Protetto: Italiano Professionale – 5^ lezione – Tenacia e Resistenza (Solo associati)

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Mica pizza e fichi!

Tutte le frasi idiomatiche

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Il fico

Buona giornata a tutti. Oggi voglio spiegare l’espressione “mica pizza e fichi“.
Non ricordo più la persona che mi ha chiesto di spiegare la frase, mi dispiace. Vi dico che questa è una espressione nata a Roma, la capitale d’Italia, l’ombelico del mondo, ma comunque è una espressione abbastanza nota in tutto lo stivale. Lo stivale è uno dei tanti modi con cui si può chiamare l’Italia, la penisola italiana, che appunto ha la forma di uno stivale, cioè di una scarpa alta, alta fino a quasi il ginocchio.
Mica pizza e fichi. Ho voluto spiegare questa espressione perché mi permette di parlare di molte caratteristiche tipiche italiane. Una è la parola “mica“, un’altra è la “pizza” e l’altra è la parola “fichi“.
Iniziamo con mica. Mica (vedi spiegazione) è un rafforzativo della negazione, questo significa che si usa nelle frasi in cui vogliamo negare, cioè vogliamo dire che c’è qualcosa che non è vero.
Si usa in conversazioni familiari e tra amici prevalentemente, e non fa parte quindi del linguaggio scritto o che potete usare per comunicazioni ufficiali ed importanti.
Rafforzare una negazione significa negare, dire no, con maggiore forza, e questo possiamo farlo in molti modi diversi in Italia.
Possiamo usare “per niente” , “per nulla” assolutamente, affatto, possiamo però usare anche un tono diverso se vogliamo.

 

Possiamo usare “mica” però non solo per rafforzare la negazione, infatti possiamo usare mica al posto di “non già”, “non molto”.
Facciamo qualche esempio: anziché dire:
“oggi non vado a scuola”, dove c’è una negazione (non vado a scuola) possiamo dire “oggi non vado mica a scuola!”. Quindi in questo caso aggiungo mica alla frase, inserisco la parola mica all’Interno della frase.
Non si usa solo in questo modo però. Se anteposto al verbo, cioè se messo prima del verbo, mica sostituisce la negazione.
Allora ad esempio posso dire: “vado a scuola” e se voglio negare questo dico “non vado a scuola” oppure “mica vado a scuola”. Anche questa è una negazione.
Mica al posto di non. Ho sostituito non con mica.
Ma non posso sostituire non con mica. È una negazione diversa.
Non posso farlo perché cambia il significato della frase.
Se tua madre, pensando che vai a scuola, ti dice: ciao, buona scuola per oggi!
Tu puoi rispondere: mica vado a scuola! Che vuol dire: mamma, non è come tu pensi, non sto andando a scuola. Quindi questa frase va bene solamente come risposta a qualcuno che credeva che tu stessi andando a scuola, Come tua madre.

Bene ci stiamo avvicinando a “mica pizza e fichi” ed al suo significato.
Vediamo ora la frase “mica male”.
Mica si usa spessissimo davanti alla parola male: “mica male”. Mica male è una esclamazione italiana, usata in tutta Italia per dire “niente male” per esprimere cioè un giudizio favorevole, una ammirazione verso qualcosa.
“Mica male i nuovi jeans che hai acquistato”.
“Mica male il sito che hai trovato per imparare l’italiano”.
“Mica male la fidanzata di Marco”.
Mica male significa semplicemente “niente male”, ma è più familiare. “Non è affatto male”, o anche “non è niente male” sono le versioni corrette in italiano che si possono usare sempre.
Ok, “mica male” è usata in tutta Italia, come ho detto, e si usa per esprimere un giudizio positivo, un apprezzamento a qualcosa. Questo qualcosa può essere qualsiasi cosa, una macchina, una fidanzata eccetera, ma difficilmente è una cosa nostra, che appartiene a noi stessi. Solitamente “mica male” si usa per apprezzare le cose degli altri.
Eccoci che siamo arrivati a “mica pizza e fichi”.
“Mica pizza e fichi” si usa quasi esclusivamente per le nostre cose, e per le cose a cui teniamo.
Ma perché la pizza i fichi?
La pizza è la specialità italiana, ma è un piatto per tutti e relativamente economico. I fichi sono un frutto, che solitamente si mangia direttamente dagli alberi, non si acquista, non è facile almeno trovarli in vendita perché si rovinano Facilmente una volta raccolti dall’albero.
Quindi pizza e fichi sono due alimenti che insieme indicano un pasto dei poveri. Si può fare anche la pizza con i fichi, che è anche buonissima.
Con mica davanti a pizza e fichi si nega quindi che si stia parlando di una cosa qualsiasi, di una cosa di poco valore.
Perciò “mica pizza e fichi” vuol dire “non è da poveri”, “non è affatto da poveri” , “non è affatto una cosa che tutti possono permettersi”.
Può significare quindi che non hai badato a spese, che hai speso molto, non come fanno, i poveri che invece devono necessariamente e purtroppo badare alle spese.
Mica pizza e fichi si usa spesso quindi per indicare che l’oggetto in discussione ha un certo valore e non è cosa di poco conto, come appunto la pizza, un piatto “povero”, diciamo così, o un semplice frutto: i fichi.
“Ho comprato una macchina bellissima, mica pizza e fichi”.
Si usa qui quindi spesso con cose che ci appartengono, e spesso si usa anche in senso ironico, per ridere, ma a volte anche verso cose che appartengono ad altri. La frase quindi è informale e scherzosa ma non offensiva.
Quindi ad esempio potete dire: ho ascoltato la spiegazione di una frase italiana diffusissima su italianosemplicemente.com, mica pizza e fichi.
Questo è un esempio di utilizzo. Se venite a Roma potete quindi andare al ristorante e chiedere il vino più buono a disposizione del ristorante. Se il cameriere vi porta il vino chianti, vino buonissimo, potreste dire: ah questo è il famoso chianti italiano, mica pizza e fichi.
Vedrete che il cameriere sarà piacevolmente stupito e lo farete sorridere.
In questo caso quindi è come dire: il chianti non è un vino qualsiasi, ma è un vino pregiato, uno dei migliori, uno dei più buoni.
Spero di essere riuscito a spiegare bene questa frase.
Ora provate voi a fare un esercizio di ripetizione. Lo facciamo sempre alla fine di ogni lezione, come sanno bene coloro che ci seguono sempre. È ciò che facciamo anche nelle lezioni di italiano professionale. Ripetete dopo di me, ricopiate il mio tono della voce senza pensare alla grammatica.

Buono questo vino, mica pizza e fichi!
…………………………………

Le piace la mia macchina? mica pizza e fichi!
……………………….

Queste scarpe sono le migliori. mica pizza e fichi!
……………………….

Ho acquistato una casa al centro di Roma, mica pizza e fichi!

……………………….

Vi dico che se, come me, anche a voi è venuta voglia di mangiare la pizza con i fichi, non è affatto facile trovare pizzerie che servano ai clienti questo piatto prelibato.
Se venite in Italia comunque provate a chiedere al cameriere, non si sa mai.
Un saluto da Roma e dall’Italia.

Ciao

La nazionale italiana di calcio ha dei giocatori fortissimi, mica pizza e fichi!


 

sposo

Farsene una ragione

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Trascrizione

Buonasera e benvenuti a tutti su Italiano Semplicemente, il sito per imparare l’italiano con divertimento. Oggi vediamo un’altra espressione tipica italiana di suo quotidiano. Di uso quotidiano, o di utilizzo quotidiano, vuol dire che questa frase si usa tutti i giorni, si usa, si

immagine_farsene_una_ragione
esempio di utilizzo

utilizza, quotidianamente.

Bene, l’espressione è “farsene una ragione”. Avete ascoltato un pezzo di una canzone di Ligabue, famoso cantante italiano, in cui il dice “quando farsi una ragione vorrà dire vivere”.

Non è facilissimo spiegare, a dire il vero, questa espressione, perché non posso neanche aiutarmi con la lingua inglese. Non esiste una vera traduzione di questa frase.

Sicuramente però con l’utilizzo di molti esempi, con molti frasi di esempio vedrete che ce la faremo anche oggi.

Allora: cominciamo con “farsene”. Farsene viene dal verbo fare. Come saprete, il “ne” alla fine indica che si sta parlando di qualcosa di specifico, indica, si riferisce a qualcosa. Quando dico ad esempio, “parliamone”, vuol dire parliamo di questa cosa, di qualcosa in particolare. Ad esempio se io dico a mia moglie: “amore ho un problema, parliamone”; vuol dire parliamo del problema, parliamone.

Allo stesso modo, analogamente, “mangiamone”, che viene da mangiare, anche qui ci si riferisce a qualcosa. Se dico ad esempio: “ho delle fragole, mangiamone un po’” significa mangiamo un po’ di fragole.

Quindi anziché ripetere il soggetto della frase si aggiunge “ne” alla fine. Ok, quindi col verbo fare, che è il verbo di cui si sta parlando nella frase di oggi, posso dire farsene, cioè fare di qualcosa.

Farsene “Una ragione”, quindi indica che c’è qualcosa, di cui possiamo, o dobbiamo farci una ragione.

Ok, ancora non è chiaro però. Cosa significa che io mi devo fare una ragione di qualcosa, o che tu ti devi fare una ragione di una cosa. Semplicemente vuol dire “accettarla”. Farsi una ragione di qualcosa vuol dire accettare questa cosa, non respingerla, fare in modo che non sia più un problema, non pensarci più.

Evidentemente esiste un problema, un problema che ci preoccupa, che ci fa pensare, ci fa pensare a come risolverlo, ed ad un certo punto diciamo: “ok, basta così adesso, non voglio pensarci più, me ne devo fare una ragione”, me ne devo fare una ragione, cioè lo devo accettare, mi devo rassegnare, mi devo fare una ragione di questo problema, “me ne devo fare una ragione”, anche qui “ne” serve per non ripetere il soggetto della frase, il problema. Devo accettare questa cosa, devo farmi una ragione di questo problema, cioè me ne devo fare una ragione.

Ripeto: me ne devo fare una ragione. Posso quindi dire che io me ne devo fare una ragione se è un mio problema, che io, devo accettare, altrimenti se sei tu che devi accettare il problema, in questo caso sei tu che te ne devi fare una ragione.

