“Nevvero“, tutto attaccato, sta per “non è vero“. “Nevvero” è la forma contratta di “non è vero“.
Abbiamo visto, nell’episodio dedicato a “N’è“, che a volte “N’è” si utilizza anche nella forma “N’è vero” col significato di “non è vero” ma vi ho detto che questa è solo una forma dialettale.
Invece “nevvero“, tutto attaccato, quindi senza apostrofo, è un termine che come ho detto si può utilizzare nella lingua italiana al posto di “non è vero“. L’origine è sempre questa forma dialettale; però in questa forma è consentito usarla. Ma quando si usa?
E’ propria del linguaggio parlato e familiare, ed è usata in fine di frase o di periodo, quasi a chiedere conferma a quanto si dice.
Es:
Tu vieni alla mia festa di compleanno nevvero?
Normalmente, in queste occasioni si utilizzano più spesso altre forme: giusto? no? Sbaglio?
Anche con nevvero si sta chiedendo una conferma di quanto detto (non a caso c’è il punto interrogativo alla fine) ma molto spesso nevvero si sua in frasi ironiche, in domande retoriche, dove già sappiamo che ciò che ho detto corrisponde alla verità. Può essere anche una forma di provocazione.
Ad esempio, il professore in una classe vuole dire ad uno studente (di nome Giovanni) che se non studia seriamente dovrà ripetere l’anno e vuole essere convincente mostrando un esempio concreto. Nella stessa classe c’è infatti un altro studente che ha ripetuto l’anno perché lo scorso anno non aveva studiato abbastanza. Questo studente si chiama Marco.
Il professore potrebbe dire:
Attento Giovanni, ché chi non studia ripete l’anno. Nevvero Marco?
Sul web trovate vari esempi di questo tipo.
Nevvero, notate bene, non si può usare per dare risposte, ma solo in questa forma interrogativa.
Quando voglio dire che una cosa non è vera, pertanto, la forma contratta “nevvero” non si usa. In questi casi basta dire: non è vero, non è affatto vero, non è per niente vero, assolutamente no! Eccetera.
Nevvero somiglia anche a “davvero“, ma “davvero” è sempre una vera domanda, e solitamente esprime meraviglia (a meno che non sia ironica).
Non è questo il caso di “nevvero”, che come detto si usa solamente alla fine delle frasi in forma retorica. Non sempre è così, a dire il vero, ma vediamo meglio dopo.
Possiamo usare nevvero non solo per chiedere conferma di ciò che si dice (spesso come detto, in forma di domanda retorica), ma anche per sottolineare un’affermazione, o sotto forma di ammonimento, rimprovero.
Es:
Non stai dicendo sul serio, nevvero? (si chiede conferma)
Non lo farai più, nevvero? (ammonimento, rimprovero)
Mi prometti che da oggi in poi studierai, nevvero? (si chiede conferma, ma è anche una raccomandazione, un ammonimento, un rimprovero)
Questo, nevvero, è l’argomento più importante del corso….
Direi che venire in Italia, nevvero, è utile ma non indispensabile per imparare l’italiano
In questo caso non c’è alcun punto interrogativo, nevvero?
E adesso vediamo un bel ripasso, che quasi sempre, nevvero, si trova alla fine di ogni episodio di questa rubrica.
Marcelo: Ragazzi, ho un problema con l’uso dell’apostrofo, soprattutto quando si tratta delle preposizioni articolate. Lo uso sempre in modo indebito. È una cosa suscettibile di creare confusione, non trovate?
Ulrike: Fare attenzioneall’uso corretto dell’apostrofo è fondamentale. Hai fatto gli esercizi che ci ha dato il prof? E’ la solerzia nell’impiegarlo che fa la differenza.
Rauno: No, ma di tanto in tanto faccio una scappata su internet per cercare la regola grammaticale.
André: No!!! Io quasi mai: pare brutto confessarlo, ma non mi prende mai lo schiribizzo di andarmi a leggere le regole su niente.
Giuseppina: Ciao amici, stamattina voglio lanciarvi una provocazione che se volete potete raccogliere, altrimenti potrete respingerla: che ne dite se in questo episodio n. 166 della rubrica due minuti con italiano semplicemente provare a ripetere dopo di me tutte le mie parole? Avete già iniziato? Questa è la provocazione che vi lancio oggi.
Raccogliere una provocazione è l’espressione di oggi. Una provocazione è evidentemente una sfida, un invito a reagire e quindi in quanto sfida può essere lanciata, come se fosse una lancia, come se fossimo in un duello.
Una volta lanciata una sfida provocatoria, una volta lanciata una provocazione, cosa se ne può fare?
Si può tollerare, cioè ignorare o sopportare, far finta di niente, oppure la si può raccogliere, si può accettare la provocazione, raccoglierla, come si raccoglie qualcosa che è caduto a terra. Come si raccoglie un guanto di sfida. Allora in questo caso si reagisce, si fa qualcosa come reazione.
L’invito a reagire viene fatto attraverso una provocazione, e questo invito, quando viene accettato, viene raccolto.
Vi faccio un esempio:
Sono una persona molto paziente, così In ufficio mi hanno chiesto si condividere la stanza con una persona molto antipatica a tutti. Naturalmente ho raccolto la provocazione, sono sicuro che andremo d’accordo.
Un tifoso insulta un calciatore e il calciatore ha risposto col dito medio alzato. Ha sbagliato sia il tifoso ad insultare sia il calciatore a raccogliere la provocazione.
E voi l’avete raccolta la mia provocazione?
Ed ora una frase di ripasso.
Sofie (Belgio 🇧🇪): oggi è santo Stefano. Non me la sento di scervellarmi per fare una frase di ripasso. Dovrei ritagliarmi del tempo, magari sforzarmi per finire anzitempo di preparare il pranzo. Chiedete a qualcun altro, che so, al primo che si offre, ma non a me.
Camille (Libano 🇱🇧): L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!