenta quindi una condizione in cui non ci sono soluzioni possibili. Nessuna speranza, nessuna alternativa.
È ciò che accadde all’imperatore romano Antemio.
L’11 luglio del 472 dopo Cristo, l’imperatore Antemio era ormai finito.
Era ormai alla fine della sua corsa. Tradito, abbandonato, assediato a Roma dal generale Ricimero, cercò rifugio nel luogo più sacro della città: la basilica di San Pietro. Un gesto disperato, un estremo tentativo di salvarsi.
Sperava che, entrando in chiesa, sarebbe stato salvo. Ma fu trovato e decapitato lì, sul posto.
Antemio era davvero in un vicolo cieco: non poteva fuggire, non poteva trattare, non poteva più fare nulla.
Oggi, usiamo questa espressione anche in situazioni meno drammatiche, per esempio:
Con questo lavoro mi sento in un vicolo cieco. Devo assolutamente cambiare.
Oppure:
La relazione non funziona più, siamo in un vicolo cieco.
Quando lo sentite, ricordate Antemio… e magari cercate una via d’uscita prima che sia troppo tardi!
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Se ci occupiamo di questa parola all’interno della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente” il motivo è che si può usare in molte occasioni diverse, quindi può capitare di ascoltarla nei film come nelle conversazioni di tutti i giorni e pertanto sicuramente troveremo occasioni anche per usarla nei ripassi dei prossimi episodi per poterla memorizzare.
Iniziamo col dire che questa parola ha un legame con l’espressione “lì lì per”, che abbiamo trattato nell’episodio 463. È mia abitudine citare gli episodi passati laddove esistono dei legami che possono aiutare a capire il significato del nuovo termine, della nuova locuzione o espressione.
Quando siamo li li per fare qualcosa, come abbiamo visto, stiamo proprio sul punto di fare una azione, ad esempio se stiamo li li per uscire, stiamo quasi uscendo. In alcune occasioni possiamo anche usare l’espressione “essere/stare sull’orlo di” qualcosa. La parola orlo ha infatti un forte legame con “quasi“.
In questo senso esistono in particolare alcune espressioni:
Essere sull’orlo del baratro
Essere sull’orlo del precipizio
Essere sull’orlo della disperazione
Essere sull’orlo di una crisi di nervi.
Per comprendere queste espressioni è buona cosa spiegare il senso proprio del sostantivo orlo. L’orlo è la parte terminale, si trova al confine di qualcosa.
Quando riempiamo completamente un bicchiere, si può dire che lo riempiamo fino all’orlo, cioè completamente, fino alla fine, fino alla parte terminale. Se andiamo oltre l’orlo, l’acqua cade sul tavolo.
Quando acquistiamo un paio di pantaloni, anche se sono della nostra taglia, è difficile che la lunghezza sia perfetta per noi. Probabilmente bisogna accorciarli. Bisogna rifare l’orlo. È un lavoro che fanno le sarte o chi ha dimestichezza con ago e filo.
Quindi, tornando agli esempi fatti sopra, se sono sull’orlo di un precipizio, sto proprio sul confine, quindi potrei cadere nel precipizio.
Un precipizio o dirupo o burrone è un luogo molto pericoloso, in cui si può cadere perché improvvisamente non abbiamo più la terra sotto i piedi. Non è piacevole camminare sull’orlo di un precipizio, specie se soffriamo di vertigini. Potremmo precipitare!
Quindi l’orlo delimita qualcosa, segna il confine di qualcosa: un abito, un bicchiere, un precipizio.
Essere sull’orlo del baratro
Questa è un’espressione simile perché il baratro è proprio identico ad un precipizio, ma la maggior parte delle volte si usa in senso figurato.
Si sta sul punto di precipitare non nel senso fisico, materiale, ma psicologicamente, o economicamente.
Una azienda può essere sull’orlo del baratro quando sta quasi per fallire.
Una persona in condizioni psicologiche disastrose si può dire che si trova sull’orlo del baratro quando potrebbe avere un crollo psicologico.
Potrei dire che un paese in guerra si trova sull’orlo del baratro, con riferimento alle condizioni economiche, sociali e umane del popolo.
Ugualmente una famiglia che per un motivo qualunque si trova improvvisamente in povertà, possiamo dire che si trova sull’orlo del baratro. Bisogna quindi intervenire. Si trasmette l’urgenza, la necessità di fare qualcosa prima che sia troppo tardi.
Per collegarci agli ultimi due episodi, qualcosa di brutto è imminente (o anche incombente, se non è certo) pertanto c’è un bisogno impellente di trovare una soluzione.
Se non vogliamo ricorrere al “baratro” nel senso figurato, per descrivere una situazione limite, dal punto di vista psicologico possiamo usare anche:
Essere sull’orlo della disperazione
Essere sull’orlo di una crisi di nervi.
Se la situazione limite riguarda le risorse economiche, potremmo trovarci sull’orlo del fallimento o sull’orlo della bancarotta.
Ancora un passo e sarò disperato, ancora un passo e avrò una crisi di nervi, ancora un passo e il fallimento sarà inevitabile, ancora un po’ di acqua nel bicchiere e l’acqua uscirà fuori.
Credo sia abbastanza per oggi. Non vi dirò quindi che anche i piatti hanno un orlo e ce l’hanno anche altri indumenti, oltre ai pantaloni.
Non vado oltre, tanto il concetto credo sia chiaro.