Oppure: lui se ne deve fare una ragione, lei, oppure noi eccetera.

In generale, se non voglio specificare la persona, dico: farsene una ragione, cioè farsi una ragione di qualcosa.

Ok. Questo credo che ora sia abbastanza chiaro. Ma perché si usa la parola ragione? Cos’è la ragione? Solitamente la ragione rappresenta la mente, il cervello; ognuno di noi ragiona, cioè pensa, aziona il cervello. Il compito del cervello è ragionare. La ragione si usa per risolvere i problemi quindi, per pensare logicamente, per usare la logica. Si dice ad esempio che una persona ha agito senza ragionare, cioè ha fatto qualcosa senza pensare alle conseguenze.

Poi si dice spesso che chi è pazzo è “privo della ragione”. Essere privi di qualcosa significa non avere qualcosa. Chi è privo della ragione, non ragiona, non è capace di ragionare, quindi è pazzo, è una persona priva della ragione.

Poi si dice anche “hai ragione”, per indicare che quello che dici è giusto, che approvo ciò che dici. Al contrario “non hai ragione”, cioè “hai torto”, non è giusto ciò che hai detto, hai detto una cosa sbagliata. Non hai ragione.

Invece se usiamo il verbo fare, e diciamo “fare una ragione” non significa proprio niente. Perché? Perché devo dire chi è che fa questa cosa. Sono io? Allora io me ne faccio una ragione. Il “me” indica che sono io che devo accettare questa cosa. Io me ne faccio una ragione. Tu invece te ne fai una ragione. Lui se ne fa una ragione, noi ce ne facciamo una ragione, voi ve ne fate una ragione, loro/essi se ne fanno una ragione.

Il “ne” (enne, e) come abbiamo detto prima, indica la cosa per cui ci dobbiamo fare una ragione, la cosa che dobbiamo accettare, la cosa a cui non dobbiamo più pensare, la cosa che prima era un problema, ed ora vorremmo farci una ragione di questo problema, vorremmo farcene una ragione.

Lo so, non è facile, ma esercitandosi ce la farete, state tranquilli.

Facciamo ora qualche esempio: se mio figlio, di religione cattolica, decide da grande di cambiare religione, posso dire che noi genitori ce ne facciamo una ragione. Noi genitori dobbiamo farcene una ragione, ce ne dobbiamo fare una ragione, dobbiamo accettare questo fatto, o almeno dovremmo farcene una ragione, se vogliamo bene a nostro figlio.

Vedete che quindi ci sono molti modi di dire la stessa cosa: ce ne facciamo una ragione, dobbiamo farcene una ragione, o dovremmo farcene una ragione, eccetera.

Se, secondo esempio, la Roma non vince lo scudetto, ma lo vince la Juventus, me ne devo fare una ragione, non ci devo pensare più, devo accettare questo fatto, devo dire che la Juventus è una squadra più forte e che quindi devo accettare il fatto che la Roma, la squadra della Roma, che è la squadra di calcio di Roma, della città di Roma, lo vincerà il prossimo anno. Io ormai, che sono tifoso della Roma, me ne faccio una ragione da molti anni. Pazienza.

Un terzo esempio, se mia moglie volesse comprarsi una casa a Piazza di Spagna, al centro di Roma, credo che io le direi: ascolta cara, credo che tu debba accettare il fatto che non possiamo acquistare una casa a Piazza di Spagna, è troppo cara, costa troppi soldi, non possiamo permettercelo, non possiamo permetterci di acquistare una casa in Piazza di Spagna, quindi devi fartene una ragione. Basta pensare a questa cosa, pensiamo ad altro, è inutile continuare a pensare a questo.

Quindi quando ci si deve fare una ragione di qualcosa, vuol dire che è inutile, che non serve a niente continuare a pensarci, a questa cosa, è inutile, non serve a nulla non farsene una ragione. Non possiamo risolvere il problema. Quindi questo significa che è un po’ di tempo che ci pensiamo, è già un po’ di tempo che questo problema sta nella nostra testa, che ci fa preoccupare, ma ora è arrivato il momento di dire basta. Facciamocene una ragione. Non c’è nulla da fare, accettiamo il problema, perché magari non è neanche un problema, magari è una cosa che può capitare a tutti.

Se cominciamo a perdere i capelli, perché abbiamo 60 anni e stiamo invecchiando, facciamocene una ragione, perché se non ce ne facciamo una ragione sarà peggio per noi. Non c’è nulla da fare, contro la vecchiaia e contro la caduta dei capelli non possiamo fare nulla, possiamo anche essere felici senza capelli, o con i capelli bianchi.

Credo che ora sia abbastanza chiaro il significato di questa bella espressione italiana. Resta da fare l’esercitazione orale. Ripetete dopo di me, per esercitare la lingua.

Vediamo prima al presente e poi al passato.

Io me ne faccio una ragione.

—–

Tu te ne fai una ragione.

—–

Lui se ne fa una ragione.

—–

Lei se ne fa una ragione.

—–

Noi ce ne facciamo una ragione.

—–

Voi ve ne fate una ragione.

—–

Loro se ne fanno una ragione.

—–

Vediamo al passato ora.

—–

Io me ne sono fatto una ragione.

—–

Tu te ne sei fatto una ragione

—–

Lui se n’è fatto una ragione.

—–

Lei se n’è fatta una ragione.

—–

Noi ce ne siamo fatti una ragione.

—–

Voi ve ne siete fatti una ragione.

—–

Loro se ne sono fatti una ragione.

—–

Avrete notato che quando ho detto “Lui se n’è fatto una ragione” Ho usato la forma abbreviata. La forma per esteso è “lui se ne è fatto una ragione” o “lei se ne è fatta una ragione”. Quindi “se ne è” diventa “se n’è” nella forma abbreviata.

Ragazzi, come avrete visto non è stato facile affrontare questa frase perché c’è molto da spiegare. Quello che sembra facile per noi italiani non è poi così facile per chi sta imparando la nostra lingua. E questo accade perché, più che le regole, occorre concentrarci sull’ascolto. Bisogna ascoltare, ascoltare, repetita iuvant, quindi ascoltate più volte e tra una settimana sarà divenuto normale usare questa espressione. Se non volete ripetere l’ascolto, non funzionerà, e tra qualche giorno avrete dimenticato tutto. È proprio così, bisogna farsene una ragione.

Ci sentiamo tra qualche giorno con la prossima espressione idiomatica.

Tra un paio di giorni poi sarà online anche una nuova lezione di Italiano professionale, in cui parleremo della Tenacia e della Resistenza, e di tutte le espressioni italiane per indicare queste due qualità professionali: vedremo espressioni come “chi la dura la vince”, “cascasse il mondo”, “dai e dai” e tante altre espressioni.

Un saluto da Roma.

Video con sottotitoli

Mal comune, mezzo gaudio

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Buonasera e benvenuti a tutti su Italiano Semplicemente, il sito adatto a tutti per imparare l’italiano. Oggi vediamo una espressione tipica italiana di suo quotidiano. Una frase molto utilizzata che è “mal comune, mezzo gaudio”.

Grazie di essere all’ascolto di questo episodio, che non può che essere dedicato alla Repubblica Italiana. Oggi è infatti il compleanno della Repubblica Italiana, quindi è un giorno di vacanza per gli italiani.

È il settantesimo compleanno per la precisione, il compleanno numero settanta (70). Il compleanno della Repubblica Italiana cade sempre il 2 giugno, tutti gli anni. “Cadere” è il verbo da usare in questo è caso, e più che un compleanno, si parla di “festa della repubblica”. Ma cosa si festeggia durante la festa della Repubblica? Si festeggia la vittoria della Repubblica contro la Monarchia. La Repubblica è una forma di democrazia; Repubblica viene dal latino, “res pubblica” che vuol dire “cosa pubblica” e quindi l’Italia è una cosa pubblica, cioè appartiene al popolo e non appartiene ad un sovrano, ad un re, cosa che avviene invece con la Monarchia. A Roma avviene il festeggiamento, la celebrazione principale. Non è una festa di poco conto in Italia, infatti è molto importante. “Di poco conto” è una espressione che si usa per dire “poco importante”. Non è di poco conto quindi ed infatti è una festa nazionale, è una festa della Nazione Italia, e si festeggia istituzionalmente. È per questo che oggi gli italiani non lavorano.

Settant’anni fa esatti c’è stato il referendum istituzionale, cioè i cittadini italiani sono stati chiamati a votare e la maggioranza di loro ha scelto la Repubblica in luogo della Monarchia.

Tanti auguri all’Italia e lunga vita alla Repubblica quindi.

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Emblema della Repubblica Italiana

 

Passiamo alla spiegazione della frase di oggi: “mal comune, mezzo gaudio”.

Frase di quattro parole, senza nessun verbo, se ci avete fatto caso, ed è chiaramente una cosa un po’ strana. Non è facile trovare delle frasi senza alcun verbo.

“Mal comune mezzo gaudio” è una frase di uso quotidiano, molto utilizzata in ogni ambito, tra amici, in famiglia, al lavoro, più nella forma orale che scritta.  Ma cosa significa?

“Mal” sta per male, chiaramente. Si usa spesso accorciare le parole nelle espressioni tipiche italiane, per dare una musicalità alla frase, per essere più facilmente ricordata. “Mal comune” vuol dire quindi male comune. Male comune nel senso di una cosa negativa, un male, che è un male comune, cioè è una cosa negativa accaduta a più persone, e non solamente ad una persona. Il male è comune, cioè accomuna più persone. Il “gaudio” invece significa gioia, felicità. Il gaudio è una grande gioia, e questa parola si usa molto raramente da sola, è difficile che un italiano dica “oggi sento molto gaudio”, o frasi del genere. La parola gaudio oggi si usa ma si usa in pratica solamente in questa frase: “mal comune mezzo gaudio”.

Mezzo gaudio” vuol dire metà gaudio, cioè una mezza gioia, una mezza felicità.

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La frase intera quindi “mal comune mezzo gaudio” significa che un male comune a più persone sembra più sopportabile. Se qualcosa di male accade a più persone, allora questo male non è tanto negativo, perché possiamo condividerlo con tante altre persone, quindi è un mezzo gaudio, cioè è quasi una cosa positiva, non è cioè così brutta. È quindi sopportabile, possiamo sopportarla, possiamo considerare la cosa un po’ meno negativa, tanto da essere considerata un “mezzo gaudio”.

Mal comune, mezzo gaudio” è una frase che ha una certa musicalità, una certa armonia musicale, e se aggiungessimo un verbo questa armonia non ci sarebbe più. Se dicessimo “mal comune significa mezzo gaudio”, ad esempio, non sarebbe evidentemente la stessa cosa. Questo accade con molte frasi ed espressioni tipiche italiane.

Possiamo dire che, ad esempio, i sostenitori della Monarchia, settant’anni fa, che erano comunque moltissimi, avrebbero potuto dire questa frase per sentirsi un po’ meglio quindi: “mal comune mezzo gaudio”. I sostenitori della Monarchia, cioè tutti coloro che la sostenevano, cioè che avrebbero voluto la Monarchia, tutti coloro che hanno votato per la Monarchia, settant’anni fa, vedendo che la Monarchia invece ha perso e che la Repubblica ha vinto, non si sono sentiti gli unici sconfitti, non hanno perso da soli, ma hanno perso insieme a tanti altri milioni di italiani, e tutti insieme hanno potuto rincuorarsi a vicenda, hanno potuto farsi coraggio. Rincuorarsi vuol dire farsi coraggio. Quando si rincuora una persona, ad esempio, è come se si dicesse a questa persona: non preoccuparti, non è accaduto nulla di grave, stai tranquilla. Avrete notato che nel verbo rincuorare c’è la parola “cuore”.

Se, per fare un altro esempio, io sono licenziato dalla mia azienda, cioè la mia azienda mi licenzia, cioè decide che non devo più lavorare per lei, in questo caso mi sentirei molto sfortunato se l’azienda avesse licenziato solo me. In questo caso avrei pensato di essere una persona sfortunata, o peggiore delle altre persone. Avrei pensato di essere l’unica persona a non avere una protezione, oppure l’unica persona a meritare di essere licenziata. Se invece l’azienda licenzia tutti i lavoratori, nessuno escluso, beh in tal caso è molto diverso. In questo caso non mi sentirei solo, abbandonato. Non mi sentirei peggiore degli altri o meritevole di essere licenziato. Penserei invece che la colpa è dell’azienda, e tutti insieme potremmo cercare una soluzione a questo problema comune.

Ora, mi rendo conto che il “mezzo gaudio” può sembrare esagerato, perché il licenziamento è comunque una pessima cosa, ma questa frase rende bene l’idea della differenza che c’è tra un male che accade solamente a me e un male che invece accade a molte persone. “Mal comune, mezzo gaudio”.

Anche in ambito sportivo possiamo applicare questa espressione. Nel calcio, se sono allo stadio a vedere una partita della squadra del cuore, una sconfitta è meglio sopportata che se vedessi la partita da solo davanti alla TV, quindi potrei dire “mal comune mezzo gaudio”.

Anche in questo caso potrei parlare con le altre persone, potremmo rincuorarci a vicenda, e la sconfitta sarebbe così meno amara. Non è quindi questa una frase che si dice a qualcuno, ma è piuttosto una considerazione, una osservazione, adatta in ogni circostanza in cui si vuole evidenziare che l’uomo, l’essere umano, sopporta meglio un male, una cosa negativa, fosse anche una disgrazia, una tragedia, come un terremoto, o una grave perdita in famiglia. L’essere umano è un animale sociale, adatto a vivere in gruppo e quindi ci si sente meglio quando si condividono con gli altri anche le cose negative.

Proviamo ora a fare un esercizio di ripetizione, affinché possiate esercitarvi a parlare.

Mal comune…. Mal comune….

….

Mezzo gaudio…. Mezzo gaudio…

….

Mal comune mezzo gaudio…

….

Mal comune mezzo gaudio…

….

Mal comune mezzo gaudio…

….

Bene ragazzi, anche oggi abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo esercitato il nostro italiano. Vi raccomando di ascoltare più di una volta anche questo episodio. In questo modo, voi che già conoscete la lingua italiana ma avete ancora delle difficoltà a parlare, riuscirete ad assimilare le regole grammaticali automaticamente, senza studiarle e soprattutto senza annoiarvi. Sono in molte le persone che lavorano, che hanno una famiglia e che non hanno molto tempo a disposizione, che hanno imparato ad ascoltare quotidianamente, tutti i giorni, gli episodi di italiano semplicemente.

Ciao a tutti e viva la Repubblica.

Checché se ne dica

tutte le frasi idiomatiche

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Trascrizione

checche se ne dica nuvolaBuongiorno amici, grazie di essere all’ascolto di italiano semplicemente. Oggi torniamo a spiegare una espressione italiana. Prima di iniziare la lezione, chiamiamola pure così, di oggi, lasciatemi dire le ultime novità e progetti di italiano semplicemente.

Dunque la redazione di italiano semplicemente mi sta aiutando molto ultimamente a sviluppare i contenuti del sito e capire come può svilupparsi nel futuro, quali contenuti approfondire eccetera, sia per il corso di italiano professionale, in cui ogni giorno aggiungo delle nuove lezioni nell’indice, sia per le lezioni gratuite come quella di oggi. A proposito di Italiano professionale, la prossima lezione sarà pubblicata tra una settimana circa e riguarda la Tenacia e la Resistenza. Vedremo tutte le espressioni idiomatiche più usate in Italia per descrivere questa qualità indispensabile di ogni ambiente lavorativo.

Oggi vediamo un’espressione utilizzatissima: “checché se ne dica”. Non troverete sicuramente questa espressione in un libro di italiano, per due motivi. Il primo motivo è ché questa è una frase usata molto oralmente, e pochissimo per iscritto. Il secondo motivo è che, pur potendo essere usata in ogni circostanza, formale ed informale, una occasione più o meno importante, è più informale. Si tratta di una espressione usata più in famiglia, tra amici, anche al lavoro ma non a livello istituzionale. E vedremo il perché tra pochissimo.

La frase “checché se ne dica” ha una parola che è più difficile delle altre: “checché”. C-E-C-C-H-E’ – Checché si scrive con l’accento acuto, e non con l’accento grave, perché altrimenti la pronuncia sarebbe checchè. Quindi si scrive come perché, benché, poiché, pressoché, eccetera.  Nello stesso modo. Attenzione perché questo è un errore che fanno in molti stranieri quando scrivono, confondere l’accento acuto con quello grave. Inoltre attenzione alla doppia “c”: checché e non cheché.

Cosa significa checché? Per spiegare il significato di questa parola, per essere sicuro che voi ne comprendiate esattamente il significato, dovrò ricorrere a molti esempi. Soprattutto dovrò spiegarvi bene la differenza tra checché e le parole simili, che possono essere utilizzate al posto di checché, benché non si possa sempre sostituire questa parola con i suoi termini più prossimi.

Allora, cominciamo proprio con la frase “checché se ne dica”, che è il titolo di questa lezione. Checché se ne dica significa “nonostante si dicano molte cose in merito”, oppure “benché si dicano molte cose in merito”, o “sebbene ci siano molti pensieri in merito”, “sebbene molte persone la pensino diversamente”, “anche se ci sono moltissime opinioni al riguardo” e potrei continuare con altre frasi equivalenti.

Quindi potrei al limite anche non usare mai questa espressione “checché se ne dica”; potrei anche fare questo, ed infatti gli stranieri generalmente non la usano, perché posso esprimere più o meno lo stesso concetto con altre frasi, frasi un po’ più lunghe. Però, a dire il vero, manca qualcosa a queste frasi, non è proprio la stessa cosa.

L’utilizzo della parola checché è del tutto peculiare infatti; è particolare, per più motivi. Checché si usa con il verbo al congiuntivo: “checché se ne dica”. Ma questo non la distingue dai suoi simili: “nonostante si dicano molte cose in merito”, “benché si dicano molte cose in merito”, “sebbene molte persone la pensino diversamente”, anche qui c’è sempre il congiuntivo.

Vediamo allora che però checché si usa con un tono un po’ sostenuto, ed anche ironico. “Checché se ne dica, sarò io il vincitore”. Ecco, in questo esempio si capisce bene che l’uso di “checché” sta ad indicare che chi dice questa frase vuole evidenziare la differenza tra il pensiero di altre persone ed il proprio pensiero: “checché se ne dica”, separa di più di nonostante, sebbene, benché. Si usa quindi checché per dire che “non importa cosa ne pensino gli altri”. Anche se gli altri la pensano diversamente, io vincerò.

Quindi l’uso di checché ci pone in contrapposizione con gli altri. Nonostante è più soft, più leggero. Checché indica invece la contrapposizione con una pluralità di persone, un gruppo di persone, un gruppo di opinioni diverse dalla mia. Quindi è un termine più forte, un termine sfidante. C’è una sfida tra gli altri e me, tra un gruppo di persone, anche un gruppo ben identificato, e me stesso.

Nella frase “Checché se ne dica”, “se ne dica” indica l’opinione degli altri, e checché indica che io non sono d’accordo, che io la penso diversamente.

Un politico italiano potrebbe dire ad esempio: “checché se ne dica, il nostro governo è molto solido. La frase è molto generica. Però potrebbe anche dire: “checché ne dicano le opposizioni, il governo è molto solido“, oppure anche “checché ne dicano i sindacati, la riforma del lavoro aiuterà i lavoratori”. Cioè nonostante i sindacati pensino che la riforma del lavoro sia una cattiva riforma, invece io dico che è una buona riforma, che aiuterà i lavoratori, che è a favore dei lavoratori”.

Vedete quindi che nel linguaggio corrente, quando si vuole evidenziare una contrapposizione tra due parti, si usa molto spesso questa formula ”checché se ne dica” e simili. Quando dico simili voglio dire che il termine checché si usa non solo con il verbo dire (“checché se ne dica” usa il verbo dire al congiuntivo), ma anche con il verbo pensare: “checché ne pensino i sindacati” ad esempio, o “checché ne pensino gli altri”, e si usa anche col verbo  credere: “checché ne credano gli altri”. Inoltre possiamo dire “checché se ne dica”, che è più corto, oppure “checché ne dicano”, ma se usiamo “checché ne dicano” dobbiamo specificare chi, cioè chi è che lo dice. Ad esempi o “checché ne dicano i sindacati”, “checché ne dicano gli altri”, “checché ne pensino le opposizioni”. Invece “Checchè se ne dica” è appunto più generico, indica una platea di persone generica. La cosa importante comunque è che io la penso diversamente.

Quindi le due caratteristiche di “checché” sono la contrapposizione, prima di tutto, e poi la pluralità delle persone a cui ci si contrappone. Io contro tanti. Ciò non toglie che io posso anche dire anche, ad esempio “checché tu ne dica, farò a modo mio”, cioè farò come dico io nonostante tu abbia una opinione diversa. Quindi io contro di te, la mia opinione contro la tua. Questo per dirvi quindi che la cosa che conta di più è la contrapposizione, la sfida, il tono sostenuto con il quale si pronuncia questa frase. In ogni caso sentirete più spesso di altre la frase “checché se ne dica” piuttosto che “checché tu ne dica”; diciamo che è più frequente come utilizzo quello che ci vede contrapposti ad una platea di opinioni, perché in questo modo la sfida è ancora più grande.

In ambito sportivo, in ambito calcistico, facciamo un altro esempio quindi, Cristiano Ronaldo potrebbe dire: “checché se ne dica, io sono un calciatore più forte di Lionel Messi”. Evidentemente Ronaldo, se dicesse una frase del genere, penserebbe che la maggior parte delle persone è dell’opinione contraria. Penserebbe che sia Messi il calciatore più forte del mondo, ed invece lui, checché ne dicano gli altri, checché ne dica la maggioranza delle persone, non la pensa nello stesso modo.

In inglese non mi sembra ci siano molti modi di dire questa frase; mi viene in mente “whatever”, cioè “qualunque cosa”. Ma si sa, l’italiano è una lingua nata dagli scrittori italiani, che amavano differenziare il più possibile, quindi se ci sono, come molto spesso accade, molti apparenti sinonimi, c’è sempre una piccola differenza tra i loro utilizzi. E questo si impara solamente ascoltando italiano vero. Ascoltare italiano vero è la regola numero 5 per imparare l’italiano, la quinta delle sette regole d’oro.

Vediamo adesso di fare degli esempi, alcuni esempi sui quali anche voi possiate esercitare la pronuncia, e spero che questi esempi servano a chiarirvi le idee su questa parolina magica “checché”. Sappiate che checché se ne dica, non è molto difficile da usare. E nonostante gli stranieri non la utilizzino è bene iniziare a farlo. Potete ad esempio fare un post sul vostro gruppo preferito di facebook, usando questa parola o una delle frasi che includono questa parola.

Le frasi che seguono quindi servono a voi per esercitarvi e possono servire anche per farvi venire qualche idea  per scrivere un intervento su facebook. E sono curioso di vedere come Shrouk e Lilia, egiziana e russa rispettivamente, se la cavano a pronunciare le prime due frasi.

Checché se ne dica, la lingua italiana è molto facile;

Checché se ne dica, finirò tutti gli esami entro l’anno.

Non male direi, molto bene.

Vediamo tre frasi ancora:

Checché se ne dica, voglio bene a tutti i membri del gruppo;

Checché ne pensino gli italiani, è difficile pronunciare la parola precipitevolissimevolmente;

Un’ultima frase:

Checché ne pensino le maestre, mia figlia fa sempre tutti i compiti.

Bene ragazzi, spero di essere riuscito a chiarire bene il significato di questa espressione italiana e di aver ben spiegato la differenza tra “checché” e i suoi simili: nonostante, sebbene, benché, anche se, qualunque sia, eccetera.

Ascoltate questo episodio più di una volta soltanto, ed ogni volta ripetete le frasi, mi raccomando, sempre se la cosa non sia noiosa per voi. Checché ne dicano i professori di italiano, quello dell’ascolto ripetuto credo sia il metodo migliore per passare dalla fase della comprensione alla fase dell’espressione.

Se credete che questo metodo funzioni, applicatelo, checché ne pensino gli amanti della grammatica e delle regole grammaticali. Un saluto da Roma. Grazie a tutti.

Andare a quel paese

Audio

Video con sottotitoli

video a cura di Yasemin Arkun

https://youtu.be/8SQLX2baI3U

Trascrizione

Buongiorno a tutti e bentrovati sulle pagine di italianosemplicemente.com, sito adatto per aiutare ad apprendere l’italiano tutti coloro che hanno poco tempo a disposizione per studiare la grammatica.
Grazie di essere ancora qui, e per chi non conosce ancora Italiano Semplicemente, vi invito ad andare sul sito e dare un’occhiata alla sezione “livello intermedio”, dove ci sono molti episodi da leggere e file audio mp3 da ascoltare. Per i principianti, benvenuti e a voi consiglio di andare alla pagina a voi dedicata. Anche coloro che non sanno nulla di italiano, potranno trovare, nella pagina “principianti”, delle storie da ascoltare. Lì troverete sia i file audio che le trascrizioni.

Bene, oggi ci occupiamo di una frase idiomatica, e in particolare di una frase molto delicata.

Dico delicata perché avrò alcune difficoltà a trovare le parole più idonee per spiegare questa frase idiomatica. Vado subito al dunque (via il dente, via il dolore) e vi dico che la frase in questione è “andare a quel paese”. Andare a quel paese è una frase idiomatica, sicuramente, perché il senso proprio di questa frase è sicuramente fuorviante. Fuorviante significa che vi porta fuori dalla via, vi porta fuoristrada, questo significa che voi potreste pensare di leggere la frase parola per parola ed interpretare la frase in questo modo, ed invece la frase ha un senso figurato; un senso diverso dal significato proprio.

Chi di voi già consce questa espressione già avrà capito per quale motivo sono preoccupato oggi, nell’affrontare questa spiegazione. Gli altri invece saranno incuriositi, e quindi cercherò di cavarmela affrontando la frase senza indugiare. Cercherò di cavarmela significa cercherò di uscirne fuori, cercherò di risolvere il problema.

Dunque “andare a quel paese”, o meglio, l’esclamazione “vai a quel paese”, rivolta a qualcuno, è l’equivalente di… “fuck you” in inglese. La differenza è che mentre la frase inglese è molto volgare (ed ovviamente esiste l’equivalente italiano di fuck you, che non sto qui a ricordarvi poiché sicuramente tutti voi già conoscete; mentre la frase inglese è volgare, come dicevo, “vai a quel paese” è, per quel che si può, la versione delicata, informale, gentile se vogliamo.

Andare a quel paese quindi è un invito, è un invito che si fa, che si rivolge ad una persona, ed è un invito che si rivolge generalmente a persone con le quali non si va molto d’accordo. In genere “vai a quel paese” conclude sempre una discussione, è cioè l’ultima frase che si dice, generalmente, in una discussione animata, in cui si litiga con qualcuno. Se si discute, se si litiga con qualcuno, ed in particolare se si discute animatamente si alzano i toni, si alza la voce, e spesso può accadere che una delle persone insulti un’altra persona, e pronunci appunto questa frase: “vai a quel paese”.

Discutere animatamente significa discutere con l’anima, e si usa frequentemente per indicare una discussione accesa, che non si svolge con toni pacati, tranquilli, ma ad un certo punto ci si lascia andare, si comincia ad alzare la voce, e si perde il controllo. Ed alla fine uno dei due, e spesso entrambi, mandano a quel paese l’altra persona.

Mandare a quel paese quindi vuol dire manifestare un grande dissenso verso l’altra persona, nel senso che queste due persone hanno una idea totalmente diversa a proposito di un certo argomento, e mandando a quel paese si dice all’altro:

ok, è chiaro che non la pensiamo nello stesso modo, è chiaro che abbiamo una idea diversa, quindi tu resti con la tua opinione, che io non approvo, ed io resto con la mia, che tu non approvi.

Questa lunga frase, evidentemente, è  troppo lunga per essere pronunciata, e soprattutto non vale la pena di sprecare fiato per una persona che vogliamo liquidare. In queste circostanze quindi “vai a quel paese” è un sistema sbrigativo per liquidare una persona.

Liquidare una persona vuol dire, non renderla liquida, non farla diventare liquida, ma vuol dire sbarazzarsi di questa persona, farla allontanare, oppure smettere di parlarci perché le abbiamo già dedicato molto tempo.

Entrambe le persone, evidentemente, per mandare a quel paese l’altra persona, manifestano la volontà di sbarazzarsi l’una dell’altra. L’una dell’altra vuol dire che ognuna delle due persone si vuole sbarazzare dell’altra persona. E sbarazzare, come detto, ha lo stesso significato, più o meno, di liquidare. Posso quindi dire “ho liquidato Giovanni” oppure posso dire “mi sono sbarazzato di Giovanni”.

E’ la stessa cosa. Quindi ragazzi spero non vogliate liquidarmi dopo questa spiegazione. Soprattutto spero non vogliate mandarmi a quel paese, perché mi offenderei.

Un’ultima annotazione: “quel paese” indica un luogo, un paese, appunto, che non si nomina. Si indica quindi un paese senza nome che indica quindi un luogo lontano, che non viene nominato, perché se lo facessi, direi una parolaccia…

Vi lascio sulle note di questa bella canzone italiana di Alberto Sordi, un comico italiano tra i più famosi, ormai passato a miglior vita purtroppo (cioè ormai deceduto) che si chiama appunto:  “te c’hanno mai mannato a quel paese”, che in dialetto romano significa “ti ci hanno mai mandato a quel paese?, cioè: “a te ti hanno mai detto vai quel paese”?

Un saluto a tutti.

Italiano Professionale: 3^ lezione – ABSTRACT

 immagine_lezione_3_sommario

Audio (primi 5 minuti)

 

italiano dante_spunta

In questa lezione vedremo le espressioni e le frasi idiomatiche più diffuse ed utilizzate in Italia per esprimere i concetti di approssimazione e pressapochismo, legati alla scarsa precisione ed alla mancanza di volontà nel mondo del lavoro.

 


spagna_bandieraEn esta lección veremos las expresiones y las frases idiomáticas más difundidas y utilizadas en Italia para expresar los conceptos de aproximación y descuido, ligados a la  precaria presición y falta de voluntad en el mundo del trabajo.


france-flagDans cette leçon, nous allons voir les expressions idiomatiques les plus répandues et utilisées en Italie  afin d’exprimer les concepts d’approximation et de négligence, liés à la mauvaise précision et au manque de volonté dans le monde du travail.


flag_enIn this lesson we will see the expressions and the most common idiomatic phrases used in Italy to express the concepts of approximation and carelessness, linked to poor accuracy and lack of will in the world of work.


bandiera_animata_egitto

في هذا الدرس سوف نرى التعبيرات والمصطلحات الأكثر شيوعا والمستخدمة في إيطاليا للتعبير عن مفاهيم التقريب والإهمال المرتبطين بفقر الدقه وانعدام الإرادة في عالم العمل”


russia

В этом уроке мы рассмотрим наиболее распространенные идиоматические фразы и выражения используемые в Италии , чтобы выразить понятия неточности, невнимательности связанные с недостаточной точностью и нехваткой воли в деловой сфере.


bandiera_germaniaIn dieser Lektion sehen wir die Ausdrücke und die idiomatischen Sätze, die am meisten in Italien verbreitet und verwendet werden, um die Begriffe wie die Annäherung und die Nachlässigkeit auszudrücken, die mit der knappen Genauigkeit und dem Mangel an dem Wille in der Welt der Arbeit verbunden sind.


bandiera_greciaΣε αυτό το μάθημα θα δούμε ιδιωματικές εκφράσεις και φράσεις, οι οποίες είναι οι πιο διαδεδομένες και χρησιμοποιούνται κατά κόρον στην Ιταλία και εκφράζουν προσέγγιση και προχειρολογία, και έχουν άμεση σχέση με την ελλειπή ακρίβεια και την έλλειψη θέλησης στον εργασιακό χώρο.

Video con sottotitoli (estratto di 5 minuti)

https://youtu.be/yScyu5ZjByk

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Prenota il corso:https://www.facebook.com/events/1163915776956739/

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In bocca al lupo e crepi il lupo (LINGUAGGIO FAMILIARE)

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Audio

Video con sottotitoli

video a cura di Yasemin Arkun

Trascrizione

Buongiorno amici e membri della famiglia di Italiano Semplicemente.
Oggi torniamo a spiegare una frase idiomatica, e ringrazio Jasna che mi ha proposto e suggerito la frase.

In realtà si tratta di due frasi: la prima frase è “in bocca al lupo” e la seconda è “crepi il lupo”. Per divertirci un po’ lo faremo in due modi diversi: uno familiare, con un linguaggio semplice e amichevole, ed uno più formale, più cordiale, con alcune espressioni più adatte ad un contesto più importante, come se parlaste un linguaggio istituzionale, come se doveste scrivere un documento formale. Proviamo a fare questo esperimento, e se vi piacerà, potremo rifarlo altre volte. Iniziamo quindi la prima versione, la spiegazione amichevole, quella che uso sempre quando cerco di spiegare il significato di una espressione italiana.

Tra l’altro confrontare il linguaggio formale e quello informale è ciò che viene sempre fatto all’interno del corso di Italiano Professionale, che come sapete in fase di preparazione e che sarà online nel 2018. Tale corso è studiato proprio per chi di voi vuole conoscere in maniera un po’ più approfondita la lingua italiana, in particolare per motivi di lavoro, perché vogliono lavorare in Italia.

Ultimamente sto ricevendo varie frasi idiomatiche che quindi dovrò spiegare, e tutte queste frasi le ho appuntate, le ho scritte su una pagina del sito che tutti voi potete vedere. La pagina si chiama “frasi idiomatiche ed altri podcast gratuiti“, dove ci sono sia le frasi spiegate che quelle in programma.

“Appuntare”, verbo che ho usato nella frase precedente vuol dire “segnare”, vuol dire scrivere da qualche parte, per non dimenticarsi. Scrivere su un foglio, oppure, come ho fatto io, su una pagina internet. Appuntare viene da mettere un punto, un punto non di punteggiatura, ma un punto… come se fosse fatto da qualcosa con la punta, come un chiodo, una puntina, qualcosa di appuntito che tenga fisso un foglio, che resti così attaccato da qualche parte in modo che possiamo vederlo. Oggi si usano i post-it per appuntare, e tutti credo che conoscano i post-it.

Quindi mi sono appuntato anche di spiegare queste due frasi: “in bocca al lupo” e “crepi il lupo”. Normalmente spieghiamo una frase per volta, ma in questo caso le spiegherò insieme, ed il motivo è che le due frasi sono collegate: quando si usa la prima frase si usa anche la seconda. L’unica differenza è che a pronunciare le due frasi, a dirle, sono due persone diverse.

Se vi ho incuriosito, ora vi toglierò ogni dubbio, facendolo in modo divertente, come al solito.

Alcuni di voi sanno già cosa sia un lupo, e per quelli che non lo sanno ancora provo a spiegarlo: il lupo è un animale, che somiglia molto al cane. Rispetto al cane però ha delle differenze: il cane abbaia (verso abbaio), mentre il lupo ulula (verso ululato). Quindi il suo verso è l’ululato.

Il cane è un animale domestico, mentre il lupo è un animale selvaggio, che vive normalmente nei boschi, oppure in cattività: vivere in cattività vuol dire vivere non in libertà, quindi non vuol dire essere cattivi (quella è la cattiveria). Chi vive in cattività non vive libero, cioè nel suo ambiente naturale, piuttosto vive, ad esempio, nei giardini zoologici. Quindi non confondete la cattività con la cattiveria.

Un’altra differenza tra il cane e il lupo è che il cane si dice sia il migliore amico dell’uomo, il lupo invece, essendo selvaggio, quindi non domestico, è un animale di cui solitamente si ha paura. Tutti hanno paura dei lupi perché i lupi hanno la fama, cioè sono famosi per essere dei predatori (cioè cacciano le prede), in particolare le loro prede preferite sono, tra le altre, gli agnelli e le pecore, ma non solo. Il lupo è uno dei protagonisti della storia per bambini “cappuccetto rosso”. Chi non conosce questa storia?

Questo dunque è il lupo. E il lupo ha una bocca, che quindi è piena di denti, e di conseguenza finire nella bocca del lupo non è molto gradevole e fa molta paura per via della sua fama di predatore.

“In bocca al lupo!” è una esclamazione, ed in particolare è un augurio. Questo significa che è una frase che si dice ad una persona a cui si vuole bene. “In bocca al lupo” è l’abbreviazione della frase “finirai nella bocca del lupo”, oppure “spero che tu finisca in bocca ad un lupo”. Ma come? Ma Giovanni non hai detto che era una cosa che si diceva ad un amico oppure no?

Infatti “In bocca al lupo” è un augurio scherzoso di buona fortuna che si rivolge a chi sta per sottoporsi ad una prova difficile, come un esame, un colloquio, di lavoro eccetera. L’espressione quindi nel linguaggio parlato ha assunto un valore scaramantico. Si dice cioè per scaramanzia, per allontanare cioè il pericolo o la sfortuna. Quindi per allontanare un pericolo, una cosa negativa che potrebbe verificarsi, si fa l’augurio contrario: si dice “in bocca al lupo”. 
La frase potrebbe quindi essere nata nella caccia (la caccia è l’attività che consiste nella ricerca, nell’uccisione o nella cattura di animali selvatici) e i cacciatori rivolgevano questa frase ad altri cacciatori come loro. Col tempo la si è utilizzata anche verso chi si appresta ad affrontare una prova rischiosa o difficile in generale, non soltanto per la a caccia ma anche un esame, una prova di qualsiasi tipo.

“Crepi il lupo” è la risposta. Anche questa è una esclamazione, e la dice per rispondere.

Il verbo crepare si usa spesso per allontanare qualcosa. Ad esempio c’è “crepi l’avarizia” che si usa quando si sta per affrontare una spesa.

“Crepi il lupo” vuol dire quindi: “mi auguro che muoia il lupo”, “che crepi il lupo”. Abbreviato diventa: “crepi il lupo!”.

Se c’è quindi un vostro amico che deve fare un difficilissimo esame all’università, un esame complicato e molto importante, puoi dire al tuo amico:

“in bocca al lupo!” e il tuo amico risponderà: “crepi il lupo”, oppure semplicemente: “crepi!”.

In effetti molto spesso è sufficiente rispondere con “crepi!”.

Se un vostro parente o collega deve fare un esame medico, oppure deve andare a ritirare il risultato di un esame medico già fatto, un possibile augurio da rivolgergli quindi potrebbe essere:

“Un grosso in bocca al lupo!”, ed anche il tuo collega o parente risponderà “crepi” o “crepi il lupo”.

Ho detto parente o collega perché questa è un’espressione universale, che potete usare con tutti, amici, famigliari, parenti, colleghi; in qualsiasi occasione quindi, in ogni circostanza, al lavoro come a casa, al bar come al campo da calcio.

Se ad esempio un amico ti dice “in bocca al lupo per domani” e l’indomani tu hai un colloquio di lavoro, tu devi rispondere “crepi il lupo!”. Ed è difficile che un italiano non risponda nulla, oppure che risponda con un semplice “grazie”, oppure “ti ringrazio molto”, o “molto gentile da parte tua” perché è obbligatorio rispondere “crepi!” o “crepi il lupo!”. E’ obbligatorio perché è scaramantico, è una cosa che allontana il pericolo che il colloquio di lavoro vada male. Possiamo dire che non rispondere in questo modo “porta male”, come si dice in Italia, cioè “porta sfortuna” non rispondere “crepi il lupo”.

Spero cara Jasna di aver risposto bene alla tua domanda, spero quindi che la mia spiegazione sia stata sufficientemente chiara.

Colgo l’occasione per dire a tutti che se volete scrivermi per chiedere la spiegazione di una frase, di una espressione italiana, potete farlo mediante la pagina di facebook, che è il metodo più veloce, oppure andate sul sito italianosemplicemente.com ed cliccate sulla pagina dei contatti, o ancora sulla pagina Twitter di italiano semplicemente.

Prima di passare all’esercizio di ripetizione, vorrei ricordarvi che soprattutto i giovani utilizzano anche un altra frase, molto simile, nel senso che ha lo stesso significato, ma è un po’ diversa. Inoltre è molto informale e si può usare solo tra amici: “in culo alla balena!” Stavolta non vi consiglio di usare questa frase quindi in ambienti formali, come in ufficio ad esempio. Non la usate, ma è bene sapere che i giovani la utilizzano qualche volta e voi potreste chiedervi cosa significhi questa espressione: ebbene ha lo stesso significato di “in bocca al lupo” quindi è un augurio anche questo. Un augurio a cui non si può però rispondere con “crepi la balena”.

Bene, ora l’esercizio di ripetizione, importante per abituarsi a parlare italiano, per sciogliere un po’ la lingua, come si dice, e per abituarvi ad ascoltarvi mentre parlate, in modo che sia per voi sempre più naturale ascoltare la vostra stessa voce parlare una lingua diversa da quella vostra di origine.

Ripetete dopo di me senza badare alla grammatica ma solamente al tono della mia voce. Provate ad imitare il tono della mia voce.

In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Quindi amici questo episodio termina qui, e se avete un esame domani, un grosso in bocca al lupo da parte mia. E non dimenticate di ascoltare anche la versione formale di questo podcast, più difficile ma utile per chi frequenta italiani soprattutto per lavoro.

In bocca al lupo e crepi il lupo (LINGUAGGIO FORMALE)

Audio

Video con sottotitoli

video a cura di Yasemin Arkun

Trascrizione

Gentili visitatori, gentili membri della famiglia di Italiano Semplicemente, chi vi parla è Giovanni ed il motivo per il quale siamo qui oggi insieme è alquanto inusuale e ne capirete presto la ragione.

Quest’oggi ci occuperemo, ancora una volta, della illustrazione del significato di una frase idiomatica, cosa divenuta una consuetudine per coloro che seguono da qualche tempo il sito.

Vorrei cogliere l’occasione per porgere i miei più sentiti ringraziamenti alla dott.ssa Jasna, che ha proposto e suggerito la locuzione verbale che quest’oggi mi accingo a spiegare a tutti voi. Ad essere sincero si tratta di due espressioni in luogo di una, come facciamo di consueto: la prima espressione è “in bocca al lupo” e la successiva è “crepi il lupo”.

Per poter sollevare il nostro spirito, e questo per l’appunto è la cosa inusuale, la spiegazione delle frasi in questione verrà affrontata attraverso due differenti modalità: una modalità famigliare, utilizzando un linguaggio semplice e confidenziale, ed una modalità più ricercata, attraverso espressioni verbali meno utilizzate frequentemente, ma che ugualmente rientrano nel vocabolario italiano.

Più precisamente tali espressioni, che ho definito poc’anzi “ricercate” sono certamente più adatte ad un contesto diverso rispetto a quello famigliare. Il linguaggio formale è una forma probabilmente più utilizzata per iscritto, e che con ogni probabilità è più vicino al linguaggio istituzionale, utilizzato, solo per portarvi un esempio, a livello di documentazione formale: tra aziende o tra istituzioni pubbliche e private.

Cercheremo di a fare questo esperimento, e se risulterà di vostro gradimento, se cioè apprezzerete questa tipologia di podcast, potremo ripetere questa modalità di spiegazione anche per altre espressioni idiomatiche. Il tutto ovviamente con uno spirito orientato al divertimento, per non annoiarsi mentre si impara una lingua.

Ho appena terminato di registrare e trascrivere la versione informale. Ora vediamo quindi la versione istituzionale, che è quella che state ascoltando in questo momento. Posso immaginare che la maggioranza di chi ci ascolta questo lo avrà già intuito dal tono della spiegazione finora utilizzato.

Come dicevo ho appena provveduto a registrare e trascrivere la versione familiare del podcast, e con la stampa della versione informale sotto gli occhi del sottoscritto, mi appresto quindi in questo momento a registrare la versione formale, facendo molta attenzione ad utilizzare termini ed espressioni più forbite e ricercate della precedente versione.

Nella versione formale darò “del lei” all’ascoltatore, mi rivolgerò cioè all’ascoltatore dandogli del lei.

Di conseguenza “ti dico” diviene “le dico”, “tu stai ascoltando” diventa “lei sta ascoltando” ed analogamente “ti spiego questa cosa” diventa “le spiego questa cosa”, come se stessi parlando con un’altra persona di sesso femminile (lei) e non con la persona che ho di fronte. Questo è “dare del lei”a qualcuno.

Si dice:

– io do del lei – io do del tu

– tu dai del lei – tu dai del tu

– egli dà del lei – egli dà del tu

– noi diamo del lei – noi diamo del tu

– voi date del lei – voi date del tu

– essi danno del lei – essi danno del tu.

Dare del lei è ciò che avviene nelle occasioni importanti, quando ci si rivolge a qualcuno che non si conosce. Nella versione informale, invece, mi rivolgerò al mio interlocutore dandogli del tu. Dare del tu è ciò che avviene con gli amici, i famigliari i conoscenti in generale.

Io personalmente do del lei a tutti coloro che non conosco, se hanno almeno una trentina d’anni, ma scusate ho dimenticato di usare un linguaggio più forbito. Dicevo che il sottoscritto regolarmente dà del lei a tutti coloro che non conosce, qualora l’età sia superiore ai trent’anni.

E’ una occasione quindi anche per spiegare la differenza tra “dare del lei” e “dare del tu”. In inglese questa differenza non esiste, quindi nella lingua inglese è tutto più semplice, invece nella lingua italiana, come anche in altre lingue, come quella tedesca ad esempio, è importante conoscere bene questa differenza, perché fa parte della cultura del paese. Dare del lei suona un po’ strano, lo capisco, per coloro che nella loro lingua hanno solamente un solo modo per rivolgersi al prossimo, cioè il tu, come appunto avviene con la lingua inglese,

E’ questo, tra l’altro, (quello di spiegare sia le espressioni formali che quelle informali), l’approccio che viene seguito all’interno del corso di Italiano Professionale, in fase di preparazione e che sarà online nel 2018. Tale corso è studiato proprio per coloro che vogliono conoscere in maniera approfondita la lingua italiana, in particolare per motivi di lavoro.

Al termine dell’ascolto di questo podcast, lei, ascoltatore, potrà, se vuole, consultare ed ascoltare anche la versione più informale ed amichevole, che rappresenta la modalità utilizzata normalmente sul nostro sito in sede di spiegazione di una espressione idiomatica italiana.

Recentemente sto ricevendo diverse richieste di spiegazione; le espressioni che ci vengono proposte ho l’abitudine di annotarle su una pagina del sito che ogni visitatore può consultare liberamente, lei compreso. La pagina è denominata “frasi idiomatiche ed altri podcast gratuiti“.

Nel paragrafo precedente ho utilizzato la parola “annotare“, che rappresenta un verbo equivalente a “segnare velocemente”, “prendere nota”, “prendere appunti“, e che ha il significato di scrivere qualcosa per evitare di dimenticarlo: scrivere su un foglio, oppure, come ho fatto io, su una pagina internet. Un classico esempio è il post-it, utilizzato abitualmente per annotare, cioè per prendere nota.

Nel mio caso non ho fatto uso di post-it, non ho preso nota attraverso un post-it, bensì attraverso una pagina del sito. Le frasi in questione, già menzionate precedentemente sono “in bocca al lupo” e “crepi il lupo”.

Abitualmente quello che facciamo su italiano semplicemente è occuparci di una espressione alla volta, ma in tal caso le spiegherò contestualmente. La ragione per cui le frasi verranno spiegate contestualmente è che esiste un legame, un collegamento tra le due espressioni; ed infatti si usano una dopo l’altra. La peculiarità delle due espressioni è che esse vengono pronunciate da due persone diverse, prima una e poi l’altra immediatamente a seguire.

Se ho destato in qualche modo la sua curiosità, gentile ascoltatore, ebbene cercherò di fugarle immediatamente ogni dubbio, sforzandomi di suscitare anche qualche emozione, benché si tratti di un semplice sorriso.

Mi accingo ad iniziare la spiegazione: Forse lei conoscerà il lupo, ma per coloro che non ne sono al corrente, il lupo è un animale molto simile al cane. Rispetto al cane però ci sono alcune differenze: il cane notoriamente abbaia, il lupo invece ulula e di conseguenza il suo verso è chiamato ululato.

Seconda differenza: Il cane è un animale domestico, mentre il lupo è un animale selvaggio, che vive in zone boscose o anche in cattività: l’espressione “vivere in cattività” è equivalente a “non vivere in libertà” e la parola cattività di conseguenza non inganni: cattività non indica la presenza di cattiveria, piuttosto significa vivere non liberamente, vivere non nel proprio ambiente naturale. Vivere ad esempio in un giardino zoologico: uno zoo. E’importante perciò non confondere la cattività con la cattiveria.

Una ulteriore differenza tra il cane ed il lupo è che il primo, come noto, si dice sia il compagno e amico dell’uomo; il lupo a sua volta, essendo un animale selvaggio, vale a dire non domestico, è un animale di cui solitamente si ha timore. Tutti hanno timore dei lupi perché fanno parte della categoria dei predatori, e le loro prede sono, tra le altre, agnelli e pecore. Il lupo è anche uno dei protagonisti della storia per bambini “cappuccetto rosso“. Credo che ciascuno di voi abbia almeno una volta ascoltato questa storia dalla propria nonna o dai genitori.

Dunque questo è il lupo. E il lupo è dotato di una bocca, di fauci, una bocca ricca di denti, e di conseguenza andare a finire all’interno della bocca di un lupo non è un evento che si può definire gradevole. Il lupo genera di conseguenza molta paura e preoccupazione per effetto della sua notorietà come predatore.

In bocca al lupo!” rientra certamente nella categoria delle esclamazioni, ma nella fattispecie rappresenta un augurio, un auspicio per il futuro.

E’ una esclamazione quindi, che si rivolge normalmente ad una persona a cui si tiene molto ed alla quale non si dà del lei ma del tu.”In bocca al lupo” è la forma abbreviata della frase “finirai nella bocca del lupo”, oppure “spero che tu finisca in bocca ad un lupo”, “spero che tu ti caccerai nei guai”.

Lei, ascoltatore, potrebbe dirmi a questo punto: “non capisco, dott. Giovanni, lei ha appena affermato che l’espressione si utilizza nei confronti di un caro amico, oppure no? E ad un amico si augura di finire nelle fauci di un predatore?”

Difatti, gentile ascoltatore, il senso proprio dell’espressione “In bocca al lupo” trae sicuramente in inganno chi ascolta, poiché si tratta in realtà di una espressione di augurio: come se lei dicesse “buona fortuna!”. E’ una espressione che si rivolge a chi è in procinto di affrontare una difficile prova, come un esame universitario, come un colloquio di lavoro e via discorrendo.

L’espressione di conseguenza, nel linguaggio parlato intendo, ha assunto un valore scaramantico. La frase viene pronunciata come segno di scaramanzia, vale a dire che al fine di scongiurare l’eventualità di un avvenimento indesiderato la frase si esprime sotto forma di augurio. Andare nella bocca del lupo è infatti una palese metafora per cacciarsi nei guai. Inoltre una consuetudine del modo di dire in sé vuole che si risponda con “Crepi il lupo!” a chi formula l’augurio.

La frase potrebbe trarre le sue origini dal mondo della caccia (dicesi caccia l’attività che consiste nella ricerca, nell’uccisione o nella cattura di animali selvatici) e con ogni probabilità i cacciatori rivolgevano questa frase verso altri cacciatori che si accingevano ad andare a caccia.

Col passare del tempo poi l’espressione evidentemente si è estesa dalla caccia ad un ambito più generale nel quale qualcuno si appresta ad affrontare una difficile prova. Si usa quella che si chiama una perantifrasi, parola molto difficile che conosce un italiano su mille probabilmente, ed il sottoscritto prima di questo podcast si trovava nel gruppo dei 999.
“Crepi il lupo” è la risposta che viene data dalla persona verso la quale si rivolge l'”in bocca al lupo”. Analogamente alla prima, anche questa è una esclamazione.

Il verbo crepare, abbastanza informale di per sé, come verbo, viene però utilizzato nella lingua italiana associato a qualcos’altro, con l’obiettivo di scongiurare questo qualcosa. Facendo proprio riferimento alla frase: “crepi l’avarizia”, questo qualcosa è l’avarizia, che costituisce la caratteristica di coloro che hanno un attaccamento morboso al denaro, e rappresenta il significato opposto della generosità: “crepi l’avarizia” si pronuncia quando si presenta la possibilità di effettuare una spesa ingente, una spesa cospicua, cioè un ammontare di denaro non indifferente, vale a dire una grossa quantità di denaro, e di fronte a questa possibilità, si manifesta la volontà di non rinunciare a tale spesa: “crepi l’avarizia”, ma questa spesa va fatta. “Crepi l’avarizia”, almeno per una volta non voglio badare a spese.

“Crepi il lupo” è come dire: “mi auguro che muoia il lupo”, “mi auguro che deceda il lupo”, “mi auguro che crepi il lupo”; In forma abbreviata la frase diviene: “crepi il lupo!”, eliminando quindi la parte iniziale della frase.

A titolo di esempio, qualora ci sia un suo amico che deve affrontare un esame universitario, un esame complicato e molto importante. Ebbene, in tal caso lei potrà certamente formulare un augurio al suo amico dicendo: “in bocca al lupo!”. Ed il suo amico avrà la facoltà di rispondere: “crepi il lupo”, o in alternativa, semplicemente: “crepi!”.

In effetti molto spesso è sufficiente rispondere con l’espressione “crepi!”.

Poniamo invece il caso che un suo parente o un suo amico stia per fare un esame medico, oppure debba andare a ritirare il risultato di un esame medico fatto in precedenza, un possibile augurio al suo collega o amico potrebbe essere:

“Un grosso in bocca al lupo!”, ed anche il suo collega avrà la possibilità di replicare con: “crepi” o “crepi il lupo”.

Ho precedentemente fatto l’esempio del collega e dell’amico poiché la frase costituisce in effetti un’espressione universale, che lei può utilizzare con qualsivoglia tipologia di persona, che si tratti di amici, di famigliari, di parenti, o appunto di colleghi; in qualsiasi circostanza più o meno importante.

Se un amico le dice “in bocca al lupo per domani” e l’indomani lei ha un colloquio di lavoro, la sua risposta sarà “crepi il lupo!”. Ed è alquanto improbabile che una persona cresciuta in Italia non trovi le parole per rispondere all’augurio in questione, o che questa risponda con un semplice “grazie”, oppure “la ringrazio molto”, o “molto gentile da parte sua”, perché è pressoché scontato che si risponda sempre con “crepi!” oppure con “crepi il lupo!”, perché questa è divenuta oramai una forma scaramantica. Infatti con questa risposta “crepi il lupo” si vuole scongiurare il pericolo che il colloquio di lavoro abbia un esito negativo, che “porti sfortuna”, come si dice in Italia, cioè ” che sia malaugurante” non rispondere con: “crepi il lupo”.

A seguito di questa breve spiegazione, spero, gentile Jasna, di aver chiarito ogni sua perplessità in merito alla sua richiesta; mi auguro che la spiegazione sia stata abbastanza chiara e devo dire che è la prima volta che mi rivolgo a lei dandole del lei. Trovo questo alquanto inconsueto ma allo stesso tempo molto divertente.

Colgo l’occasione per comunicare a tutti i componenti della famiglia di Italiano Semplicemente che chiunque può domandarmi delucidazioni e chiarimenti su una espressione tipica italiana, e che possono farlo mediante la pagina Facebook, che è il metodo più semplice, più veloce, oppure andando sul sito di italianosemplicemente.com e cliccando sulla pagina dei contatti, o ancora sulla pagina twitter di italiano semplicemente.

Ora l’ultima parte del podcast, che è non meno importante di quanto detto finora. L’ultima parte è sulla ripetizione, come di consueto. Ritengo sia un esercizio importante per esercitare la pronuncia ed il movimento dei muscoli che abitualmente, nella sua lingua di origine, lei, gentile visitatore, non è probabilmente abituato ad utilizzare. In aggiunta, ascoltare la propria voce è altrettanto importante: inizialmente troverà questo alquanto bizzarro, ma col tempo, le posso garantire, si abituerà ad ascoltare la sua voce e sarà alla fine sempre più naturale e ci farà l’abitudine.

Ripeta dunque dopo di me, senza prestare attenzione alle regole grammaticali ma semplicemente ed unicamente al tono della mia voce. Provi semplicemente ad imitare il tono della mia voce:

In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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In bocca al lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Crepi il lupo

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Bene amici visitatori, vi ringrazio cordialmente dell’ascolto e dell’attenzione prestatami quest’oggi. Spero vivamente di avervi intrattenuto destando il vostro interesse e dichiaro terminato l’episodio di oggi. Per gli universitari, qualora domani doveste affrontare un esame, un grosso in bocca al lupo da parte mia. Come si risponde?

Chi è causa del suo mal pianga se stesso

Video con sottotitoli

Trascrizione

a cura di Shrouk M. Helmi

Buongiorno, benvenuti a tutti Sul podcast di Italiano Semplicemente.

Oggi per la sezione livello intermedio state ascoltando il podcast di una spiegazione di una frase idiomatica italiana, questa volta è una frase un po’ più difficile delle altre, una frase di uso comune quindi utilizzata in qualsiasi circostanza dagli italiani in molti contesti diversi; la frase in questione è “chi è causa del suo mal, pianga se stesso“.

Questa è una frase un po’ più complicata del solito, un po’ più difficile, da una parte perché non rispetta molto le regole grammaticale italiane e dall’altra perché c’è qualcosa di poetico in questa frase; e spesso la poesia non segue le regole grammaticali.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso” è una frase è che stata presa da un verso di Dante Alighieri. In realtà si tratta di una rivisitazione di Dante Alighieri.

Se una frase è una rivisitazione di un’altra frase vuol dire che è stata presa la prima frase ed è stata rivisitata, cioè è stata rivista.

Una revisitazione vuol dire che è stata rivisitata e quindi è stata modificata, è stata leggermente modificata. La frase originale era un’altra; una rivisitazione è una frase che è stata derivata dalla prima ma non è che esattamente uguale alla prima, ma ne una rivisitazione.

Quindi Dante Alighieri nel canto numero  XXIX dell’inferno recita una frase che è simile a questa ma non è esattamente uguale a questa, la frase originale è “credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa” questa in realtà è molto più difficile della nostra frase e ci vorrebbe un’ora solo per spiegarla quindi mi limito a spiegare la frase idiomatica, quella che viene utilizzata da tutti i giorni dagli italiani “chi è causa del suo mal, pianga se stesso“.

Dunque come al solito seguiamo un metodo specifico: prima spieghiamo le singole parole che compongono la frase, poi spieghiamo il senso della frase dopo facciamo qualche esempio.

credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa” Dante Alighieri

Dunque vediamo un po’ “chi è causa del suo mal” bene, dunque “chi è causa” vuol dire di chi è la colpa, chi è il colpevole, “chi”, cioè “la persona”, la persona che è colpevole, la persone che ha causato, “chi” è causa, “chi è causa del suo mal” cioè “del suo male”, “mal” sta per “male“: ne rappresenta la versione poetica, “chi è causa del suo mal” cioè colui che è il colpevole del suo male, colui che è il colpevole del suo stesso male, “del suo mal” vuol dire “del suo male”, quindi chi ha causato il suo male “pianga se stesso”, “pianga” viene da piangere, quindi colui che ha causato il suo male deve piangere se stesso.

Detto in questo modo non significa molto per quello che dicevo, cioè che esce un po’ dalle regole grammaticali italiane: in effetti “chi è causa” in generale dovrebbe dirsi “colui che è la causa“, “colui che ha causato“, quindi “chi è causa” dovrebbe essere “chi è la causa del suo mal”, dovrebbe essere “del suo male”.

Pianga se stesso” in realtà è corretto, quindi “deve piangere se stesso” cioè “deve dare la colpa a se stesso”, quindi, la frase mira, diciamo, ad ammonire, mira ad ammonire colui che ha prodotto la causa del proprio danno , costui dovrà prendersela esclusivamente con se stesso e non addossare la responsabilità ad altri, quindi ammonire vuol dire incolpare quindi se io ammonisco una persona vuol dire dico a questa persona che lui è colpevole di qualcosa, lo ammonisco, il verbo ammonire è molto diffuso nel gergo calcistico, l’ammonizione è quando l’arbito mostra il cartellino giallo al giocatore, l’ammonizione in quel caso è meno grave perché il fallo più grave è punito con l’espulsione, cioè il calciatore, è cacciato dal campo, quindi con questa frase si vuol ammonire colui che ha prodotto la causa del proprio danno cioè del proprio male, costui cioè colui dovrà prendersela esclusivamente con se stesso e non addossare la responsabilità ad altri, non prendersela con gli altri e non dire che la colpa è di qualcun altro.
“Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”, sentite che la frase è molto melodica e suona molto bene e di conseguenza questo è il motivo per  cui si è largamente diffusa nel linguaggio corrente italiano; è una frase molto elegante e che ha un profondo  significato, colui che è il colpevole del suo male pianga se stesso cioè colui che è il colpevole della cosa di cui si lamenta deve prendersela soltanto con se stesso e non con gli altri.
Lo stesso proverbio esiste anche in altre lingue, ovviamente, ed in quel caso Dante Alighieri non c’entra nulla, ma il concetto di prendersela con se stessi quando si è colpevoli è stato rappresentato in una frase idiomatica anche in altre lingue.

Anche in inglese per esempio se dice (as you make your bed, so you must lay on it), quindi la traduzione qua sarebbe: come tu hai costruito il tuo letto, devi giacersi sopra, devi stenderti sopra: visto che l’hai costruito ti ci stendi sopra, visto che hai fatto tu il tuo letto, adesso ti ci stendi sopra. Non è la stessa frase idiomatica italiana perché Dante Alighieri non citava (NOTA: CITARE=NOMINARE) nessun letto, comunque il significato è lo stesso, esiste anche uno equivalente in tedesco e evidentemente ci sono degli equivalenti proverbi in francese o in altre lingue.
Vi invito a commentare l’articolo e a scrivere le frasi analoghe, frasi simili che si possono trovare in altre lingue.
Vediamo se riesco a trovare qualche sinonimo delle parole utilizzate in quest’espressione. A volte questo proverbio è usato anche in un altra forma, si dice spesso ”Chi è cagione del suo mal, pianga se stesso” oppure ”Chi è cagion del suo mal del suo mal, pianga se stesso’‘, “cagion” significa “cagione” e chi cagiona una cosa vuol dire colui che la procura. Cagionare significa “portare”, “apportare” quindi esiste anche questa versione un po’ meno diffusa, a dire il vero: ‘Chi è cagion del suo mal, pianga se stesso’‘. Anche questa frase è abbastanza poetica, suona molto bene, quindi (come detto) si tratta di un antico proverbio che deriva da Dante Alighieri.

Vediamo se riesco a fare qualche esempio. Potremmo immaginare ad esempio una persona che si lamenta molto perché dice che nella vita non ha mai ottenuto niente, che nella sua vita non è riuscito a laurearsi, non è riuscito a costruirsi una famiglia, perché tutte le relazioni che avuto sono terminate e ormai è invecchiato, ormai non riesce più a trovare una compagna e di conseguenza verrebbe spontaneo (NOTA: spontaneo=naturale) dire “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”.

Difficilmente un amico potrebbe pronunciare  questa frase di fronte a questa persona perché evidentemente se pronunciato direttamente ad una persona potrebbe essere abbastanza offensiva perché, in poche parole, si sta dicendo a quella persona che lei è la colpevole delle cose di cui si sta lamentando; è lei la colpevole, non se la deve prendere con nessun altro. E’ vero che una frase del genere se invita le persone ad una responsabilità non procura consigli, quindi non si sta dando un consiglio su come risolvere un problema ma si sta solamente dicendo: “il colpevole sei tu!”.

Se io dico ad un mio amico “chi è causa del suo mal,pianga se stesso”, gli sto dicendo che lui è il colpevole e non sto dicendo come risolvere il problema, quando in realtà un amico dovrebbe consigliare la soluzione di un problema, più che trovare il colpevole.

Quindi è una frase abbastanza dura; se vogliamo qualcuno la potrebbe descrivere come una frase abbastanza “acida“, se utilizzata per descrivere una situazione che riguarda un’altra persona, una frase anche un po’ cattiva perché in fin dei conti (nota: in definitiva, in fondo) nessuno di noi è in grado di giudicare obiettivamente una situazione umana, anche se si usa molto spesso in realtà.

Si usa molto spesso quando si parla di persone che hanno dei problemi e che è fondamentalmente quello che appare dall’esterno; da quello che sembra è che il colpevole di tutti i problemi sia proprio la persona che ne è colpita, quindi se vi viene in mente di pronunciarla è meglio che lo facciate con la persona che è direttamente coinvolta in questi problemi, ma vi può capitare ovviamente di dover parlare di una persona, di una terza persona, che ha dei problemi o di voler dire che lui è il colpevole dei suoi problemi. In questo caso potete utilizzarla con una certa prudenza (nota: attenzione). Sappiate che la prudenza è necessaria perché il significato profondo di questo proverbio è abbastanza pesante. perché quando si hanno dei problemi in generale è sempre meglio consigliare di trovare una soluzione che essere accusati di essere colpevoli di un problema. Non è molto carino. La stessa cosa si potrebbe pensare, in ambito calcistico, in ambito sportivo in generale, se un calciatore sbaglia continuamente dei calci di rigore, sbaglia cinque calci di rigore consecutivi e il portiere ogni volta para il calcio di rigore.

Alla fine l’allenatore potrebbe decidere che non è più lui il rigorista della squadra, il giocatore potrebbe dire: “ma che colpa io se il portiere diventa sempre un fenomeno quando io batto il calcio di rigore? Che colpa ho io? Fammi a provare! Fammi tentare ancora una volta! Voglio calciare ancora io i calci di rigore, voglio continuare ad essere io il rigorista della squadra!”

L’allenatore potrebbe dirgli: “chi è cagion del suo mal, pianga se stesso!”. Quindi l’allentatore che evidentamente ha il ruolo di colui che è chiamato a fare delle scelte, è lui che deve scegliere chi è il rigorista della squadra e quindi è lui che deve giudicare se una persona è colpevole oppure no. Evidentemente se un calciatore sbaglia cinque calci di rigore consecutivi non si può dire che sia un fenomeno a calciare i calci di rigore perché qualsiasi portiere è superabile, quindi cinque calci di rigore consecutivi sono evidentemente troppi. Il calciatore “è il colpevole del suo mal” e quindi “pianga se stesso“, potrebbe dire l’allenatore.

Questo è probabilmente un esempio un po’ più calzante del primo perché l’allenatore sta nelle vesti di colui che deve giudicare; è lui il primo responsabile del rendimento della squadra e se il calciatore non riesce a realizzare i calci di rigore il primo colpevole è l’allenatore.

Questa cosa potrebbe capitare in ogni famiglia in cui una madre o ad un padre sgridano i loro figli che magari non riesce a superare il compito di matematica. Immaginiamo che tutti gli anni questo ragazzo vada male a matematica e non riesca a prendere buoni voti e lui potrebbe dire: “ma io non sono portato in matematica, io preferisco studiare la lingua italiana, preferisco studiare storia, italiano, geografia. Matematica proprio non ci riesco, non mi piace e quindi non la capisco” oppure questo ragazzo potrebbe dire: “il professore non può spiegare la matematica e per questo vado male a scuola“. Allora i genitori possono rispondergli: “è colpa tua, è colpa tua se vai male a matematica, è colpa tua che non la studi e di conseguenza chi è causa del suo mal, pianga se stesso”. Quindi i genitori stanno dicendo al proprio figlio che deve studiare di più, che deve impegnarsi di più perché se non riesce a prendere i buoni voti in matematica è soltanto colpa sua.

Bene, adesso facciamo un piccolo esercizio di ripetezione, qualcuno di voi potrebbe avere dei problemi a pronunciare correttamente questa frase per vari motivi: primo perchè potrebbe contenere delle parole difficili nella pronuncia, secondo, perché a secondo della vostra nazionalità alcune parole possono essere più complicate di altre. Quindi vi invito a ripetere la frase dopo di me. Lo farò cinque volte e vi darò il tempo di rispondere. Non vi concentrare sulla grammatica, in questo caso è assolutamente inutile, visto  che non viene neanche rispettata. Cercate di imitarmi semplicemente, come potrebbe fare un attore. Imitate la mia voce, imitate il mio tono, ripetete dopo di me e ascoltate mentre parlate:

Chi è causa del suo mal,pianga se stesso

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Chi è causa del suo mal,pianga se stesso

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Chi è causa del suo mal,pianga se stesso

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Chi è causa del suo mal,pianga se stesso

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Bene, credo sia tutto per oggi. Esercitatevi, mi raccomando: ascoltate più volte il podcast se lo ritenete necessario. Ascoltate e leggete per le prime due o tre volte, dopodiché potreste pensare anche di ripetere tutto il podcast mentre lo ascoltate. In fin dei conti (nota: in fondo) non parlo molto velocemente quindi volendo potreste ripetere ogni singola frase del podcast, in questo modo la grammatica vi entrerà automaticamente in testa. Non c’è bisogno di studiare le regole grammaticali, l’importante è la ripetizione, la ripetizione dell’ascolto. Quindi ascoltate il podcast più volte e se lo ritenete necessario (qualche utente di italiano semplicemente lo fa), trascrivete il podcast in modo che esercitiate anche un po’ la scrittura. In questo modo potete rendervi conto se ci sono delle parole più difficili, più complicate da scrivere, di conseguenza passate al podcast successivo soltanto quando credete di non avere più dubbi su tutte le parole e il contenuto di questo podcast.

E’ tutto per oggi amici, mi raccomando continuate a seguire Italiano Semplicemente e se vi è piaciuto questo podcast e se volete fare i commenti (o fare una piccola donazione, andate sulla pagina Facebook o fate dei commenti direttamente sulla pagina del sito. E se nella vostra lingua  (ve lo ricordo ancora una volta), ci sono delle espressioni simili, vi invito a scriverle, in questo modo credo che la frase può rimanervi ancora più impressa, e perché no, qualcuno leggendo il podcast potrebbe essere interessato anche a sapere come si dice la frase in altre lingue.

Grazie a tutti e se

Ciao amici, alla prossima


CORSO DI ITALIANO PROFESSIONALE

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